La Nebbia e la BrumaQdV

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  1. -Hidan
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    La Nebbia e la Bruma


    I


    Era quasi il tramonto.
    Il sole incominciava a scomparire all'orizzonte ed io, accampato alla bella e buona vicino alla scogliera dove, mesi prima, avevo fatto ingresso nel regno del Nadir con Jotaro, nelle prossimità di un tempio nel Paese delle Sorgenti Termali, tenevo in mano una missiva di Kensei, portata fin lì da una delle sue evocazioni notturne.
    Dopo essermi allontanato da Oto, avevo provato a cercare l'ultimo dei Jaku nell'ultimo posto - fisico - dove ci eravamo incontrati. Anche nel tempio dove lo avevo trovato, quasi in austero pellegrinaggio, di lui, non c'era traccia. Il ronin era sparito, apparentemente senza lasciar traccia, e la sua figura, la sua conoscenza e la sua esperienza, invece, erano proprio ciò che stavo cercando di ritrovare, in quel periodo di eremitaggio per il continente. Il criptico ninja, forse, aveva deciso di abbandonare il mondo ninja, ancora una volta.
    Non demorsi. Avevo fatto un giuramento, avevo deciso di perdere tutto, per trovare qualcos'altro di più grande, o almeno provarci. Non per me, ma per tutti gli altri; se l'egoismo dei singoli non avrebbe mai potuto cambiare quel circolo di guerre e dolore, non restava altro che tentare una nuova via. Io avevo deciso di intraprendere quella nuova strada, forse inesplorata da secoli, e avevo già rischiato di perdere me stesso una volta... Il Jaku mi aveva raccolto, quella volta.
    Non sapevo se quel giorno sarei stato così fortunato.
    Quel giorno, infatti, Akira Hozuki rischiò di perdersi per sempre.

    Meika... Era la prima volta che pronunciavo il suo nome, dopo i disastrosi fatti del Gelo. Non ero più riuscito a farlo, non più. non da quando la avevo lasciata. Lei che più di tutti gli altri era stata la mia ancora, la mia casa, il mio rifugio... La avevo lasciata alle mie spalle, per intraprendere quella nuova strada.
    Mi ero preparato a perderla, a perdere noi... Sapevo che se fossi tornato a Kiri, se la avessi rivista, poi non avrei più potuto lasciarla andare... Quello che non ero in grado di fare, però, era scordarmi di lei. Cosa c'entra Meika... I pugni si serrarono attorno alla lettera, quasi distruggendola, per poi lasciarla cadere ed essere quindi trasportata dal vento nell'oceano. Itai era scomparso da mesi, lo sapevo, e voci di corridoio nel continente parlavano di una battaglia intercorsa tra un drago e un mostro marino vicino al grande continente dell'est... Ma perché Meika doveva essere con Itai? Perché ero rimasto all'oscuro di tutto ciò. COSA. C'ENTRA. MEIKA?! Urlai, con un tono di voce imperioso, mentre andai a cingere il collo del volatile, ancora vicino a me. DIMMI. COSA. C'ENTRA. MEIKA?! DOV'E'?! DOV'E' LEI?! Quelle frasi sarebbero state pronunciate con una rabbia insolita, degli urli, disperati, che avrebbero rimarcato ogni singola parola, mentre la mia presa andava a stringersi sempre più; sempre più forte, sempre più disperata. Dalla mia bocca, con i denti digrignati, la salivazione si sarebbe fatta più prepotente e accentuata, quasi come fossi una fiera feroce dinanzi alla sua preda.
    Ma di animali non ce ne erano, nei paraggi... Solo una bestia feroce, quasi incapace di intendere e volere.
    Il pipistrello avrebbe provato a rantolare che non era in possesso di altre informazioni, che Kensei mandava a dire che si sarebbero dovuti incontrare su un'imbarcazione al porto di Kiri il mattino seguente. Con ancora gli occhi sgranati dal furore, dovetti trattenere gli istinti più animali che avevo preso possesso della mia mente. Gettai con furore il pipistrello a terra, quasi come se fosse un piccolo sasso. Sparisci. Quell'affermazione lapidaria non avrebbe ammesso repliche di sorta, e la creatura se ne sarebbe accorta.
    Affannato, quasi come dopo una corsa, non seppi dire per quanto tempo restai in piedi sulla scogliera, mentre nella mia mente immagini e pensieri scorrevano veloce, in uno strano e articolato flusso di coscienza. Quado rinsavii, era ormai scomparso il sole, e con il freddo vento della sera, mi sedetti su una roccia.
    Il dubbio aveva assalito la mia mente. Forse, il mio cammino, si era appena spezzato. Il mio giuramento, sarebbe andato perduto.
    Ero però certo di una cosa: se fosse successo qualcosa a Meika, qualcuno avrebbe sofferto.
    Stavo per tornare nuovamente sulla vecchia strada, da cui avevo deciso di uscire... Dolore, rabbia e sangue mi avrebbero ritrovato.

