Prigione di Kiri

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  1. leopolis
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    × Legenda
    Narrazione
    °Pensieri°
    «Dialoghi»


    A qual prezzo sopportavo il peso di quelle parole sulla mia pelle? le sentivo scivolare lungo i vestiti, attaccarsi sulla cute; scavare ancor più infondo, fino all'anima. Sancivano una fine imminente, un triste epilogo che meritava un Akuma. Una fine tragica, scandita, ma una fine voluta dal Fato e dall'idea, una fine che condivisa e che per questo risuonava dolce nella mia anima. Davvero pensavano che togliermi lo sguardo mi avrebbe... annientato? Non immaginavano nemmeno l'immensità dell'infinito che si prostrava al mio interno. Oh, non sarebbe di certo stata la mano di un fratello a scrivere la mia fine; al massimo la suddetta mano mi avrebbe solo aiutato a scrivere un nuovo inizio.

    «Che sia la dimenticanza il prezzo che pagherò.»



    Perché era così teso? Perché giocava quella parte da cui non traeva onore alcuno? Era un Akuma per Dio! Come poteva fingere lui stesso, se come me era portatore del segreto della realtà? Il peso dei suoi occhi e della tensione che mostrava mi gravava sull'anima e sulle spalle, incastrandosi nella mia essenze come un chiodo nella roccia. Non volevo attendere, non volevo aspettare. Non volevo vedere gli occhi di un fratello lacrimare per la sua stessa opera.
    Non ero io ad aver bisogno di qualsiasi forma di coraggio, era lui. Quel che facevo non richiedeva coraggio, poiché era volto al fin di bene, di Kiri e del Clan. Ma poteva egli dire altrettanto per la sua opera?
    Per un istante mi passò una richiesta stramba per la mente: fu quella di vedere il sole sorgere per l'ultima volta, ma svanì non appena comparve. Era meglio sbrigarsi, finirla con le ridicole richieste e strani vittimismi. Avrei assaporato ancora la dolcezza del tramonto e il bagliore rossastro in cui nasce il sole all'orizzonte.
    Chiusi gli occhi. Il suo bisturi danzava sulla mia pelle, come una ballerina su un carìon. Fu delicato, questo non potevo negarlo; ma con la sua delicatezza, era anche enormemente letale. Non seppi dire quanto gli ci volle, ma in quelli che mi sembrarono pochi istanti passai dalla vista al buio totale. La visione dei muscoli tesi del suo viso fu l'ultima immagine che mi rimanette nella mente, mentre rivoli di sangue caldo scorrevano lungo le guance bagnando il suolo.
    Mai avrei pensato di perdere tutto per le mani di un fratello. Era una di quelle ipotesi che la mia mente non riusciva a concepire. Una di quelle che non potevano esistere nel mio mondo, che non trovava né un fine, né un inizio. Era un ipotesi troppo bizzarra per potersi rivelare esatta... eppure. Eccomi appeso a un muro, ridotto in fin di vita, con la fonte del mio potere nelle mani di un Akuma.
    Come se non bastasse mi chiese pure come mi sentivo. Pensai stesse scherzando, ma capii che probabilmente mi stava soltanto deridendo. Come voleva che si sentisse un Akuma senza gli occhi se non rinchiuso, isolato, tradito, crocifisso, inutile, indifeso e morente? Non sarebbero bastati 1000 aggettivi di sofferenza e di dolore per descrivere il mio stato d'animo.


    «Vattene.»



    Gli sbraitai contro con tono aggressivo. Ai miei dolori ci avrei pensato io, non era di certo un suo problema.
     
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