[Secondo Accesso] Le Mura

[Free GdR] [Macro GdR]

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  1. Hanzo Hasashi
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    ..non ci volle poi molto a raggiungere le Mura. L'anonima figura era arrivata di fronte un grande portone, e lo spettacolo che aveva davanti era davvero magnifico. Una grande muraglia era di fronte a lui, e quella maestosa struttura trasmetteva sicurezza. Nulla sembrava poterla valicare indenne. Inoltre sulle mura delle sentinelle guardinghe osservavano il viaggiatore, che conscio del compito delle guardie va a levarsi il copricapo per mostrare così il suo viso.

    - Salve a voi o guardiani di Kiri. Il mio nome è Hanzo Hasashi e sono quì per intraprendere la via del ninja.. -

    E così ecco svelato il nome dell'individuo, che forse per via dei suoi bianchi occhi poteva sembrare uno Hyuga. Dall'alto le sentinelle lo osservavano e si scambiarono qualche parola, nulla che Hanzo potesse sentire. Egli era originario di Kiri, anche se nei suoi venticinque anni mai era stato in questo grande paese. Appena nacque fu subito mandato via presso un luogo remoto, per crescere sotto un addestramento militare e prepararsi a questo grande momento, dove un guerriero comune si appresta a diventare un guerriero speciale, un ninja! Ora Hanzo attendeva una risposta delle guardie, e che magari aprissero il grande cancello che lo separava dal suo destino.

     
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  2. ƒ r a n z
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    CITAZIONE
    Siccome in 5 giorni non ha ancora risposto qualcuno faccio io con PNG guardie. :asd:

    Un giorno come altri a Kiri, durante il quale non era successo nulla di interessante che potesse sviare anche solo per un po' dalla monotonia del turno di guardia; i soliti carri mercantili in entrata e in uscita si alternavano in maniera discontinua, impedendo così alle guardie di distrarsi nella loro attesa.
    Un giovane uomo arrivò lungo la strada di fronte al cancello, presentandosi e chiedendo di entrare. Sulla sua fronte, il coprifronte con il simbolo di Kiri era ben visibile e le guardie si scambiarono subito gli ordini.
    Fatelo entrare! gridò quello che doveva essere il capo in comando, rimanendo in alto sulle mura mentre i suoi sottoposti aprivano il pesante cancello.
    Entra, e benvenuto! ribadì il capitano delle guardie.
     
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    Back Home - 2nd Act
    On the road



    Quando scesi dalla barca dovettero scaricare tutti i cadaveri. Quando le guardie cercarono delle risposte il capitano del vascello glie le diede, ma ormai io ero già sparito e camminavo defilato verso il mio villaggio. Verso la mia casa. Avevo messo da parte i vestiti bagnati e avevo indossato qualcosa di asciutto, tenendo addosso il mantello verde che copriva il mio viso. Sebbene umido, non avevo altro per coprirmi. Il cielo in quel momento minacciava altra pioggia, ma ormai la pioggia, così come gli eventi, mi scivolavano addosso senza lasciare traccia.
    Si diceva che la guerra e l'orrore indurivano il cuore. Era vero.
    Speravo solo che, una volta varcata la porta di casa, non avrei scoperto che l'orrore a cui avevo assistito aveva distrutto ciò che ero.

    Il villaggio sullo sfondo iniziò a ingrandirsi sempre più. Riconobbi il familiare profilo delle alte mura di Kiri che mi guardavano sospettose, le molte persone allineate che altro non aspettavano un mio ordine per agire. Li avevo abbondati senza dire loro una parola. avrebbero avuto fiducia ancora di me? L'unica persona che mi aveva visto andare via era Ayame. Piangendo. Con la consapevolezza però che dovevo farlo per lei e per le nostre bambine. Il ricordo di quel giorno fece sprofondare la mia mente nel ricordi passato recente che mi avevano segnato. E ne fui di nuovo vittima.


