Ogni Promessa è un DebitoGiocata Privata

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  1. Filira
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    Mother of dragons

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    The monkey chronicles


    I - La scimmia pensa, la scimmia fa



    Il calpestìo dei passi della genin di Suna rimbomava ritmicamente contro le rocciose pareti degli edifici della Sabbia.
    Quante volte li aveva percorsi in modo distratto, o frettoloso? Riusciva quasi a vedere e vedersi lì, i capelli arruffati e lo sguardo puntato a terra, mentre le sue gambe la portavano veloce chissà dove, chissà perché. Eppure stavolta procedeva lentamente, misurando ogni passo polveroso, e spostando lo sguardo incuriosito da una casupola all'altra, da un abitante del villaggio ad un altro. Li vedeva ora, quasi fosse la prima volta.
    Nata lontano dalle terre sabbiose di Suna - come d'altronde il suo colorito perlaceo e i capelli rosso fiammante testimoniavano - la ragazza aveva però oramai fatto suoi quei paesaggi, essendovi stata allevata dall'anziana Mononobe, la quale le aveva regalato un nome, e con esso una vita degna di essere considerata tale. Entrata in forze ai ninja della Sabbia da qualche tempo, Saru aveva trascorso il periodo dalla promozione a Genin a servizio del villaggio, per quanto le sue limitate forze e risorse glielo permettessero. Aveva conosciuto nuovi alleati, stretto amicizie e - perché no - guadagnato qualche nemico, se così si poteva definire. Ma quello richiestole ora dalle più alte sfere del Villaggio? Ecco, quello era qualcosa che andava oltre ogni sua immaginazione.
    Si guardò di nuovo attorno, inspirando a fondo la rovente aria del deserto. Di fronte a lei si stagliava severa la figura del palazzo dell'Amministrazione sunese. Lì Daishin l'aveva indirizzata, dopo una discussione breve quanto brusca. Lì si trovava il suo futuro, incerto e ricco di insidie. Si voltò, l'attenzione richiamata da degli schiamazzi provenienti da un gruppo di bambini. Giocavano in gruppo, rincorrendosi fino a rotolare nella sabbia, felici. Uno di loro, zazzera rosso scuro e occhi di un profondo color nocciola, andò verso di lei, trotterellando sulle gambe ancora insicure. Ricordava a malapena quell'età tenera, in cui la preoccupazione maggiore da affrontare ricadeva sulla scelta del gioco in cui impegnare il pomeriggio. Sorrise, raccogliendo la palla che giaceva ai suoi piedi, e lanciandola in direzione del bambino. Per un attimo si rivide in lui, con la treccia che si agitava nel vento e la pelle bianca perennemente ustionata. Per loro il mondo sarebbe andato avanti, sempre uguale a sé stesso. Domani sarebbero stati ancora lì, a rincorrere l'ennesimo pallone bucato dal troppo utilizzo.E lei? Non sapeva cosa ne sarebbe stato del suo domani. Ma una cosa era certa: una parte di lei l'avrebbe abbandonata, per sempre. Quella bambina spensierata moriva, oggi.
    Si voltò, e in un passo fu dentro l'Amministrazione. La sua sentenza definitiva.

    L'edificio era semplice e austero, come riteneva sarebbe apparsa l'Amministrazione di qualsiasi altro villaggio ninja. I funzionari si muovevano rapidi e silenziosi, come topi ben addestrati. Si diresse verso il primo bancone libero, attorniata da cittadini Sunesi: chi era lì per il rinnovo di un documento, chi richiedeva sussidi o pagava tasse. Il tutto era estremamente mondano, fin troppo considerato il motivo che l'aveva portata a farvi visita. Approcciò uno dei segretari, che la osservava da dietro un bancone con aria annoiata.

    Saru Mononobe. Ho richiesto udienza con il Kazekage. Credo mi stia aspettando.

