Giochi di Potere. Parte II

Alto divertimento, alto rischio

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  1. Youshi2
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    ヤシミナタの日記

    Yashimata no nikki

    III


    [Primo livello, 2 ore dopo l'Adunanza Oscura]
    Corrucciai il sopracciglio leggendo le parole d'inchiostro che emersero dalle pagine bianche, fu quella specifica circa il livello denominato "terzo", un'illusione, a lasciarmi interdetto. Parole che non potevo elaborare pienamente con le limitate informazioni in mio possesso, deglutii pensoso tornando a posare lo sguardo sulle pagine e continuando a leggere. Un sorriso beffardo emerse tra le mie labbra notando la lingua a cui Yashimata aveva affidato il resto del suo messaggio, spostai lo sguardo pensoso verso le pietre sconnesse e scomposte che formavano la strada del vicolo in cui avevo trovato riparo per quelle mie scoperte. Chiusi il libro e le dita si mossero tra i capelli, era una lingua a me ignota, proveniente da popolazioni che avevano vissuto secoli se non millenni prima di noi. Appoggiai il capo contro il muro, quindi riaprii il diario e spostai le pagine febbrilmente ritrovando altre pagine in cui Yashimata aveva lasciato un pensiero, una poesia e o un haiku in quella lingua, spesso ne aveva riportato la traduzione. Osservai alcune parole e capii che sarei stato in grado di risalire al loro significato attraverso la comparazione con gli altri messaggi decifrati. Inspirai ed espirai a pieni polmoni, osservai ancora una volta la carta - il sei di cuori - non vi era stata ancora nessuna risposta e, così, l'unica strada che potevo percorrere sarebbe stata composta da lunghe e interminabili ore di studio. Dovevo solo trovare un luogo tranquillo ove potermi concentrare.

    [Secondo livello, 3 ore dopo l'Adunanza Oscura]
    L'inclinazione della labbra che avrebbe dovuto ricordare un sorriso era un elemento alieno sul mio volto serio e concentrato, la voce volubile di quella donna che mi rimbombava nella testa mi aveva messo sul chi vive. Mi trovavo, effettivamente, in una situazione tanto pericolosa quanto particolare e imprevedibile. Decisamente... mi dissi mentalmente, quando lei mi fece notare che non avevo potuto acquisire abbastanza breve per discernere il vero dal falso. L'espressione di delusione, sentendola all'oscuro di cosa fosse la Città dei Morti, lasciò spazio - ancora una volta - ad un sopracciglio alzato, chiaro segnale di sorpresa, quando una seconda voce rimbombò nella mia testa. Si sta facendo affollata qua la situazione comunicai agli inquilini non richiesti, osservandomi attorno cercando elementi che potessero farmi realizzare chi fosse all'origine di quel jutsu. La chiara voce maschile si presentò come il Pallido Shinigami, serrai leggermente l'arco dentale sinistro, riflettendo che quel nome mi era completamente nuovo, ma non vi furono altri elementi della mia prossemica che avrebbero potuto far presagire stupore o ignoranza. Capisco risposi all'uomo che esplicò le ragioni di quell'intromissione nella mia testa, osservai ancora una volta gli astanti e le marionette che si muovevano agilmente sul palco. Il Pallido Shinigami vi era stato una volta nella Città dei Morti, ma non compresi cosa intendesse dire quando disse che "aveva fallito", ma non ebbi tempo di domandare perché il suo discorso proseguì e nella mia mente si proiettarono diverse immagini, meglio, delle mappe e dei luoghi. Prima la piantina della città della Pioggia, quindi l'area sud della stessa e infine un vecchio cimitero decisamente abbandonato. Non capivo perché mi stesse aiutando, certo, potevo immaginare che la mia presenza lì non era gradita e che, invece di costringermi a fuggire, abbia preferito un approcio più cauto, ma perché fornirmi quelle indicazioni verso la città dei morti? La mia eredità risposi Ecco cosa otterrò nella Città dei Morti volsi le spalle verso lo spettacolo del burattinaio e iniziai a incamminarmi verso sud Ti ringrazio, Pallido Shinigami. Non mi piace essere in debito con qualcuno, troverò un modo per sdebiarmi.
    "Il vecchio teschio ha un caratteraccio" mi ripetei, sistemando il cappuccio a protezione del viso, forse vi era un nuovo abitante nella Città dei Morti, oppure era semplicemente il suo guardiano. Mi guardai attorno, una volta sbucato sulla via principale, e quindi indirizzai i miei passi verso il cimitero abbandonato.

    [Primo livello, 4 ore dopo l'Adunanza Oscura]
    Osservai dall'esterno, muovendomi con calma in strada, il cimitero che avevo già visto nella mia mente grazie allo Shinigami. Non era assolutamente affollato, anzi per quello che mi era dato sapere, risultava essere completamente vuoto. La pioggia batteva e le mie vesti ne erano completamente inzuppate, anche solo dopo poche ore già quel tempo atmosferico aveva smesso di disturbarmi, d'altronde ero abituato alla fitta nebbia della mia terra, il fatto che ci fosse qualcosa che limitava il campo visivo mi faceva sentire, in qualche modo, a casa. La smania della sicurezza non avrebbe inficiato la volontà di mantenere un basso profilo, così non avrei fatto più di un giro di perlustrazione all'esterno e, una volta individuato il vecchio cancello e valutato che il tempo la ruggine potessero averlo intaccato provocando dei rumori alla sua apertura, decisi che sarebbe stato un mio passo tra le tenebre di una lapide a farmi entrare nel cimitero. Scomparvi improvvisamente, subito dopo aver girato in un vicolo, e comparii nell'ombra di una delle lapidi. Rimasi fermo, qualche istante, continuando a studiare la zona, cercando di cogliere se la mia entrata avesse azionato qualche allarme o vi fosse qualche shinobi a proteggere quei luoghi. Una volta ritenuto l'ambiente sicuro, sarei scivolato sulla stradina che serpeggiava in quel cimitero lasciato all'incuria e al tempo. Superai cautamente la casetta che sarebbe dovuta appartenere al guardiano, il tempo era stato crudele con essa e anche con gli oggetti che si trovavano all'esterno.
    Mi mossi allora per il cimitero, tra le lapidi che lo costituivano e la natura che si era conquistata, centimetro dopo centimetro, ciò che l'uomo e la sua cultura le avevano sottratto in precedenza. Non sapevo cosa cercare, non ne avevo un'idea chiara, mi aspettavo di trovare la tomba di Yashimata sì, quello fu un pensiero momentaneo, pensiero che abbandonai quando mi accorsi che non vi era la sua lapide ne, tutte le altre, portavano nomi di importanti shinobi o illustri clan. Eppure, malgrado lo stato di abbandono, notai che qualche fiore era stato lasciato in ricordo di un defunto. La cosa mi incuriosì e gli dedicai la mia attenzione, cercando di comprendere quale fiore fosse o se vi fosse un particolare pattern tra le lapidi in cui vi era quell'omaggio alla persona scomparsa.

    Avevo ormai compiuto diversi giri del cimitero, ogni volta che cercavo di soffermarmi un nuovo dettaglio, finché non decisi di incamminarmi verso il cancello, pensando che forse lì vi era qualcosa che mi ero perso. Nel farlo passai nuovamente affianco alla casetta del guardiano e lì posai nuovamente gli occhi sulle pale tenute all'esterno, le guardai inclinando leggermente il capo. Erano troppo a portata di mano per non essere state vittime dell'inciviltà umana, oltre che del tempo, avevano sicuramente una funzione. Quelle, pensai, potevano essere la chiave per raggiungere la Città dei Morti, ma - se quelle erano realmente la chiave per accedere - allora la porta da imboccare non poteva che essere una; il mio sguardo si abbassò sul terreno reso fangoso dalla pioggia, quindi si spostò verso una delle lapidi: per raggiungere la Città dei Morti, per arrivare nell'oltretomba terreno, avrei dovuto imboccare la via dei morti.
    Afferrai una pala e mi diressi verso una delle lapidi su cui non vi era segnato alcun nome, iniziai quindi a scavare rapidamente, a volte addirittura impastando del chakra per rafforzare i miei muscoli e concludere più rapidamente il mio lavoro. Se, una volta raggiunti i due metri di profondità, nella buca all'interno della quale sarebbe potuta entrare serenamente una bara non fosse successo nulla, mi sarei guardato attorno furiosamente salvo poi bloccarmi all'improvviso. Avrei lanciato la pala all'esterno della buca e, con movimenti lenti, mi sarei prima inginocchiato e poi sdraiato in posizione supina, lasciando che la pioggia di Ame mi pulisse il volto.

    [???, ??? giorni dopo l'Adunanza Oscura] [Ai QM]
    Osservai divertito la serie di fogli che coprivano la scrivania illuminata da tre candele consumate, ciò su cui stavo appoggiando i miei occhi era il risultato di giorni di certosino lavoro. La prima fase era stata la lettura delle parti del diario scritte in quell'antica lingua e le corrispettive traduzioni nel linguaggio corrente, lì ero riuscito a trovare la traduzione di alcune parole che mi ero appuntato su un foglio. Con il passare delle ore, poi, avevo individuato quale fosse il metodo migliore per tentare di tradurre, avevo capito che ogni tentativo doveva iniziare dal verbo. Analizzandolo, cercando di coglierne gli aspetti e le caratteristiche, mi sarei potuto indirizzare verso i suoi argomenti sintattici, individuando così gli elementi fondamentali della valenza verbale del verbo su cui mi ero concentrato; fato questo, ovvero trovato l'ossatura fondamentale della frase, potei dedicarmi agli elementi circostanziali, quindi le informazioni non fondamentali che davano però un'idea più chiara di quando e come l'azione veniva svolta, subita o vissuta. Conclusa quella parte, infine, mi mossi per porre sugli stessi piani o piani differenti le frasi tradotte, individuando così la reggente e le sue coordinate o subordinate.
    Per compiere quel lavoro, dunque, mi ero preparato quella sfilza di fogli che coprivano la scrivania, ognuno di essi riportava alcune regole grammaticali che ero riuscito a individuare grazie alla comparazione tra gli scritti, tra tutti quello che più era presente nel messaggio di Yashimata: ad esempio, la preposizione "ab" che si trovava in relazione con un determinato caso, quest'ultima aveva un significato diverso in base a quale categoria la parole che seguiva rientrava; se in altri scritti "ab" veniva tradotto come un movimento da luogo o stato in luogo, in altre - come nel caso specifico analizzato - aveva assunto il significato di agente o causa. Mi ci vollero giorni e diverse ore di pazzia per cogliere quelle sottili differenze, ma il risultato fu fantastico e ne valse decisamente la pena.
    Appoggiai la penna sulla scrivania e osservai il foglio, la scritta recitava:

    Il diario è uno degli artefatti di Ame tra i più potenti. Le pagine che raccolsi provengono dalla stessa arte origamica di una delle fondatrici del villaggio. Le pagine bianche che sono in contatto con la pioggia di questa terra qua si riempiranno



    Rilessi un'ulteriore volta, inspirai ed espirai, quindi presi lentamente il diario di Yashimata e andai verso l'esterno, aprendo le pagine vuote verso il cielo lasciando che la pioggia lo bagnasse.
     
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