    Qualcuno avrebbe sofferto.

    [...]

    Il mattino seguente, la rabbia avrebbe lasciato spazio ad una fredda lucidità. Chiunque mi conoscesse veramente, avrebbe saputo che quella condizione di pura concentrazione, quasi cieca, era uno stato pericoloso, non solo per me, ma per chiunque fosse stato nelle mie vicinanze.
    Ero partito con il sorgere del sole, dopo una nottata passata quasi insonne, e solcando i cieli sulla grande Hiramekarei avrei raggiunto in poche ore il porto di Kiri. Il grande galeone non sarebbe stato difficile da trovare. Osservai Kensei e una discreta presenza di altri ninja, ma non mi interessava nulla in quel momento. Non vedevo nient'altro, in quel momento. Sarei sceso rapidamente, mentre le mie ali eteree incominciavano a svanire insieme agli antichi simboli dello Scriba del Mondo, interrompendo il ninjutsu proprio un attimo prima di raggiungere la nave, sulla quale atterrai e, contemporaneamente, richiamai indietro nel mio speciale guanto le Spade Gemelle. Fu quasi come un unico movimento. Dov'è? Furono queste le prima parole. Meika. Dov'è? I presenti avrebbero potuto percepire il tono glaciale delle mie parole.
    z6ooNnk

    Nessuno dei presenti, tranne Kensei, aveva mai visto Akira Hozuki in quello stato.
    Avrei lasciato parlare Kensei, in un disturbante silenzio. Avrei ascoltato ogni singola parola, recuperando le informazioni, e metabolizzandole. Quando il Mizukage ebbe finito, la mia voce avrebbe immediatamente tuonato. No. Un solo istante di pausa, che sarebbe sembrato durare un'eternità. Nessuna squadra. Vi serviranno due giorni, giusto? Vi darò due giorni. Ma nessuna squadra. E lo dico per il bene di tutti. Avrei guardato solo Kensei. Non è adesso il tempo di discutere. Se vuoi provare a fermarmi, dovrai probabilmente rinunciare alla missione, perché sai che nessuno dei presenti sarebbe in grado di partire se ciò accadesse, né avreste una nave per farlo. Al termine di tutto, potrai fare le tue considerazioni, sai bene che non mi interessa. Portarmi con voi, sarebbe solo deleterio. Prima di tutto, per voi stessi. Non sono nelle condizioni per garantire l'incolumità di chi mi sta vicino. Non c'è nessuna soluzione alternativa. Agite come meglio credete, io farò lo stesso. Inizierò dall'isola più piccola, quella più vicina alla costa... Prima dell'alba del secondo giorno. Attenderò sulla costa del Cielo fino ad allora... Dopo, inizierò. Non specificai null'altro. Se Kensei avesse avuto memoria di quello che fu Keiji Kagome, forse avrebbe vissuto una sorta di dejà vu; l'ultima volta che mi aveva visto in quello stato, era durante la riunione di Kiri, prima dello scontro mortale con Seinji Akuma.
    Avrei atteso solo un istante per ricevere un segno di riscontro, poi, così come ero giunto, sarei ripartito, accompagnato da una sofferenza interiore, quasi deleteria. Una follia silente. Un dolore che ruggiva nel mio cuore.

    Molti altri avrebbero sofferto.

    Io, sicuramente, più di tutti.
     
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