Le Vicissitudini di Hebiko Dokujita

A History of Violence

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  1. Waket
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    Hell on Earth

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    Uscita dall'Inferno, Hebiko era certa che il peggior errore della sua vita fosse stato accettare il patto con Amesoko.

    Si sbagliava.

    Il patto con Ogen l'avrebbe condannata a vivere un inferno peggiore di quello da cui era appena sopravvissuta.

    Il primo mese fu un incubo. Hebiko credeva di essere mattiniera, anche se visto l'orario d'ufficio, si era abituata a svegliarsi poco prima delle sette, una doccia calda, una tranquilla colazione leggendo le notizie del giorno e un po' di gossip, ed alle otto puntuali era sulla sua scrivania, a dare ordini a destra e a manca. Ritrovarsi la sveglia ad un'ora prima non era il peggiore dei casi... A meno che tale sveglia non fosse Febh con un secchio d'acqua gelida gentilmente offertogli da una delle sue lucertole, che freezava Hebiko sul posto, mandandola quasi in ibernazione visto il suo sangue freddo. Le prime volte sarebbe toccato a lui gettarla nella doccia (completamente vestita, non avendo il coraggio di spogliarla) con l'acqua calda al massimo per farla tornare in sè, subendo insulti che bellamente ignorava e di cui andava probabilmente fiero. A malapena il tempo di far scaldare l'acqua per il suo the, prendere due snack, e fuori per una "corsa all'ultimo sangue" tra esplosioni e attacchi delle lucertole. La seconda parte era quasi peggiore, doversi allenare usando a malapena il chakra e pochissime o quasi nessuna tattica ninja era quasi umiliante, considerando soprattutto quanto facesse affidamento sulle sue braccia allungabili anche nel quotidiano.

    Il pomeriggio era anche peggio. Arrivata in ufficio era certa che la tortura fosse finita, dopotutto doveva lavorare, per certe persone già quella era tortura. Ma c'era Ogen ad aspettarla. E, grazie alla sua presenza, la Vipera iniziava a dubitare di sapere persino come respirare in modo corretto. Il primo giorno soprattutto, la vecchia aveva a malapena il tempo di tirare fiato, vomitandole addosso una valanga di errori che la rossa non credeva nemmeno fossero possibili. Arrivava persino a criticare il modo in cui poggiava il timbro su un foglio, o il modo in cui girava il cucchiaino nella tazza. Si morse la lingua più e più volte, e persino lì ottenne svariate critiche, incapace di nascondere il fastidio che percepiva. Il duetto con Kamine era un misto di umiliazione ed imbarazzo, dove oltre ad evidenziare i difetti ne esaltavano anche le qualità femminili con termini "poco appropriati al luogo di lavoro", come avrebbe definito lei. Il passo successivo era l'allenamento degli hebiton, e trovava quella parte un'ottima valvola di sfogo visto il pomeriggio che aveva dovuto subire. La fine della prima giornata crollò a letto, esausta, ringraziando che tutto fosse finito. Ma l'incubo era solamente iniziato.


