Vecchia Magione

Il Vecchio Maniero della Casata

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    Come se potesse voltarsi e andarsene.
    Un grido venne rinfoderato, niente tagliò quella silenziosa notte, solo un corpo che si irrigidiva per il dolore, mentre cercava nel petto l’oggetto entrato nella schiena.
    Sentiva la fredda lama divaricare e tagliare le sue carni con estrema facilità ma anche con estrema lentezza, più che il suo sangue pareva desiderare il suo dolore, strana lama, assetata di dolore.
    L’ultimo respiro gli permise di sbarrare gli occhi, aveva di fronte a se Jotaro, due sensei, un omicida e l’altro complice, il mondo girava strano.
    Prima di morire ebbe il tempo di un ultimo sguardo, un ultima concessione da parte di di chi? Riuscì a vedere il viso di Jotaro: triste, non sarebbe mai riuscito a capire quel uomo, in quel momento si limitò a catalogarlo come il più infimo dei bastardi.
    Venne trasportato per ore, ma lui non lo sapeva, non avrebbe potuto sapere.

    [ ]

    Si trovava da....si trovava in...da quanto? Dove? Un’altra illusione?
    Non ne sapeva nulla era solo circondato da un opprimente oscurità in cui era difficile respirare, muoversi, pareva vi fosse incatenato.
    Cercava di ricordare, ma farlo gli provocava solo un gran senso di nausea, come se quel non aveva corpo! Si accorse che le sue mani si trapassavano senza difficoltà, rimase a fissarle come un neonato, lucevano, si pareva lucessero di eterno.
    Ciò che lo tratteneva pareva essere tutto il contrario, quel oscurità pareva essere pesante, famelica, era come avere la morte sulle spalle intenta ad alitare cupi sussurri di morte mentre posiziona il suo oscuro bagliore nel collo del malcapitato.
    Si voltò provando a muovere qualche passo, ma non v’era via d’uscita, era intrappolato, come una zanzara nella resina, era quella la morte di un perdente? Era quella la vita eterna che avrebbe dovuto passare?
    Non sapeva darsi risposta, dopotutto poteva anche essere un illusione, e col suo misero controllo del chakra non poteva certo spezzarla, sapeva solo che quando venne inglobato da quel oscurità fu doloroso, era come se venisse strappato a morsi dal suo corpo per poi venir trascinato via, quasi strappato.
    Nessun suono in quel “mondo” solo il suo respiro echeggiava in quelle pareti inesistenti, ma perché respirava? Non serviva, non aveva un corpo a cui l’ossigeno servisse, e in quel posto probabilmente nemmeno v’era aria, attese, non poteva fare altro.
    Era assurdo e irreale il silenzio che aleggiava in quel luogo.
    E se fosse un non morto? Se quel limbo fosse un trucco per farlo scivolare via dalle mani di lucifero a cui avevano promesso la sua vita?
    Ricordò lo sguardo di Jotaro, che dopotutto nemmeno lui credesse che quel destino era adatto al canuto konohaniano?
    Quello che successe dopo fu del tutto inaspettato.

    [all’esterno]

    Appena attivati i sigilli si smossero, come se prendessero vita, si mossero lentamente, prima si stirarono per poi scrollarsi dal loro “supporto” e formare una grande e ondeggiante processione che confluiva verso Raizen, o verso quello che ne era restato, ne avvolse l’intero corpo come un sutra divino, quelle righe di sigilli lo avvolsero stretto come le bende di una mummia, dopo un momento di riposo persero il loro colore per acquisire una tonalità più vicina a quella del chakra, lentamente si mossero.
    I sigilli presenti sugli arti e sulla schiena cominciarono a fluire verso il petto mentre quelli già presenti presero a ruotare confluendo sul punto che corrispondeva al centro del tantien, da li cominciarono a levarsi formando un lungo cilindro che andava stringendosi mentre si prolungava verso il rotolo, il corpo di Raizen ebbe un primo fremito, il sangue di Jotaro cominciò a fare effetto, le catene lo zittirono.

    [nel rotolo]

    Improvvisamente l’oscurità parve ritirarsi intimidita, mentre quella che ormai era conscia di essere soltanto l’anima di Raizen, la sua ultima goccia di chakra, come rincuorata parve acquisire un suo spessore, e ancora maggior lucentezza, il sigillo del rotolo si scioglieva, mentre quelli dell’esterno vi si addentravano per condurre Raizen “a casa”.
    Era doloroso, era la sensazione contraria a ciò che aveva provato prima, come se lo rimettessero in un barattolo veramente troppo piccolo.

    Restane fuori.
    Già rere restane fuori fffff fffeccia

    Raizen sorrise, conosceva quelle voci, sapeva a chi appartenevano.
    Ancora dell’oscurità gli ostruiva la via le braccia dell’anima si mossero lentamente, mentre le dita si contraevano rapide, spasmodicamente, afferrarono l’unico sipario che separava la sua vita dalla sua seconda entrata in scena, sorrideva, si, sorrideva, un sorriso insano, maniacale e quel enorme squarcio lo accompagnava mentre una nuova luce lo accoglieva, mentre il suo corpo lo attendeva.

    Restarne fuori? Questo è il mio corpo!
    P P pi pipicc piccolo IDIOTA! Sssse non foFFo ffoooosse STATO PER NOI! Tu st st! stt tata staresti aaa ah ancora le lele leccando LA TERRA CHE TI MANTIENE!
    Sta zitto!


    Era l’anima di Raizen, aveva sofferto quel passaggio, quello strappo, ma ora non importava, ora era di nuovo viva, o almeno lo sarebbe stata dopo aver risolto il piccolo inconveniente.

    Ormai questo corpo non è più tuo.

    Sorrise nuovamente, divertita.

    Qui. Comando. IO!

    Gli occhi del konoaniano si sbarrarono, vuoti, solo qualche strano bagliore passava sfuggente, i capelli crebbero nuovamente, prima acuminati puoi nuovamente laschi e lucenti.
    Entrambe risero, quello spazio infinito quanto piccolo si riempì d’una nobile risata e di un latrato bestiale, che forse era una risata.

    Dicci, allora, perché tu stai fuori e noi dentro.
    Gh gh ! GIA di! Didi DICCELO!

    Il divino angelo e l’immondo diavolo parlavano.

    Perché qui...comando io.


    Quando l’ultima parola fu pronunciata delle enormi sbarre comparvero a sigillare i due.

    Chi comanda qui, e?
    Ricordatevi che l’Hokage ha ridotto vuoi due a delle piccole amebe, io devo solo fornire il chakra per alimentare il sigillo.


    Si allontanò.

    [esterno]

    Il corpo di Raizen fremette ancora una volta, quel innaturale luce si era già spenta, tornava lentamente in se, mentre istintivamente cercava di liberarsi dalle catene, parve che il movimento stesso fosse dovuto all’anima che si riadattava al suo corpo, dal busto si estese un ondata di movimento che si riversò negli arti come un torrente in piena

    “muoviti stronzo”

    Il braccio destro diede uno scossone mentre i piedi si piantavano a terra, le catene cantavano, le pareti vibravano, e Raizen soffriva.

    Che cazzo mi hai fatto pervertito?


    I capelli sfregavano contro la pelle che bruciava per via delle escoriazioni.
    Alzò la testa e guardò Jotaro negli occhi.

    Perché mi hai riportato in vita? Ti sei affezionato?


    Sorrise, anche se non nel vero senso della parola, nonostante ciò c'era una velata tonalità di gratitudine mista ad una di pentimento, quel leone spodestato non voleva venir reintegrato nel branco, e visto che era morto meglio restare tale.
     
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