    Deglutì, mentre quello sollevava un sopracciglio con aria perplessa, quasi non le credesse. Certo, non era usuale richiedere un incontro con il ninja di più alto grado del villaggio, specialmente per una come lei: non aveva un grado elevato, né un ruolo che giustificasse la sua presenza lì. Si muoveva nell'anonimato della sua normalità. Pensandoci, forse era proprio quella sua banalità ad averla condotta lì.
    Nel frattempo, l'uomo di fronte a lei aveva aperto un tomo polevoroso, richiudendolo poco dopo con fare ancora più accigliato. Le fece cenno di seguirlo, aprendole la strada su per delle scale cigolanti, fino a che nons i trovò in un lungo corridoio. Lì in fondo - fu informata dalla voce monotono dell'uomo - avrebbe trovato chi cercava.

    La maniglia d'ottone della porta le sembrò stranamente calda al contatto. Per un secondo rimase perplessa, poi sfiorò il dorso della mano appena con la guancia: se la prima era di un freddo cadaverico, la seconda divampava di un calore incessante. Inconsapevolmente, il suo corpo aveva attivato uno stato di panico che il cervello stesso ignorava. Un atavico riflesso di fuga dal pericolo si era innestato in lei. Avrebbe dovuto seguirlo, girare i tacchi e fuggire lontano da lì? Il deserto sconfinato la attendeva appena fuori dalle mura della Sabbia, un infinito nascondiglio da tutto e tutti. Poteva farlo. Doveva farlo?
    Abbassò la maniglia tutto d'un colpo, ignorando sé stessa e il suo istinto primordiale. Da lì, non sarebbe più tornata indietro.

    Kazekage.

    Chinò appena il capo in cenno di saluto, mentre il Kage bambino la accoglieva nel suo studio. La luce del giorno inondava la stanza, moltiplicando lo spazio e creando interessanti giochi di luce. Aveva avuto poco a che fare con il capo del Villaggio, sin dalla sua elezione. Certo, la sua fama lo precedeva, così come i racconti delle sue vicissitudini. Era incredibile pensare quanto avesse affrontato per occupare lo scranno più altro del Palazzo. La differenza d'altezza tra i due era notevole, ma in quel momento era lei a sentirsi piccola piccola.
    Il ragazzo la interrogò riguardo le sue motivazioni, e l'evento che l'aveva spinta lì. Saru trasalì appena quando sentì pronunciare il nome della bestia, ciò a cui aveva evitato di pensare da quando aveva lasciato di corsa l'angusto soggiorno di casa propria, dove aveva abbandonato Daishin e l'annuncio che le aveva portato.
    Sarebbe diventata una forza portante, contenitore di una delle forze più temibili dell'intero mondo ninja.

    Ricordo di aver letto dei Jinchuuriki in un libro della sezione proibita della biblioteca, sa? Avrò avuto una decina d'anni, eravamo lì in gita con la scuola, non ricordo per quale motivo, in realtà.

    Si guardò intorno, cominciando a camminare per l'ufficio dell'uomo. Una serie di busti si avvicendava regolarmente, con le fattezze di uomini che non riconobbe. Di sicuro ninja di spicco, magari antichi esponenti del Villaggio stesso, o i predecessori del Kazekage. Sorrise tra sé e sé, immaginando tra qualche anno il suo bel faccino stampato su uno di quei busti impettiti. Oh no, non l'avrebbe permesso.

    Ma ricordo una cosa, quello sì. Sin dai tempi antichi, i Jinchuuriki hanno funto da garanti della pace tra nazioni, a volte come armi da battaglia, altre come deterrente, altre ancora come fonte di equilibrio di potere fra i paesi - o almeno così diceva il libro. Io li ho sempre considerati sfortunati, dal canto mio. Derisi, allontanati, temuti dalla gente comune. Isolati.

    Si avvicinò alla finestra, osservando Suna sotto e intorno a loro. Era una vista incredibile, mai aveva avuto il piacere di guardarne i tetti e le infinite viuzze che si dipanavano dalla strada centrale. La vita nel villaggio continuava pigramente, nella calura quasi estiva che la contraddistingueva perennemente. Sorrise, questa volta amaramente.