    Back Home - Act -4
    The beginning of the end



    Il suono della guerra riempiva le mie orecchie ad ogni ora. Gemiti di dolore, urla di guerra, esplosioni, arti tagliati. Il sangue che spruzzava ovunque.
    I due eserciti di ninja si scontravano in quel momento con una furia tale da creare una vasta zona totalmente bruciata e disboscata dai continui attacchi.
    Vidi una lama vagante e arretrai di colpo parandola con la spada. L'impatto creò un'immensità di scintille e per un momento temetti che Garyuuka si potesse rompere. Il timore svanì quando notai che in realtà era la spada dell'avversario ad essere stata frantumata. Non guardai lo guardai in faccia ma un istante dopo era morto.

    Al mio fianco, come una furia e con un'intensità pari a quella di un Jinchuuriki si batteva Hebi. Attorno a noi era solo sterminio. Dopo alcuni minuti nessuno osava suicidarsi attaccandoci direttamente. Sapevano che li avremmo fermati.
    La loro unica speranza era l'uomo che li guidava. Una speranza che rimase tale.

    Morirono tutti coloro che non si arresero. Alla fine della battaglia, tutti quanti urlammo di gioia. L'esercito di Enma era decimato, rimaneva solo lui. Era la fine.
    Era solo l'inizio della mia fine.


    Back Home - 3th Act
    Beyond the Wall



    E infine giunsi dinanzi le mura. Ripensare a quella battaglia mi aveva fatto viaggiare verso le mura senza nemmeno che me ne accorgessi. Avevo camminato senza pensare.
    Le mie gambe non avevano dimenticato quella strada.
    Mi sentivo assai strano a stare dall'altra parte del muro. Quel maledetto muro che io avevo protetto alacremente per molti giorni. A volte pensavo che solamente il mio nome servisse ad evitare gli attacchi. L'avevo sempre sperato.
    Che idea ridicola. Avevo testato sulla mia pelle quanto tutto sommato inutile solo un nome.

    "Chi va la!"
    "Sei acida come sempre, Hikari"



    Avevo il volto coperto dal cappuccio. Probabilmente la mia voce non era ancora cambiata, perché la Kunochi saltò dalle mura in barba all'altezza, rimbalzando sul muro di mattoni a metà strada.

    "TU!"



    Vidi il pugno arrivare, ma non feci nulla per schivarlo. Mi colpì in pieno viso. Il cappuccio discese nuovamente sulle spalle, rivelando il mio viso. Ero ancora io. I miei capelli erano ancora i miei. Il mio viso era ancora il mio, se non per una orrenda aggiunta.
    Quando gli occhi di Hikari si posarono sul viso che lei aveva scoperto lei ritirò la mano per coprirsi la bocca. La kunochi castana non parlò, ma io sorrisi rassicurante, sfiorando la cicatrice che andava dal mio occhio destro fino a metà della mia guancia.
    Dietro di questa l'occhio era ancora vitale, a scanso di ogni logica. Una cicatrice del genere lasciava sempre un'orrenda cecità. Ma per me non era così.

    "Che cosa..."
    "Non mi va di parlarne, Hikari. Ma sono vivo."
    "E ora?"
    "Andrò dal Mizukage a spiegare tutto. Non ho mai tradito Kiri."
    "Poco ci mancava che diramassero un avviso di taglia."
    "Non credo, Hikari. C'era qualcuno che sapeva."
    "Ayame?"
    "Ovviamente. Ora, ti va di far tornare a casa il tuo vecchio superiore?"



    Lei sorrise.

    "Aprite quel maledetto cancello!"



    Le pesanti porte iniziarono a spalancarsi. L'aria di casa parve investirmi e notai che tutto sommato Kiri non era ancora cambiata.
    Sorrisi, come se fosse la prima volta dopo mesi.
    Ero a casa.

