Ingresso al Bosco Secolare

[Ambientazione]

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  1. Ratty
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    Ingresso al Bosco della Foglia
    Aperto a tutti i Ninja di Konoha




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    All'interno delle mura di Konoha, poco distante dalle zone centrali è presente un grande bosco voluto ai tempi del primo Hokage. Fu successivamente ripartito a tre clan della foglia, per permettergli di allevare e allenare i propri compagni animali, con l'obbligo di mantenere un comportamento corretto nel rispetto di ogni creatura e pianta sotto la loro sorveglianza. Molti ninja di altri villaggi cercano di raggiungere questo secolare bosco per poter sviluppare ulteriormente le capacità del proprio compagno animale, e trovare un comodo luogo per compiere i propri esercizi.
    Ogni componente dei clan Inuzuka, Nara e Aburame che posseggono la relativa tecnica di clan potranno accedere alle loro aree specifiche senza inconvenienti di alcuna specie. Gli altri ninja dovranno richiedere il permesso all'ingresso del parco.
    Aperto al pubblico è la nuova area del secolare bosco, composta per lo più da piante giovani; nel sentiero sono presenti alcune panchine e una piccola fontanella come luogo per dissetarsi, come se fosse un normale parco pubblico. E' possibile inoltrarsi nel giovane boschetto per sfuggire agli occhi indiscreti della gente. In questo luogo comunque non sono permessi addestramenti.
    Proseguendo per la stradicciola si potrà arrivare ad un capanno nel quale il custode controllerà chi vorrà accedere alle aree specifiche dei clan. Sebbene il guardiano sia propenso a far passare ogni ninja, è possibile cercare di oltrepassare la sorveglianza ed accedere senza permesso.

    Staff

    Guardiano: non assegnato

     
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  2. Isidor Inuzuka
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    Una normale giornata si apriva come tutte le altre, pacata, monotona. La vita a Konoha pareva aver assunto una innaturale calma piatta, probabilmente derivate dall'assenza quasi totalitaria di tutte le entità che avevano un valore affettivo o una semplice conoscenza. Il mestiere teneva occupati in addestramenti in qualità di sensei o di semplice allievo, ponendo una ruota continua nella sua vita, un ciclo che si ripeteva oramai da anni.
    La Primavera cominciava a rendere evidente i suoi effetti: piccoli batuffoli di polline aleggiavano distrattamente, mossi e trasportati da un leggero venticello caldo, che scompigliava i capelli del ragazzo come il pelo del fido compagno animale. I Ciliegi in fiore sbucavano di tanto in tanto, rallegrandoli quel tanto che bastasse per proseguire nel cammino che si stavano apprestando a fare. Con celerità, la coppia attraverso Konoha intera, senza degnare uno sguardo alla mole di persone che affollavano le sue strade, come d'altronde succedeva ogni giorno. Nessuno pareva infastidito o quantomeno sorpreso dal Ninja che camminava indisturbato, segnale di quanto fosse abituale quella situazione.
    Con noncuranza, si addentrò nel Bosco Secolare di Konoha, il luogo che da pochi giorni ospitava i suoi allenamenti. La natura lo rassicurava, poichè faceva in un certo senso parte del suo essere, albergava nella sua anima e nel momento propizio, riusciva a donargli capacità e sensazioni mai provate, quasi come se egli fosse il braccio vivente di essa.
    Percorse i sentieri sterrati, gettando uno sguardo sulle famiglie che indisturbate passeggiavano, ignorando per un attimo i pensieri più loschi o barbosi, per concentrarsi in pochi e sfuggevoli attimi, alla vita familiare o al semplice svago personale.
    Purtroppo per i Ninja la vita non era affatto così. Non ci si poteva mai soffermare, nemmeno per guardarsi in dietro. Ogni giorno doveva essere considerato una sfida, indifferentemente dagli obiettivi da raggiungere.
    Quasi senza accorgersene, fu al centro di una radura, di fronte a Shuko, il torso scoperto che accoglieva il venticello caldo, stuzzicandogli la base del collo.
    Trasse un profondo respiro, aprendo il suo corpo, la sua mente e la sua anima alla natura, carpendo esempio e potere da essa, percependo la sua vera essenza.
    Il suo corpo si muoveva agilmente, i suoi pugni e i suoi calci si associavano perfettamente a ciò che sentiva, gli occhi chiusi che permettevano la assoluta fusione e sintonia.
    Il suo allenamento era iniziato.
     