    Perciò, quando Daishin mi ha comunicato la notizia, la mia prima reazione è stata negativa. Decisamente. Potrà chiederglielo direttamente, poi. Sono scappata, l'ho piantato lì in casa mia. Avrebbe dovuto vedere la sua faccia, non sarà contento. Già. Ma comunque, ho preso e me ne sono andata, come ho sempre fatto in vita mia. Sono uscita per strada e ho pensato di scappare, tagliare la corda e fuggire il più lontano possibile da qui. D'altronde, non sono una persona di rilievo all'interno del villaggio, nessuno conosce il mio nome a parte qualche povero sventurato. Avrei potuto scomparire senza lasciare alcuna traccia, e tutto questo sarebbe finito.

    Sospirò, lasciando che sul vetro di fronte a lei si formasse un alone, che le offuscò per poco la vista del Villaggio. Qualche secondo dopo, tornò a vedere chiaramente.

    Vuole sapere perché non l'ho fatto, accettando il mio destino e acconsentendo ad essere privata dell'autonomia del mio stesso corpo? Perché Suna, tutto questo, è la mia casa. È la casa della vecchia Mononobe, la donna che mi ha donato la vita ed un nome, l'unico che io abbia mai conosciuto. Qui ci sono le mie radici, per quanto possano essere ancora acerbe ci sono, e sono profonde. La gente di questo posto mi ha accolta quando il resto del mondo mi aveva rifiutata. Tra le fila del villaggio ho conosciuto i miei più cari affetti, che proteggerei fino alla morte.

    Il suo pensierò andò a Jou, Masayoshi, la piccola Nekki, e tutti i ninja che l'avevano affiancata in quei caotici anni di addestramento e missioni.

    Lo farò per loro, per chi conosco e amo. E anche per chi non conosco, perché non debba conoscerne l'orrore personalmente. Tutti quei bambini, così amati dalle loro famiglie, come potrei mai lasciare che qualcuno così amato e voluto prendesse il mio posto, che sacrificasse la propria vita? Io sono stata sola per tanto tempo, i pochi legami che ho capiranno, in caso. E se dovesse tornare la solitudine, il timore, la derisione degli altri che deriva dall'essere una forza portante, non me ne curerò: li ho già provati sulla mia pelle, non possono più ferirmi.

    Pensò alla sua vita in casa della vecchia Mononobe, all'odio dei suoi fratelli acquisiti, alla repulsione che lei provocava in essi. Quante volte era stata allontanata, picchiata, isolata? Dalla sua nascita fino a tempi recenti non aveva conosciuto altro, si considerava oramai temprata di fronte alle indifferenze dalla gente comune.

    E da ultimo, ma non per importanza, lo faccio per me. Kazekage, io sono nessuno. Lo sono sempre stata, e pensavo lo sarei stata sempre. Ma questo compito, questa missione... Possono essere un punto di partenza, per trovare il mio vero posto nel mondo, la mia chiamata, il mio nindo. Posso farcela, se me ne darà l'ooprtunità, o morirò provando. E in quest'ultima eventualità...

    Si avvicinò al ragazzo, allungando verso di lui un foglio di carta stropicciato, unitamente ad una mappa. Separarsene fu difficile, quasi dolorosamente impossibile. Eppure non poteva rischiare di perdere tale informazione. Qualcuno avrebbe fatto luce su quella questione prima o poi.

    Nella mappa è segnato un luogo, dove riposa il corpo della vecchia Monobe. Portate il mio cadavere lì, se potrete. È dove vorrei riposare. Il foglio è ciò che è stato trovato nella cesta in cui quelli che si presumono essere i miei genitori mi hanno abbandonata: un'unico messaggio, peraltro poco chiaro. "Dovete proteggerla, è l'ultima rimasta". Kazekage, questo è il mio inzio, e la mia fine. Tutto il resto è storia, che ci tocca ancora vivere. Se per lei va bene, io sono pronta.

    Qualora quello fosse stato soddisfatto del suo sproloquio, Saru avrebbe espirto sonoramente, lasciando che i muscoli delle spalle si rilassassero ed assumendo una posizione più rilassata. Il difficile giaceva ancora davanti a loro, ma non era mai stata una grande oratrice, e alle parole preferiva l'azione: in futuro quello li avrebbe attesi, e ne era più che lieta.

