Le Vicissitudini di Hebiko Dokujita

A History of Violence

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  1. Waket
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    La Breccia

    VII



    Hebiko pianse quella notte. A lungo. E rumorosamente. Dopotutto non doveva sfogare solo il fallimento di quel giorno, ma tutto ciò che aveva dovuto subire e a cui era sopravvissuta, per vedersi un'occasione come quella sfumare sotto al suo naso. Certo, non era esattamente sfumata tutta: aveva ottenuto quello che poteva essere uno degli alleati più preziosi che si poteva avere, ed avrebbe recuperato le informazioni mancanti il prima possibile. Ma Ogen non accettava risultati mediocri o buoni, pretendeva l'eccellenza in ogni aspetto. Quell'errore l'avrebbe aiutata in futuro. Non avrebbe più sopravvalutato il potere che aveva in mano, ma nemmeno sottovalutato. Avrebbe viziato e coccolato qualsiasi sua vittima, chiudendola sempre di più nella sua trappola.


    Hebiko faceva saettare lo sguardo distrattamente tra i vari pasticcini, ascoltando Meredora presentarsi. Hoh, "schedata". Non m'importa come voglia chiamarti il Kokage. Con che nome preferisci presentarti a me? Puntò il suo sguardo verso la donna, con le labbra leggermente arricciate in un sorriso invitante. Dubitava che avrebbe cambiato nome, ma la sua frase le sarebbe servita per mettere in chiaro la situazione: era il loro momento, nè del Kokage, nè di nessun altro. E presto avrebbe sfruttato a suo vantaggio anche il suo commento su come gestiva la prigione, ma andiamo con ordine. Meredora sia. Avrebbe commentato, una volta che la donna le confermò quel nome.

    Oh, Meredora. Hebiko rise, coprendosi la bocca con la manica del kimono. Da quanto tempo nessuno ti porta fuori a rilassarti? Non farti intimidire dal mio ruolo, se avessi voluto discutere di lavoro non mi sarei presa la briga di organizzare tuto questo. Diede un morso ad uno dei dolci a disposizione, mugolando soddisfatta per il sapore. L'avevo intuito da come sono avvenute le comunicazioni alla prigione, nessuno ti vizia più da parecchio tempo mi sembra. Puoi rilassarti oggi. Commentò, sorseggiando il suo the mentre dava spazio alla donna per ascoltare le sue lamentele. Aveva fatto centro, tutto stava andando liscio. Doveva solo stare attenta a non fare passi falsi. L'avrebbe fatta parlare quanto voleva, invitandola a continuare mostrando le sue reazioni al racconto e invitandola a continuare con domande mirate.

    La Vipera ridacchiò all'ennesima menzione dello Yakushi. Hehe. Non per niente all'Amministrazione mi rispettano, invece di temermi. Non per vantarmi, ma sembrano essere in pochi quelli in grado di domare Febh. Ma per quanto si pensi di aver controllo, resta una mina vagante che richiede infinita pazienza. Sospirò, mostrandosi stressata. Avrebbe riso nuovamente alla menzione della storia su Asuma, scuotendo leggermente la testa. Hehe. Immagino che stia utilizzando la tattica delle mezze verità. Dimmi, anche tu li punisci raddoppiando il lavoro quando tornano? Trovo sempre soddisfacente vederli prendere confidenza quando pensano di avermi fregata, e trovarsi di fronte alle conseguenze al loro ritorno. Si allungò appena in direzione della donna: erano sole (più la compagnia dei due intrattenitori) nella stanza, ma volle comunque condividere le cose quasi sussurrando, come fosse un segreto tra loro due. Figurati che una delle ultime volte, Febh ha detto di esser stato rapito come scusa per sparire e non fare il suo lavoro, con tanto di bigliettino scritto e firmato da lui! Riesci a crederci?? Raddrizzò la schiena, ridacchiando, mentre faceva roteare appena la tazza di the tra le sue mani, osservandone le foglie rimaste sul fondo. Non che fosse un grosso problema, dopotutto l'unica cosa che comporta la sua assenza è il riuscire a portare a termine ogni lavoro in tempi record... Ma il tutto diventa parecchio monotono.