    Abituarsi all'addestramento di Febh fu la parte più facile. Cambiare l'orario mattiniero non era un grosso problema, dopo solamente un mese sarebbe riuscita ad anticipare Febh, facendosi trovare pronta e carica di energie. Pessimo errore. Lo Yakushi sembrava averla presa sul personale, anticipando di sorpresa l'appuntamento di tanto in tanto, ma con irregolarità, sicuro di coglierla sempre alla sprovvista. Le sveglie variavano da rumori molesti, acqua, elettricità, e spesso tutte e tre insieme. Una volta aveva preso tutto il letto e spostato in mezzo al lago del bosco di Oto, aspettando pazientemente poco distante che si svegliasse. Anche alla corsa si era abituata relativamente in fretta, anche se continuava a preferire la sua yoga mattutina, e Febh quando la vedeva troppo a suo agio non faceva che caricare ulteriori munizioni o aumentare la velocità. Ma quello era un allenamento relativamente semplice, e in pochi mesi Hebiko la prese come una sfida personale per sforzarsi a muoversi con più eleganza possibile, nonostante continuasse a schivare un colpo dopo l'altro. Negli ultimi mesi era così offeso di vederla schivare tutto con grazia, al punto da decidere di pugnalarla alle spalle più di una volta, facendola addormentare solo per risvegliarsi con disegnati addosso occhiali e baffi finti. Ogni tanto tutte le sue tute da ginnastica sparivano, e venivano sostituite dai costumi più impensabili, che variavano da costumi pelosi o gonfiabili a outfit che doveva aver combinato un cieco, oppure una lucertola poco affine al gusto umano. Ssalar sceglieva i vestiti così male che uno degli outfit che si era ritrovata una volta era un elegante abito da sera. La corsa con i tacchi era stato un ostacolo non da poco, e a giudicare dalla qualità e raffinatezza di quel vestito, aveva fatto di tutto per evitare qualsiasi esplosione e non rovinarlo in modo da aggiungerlo al suo armadio in modo permanente. L'addestramento stile genin era fastidioso ma gestibile, usare troppo chakra era uno dei suoi difetti peggiori, e dalla quantità di scosse che aveva ricevuto c'era da sorprendersi che non le si fosse fritto il cervello. Avrebbe però imparato abbastanza in fretta, sfruttando i mesi in avanzo per raffinare la precisione, usare il minimo movimento possibile per la massima efficacia, e, come per la corsa, cercando di farlo nel modo più elegante possibile. I suoi lanci mortali avevano acquisito uno strano charme, sembravano invitarti ad essere colpito.


    La sua ossessione per l'eleganza non era casuale. In parte era orgoglio personale, ma per la maggiore le serviva contro il suo peggior ostacolo: Ogen. Il numero di critiche ricevute nei primi mesi sembrava non finire mai, ed ogni tentativo di correggersi apparentemente inutile. Per un periodo aveva preso a muoversi a rallentatore (facendo piovere ulteriori critiche, soprattutto per la lentezza del servizio), accelerando sia grazie agli allenamenti di Febh che all'abituarsi ad un certo gesto piuttosto di un altro. Ad un certo punto del suo addestramento, il suo passare da una stanza all'altra congelava i dipendenti all'interno, non più per terrore, ma ognuno di loro sembrava incapace di distogliere lo sguardo sulla sua figura. Le movenze vennero migliorate ben prima rispetto al tono di voce, spesso ancora troppo aggressivo ed impulsivo. Sarebbe riuscita ad abituarsi anche quello, passando dapprima al trattenersi, reagendo ogni volta con un sorriso, passando poi al sarcasmo, che giorno dopo giorno si raffinava al punto da poter insultare qualcuno e farlo uscire dalla stanza con un largo sorriso sul viso, credendo di aver appena ricevuto un sincero complimento. Ad una cosa non si era abituata: per quanto si sforzasse di mantenere una faccia di bronzo o reagire in modo impassibile alle avventure di Ogen e Kamine con i loro partner (non riusciva a credere come, dopo un anno intero, nessuna delle due avesse mai ripetuto lo stesso episodio), le guance la tradivano colorandosi di rosso. Ma aveva imparato anche a sfruttare la cosa a suo vantaggio: se non poteva eliminare quell'imbarazzo, lo avrebbe usato per apparire più sincera e reagire in modo ancora più naturale. Le sarebbe bastato ripensare ad uno a caso degli episodi raccontatele dalle due esperte per ottenere subito un delicato colore sul viso.


    Terminare l'addestramento con le Hebiton era forse la sua parte preferita. Soprattutto nei primi mesi, rilasciare lì tutta la frustrazione del resto dell'addestramento era quasi terapeutico. In quella parte non c'erano particolari restrizioni, solo il perfezionamento di quelle sue tecniche, per rendere il più utili e mortali possibili. Fortunatamente la risata isterica che le era nata nei primi mesi svanì in fretta, più precisamente nel momento in cui aveva deciso di infilare l'eleganza anche lì. Dopotutto Ogen non si faceva sfuggire nemmeno un dito posato in modo "sgraziato", perciò non poteva permettersi di spegnere il cervello e dar via alla furia nemmeno in quei momenti. Doveva respirare eleganza, doveva diventarlo lei stessa, non doveva più essere una mossa calcolata ma un gesto naturale.