     
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    Welcome back to Kiri

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    Quanto tempo era trascorso da quando avevo imparato a chiamare “casa” quella landa nebbiosa?
    Mesi scivolati nell'oblio, tra addestramenti e studio, con la sola compagnia di Ys, senza avere nessuna notizia da coloro, che in qualche modo, erano le sole persone che potessi definire come una famiglia.
    Vivevo nella dimora del Mizukage, ma per quanto Shiltar sama non mi avesse mai fatto mancare nulla, percepivo un'atmosfera strana, che, però, non riuscivo completamente a spiegare.
    Dover badare al fratello adottivo dell'ex amministratrice di un villaggio, che proprio in buoni rapporti non era, non doveva essere un compito facile; eppure...
    Eppure sentivo che c'era dell'altro.
    Ma alla fine il mio poco tempo libero preferivo impiegarlo a girare per il villaggio.
    Mi piaceva arrampicarmi sulla scogliera ad osservare il mare, perso in quello spettacolo che solo la natura poteva offrire.
    Mi domandavo se lei sarebbe tornata, se mi avrebbe riconosciuto.
    In quegli ultimi mesi ero cambiato, la mia fisionomia tendeva ad assomigliare a qualcuno che avevo pianto anni prima.
    Le cui ceneri erano state disperse nel deserto sunese.
    Un crudele scherzo del destino...
    Continuava a farmi male il suo ricordo, il ricordo del mio oniisan.
    Quei miei capelli nivei, l'eredità del mio sangue Kaguya...
    Per un atto di ribellione avevo scelto di tingerli di cremisi, lasciandoli crescere oltre le spalle; legati con un elastico all'attaccatura della nuca.
    So che dovevo molto a Shiltar sama, probabilmente la mia stessa vita, ma appartenere al suo clan era un'eredità difficile da gestire; come cercare delle risposte a tutte quelle domande che quella scoperta aveva portato inevitabilmente con sé.

    Era un altro giorno come tutti gli altri, o così pensavo, lì seduto sopra il parapetto, sulla sommità delle mura del villaggio.
    In qualche modo ero riuscito a guadagnarmi quel tanto di fiducia da poter fare qualche turno di guardia, sempre scortato da qualche altro “guardiano” più esperto, perché in definitiva, anche se in un certo qual modo ero il “pupillo” del Mizukage, mia sorella era otese.
    Ys fu il primo ad accorgersi della sua presenza, a riconoscere l'identità celata sotto il cappuccio, o forse fui solo io a non voler vedere.
    Lo vidi rizzarsi in piedi, sulle quattro zampe, artigliando involontariamente la stoffa dei miei pantaloni.
    Il mio sguardo seguì quello del felino, mentre a poca distanza da me, percepii la voce di Hikari san che chiedeva al misterioso visitatore di palesare le sue intenzioni.


    "Sei acida come sempre, Hikari"

    Quella voce...
    L'istante dopo vidi la kunoichi balzare letteralmente di sotto.
    La seguii con lo sguardo, mentre il suo pugno colpiva il volto dello sconosciuto, facendo scivolare all'indietro il cappuccio.


    Itai san... mormorai, con un filo di voce.

    Non potei non notare la cicatrice che correva lungo il lato destro del suo volto. Chissà cosa gli era capitato, quali erano stati i motivi che l'avevano condotto per così tanto tempo lontano dalla sua patria, dai suoi affetti.

    Per un attimo fui tentato di balzare di sotto, affiancandomi a Hikari san, ma quello era un momento che non potevo infrangere con la mia presenza.
    Mi alzai in piedi, allontanandomi dal parapetto, scattando rapidamente verso il basso.
    Lo avrei atteso all'interno, all'ingresso del villaggio, una volta che il cancello si fosse spalancato.
    Il mio animo era in subbuglio.
    Ero contento che fosse tornato, già immaginavo la felicità di Ayame nee san e delle mie cuginette, anche se sarebbe stato più corretto definirle “nipotine”, nel riabbracciare Itai san, ma allora perché quella fitta gelida nel mio cuore?
    Repressi quella sensazione, sapendo che il dolore era solo un sentimento egoistico.
    Dovevo imparare a farmene una ragione, per quanto desiderassi che Itai san l'avesse riportata da noi, da me...

    Quando finalmente le porte si aprirono, mi mossi nella sua direzione, fermandomi a pochi passi da lui.

