Ogni Promessa è un Debito

Giocata Privata

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  1. Filira
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    Mother of dragons

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    The monkey chronicles

    II - La scimmia volante

    Thud. Thud.
    Un rumore sordo risuonava nella piccola stanza del piccolo albergo di Konoha. Ogni volta che la sfera compiva il suo tragitto discendente, una mano bianco latte l'afferrava, spedendola di nuovo in aria. Così il rumore si ripeteva, vuoto e monotono, ogni qualvolta l'oggetto incontrava il palmo della ragazza.

    Signorina. Signorina? Signorina Mononobe, è ancora in stanza?

    Thud.
    La palla di gomma stavolta si fermò, rimanendo in mano alla rossa di Suna, che l'aveva eletta a proprio antistress personale. La ragazza girò la testa verso la porta, da cui proveniva un bussare farneticante. A quanto pareva, la sua presenza in quella stanza stava per giungere al termine. Aggrottò la fronte, mentre dall'altra parte il bussare si faceva più insistente.

    Signorina, se vuole rimanere un'altra notte basterà parlare con la reception. Abbiamo bisogno però...
    Come ho già detto al suo collega, non ho intenzione di trattenermi. Non appena avrò finito di sistemare le mie cose, me ne andrò con molto piacere da questa bettola.

    Rapida come aveva spalancato la porta la richiuse, mentre il funzionario dell'albergo, ancora interdetto per la velocità dello scambio, lanciava uno sguardo perplesso al marasma che ancora regnava nella stanza. Non pareva proprio che la ragazza fosse sul punto di andarsene.
    Saru Mononobe guardò fuori dalla finestra. Il sole era alto in cielo, doveva essere passato da poco il mezzogiorno. Le fronde degli alberi che circondavano la struttura ondeggiavano pigramente al vento, mentre qualche timida cicala cominciava a far sentire il proprio canto. Il Villaggio della Foglia era estremamente... Verde, pensò Saru. Non che la pausa temporanea dall'arsura Sunese le dispiacesse, tuttavia vi era un'atmosfera nell'aria, un certo sentire, un je ne sais quoi che non riusciva ad individuare chiaramente, ma che la spingeva a voler raccogliere armi e bagagli e mettere tra lei e il Villaggio quanti più passi possibile. Eppure, non aveva ancora nemmeno cominciato a raccattare le sue cose. Si era portata via un po' di tutto da Suna; viste le premesse della missione, le era parso da una parte indispensabile avere tutte quelle cose, e dall'altra una cosa davvero futile.

    Alla fine, è stato tutto inutile.

    Sospirò, cominciando a radunare i vestiti sparsi e qualche kunai abbandonato sull'angusta scrivania. Come erano arrivati a quel punto?

    [...]

    La strada sterrata che precedeva i cancelli del Villaggio della Foglia scricchiolava sotto i suoi piedi. Eppure la rossa quasi non lo sentiva, così come non pareva avvertire il sole che le scaldava la pelle, o il vento che le scompigliava la chioma vermiglia. L'unica cosa che riusciva a vedere, erano due uomini di fronte a lei, un ricordo vicino eppure confuso. Le parole dei due, però, le ricordava bene.

    Non sei pronta.