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  3. Keita Kitase
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    Se il viaggio d'andata fu spettacolare, ricco di piacere, serenità e soddisfazioni, altrettanto non si poteva dire per quello di ritorno. La fine di quell'esperienza si era rivelata di giorno in giorno sempre più deprimente. La mia vita era stata scossa in un lampo, quando solo poco prima era costituita da meri problemi che solo ora avevo ben chiaro quanto facilmente fossero risolvibili. Quell'esperienza mi aveva cambiato. Aveva reso forse più rassegnato il mio animo, abbandonato ai casi della vita che non si potevano comandare.
    Quale miglior medicina se non il conforto di chi mi era amico e che non vedevo da tanto, troppo tempo?
    Mi erano rimasti solo Isidor e Shika. Ma solo con Isidor non avevo avuto modo di parlare, di renderlo partecipe di una vita lontana. Tutto quel tempo avrebbe minato la nostra amicizia?
    Cominciai a cercarlo una mattina, presto.
    Passeggiai per il villaggio sorridendo ai vari luoghi che ritrovavo e riscontravo nei miei ricordi. Sorridendo a chi mi riconosceva e mi salutava, fermandomi solo con i più vicini a me per riassumere quanto accaduto, il superficiale per lo meno.
    Fu così che passo dopo passo mi diressi verso i maestosi boschi della Foglia. Dove un Inuzuka, se non in quei luoghi era solito stare? Sperai con tutto me stesso fosse lì. Avevo bisogno di una spalla. Non so dire se avessi voglia di parlare di tutto quello che era successo: Jin, mia madre, Ami...Mi sarebbe bastata la semplice compagnia.

    Il verde primeggiava come al solito, ma stranamente più splendente di come lo ricordavo. Sembrava che la visione del mondo che già conoscevo fosse mutata considerevolmente. L' aria mattutina si mescolava alle fragranze di alberi e fiori e poi, intento ad allenare il suo corpo, lo trovai, vicino ad un lupo dal manto più candido che avessi mai visto.

     
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  4. Isidor Inuzuka
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    Ondeggiava sinuoso, spaziando nella radura, mentre Shuko di tanto in tanto portava attacchi, minando la sua Difesa come anche l'esercizio che stava eseguendo. Il tempo passava in concomitanza con il Sole, che percorreva l'arcata perenne, raggiungendo Un Quarto del suo arcaico giro.
    Gocce di sudore presero a scendere dalla fronte del Ninja, mentre il ritmo si faceva più frenetico, i colpi e le risposte più ritmiche, cadenzate e potenti.
    Chiunque fosse rimasto nelle vicinanze per assistere a quello spettacolo, non avrebbe visto altro che due figure che si spostavano nell'aria, ma quasi come se fossero interni al paesaggio stesso. Talvolta apparivano come una brezza che scuote le fronde, un cespuglio mosso da animali selvatici.
    D'un tratto, Isidor avvertì un odore tra gli alberi circostanti, che si avvicinava sempre più la radura, lentamente, senza foga. Senza interrompere la danza, ma concedendosi solo qualche attimo di riposo, cercò di identificare l'odore, che aveva un che di familiare, anche se gli dava un senso di repellenza e malvagità, non aveva idea del perchè. Ma c'era un modo per saggiare le capacità del nuovo avvenuto.
    Repentino, si sposto in direzione dell'odore, avvicinandosi sempre più al limitare del bosco. Intravide una figura, la prese di mira.
    Tentò un calcio in direzione del volto avversario. La rotazione parziale del bacino permise un colpo dalla potenza efficace e dalla velocità disarmante, le braccia si alzarono per coprire il volto.
    Come avrebbe reagito?
     
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  5. Keita Kitase
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    Ma non fu l'accoglienza che mi aspettavo. Sembrava essersi allarmato ogni qualvolta mi avvicinavo. Non lo colsi da subito, ma me lo fece comprendere la sua reazione. Distante, ormai di poco, finì con il sorprendermi. Abbattuto, stanco, desideroso di compagnia, non lo vidi e mi lasciai fregare da quell'inatteso colpo al volto così potente da scaraventarmi lontano un miglio e facendomi assumere una delle espressioni più buffe mai marcate sul mio volto.
    Giunsi a terra non so quanti metri più lontano. Mi alzai a fatica tenendomi forte il livido generatosi sulla guancia.
    Ansimai un poco poi, presomi quei minuti sufficienti per oscillare il capo e tentare di richiamare la lucidità dovuta dalla botta...