    Non sapevo cosa dire, ma forse non servivano saluti elaborati, ma semplicemente un...


    Bentornato a casa, Itai san...





     
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    Back Home - 4th Act
    Red-Haired Cousin



    Appena sorpassai quel cancello sentii la prima voce familiare. Si fa per dire. Incredibile quanto si cresca in poco tempo quando hai superato da poco i dodici anni.
    Alzai lo sguardo vero Ryutuski. Il figlio di Yami.
    Avevo capito mesi fa chi era in realtà. Mi era bastato vedere il colore dei suoi capelli per capire che Shinodari aveva fatto sì che crescesse in fretta quel bambino che era stato suo e di Yami.
    Yami.
    Non pensavo spesso a lui. Avevo perdonato Shiltar per cos'era successo ma ammetto che mi sarebbe piaicuto scambiare quattro chiacchiere con il mio sensei.
    Mi chiesi se lui non avesse capito chi era in realtà. In quel momento però mi ritrovai a sperare che se mai l'avesse scoperto avesse anche la forza di perdonare Shinodari per averlo privato dei primi dieci anni della sua vita.

    Ma sorrisi. Ys mi fu vicino e accarezzai la testa di quel gatto che ricordo ancora essere presente quando, ormai parecchi anni fa, mi ritrovai Yami e Shinodari come sensei. Com'erano cambiate le cose da allora. Da un ninja figlio di un rinnegato di Konoha a Jonin di Kiri, Jinchuuriki del villaggio che mi aveva accolto dopo il mio tradimento, se lo si vuole chiamare ancora così.

    Poi guardi Ryutsuki. Era più alto e chissà per quale botta di testa aveva deciso di tingersi i capelli. Certo, i capelli bianchi offrivano un'ottima base per qualsiasi colorazione si volesse testare, ma il suo viso non era affatto cambiato. E diventava ogni giorno più simile a quello di Yami.

    "Ciao Ryutuski. Sono felice di vedere che stai bene." sorrisi appena "Diamine se sei cresciuto."


    Posai una mano sulla sua testa. Era cresciuto, ma tutto sommato, era ancora un ragazzino.

    "Ci sono novità? E' da un po' che non so cosa succede qui. Shiltar è ancora Mizukage? Fujiko è ancora Amministratrice? Ayame è ancora a casa, vero?"


    Erano molte le cose che avrei voluto sapere. Ero certo però che Kiri in quel tutto sommato breve lasso di tempo non fosse cambiata poi molto. Cos'erano sei mesi dopotutto. Per Kiri nulla.

     
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    Welcome back to Kiri, parte 2

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    Attimi di silenzio, in cui mio “cugino” restò ad osservarmi senza parlare.
    Mi sentii un pochino in imbarazzo.
    Mi domandai cosa stesse pensando e per un istante mi pentii di essermi mostrato a lui con i capelli del colore del sangue, senza alcun tatto, lui che portava il marchio di memorie dolorose.
    La sua cicatrice, cosa gli era capitato in quei mesi lontano da Kiri?
    Improvvisamente la sua voce echeggiò ancora una volta, la sua mano poggiata delicatamente sulla mia testa, riportandomi alla realtà.

    Abbozzai un sorriso a quelle parole.

    Anche io ero felice di rivederlo.


    Sono passati sei mesi, è naturale che sia cresciuto. O pensavi restassi un bambino per sempre? Qualche mese fa ho compiuto tredici anni e vedrai che tra un po' ti raggiungerò in altezza. Commentai, sorridendo in maniera più decisa.

    Volevo sdrammatizzare, in fondo non era quello il luogo o il momento per lasciarsi andare a ricordi tristi.

    Alle successive domande feci una scrollata di spalle.

    Gli puntai contro l'indice destro nella direzione del petto.