    Calciò la pietruzza che si trovava sulla sua strada, mentre attorno a lei mercanti, famiglie e brutti ceffi attraversavano in entrata e in uscita il limitare di Konoha. Da Raizen Ikigami, dal Kage di un altro Villaggio, non si era aspettata di ricevere chissà quale iniezione di fiducia. Era pronta a controbattere, come d'altronde era nella sua natura, quando quello l'aveva tacciata di essere ancora troppo acerba per sobbarcarsi un tale problema.
    Era stato lo sguardo del Kazekage, il capo della Sabbia, a farla desistere quasi istantaneamente. Raizen non la conosceva, non aveva idea di chi Saru Mononobe fosse o di quali fossero i suoi trascorsi. Il suo giudizio era stato rapido, ma che valore poteva avere ai suoi occhi? Hohenheim, d'altro canto, era il suo comandante, colui che conosceva capacità e possibilità di ogni ninja e kunoichi di Suna. La rapidità con cui il Kazekage aveva concordato con il suo pari rango della Foglia l'aveva destabilizzata, impedendole di perorare la sua causa.
    La giornata le era poi scivolata via dalle mani, e mentre la missione congiunta della Foglia e della Sabbia si era preparata a partire alla volta di Oto, la rossa si era confinata nella sua stanza d'albergo, rimuginando sui fatti che l'avevano condotta in quel luogo. Era vero, Hohenheim aveva concordato nel non ritenerla ancora pronta a diventare jinchuuriki. Avrebbe potuto imporsi, tuttavia, cercando di convincere i Kage e lo strambo ragazzino dai capelli rossi. Il punto - constatò, mentre varcava la soglia di Konoha e compiva i primi passi del tragitto che l'avrebbe riportata a Suna - era che prima di convincere loro, Saru Mononobe avrebbe dovuto convincere se stessa. Era pronta? A questa domanda, si disse, non aveva ancora risposta.

    [...]


    La strada alberata che conduceva lontano dal Villaggio della Foglia era dritta e ben curata. Qualche cespuglio sforava timidamente il limitare della boscaglia, ma lo sterrato procedeva ben marcato per tutto il percorso. No, si disse, non avrebbe mai potuto abituarsi a tanta precisione. L'azzurro del cielo, il verde degli alberi, tutto era troppo intenso. In quel momento seppe che il caldo soffocante e il caotico movimentarsi della sabbia era ciò che le mancava di Suna, di casa. Sorrise appena fra sé e sé, mentre la strada scorreva rapida sotto di lei. In tutti questi anni, da quando la vecchia Mononobe l'aveva accolta come una figlia in casa propria, Saru non si era mai concessa di pensare troppo a Suna come casa propria. Lì aveva vissuto, giocato, imparato, pianto, e anche amato - a modo suo. Ma c'era sempre stata una certa urgenza, un pensiero intrusivo che le continuava a suggerire che, forse, quello non sarebbe stato per sempre il suo posto nel mondo. Dopotutto, da qualche parte vi poteva essere qualcuno ad attenderla. Una madre, un padre, fratelli e sorelle. Famiglia? Scosse la testa, mentre quei pensieri si abbatevano su di lei, per poi ritirarsi e cominciare di nuovo. Si sentiva come in riva ad un oceano in burrasca. Bramava la salvezza, il caldo, la sicurezza della sabbia della riva. Invece le acque delle sue più recondite preoccupazioni la ammantavano, trascinandola al largo, dove nessuno l'avrebbe sentita gridare.

    Voglio solo andare a casa.

    Una casa, finalmente. Suna. I volti di chi aveva amato e già perso, tutti quelli che ancora doveva incontrare. Il caldo del mezzogiorno e le ombre lunghe della sera. Le case rotonde e i mattoni color sabbia. Gli sguardi in apparenza sfuggenti ma spesso benevoli degli abitanti. Tutto questo finalmente sapeva di casa. Era il suo posto, lo sapeva.

    Eppure non sono riuscita a fare l'unica cosa che mi è stata richiesta.

    Una casa, finalmente. Da proteggere. Un demone da addomesticare e riportare a Suna in sicurezza. Un sacrificio estremo. Per le persone che aveva amato e per quelle che ancora doveva incontrare. Forse non era pronta. Ma lo sarebbe stata, presto. O forse già lo era. Guardò di fronte a sé, ma il suo corpo aveva già deciso ciò che la mente aveva appena ponderato. La strada che aveva intrapreso l'avrebbe portata a Suna, ma non subito. Inspirò profondamente, e proseguì per Oto.

    [...]