    -Ahio...Ma che cavolo fai?!-


    Di certo mi ero ripreso dall'umore funereo...

     
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  6. Isidor Inuzuka
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    Un sonoro colpo accompagno il tonfo rovinoso della persona che mai mi sarei aspettato di vedere. Keita Kitase giaceva ora a terra, in una nuvola di polvere, con un grosso livido che ora compariva violaceo e pulsante sul suo volto. Senza ombra di dubbio, il suo test l'avevo fatto, ma con esito molto diverso da quelli che si era aspettato. Sentimenti dal marcato parallelismo presero a invadere la sua mente, mentre rimaneva lì fermo sul posto, ancora in posizione di combattimento, ad osservare l'amico che ora si rialzava, esponendo la sua sorpresa alla spropositata reazione.
    Amico? Era una parola che poteva ancora considerare? Da ben 2 anni, Keita ed Isidor avevano avuto sporadici contatti, avvenuti sopratutto durante formali corsi in qualità di sensei o aiuto-sensei. Mai una volta si era fatto sentire, per tutto quel tempo era vissuto nella più totale solitudine, ripercorrendo i bui momenti precedenti al loro primo incontro.
    Con totale indifferenza, voltò le spalle a Keita, assumendo un tono della voce distaccato.

    ~ Mi stavo solo accertando che non fossi un nemico, ecco tutto. ~


     
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  7. Keita Kitase
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    La reazione, questa volta verbale, fu più dolorosa di qualsiasi calcio, pugno o qualsivoglia tecnica. Quel tono di voce così indifferente, aveva generato un muro capace di porre in essere il distacco più distante tra il ricordo di un'amicizia che sembrava immutabile e indistruttibile.
    Mi alzai con l'umore a terra. Sospirai sonoramente, il dolore era passato, scavalcato da quanto udito. E, una volta in piedi, volsi il capo verso quella che ormai era solo la schiena dell'Inuzuka, chiesi


    -Gran problema per i nemici...Ma gli amici? Gli hai già dimenticati...Inuzuka?-

     
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  8. Isidor Inuzuka
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    A quelle parole, Isidor non diede segno di sorpresa o quant'altro. Rimase nella stessa posizione, dando le spalle a Keita, mentre Shuko assisteva alla scena, guardingo e allo stesso tempo preoccupato per l'atmosfera di tensione creatasi dopo quel breve scambio verbale.

    ~ Dimenticato..eh? ~

    Sorrise al solo sentire della parola, scuotendo il capo. Voltò leggermente la testa, guardando negli occhi Keita, stringendo i pugni.

    ~ Hai la vaga idea di cosa voglia dire rimanere per ben 2 anni in totale solitudine, senza nessuno con cui poter parlare passare il tempo? Se fossi in te penserei prima di ricordare ciò che accaduto, prima di muovere accuse insensate. ~
     
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  9. Keita Kitase
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    Quindi era rancore, risentimento...Per cosa? Aveva lui la vaga idea di ciò che avevo passato? Di ciò che avevo guadagnato e di come tutto ad un tratto per uno strano scherzo sadico mi era stato portato via poco dopo? Eppure...non riuscivo ad arrabbiarmi...Avevo pulito il mio corpo da ogni attività o presa di posizione anche istintiva, o almeno era così che mi sentivo in quel periodo che ero sicuro prima o poi sarebbe passato. Avevo pulito tutto con la rassegnazione...


    -E posso sapere qual è la mia colpa?-

     
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  10. Isidor Inuzuka
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    Questa volta si voltò completamente e si avvicino a Keita, gesticolando animatamente con le mani, quasi per provocarlo, per tendergli un esca, o forse voleva palesare la sua indignazione per le parole appena pronunciate.

    ~ La tua colpa è l'esserti dimenticato della mia esistenza. La tua colpa è stata rimanere ad Oto per ben 2 anni, mentre io credevo che fossi morto. La tua colpa è stata ed è tuttora, non esserti confermato come l'amico che mi aspettavo. ~

    Lo sguardo provocatorio era sempre presente sul suo volto, i pugni ancora stretti. Non c'era segno di cedimento nel suo parlare, aveva perso tempo addietro la capacità di commuoversi o di versare qualsiasi lacrima inutile.