    Era tempo di estrarre una delle sue carte. Sai, non so se la fama mi precede, ma io stessa e molti altri mi ritengono una maniaca del lavoro. Mi piace organizzare ogni cosa nel più piccolo dei dettagli, prevedere ogni possibile problema, ed essere persino pronta ad eventuali emergenze. Conosco lo Yakushi da anni ormai... eppure non riesco mai a prevedere i suoi danni. Non importa con quanto anticipo mi prepari, non importa se ho preso ogni possibile misura di sicurezza, sembra che le raggiri apposta. Commentò con frustrazione, gesticolando animatamente con la mano libera, enfatizzando la cosa. Si sarebbe poi calmata, iniziando il discorso con un leggero sospiro. Eppure... Quei giorni in cui non è tra i piedi, mi manca quel caos. Quell'adrenalina del non sapere cosa aspettarsi, o quella distrazione dalla monotonia del lavoro... Mi fa pensare se sia davvero necessario essere così ossessionati dal lavoro. In un certo senso, mi ha insegnato che gli imprevisti accadono, e che più che esser pronta, devo essere creativa nella risoluzione. E un po' mi ha insegnato anche che il lavoro non è tutto. Prese uno dei pasticcini, gustandoselo in un boccone solo, prima di portare una mano avanti. Non che lui si sia mai accorto di tutto questo, chiariamoci. Sono conclusioni a cui sono arrivata, in un certo senso, per merito del suo caos.

    Allungò le mani verso la teiera, offrendosi di riempire di nuovo la tazza di Meredora prima della sua, sfruttando nel farlo dei movimenti atti a dar risalto al suo corpo e alla delicatezza dei suoi movimenti. Anche io la pensavo come te. "Ho l'Amministrazione tutta per me, posso gestirla in modo perfetto". Eppure, più il tempo passa, più mi rendo conto di essere rinchiusa in una gabbia d'oro. E' tutto lavoro, solo lavoro, giorno dopo giorno. Certo, è soddisfacente... ma c'è anche altro nella vita. Incrociò lo sguardo con la donna, regalandole un dolce sorriso. Come questo appuntamento, ad esempio. Avrebbe preso un sorso, distogliendo così lo sguardo dalla donna e permettendole di non sentirsi intimidita, e di far sì che il suo gesto e discorso appena fatto apparisse sia come naturale, che come invitante ed accogliente. Mi piace sentirti parlare. Ogni tanto non mi dispiacerebbe se la monotonia del lavoro venisse interrotta dalla tua presenza, piuttosto che dal solito disastro dello Yakushi. Commentò con voce invitante. Magari anche a te farà bene staccare un po' da quell'inferno in cui lavori. Certo, supponendo che la mia presenza ti aggradi. Ridacchiò appena, chiaramente aspettandosi una reazione un minimo positiva, e mostrandola appositamente. Voleva mostrarle che si sentiva a suo agio, che per lei l'appuntamento stava andando bene, e valutare di conseguenza le reazioni di Meredora alla cosa. Se fosse riuscita ad averla in pugno, avrebbe potuto osare di più.


    Aoda non sembrava particolarmente entusiasta dell'avventura che li aspettava. Sssir, non penso che sia in grado di leggere alcun biglietto... Annunciò, ancora inconsapevole dell'abilità dello Yakushi di ribaltare qualsiasi discorso. Avrebbe emesso un sibilo acuto mentre veniva messo di malo modo nella tasca della felpa, commentando con un ovattato Rude. per il trattamento subito.

    Il locale in cui era arrivato si trovava in periferia, ben distante dalle zone importanti di Oto, cosa che permetteva loro di fare i loro sporchi affari senza grosse interferenze. Una mazzetta qua e là, ed ecco che si erano garantiti un posto dove fare le loro scommesse senza che nessuno mettesse il naso nei loro affari. Questo fino a che non si presentò un individuo con il naso finto. La persona che pretendeva una paga per l'ingresso osservò l'individuo di fronte a sè, poco più basso ma estremamente più smilzo di lui. Avrebbe alzato uno dei suoi spessi sopraccigli, osservando poi l'importo pagato. Sei anche tu con quegli idioti col nasone, il mentone e gli occhialetti da tonto? Sospirò, ma almeno quello era segno del non esser stato riconosciuto, almeno per il momento. Senti coso, per me puoi anche rimetterteli una volta dentro, ma prima devo vedere il tuo volto. Grugnì, ancora svaccato a braccia incrociate posato al muretto. Non sembrava poi una grande minaccia, nonostante la stazza doveva essere persino più debole di Hebiko, ma dall'entrata si poteva già vedere che, dal numero di persone presenti, un normale assalto non sarebbe passato inosservato.

    Dall'entrata, avrebbe potuto vedere l'interno in modo abbastanza semplice: c'era una grossa gabbia nel centro di uno stanzone enorme, due combattenti mascherati all'interno, e la folla perlopiù ammassata nei dintorni. Avrebbe anche potuto vedere degli spalti, da cui si poteva vedere tutto dall'alto, probabilmente la zona VIP. E, prima che sparisse avvolto dalla confusione, avrebbe anche potuto vedere il suo bersaglio, visibilmente confuso e che borbottava, facendo domande qua e là ad un pubblico che aveva poco interesse nel rispondergli, forse ancora alla ricerca di Hebiko.
     
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