    Itai san, il tuo primo pensiero dovrebbe andare alla tua famiglia. Shiltar sama è ancora il Mizukage, e se vogliamo metterla in termini Kaguya, è un osso duro da spezzare... scherzai su, ma al pensiero di Fujiko san, scrollai le spalle. Per quanto riguarda l'amministratrice, è ancora al suo posto, direi che non è cambiata affatto dalla prima volta che ebbi il piacere di conoscerla... commentai, sottolineando con un filo di acidità la parola “piacere”. Lo ammetto non mi aveva fatto une buona impressione.

    Lasciai ricadere il braccio, mentre la mia espressione tornava seria.


    Ayame nee san è dove l'hai lasciata. Ti attende con le vostre figlie e sono sicuro che non abbia mai perso la speranza che un giorno saresti tornato da loro... mi interruppi, fingendo di volgere lo sguardo nella direzione della loro dimore, ma imprecando mentalmente sulle mie debolezze.
    Mi stavo commuovendo come un bambino piccolo, ma non solo... a differenza di Ayame nee san io avevo perso la speranza...


    Itai san,... so che siamo shinobi, però anche il Mizukage ha una famiglia e credo capirà se per una volta tu cambiassi le tue priorità da ninja a marito e padre di famiglia... considerai. Non credo che ti arresteranno se prima vai a salutare loro... Altrimenti Hikari san ti avrebbe fatto arrestare, o almeno ci avrebbe provato.

    Sapevamo entrambi che se Itai san avesse avuto sul serio astio nei confronti di Kiri, le mura e i suoi difensori non sarebbero state un vero ostacolo.
     
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    Back Home - 5th Act
    My Lovely Family



    Sorrisi a Ryutsuki. Tra tutte le mie più grandi paure non era la scomparsa di Ayame ad assillarmi. Lei mi aveva promesso che mi avrebbe aspettato. Ed io le avevo promesso che sarei tornato. Ed ero tornato da lei. Dalle nostre bambine.
    E se fosse successo qualcosa l'avrei capito tempo fa.
    Non poteva capire il perché riponessi così tanta fiducia in quello. Lei non sapeva che ero tornato, ma appena avrei varcato la soglia di casa avrei detto ciò che dicevo sempre ogni giorno quando tornavo.
    Che ero tornato a casa.

    "Ayame mi ha promesso che mi avrebbe aspettato Ryutuski. Aimè, le ho lasciato due ottimi motivi per non lasciarmi di sana pianta." alzai lo sguardo verso il cielo plumbeo "E adesso è tutto finito. Non andrò più via."


    Ero vero, non sarei più andato via. Avevo perso sei mesi della vita delle mie bambine su un anno e mezzo. Era fin troppo. Non avrei permesso che altro mi separasse da loro.
    Non avrei più permesso nulla del genere.


    Back Home - Act -3
    Goodbye my love



    Tornai a casa dopo quella battaglia vittoriosa. Ero felice. Sembrava che tutto fosse finito. Stavano tutti bene. Maku, Hanako. TUtti quanti.
    I morti c'erano stati ed era vero che c'era chi piangeva per loro, ma non era gente per cui avrei pianto io.
    Quella sera festeggiammo. Hoshiko tenne le bambine per noi e ci concedemmo quella serata da soli che avevamo progettato per tanto tempo.
    A volte mi chiedo ancora perché decidemmo di festeggiare. Enma non era morto. Ma era solo, da solo che minaccia sarebbe potuto essere?

    La risposta arrivò dopo tre settimane. Quando tornai dopo una breve missione casa mia era devastata. In una stanza c'era Enma. Nell'altra, rinchiusa con le bambine, c'era Ayame.
    Provai ad attaccarlo, ma una forza sconosciuta mi bloccò. Mi disse che se non avessi consegnato Kurohai avrebbe ucciso Ayame e le bambine. poi scomparve. Scomparve la devastazione. Ayame era in realtà davanti a me, che fissava il mio sguardo sconcertato.
    Iniziai a sudare freddo e vidi sotto di me. Appena visibili c'era un sigillo.

    Quella sera spiegai tutto ad Ayame. Le dissi che era in pericolo. E che dovevo salvarla. Dovevo impedire che Enma le facesse del male e per far ciò, