Prigione di Kiri

[Gestionale]

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  1. P a r t y.
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      Il soffitto era grigio ma per il ragazzo steso sul lettino era pieno di immagini e specchi. Le immagini erano quelle che da mesi lo tormentavano ogni notte. Gli specchi erano quelli della realtà e della memoria, dove continua a vedere riflesso il suo volto.
      Il suo viso di adesso, il suo viso di un tempo.
      Due figure diverse, la tragica magia di una trasformazione, due pedine che nel loro percorso avevano segnato l'inizio e la gine di quel lungo gioco di società: la guerra. Alzò il busto e, alla cieca, cercò di sistemare il cuscino. Incrociò le mani dietro alla testa, chiuse gli occhi, lì riaprì, gli specchi e i quadri erano scomparsi lasciando spazio a quel semplice: Muro Sporco. Il Nulla. Vuoto. Silenzio. Era stato trasferito lì da circa due giorni, non sapeva che fare, passava ore a disegnare sul muro con un piccolo pezzo di carboncino.
      A passi aveva misurato la stanza, 3 passi un lato e tre passi e qualcosa un altro. Se si contava che un passo fosse stato circa un metro, allora la cella era di 9 metri quadrati. Era grande rispetto alle altre celle. Era stato fortunato, stava bene lì, gli davano da mangiare tre volte al giorno, il cibo era quello che era, ma era sempre meglio di niente. Si fece passare le mani sul volto stanco, maledizione, c'erano alcuni prigionieri che urlavano e non lo lasciavano rilassare.

      Lo sguardo si posò sulla mano monca, gli occhi vennero offuscati da un velo di lacrime, quando nella mente gli tornò il ricordo di quella notte. La mano per terra e il sangue, che lo bagnava. Dopo aver fermato il sangue, il suo boia lo aveva scortato fino alla prigione e gettato fra le braccia del secondino. Il quale, dopo averlo squadrato dall'alto in basso ed aver chiesto il motivo di tutto quel sangue, lo schedò e lo spedì in cella. quella notte piovve a dirotto, la stanza era illuminata da una piccola candela, dalla finestra, con la grata, l'acqua entrava e bagnava l'urinatorio.
      Fù una notte d'inferno, la febbre era alta, così alta che inziò ad avere le allucinazioni prima rivedeva la mano, poi i suoi genitori che lo sgridavano, suo padre che lo picchiava con la cintura, non riusciva a muoversi, era seduto nell'angolo il volto rigato dalle lacrime come solchi, di un aratro trainati da immensi buoi.
      Chissà quando sarebbero venuti a prenderlo...
     
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78 replies since 9/5/2006, 20:52   3172 views
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