Il pezzo mancante

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  1. t1m0
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    La quiete dopo la tempesta




    ~Ore 16:22: Villa



    -Via, cazzo, via. Cambiamento di programma maledizione.



    Tre ombre, camuffate dalla pioggia che non voleva smettere di inondare le terre di Konoha, saltarono sul tetto della villa per poi dileguarsi dalla parte opposta dell’entrata. Un occhio attento avrebbe solo potuto distinguere delle sagome, non sarebbe riuscito a vederli in faccia né tanto mento capire se fossero uomini o donne dalla corporatura. Semplicemente ombre, che in un attimo scomparvero dalla vista di chiunque. Inutile, dopo qualche secondo sarebbero già stati lontani, non lasciando tracce dietro di loro. I tre malviventi scapparono il più rapidamente possibile dalla villa dove erano stati compiuti i 3 delitti. Il villaggio era deserto a causa della pioggia. Nessuno sembrò accorgersi di loro.



    ~Ore 16: 28: Villa



    -E’ vero, non sono morti. Non fatevi impressionare dal sangue, sono solo delle ferite non troppo serie. Fate come hanno detto questi ragazzi, tornatevene a casa, qui ci pensiamo noi. Su, andate!



    Una voce potente, che sembrò avere un effetto miracoloso sulla folla. Sembravano fidarsi di colui che poco tempo prima aveva dimostrato scaltrezza nel vincere l’asta. Parole che più semplici non poteva trovare, ma in quel frangente sicuramente le più efficaci. Come un branco di pecore, tutti i presenti racimolarono le proprie cose e si diressero verso l’uscita, dentro di loro ancora sconvolti e attoniti da ciò che li ha visti protagonisti. Poteva capitare di osservare con la coda dell’occhio i “feriti”, ma senza attenzione, come se fosse una cosa dovuta e dettata dalla compassione.
    Nell’arco di 5 minuti erano rimasti solo il signor Arami e i 4 giovani che avrebbero dovuto proteggerlo. Il medico chiamò a sé i ragazzi. Aspettò che tutti si avvicinassero a lui.



    -Bravi ragazzi, siete stati in gamba. Siete riusciti a mantenere la calma in una situazione difficile. Non avrei mai creduto. Poverini loro, non centravano niente. Il vero obiettivo eravamo noi. Hoshi vieni qui, fammi vedere quel braccio.



    Avrebbe controllato eventuali ferite per curarlo. Non avrebbe constatato niente, solo una lacerazione sulla stoffa. Gli dette uno schiaffetto sulla faccia, e si mise a ridere. Una risata sincera.



    -Beh, la prossima volta ci penserai due volte a tornare a Konoha con quello che ti è successo oggi. Dai, ora andiamo a casa su. Non dovremmo subire ulteriore attacchi. Coraggio che tra poco tutto questo sarà solo una strana avventura.



    Il signor Arami entrò nella villa per recuperare la scatola di cartone che conteneva il tanto bramato vaso. Uscì con tranquillità, senza preoccupazioni per quello che era appena successo. Aveva piena fiducia del suo team, ed era consapevole che accanto a loro non gli sarebbe successo niente.



    -Tieni, io mi devo coprire da questa cavolo di pioggia.



    Appioppò la scatola a Kon e aprì l’ombrello rosso per coprirsi dal nubifragio che continuava ad abbattersi. Avrebbe, inoltre, indicato un ombrello che qualcuno si era dimenticato nella fretta di andare via dalla Villa. Apparteneva sicuramente ad una donna, era di colore di rosa con delle margherite disegnate e del pizzo attorno ai bordi. Avrebbero dovuto usarlo per non far bagnare l’involucro di cartone, che con l’acqua avrebbe potuto disintegrarsi e rovinare la fine porcellana del vaso di Kamaru.
    La loro prossima tappa sarebbe stata la sua sfarzosa villa. Una volta depositato il pacco, i 4 shinobi potevano sentirsi soddisfatti di aver concluso la loro missione.




    ~Ore 16:51: Casa del signor Arami



    Saya girava impazientemente per la villa. Spesso si affacciava alle finestre per scorgere l’arrivo di qualcuno. Non vedeva assolutamente niente, la forte pioggia e il buio che cominciava a calare le limitavano la percezione visiva. La donna, nel frattempo, si era cambiata. Portava abiti più comodi, non propriamente da cameriera. Nell’attesa si diresse nella cucina della tenuta. Sgranocchiò qualche biscotto al cioccolato e bevve del latte. Non ne sentiva il bisogno, ma la sempre maggiore tensione che sentiva le dava una fame isterica che in qualche modo doveva calmare. Tra un dolcetto e l’altro, pensava poggiata al tavolo. Pensava di quando era bambina e del suo primo amore. Di quanto le è mancato, e di quanto lo desiderava. Ricordava della sua sofferenza quando è dovuto andare via, di quanto è stato difficile superare quel momento triste. Ora però si sentiva più forte, era riuscita a crescere e di questo ne era consapevole. Una forza accresciuta dal suo ritorno.
    Improvvisamente, un battere continuo sulla porta.
    La ragazza si avvicinò, contenta.



    -Amore?!



    Aprì la porta. L’orologio segnava le 16:52, appena scoccate.



    ~Ore 16:34: Fuori Konoha.



    Erano da poco usciti dalla villa. Con passo lento e cauto si stavano dirigendo verso la magnificente villa del loro protetto. La piattezza cromatica del paesaggio che gli si presentava era interrotta solo dalla vivacità dei loro ombrelli. Prima di andare via, Pen si era chinato e aveva raccolto una di quelle armi che erano state lanciate in quegli attimi di paura. La teneva ben salda nella mano sinistra, e ogni tanto ci posava il suo sguardo. Era un oggetto dalla fattura incredibile, poteva sembrare uno spiedo normaloe, invece era composto di una lega più densa nei dintorni della punta. Solo gente con conoscenze specifiche avrebbe potuto ingegnarsi in tale maestranza.



    -Guardate questo coso ragazzi. E’ l’arma con cui siamo stati attaccati. Osservate bene la punta e poi capirete il motivo di tanta facilità nell’uccidere. Hoshi, sei stato veramente fortunato. In ogni caso fate attenzione. Essere colpiti in punti vitali con quello spiedo significa morire. Ci siamo imbattuti in gente pericolosa.



    Avrebbe passato l’oggetto al capogruppo, sperando che poi l’avrebbe condiviso con gli altri membri del team. Nel frattempo, in lontananza, si poteva cominciare a scorgere imponenza della sua dimora. Nemmeno la nebbia e la condensa creata dal maltempo potevano celare tanta grandezza. La situazione sembrava tranquilla. Tutto era come prima, i peschi non ancora in fiore, la perfezione di quelle ringhiere, la porta di legno massello. Tutto lasciava presagire che ormai il pericolo era scampato.



    - Eccoci arrivati, adesso posate pure il vaso all’ingresso e potete anche andare. Grazie a tutti.



    Bussò alla porta. Nell’attesa che Saya aprisse, Arami chiuse l’ombrello e lo lasciò poggiato al muro a sgocciolare. Pochi secondi e l’uscio si spalancò. Dentro, il buio. I 5 entrarono.



     
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