Ufficio Amministrativo[Amministrativo]

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  1. 'cain
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    Di ricerche, di malintesi

    Rondò alla Turca ~ I

    Le cicale accompagnavano la sua marcia con il loro corale inno all'estate, e ne fu inebriato.

    Era ipnotico, soave, col suo scandirsi ritmato che quasi sembrava voler assecondare ogni suo singolo passo per le vie tranquille del Villaggio, vivo nel suo susseguirsi di lamentele, sospiri e affanni degli abitanti. Un'improvvisa, violenta parentesi di afoso caldo stagionale aveva colpito la zona senza preavviso, e per i residenti non pareva essere motivo di giubilo. Ogni mansione, anche la più banale, era accompagnata da un ansimare quasi disperato in cerca di ossigeno, e ogni pausa era il momento ideale per cercare refrigerio all'ombra di un albero, o di un pertugio.

    Hikaru però non sembrava soffrirne. Anzi, si inoltrava per le vie del Suono con una discreta agiatezza, noncurante della temperatura e dello spessore quasi tangibile dell'aria. L'unica sua preoccupazione era quella di non soffrire la sete, che da ragazzino era spesso stata sua compagna per merito dell'estro creativo particolarmente nauseabondo della donna con cui, eufemisticamente, viveva. Armato di due piccole bottiglie d'acqua da mezzo litro, proseguiva rilassato il suo cammino, in direzione ostinata verso gli Uffici dell'Amministrazione.

    Passati tre anni dalla sua adozione da parte di Oto, si sentiva ormai in dovere di ripagarlo per tutto ciò che era stato fatto per lui. Si sentiva pronto, dopo una serie di addestramenti, ad entrare a far parte dell'Accademia, in maniera da poter accrescere ulteriormente le sue abilità di Shinobi e metterle così al servizio del Villaggio. Aveva sentito che era necessario dover superare una sorta di addestramento iniziale, e a tal proposito voleva istruzioni su come potesse avviare la macchina amministrativa che l'avrebbe infine assegnato ad un istruttore.

    ~


    Aveva sottovalutato la temperatura che il sole al suo zenith portava con sé, e l'acqua di cui aveva fatto scorta era terminata nel giro di quella manciata di minuti che gli erano serviti per arrivare da casa sua all'ingresso del Palazzo degli Uffici. Non ci badò troppo, avendo ormai oltrepassato la soglia, ed iniziatosi ad incamminare per i corridoi interni fu colpito dal viavai quasi esasperato con cui vari commessi e impiegati carichi di impegni e scartoffie vivacizzavano il posto. E poi, una fitta.

    Lo colpì all'improvviso, al basso ventre e sopra l'area inguinale, stridente come unghie sul muro, e invadente come la mareggiata durante un alluvione. No, non poteva pensare a diluvi e inondazioni, il ragazzo sofferente, ché avrebbe solo peggiorato la situazione. L'acqua, a cui aveva avidamente dato fondo poco tempo prima, aveva bruscamente deciso che la sua nuova sede non era di suo gradimento, e aveva lo straripante desiderio di uscire dalla via di fuga per ricongiungersi alla sua stirpe.

    Iniziò così a vagare per i corridoi cercando di mantenere un contegno ed un'aria dignitosa, avendo come unico sfogo alla stretta dolorosa lo stringere dei denti e dei glutei, nel tentativo di arginare l'emergenza. La mancanza di indicazioni per i servizi lo costrinsero a dover cercare di fermare qualche commesso per chiedere indicazioni, ma ogni volta che tentava l'approccio veniva respinto di malo modo, con poche parole e molta fretta.

    Era la prima volta che si trovava negli Uffici, che per lui erano straordinariamente grandi ed intricati, e non aveva la più pallida idea di dove poter continuare la ricerca della toilette in quel dedalo di corridoi dalle mille porte. Ma com'è noto, la disperazione aguzza l'ingegno, e si ritrovò a pensare ad un episodio accaduto poche settimane prima: si trovava al mercato del villaggio, ad acquistare le provviste settimanali, che era pressoché l'unica situazione che lo vedeva per le strade del Villaggio se si escludevano gli allenamenti. Origliando senza volerlo una conversazione tra due suoi - immaginava - coetanei, gli rimase impressa una frase di uno dei due che suscitò l'ilarità dell'altro.

    E dov'era il bagno? Ovviamente in fondo a destra, come sempre!


    Non aveva che da tentare, nella speranza di confermare che il sempre a cui il ragazzo al mercato si riferiva si applicasse anche alla situazione in cui si trovava in quel momento. Con l'ingenuità di un bambino che si sta da poco affacciando alla vita in società, e con la fiducia del giovane adulto che tenta di prevalere sugli ostacoli della vita e della natura, imboccò con sicurezza il corridoio centrale, lungo una manciata di metri, al termine del quale - sulla destra - vide un portone socchiuso. Vi si avvicinò, cauto ma rapido, e lo aprì sommessamente.

    La sua tentata furtività fu tradita da un sonoro cigolìo, che attirò su di lui gli sguardi sorpresi e perplessi dei presenti. Li osservò rapidamente: un uomo fiero e dall'aria infastidita, con un vestiario che manifestava la sua appartenenza ad un ceto altolocato, in compagnie di due vistose guardie del corpo, e degli Shinobi di Oto i cui volti gli risultavano più o meno familiari, ma di cui non sapeva i nomi. E, cosa insolita e a dir poco peculiare, un manichino seduto dietro la scrivania, con uno scarabocchio a forma di occhiali quadrati sul volto, e la scritta "Febh Yakushi, lo stupendo amministratore di Oto". Hikaru increspò le sopracciglia con palese perplessità, soprattutto considerato il fatto che l'uomo all'apparenza importante - nonostante l'espressione di sufficienza generale stampata in volto - fosse conscio della presenza di un manichino seduto al posto d'onore e non ne fosse turbato.

    Palesandosi in tutta la sua vergogna, Hikaru chinò leggermente il capo in segno di rispetto, e con tono tenue - ed ulteriormente affievolito dal biasimo che si sentiva addosso - chiese l'informazione che nessuno gli aveva voluto dare. A denti e glutei stretti.

    Chiedo scusa per l'intrusione, non era mia intenzione disturbarvi.
    Stavo cercando il bagno e mi sono perso, potreste gentilmente indicarmi la direzione?





    Eh, è andata così. :pwn:


    Edited by 'cain - 25/6/2018, 13:58
     
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