     
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    Occhi spalancati e avidi, un ampio e perverso sorriso stampato sul volto e uno strano giornaletto tra le mani...

    Una figura se ne stava seduta su una delle tante panchine del parco, curva sull'ultima rivista di playboy, intenta a sfogliarla con gran vigore.

    I capelli bianchi come la neve gli calavano scompigliati sulle spalle, un piercing al naso gli donava un aspetto carismatico, le labbra erano leggermente schiuse e un rivolo di saliva gli scivolava verso il mento.

    « Fantastiche! »

    Esclamò, sgranando gli occhi su un culetto che sembrava essere disegnato con il compasso.



     
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  12. Keita Kitase
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    ...
    In quel momento le parole mi si strozzarono in gola. Non un suono riuscii ad emettere mentre con sguardom vuoto fissavo gli occhi del mio accusatore. Dimenticarmi di lui...Si, probabilmente avevo messo da parte il passato quel tanto che bastava per vivere il presentem che mano a mano mi occupava la mente, le emozioni, e provvedeva a distruggerle nell'immediato futuro, ma dimenticarmi di Konoha e di coloro che eranoi stati importanti nella mia vita e che davo per scontato lo sarebbero stati per l'eternità, no. Il ricordo nostalgico era sempre stato l'abbraccio astratto che richiedevo nei momenti di debolezza.
    -Bene. Ti chiedo scusa. Cosa che si somma all'accaoglienza "calorosa" che mi hai riservato...-
    Dissi massaggiandomi la guancia dolorante.
    -...Vuoi rovinare un'amicizia per questo? Non ti ho dimenticato. Non ho dimenticato Konoha. Se sono rimasto tutto questo tempo via è proprio per ritornare con un motivo in più per restare.
    Se sono venuto a cercarti è perchè do per scontato che avrei potuto trovare una spalla su cui appoggiarmi...Nemmeno io me la sono spassata...-

    Mi avvicinai mentre proferivo quelle parole, cercando di sfuggire alla presenza che, seduta in disparte a leggere chissà cosa, avrebbe potuto udire una conversazione che volevo mantenere privata.

     
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  13. Isidor Inuzuka
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    Le ultime parole lo lasciarono di sasso, anche se la sua espressione indignata e furibonda rimase presente, più per una questione di orgoglio che per altro. Ebbene, nemmeno Keita aveva vissuto il tempo passato ad Oto in armonia e non aveva dimenticato Konoha, come però Isidor aveva pensato.
    Keita si avvicinò, massaggiandosi la guancia, per avvicinarsi quel poco che basti per non farsi sentire da un intruso sedutosi in una panchina poco vicina.
    Isidor si volse, accasciandosi sotto l'ombra di un grande faggio, asciugandosi con la manica il sudore che l'imperlava la fronte. La situazione sembrava farsi ancora più tesa, una volta subentrato l'imbarazzo per quelle prime parole.

    ~ Che cosa è successo di tanto preoccupante? ~

     
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  14. Keita Kitase
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    La nota positiva fu quella di aver richiamato l'attenzione di Isidor che ora sembrava voler mettere da parte quel rancore palesato per il quale avrei probabilmente dato quella giustificazione tale da renderlo infondato.
    Accostato contro un grande albero vicino, e seguitolo, l'Inuzuka mostrò il suo interesse a cogliere la mia versione dei fatti. Non fu facile cominciare. Riprendere un discorso che avevo disperatamente voglia di non affrontare ma, allo stesso tempo, non dimenticare.
    La mia mente cominciò a vagare tra gli episodi che avevano caratterizzato quel tempo della mia vita. Le prime immagini di quegli eventi cominciarono a fluttuare in me che, sconvolto ancora da quelle visioni che tentavo di accantonare, tentavo scuotendo la testa di scacciare. Isidor avrebbe notato probabilmente il mio disagio. Ma non intendevo lasciarlo all'oscuro di tutto, avevo anche bisogno di parlarne con qualcuno. Nessuno sapeva nulla nel dettaglio di quello che mi era successo e di ciò che avevo fatto e subito.
    Fu così che, nel tentativo di trovare una posizione alleata che potesse aiutarmi nell'esternare il racconto, mi posi di spalle all'amico e a Shuko. E, lentamente, cominciai.