    L'aria le sferzava la pelle e le bruciava nei polmoni. Correva veloce, forse troppo, ma non le importava. Gli altri viaggiatori sarebbero rimasti interdetti, non aveva dubbi, ma nessuno di loro stava per affrontare ciò che attendeva Saru Mononobe una volta arrivata a destinazione. O almeno, lo sperava per loro. Fu proprio in quel momento, mentre la ragazza si muoveva rapida tra gli alberi, che qualcosa entrò nel suo campo visivo, palesandosi qualche secondo dopo in una macchia rosso acceso che le si affiancò. Saru andava veloce, ma chi le si era avvicinato sembrava stare al suo passo senza sforzi, dovendo anzi adattare la sua andatura a quella della ragazza. Non ebbe nemmeno il tempo di proferire parola per la sorpresa, che il suo inatteso interlocutore cominciò a... Gridarle addosso?

    Ti sembra questo il modo di approcciarsi a una signora?!

    Strepitò, mentre quello ancora blaterava. Nel frattempo continuavano a muoversi - non che Saru avesse tempo da perdere - e la Rossa notò solo in un secondo momento che il nuovo arrivato pareva muoversi su un qualche artefatto ninja. Veloce, decisamente più veloce delle sue gambe.

    Senti, ehm... Hoshi? Sì esatto. Sono un po' di fretta, mi dispiace saltare i convenevoli del caso. Tu vai a Oto, io vado a Oto. Io guadagno velocità, e tu un'ottima compagnia fino alla meta. Non temere, una volta tornati al Villaggio saprò ricompensarti. 

    Non vi è dubbio che Saru intendesse un risarcimento di natura prettamente economica e/o materiale, ma d'altronde non aveva specificato nulla, e se anche il suo nuovo compagno di viaggio avesse inteso altro, quello sarebbe stato un problema per un altro momento.

    Sempre se tornerò viva.

    Scosse la testa e saltò sulla nuvoletta, afferrando la mano che lo strano ragazzo di fronte a lei le tendeva. Solo in quel momento si accorse che il colore dei capelli di lui era stranamente simile al proprio, così come lo erano quelli del ragazzino di Konoha. Le parve strano, ma in quel momento ci fece poco caso. In futuro, avrebbe ripensato spesso a questo momento, ma è un racconto per un altro momento.

    [...]

    A posteriori forse avrebbe dovuto dare retta alla vecchia Mononobe, quando da bambina le aveva intimato di non accettare niente dagli sconosciuti. Di sicuro questo avvertimento includeva i passaggi su nuvole volanti. Se appunto le avesse dato retta, Saru si sarebbe risparmiata un viaggio francamente nauseante in cui aveva passato metà del tempo con le unghie conficcate nella pelle di Hoshi, e il resto del tempo a nascondere il viso - e le urla - nella sciarpa di lui. Certamente, soffrire di vertigini non aiutava la sua causa. Sentì poi che si erano fermati, la voce del Rosso che allegra si rivolgeva a qualcuno, e le sue braccia che la sollevavano di peso per poi lasciarla delicatamente a terra. Oh, la terra. Come le era mancata.

    Mai più, rosso. MAI. PIU'.

    Sibillò vicino a quello, mentre la scena che le si parava di fronte finalmente assumeva contorni più precisi. La sorpresa sul volto dei convenuti le provocò un brivido di attesa e contentezza. Erano disorientati, non si aspettavano che lei si palesasse così di fronte a loro. Erano... Sconvolti? E guardavano... Hoshi? A posteriori l'avrebbe capito. Una volta che tutta la storia le fosse stata chiara, avrebbe potuto ripercorrere quel momento e capire che l'apparizione di Hoshi Chikuma, morto, resuscitato, poi morto e resuscitato ancora, rappresentava la fonte di circa il 99.9% della sorpresa dipinta sul volto degli astanti. Ma la Saru di allora, lì in piedi vicino al Chikuma, non sapeva nulla di tutto questo. Guardò Hohenheim, pur non comprendendo la sua espressione. Stavolta l'avrebbe convinto, o sarebbe morta nel tentativo.

    Sono qui per portare a termine la missione, Kazekage. 


    Edited by Filira - 28/4/2022, 16:41
     
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