    Ho qualche dubbio sul processo che mi porterà a diventare Jinchuuriki. Non mi fraintenda, non ho paura di un po' di dolore. Forse tempo di più i risvolti per la psiche, ma credo che per quello dovremo solo attendere. Ho comunque l'esempio di Masayoshi che mi conforta, tutto sommato è rimasto normale, o quasi.

    Si permise una risata leggera, che riempì per un secondo la stanza. Annuì quando il Kazekage le propose di rivedersi dopo qualche ora, anticipando la loro partenza per Oto effettuando uno stop a Konoha. Era estremamente felice di visitare un Villaggio esterno a Suna, non le era mai capitato, perlopiù venendo ricevuta dal Kage in persona.

    Ah, no non ho mai visitato né Konoha né Oto, sarà interessante di certo. Tuttavia conosco Raizen Ikigami, mi sono ritrovata a combattere fianco a fianco a lui all'Abete. Brutta storia quella, ancora quando ci penso mi sale la pressione! Ma comunque...

    Si esibì in un piccolo inchino, congedandosi poi dal suo illustre ospite e percorrendo leggera la strada che l'aveva condotta lì. Era come se un peso le si fosse sollevato dalle spalle, pur non comprendendone la ragione: quello era solo l'inizio di una complicata faccenda, nessun fardello era stato risolto, quindi cos'era quella sensazione?

    Un obbiettivo, una ragione di vivere.

    Pensò. Il sole era oramai alto in cielo, e l'aria cominciava a diventare irrespirabile. I preparativi da fare erano molti, le preoccupazioni da tenere in conto ancora di più. Ma aveva una nuova vita che si dipanava rapida di fronte a lei. E l'avrebbe affrontata, a testa alta e una profanità alla volta, alla maniera Mononobe.

    [...]

    Sono... Impressionata, devo ammetterlo. Li avevo già visti questi cosi, ma mai così da vicino. Posso... Posso toccarlo?

    Disse, già toccacciando con l'indice l'evocazione del Kazekage. Quello era vestito di tutto punto, mentre Saru indossava un semplice Yukata blu notte, in netto contrasto con il rosso dei suoi capelli e il bianco della sua carnagione. La risposta del Kage non si fece attendere, e la ragazza ottenne anche più di quanto aveva sperato. Avrebbero addirittura volato su quel coso, che li avrebbe trasportati felici e contenti fino alle lontane terre del Paese del Fuoco. Avrebbe cominciato a saltellare sul posto, se non l'avesse giudicato lei stessa estremamente poco professionale.
    Appena salita e lasciato che l'aquila spiccasse il volo, il Kazekage si propose di raccontare di più riguardo la bestia che da lì a breve avrebbe soggiornato dentro di lei. In effetti sapeva molto poco, e ciò di cui era a conoscenza aveva molte lacune.

    Dello Yonbi, Son Goku, so molto poco. Quanto si riporta sui libri di storia, perlopiù. Leggenda vuole che sia il più temibile e irascibile dei bijuu, fermo nella sua altezzosità. Credo che saremo un'ottima coppia, decisamente.

    Sbuffò, attendendo che il ragazzo colmasse le lacune riguardo la sua conoscenza del suo futuro ospite. Poi, fece una domanda che la Rossa avrebbe volentieri evitato, a tutti i costi.

    La missione all'Abete, dice? Ehm, ecco, sa... È tutto molto complicato, deve sapere che eravamo tutti su una grande barca. Già lì dovevo capire che eravamo partiti sotto una cattiva stella, perché ho passato tutto il viaggio a stare male. Poi, una volta scesi sono stata appioppata ad uno di Konoha, un tipo che non le dico...

    Così cominciava un racconto lungo e complesso, che qui non riportiamo per mancanza di spazio. Tuttavia sarebbe stato abbastanza lungo da tediare il Kazekage, che forse non ne avrebbe mai conosciuto la fine, o li avrebbe accompagnati per buona parte del lungo volo verso Konohagakure.
     
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