    Dire che in quel periodo fosse stressata era riduttivo. La prima volta che era riuscita a fare una capatina a Konoha, si era fiondata nell'appartamento di Raizen, implorandolo di non farla più uscire da lì e ingozzandosi di gelato e la cucina raffinata dell'Hokage. Un errore fatala che le sarebbe costato il raddoppiare la corsetta mattutina per almeno due settimane. Per non parlare del fatto che la produttività dell'Amministrazione era precipitata nei primi mesi, con Hebiko che a malapena teneva il ritmo con tutto il resto dell'addestramento. I festini a sorpresa con ospiti poco vestiti organizzati da Ogen non erano esattamente la sua idea di relax, e spesso, se non passava la serata a casa sua, essere fuori significava subire un qualche altro tipo di tortura.


    Una mattina aprì gli occhi senza trovare Febh da nessuna parte. Sospettosa, esplorò ogni angolo della stanza, ogni dettaglio, ogni minimo indizio che potesse portarla a credere che quello fosse un sogno, un genjutsu, e che fosse in realtà nuovamente in mezzo al lago. Ma niente, persino Aoda non sembrava trovare anomalie. Trovò la lettera, ancora sospettosa, con l'invito alla Villa nel pomeriggio. Hm. Avrebbe frugato nel suo armadio, estraendovi una scatola con all'interno un houmongi: un tipo di kimono elegante ma non troppo, bianco con delle rifiniture e delicati pattern viola ed argentati. Adatto per visite importanti, ma non troppo da sembrare fuori posto. Era sicura che in quell'invito c'era lo zampino di Ogen, Febh si sarebbe semplicemente presentato bussando in modo molesto o semplicemente facendosi strada al suo interno.

    Un leggero trucco, i capelli raccolti, e con un piccolo anticipo si presentò ai cancelli del Palazzo, facendo un cordiale cenno con la testa e lasciandosi alle spalle una scia di sguardi interessati e curiosi. Febh. Un leggero inchino, abbassando appena la testa, dopotutto i due erano alla pari. In ufficio non si sarebbe nemmeno presa la briga di pronunciarne il nome, lo avrebbe svegliato dalla sua amaca con un colpetto alla testa e dato gli ordini della giornata. Non vedo l'ora di sapere quale delizia di addestramento mi avete preparato per oggi. Commentò, prima di incamminarsi in direzione di Ogen. Tu non vieni? Quale nipote degenere lascerebbe sua nonna a godersi un the in santa pace? Si irrigidì per un attimo nel sentire le sue parole, rilasciando un sospiro per allentare la tensione. Spostò appena la testa, mostrandogli il profilo del suo viso, con l'occhio dorato che lo squadrava. Abbiamo impiegato anche troppo tempo per arrivare fin qui. Era ora di fare un passo in avanti.

    Non aveva ancora concesso un sorriso a nessuno. L'onore di quel gesto era riservato solamente a momenti preziosi. Ogen-sama. Un inchino più sentito, trovandosi di fronte ad un'autorità ben più alta. A giudicare dalla lettera, immagino il divertimento sia finito. Apprezzo di buon cuore la decisione di discutere del prossimo passo davanti ad una tazza di the. "E non durante un festino di spogliarellisti", avrebbe voluto aggiungere, ma non era necessario. Avrebbe atteso l'invito della padrona di casa per accomodarsi, nascondendo al meglio l'impazienza che aveva nel sapere quale altro gioco malato avessero architettato. Se l'avevano addestrata realmente a modo, sarebbe riuscita a rendere pan per focaccia ad entrambi, in un modo o nell'altro. Forse quello sarebbe stato il vero premio dopo un anno di torture, e chissà cos'altro.
     
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