    -Ti prego solo di non interrompermi...-
    Il tempo trascorreva quasi in sincronia con la leggera brezza che accarezzava la mia pelle e smuoveva le foglie verdi degli alberi lì attorno provocando sibili rilassanti.
    Raccontai del viaggio verso Oto, della sua interminabile durata, motivo primo per il quale mi era impossibile anche solo pensare di poter comunicare con Konoha o con anche il resto del mondo. Narrai delle avventure, dell'arrivo a Oto improvviso, omettendo con cura le parti relative ad Houkou. Descrissi il modo in cui riuscimmo ad entrare nel villaggio, di come conobbi alcuni shinobi in modo bizzarro, accennando a volte sorrisi spontanei e di come incontrai anche Hante Uchiha, shinobi che l'amico aveva provveduto a crescere. Svelai di aver conosciuto Jin Tsuji prima che questi frequentasse l'accademia con lo stesso Inuzuka e di come tentai con successo la diplomatica richiesta di tenerlo a Konoha il tempo necessario a farlo maturare.

    E poi...
    Parlai di lei, Ami...
    Dell'incrocio dei nostri sguardi...
    Della sua storia e del suo dolore...
    Della nostra fuga...
    Del nostro amore...
    Del suo assassinio...
    Della mia apatia...

    E mentre parlavo la mia voce ferma, si contraddiceva con le lacrime che incuranti solcavano il mio volto. Mi appoggiavo all'albero ringraziando che fosse lì in quel preciso istante.
    Era la prima volta che ne parlavo, e non avevo mai sperimentato dolore più grande.

     
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  15. Isidor Inuzuka
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    Continuava nel suo imperativo e immotivato mantenimento, di un atteggiamento distaccato ed alquanto seccato, per motivi, ripeto, di orgoglio. Non gli era mai piaciuto dare ragione agli altri, era sua priorità mantenere il suo modo di pensare, anche se questo avrebbe comportato un certo fastidio verso colui cui mi impuntavo.
    Alla mia domanda, Isidor riuscì ad avvertire un certo qual disagio, una preoccupazione velata nel volto dell'amico. Parve rimanere un attimo assorto nei suoi pensieri, mentre il suo sguardo bieco lo scrutava, sebbene il volto rimaneva basso, puntato verso la distesa di foglie. Shuko si avvicinò all'Inuzuka, posando il muso sulle cosce e socchiudendo gli occhi.
    Con lentezza quasi pressante, Keita raggiunse la parte opposta dell'albero, quasi per esternarsi dalla sua vista, dalla sua pressione. Cominciò a raccontare, la voce ferma che non tradiva alcuna emozione. Maledì per un momento l'addestramento ninja. Mentre proseguiva nel suo racconto, ricordi affioravano nella mente. Buoni e Brutti. Hante Uchiha e Jin Tsuji. I suoi allievi più promettenti, coloro a cui aveva dato il primo slancio, per una carriera ricca e promettente.
    E poi, il racconto sfociò in quello che probabilmente era stato il Capitolo più duro e vissuto del suo Viaggio verso nuove conoscenze. Parlò di una ragazza, Ami. Del loro incontro, del loro amore...e della sua morte, dell'orrore con cui era stata brutalmente strappata alla vita.
    L'espressione di Isidor si addolcì. Ora tutto era più chiaro, ecco spiegate le sue emozioni. Non riuscì totalmente ad eliminare l'ira recondita per la sua mancanza, ma sentì nel profondo del suo cuore che doveva fare qualcosa per l'amico a cui la vita aveva donato un brutto regalo.
    Nessuna parola fuoriuscì tuttavia dalla sua bocca, non riusciva ad esternare nulla che consolasse Keita, sebbene ci provasse con tutte le sue forze. Lasciò che il suo cuore e i suoi movimenti lo conducano verso quel gesto, senza porsi limitazioni alcuna. Si alzò, raggiungendo Keita che nel frattempo si era appoggiato all'albero. Con sorpresa notò che piangeva.
    L'Inuzuka alzò il braccio, posando una mano sulla sua spalla. Segno di affetto, di amicizia, di conforto, di fratellanza. Quel gesto racchiudeva forse tutto ciò quel che avrebbe potuto dire.
     
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78 replies since 6/10/2007, 19:21   1218 views
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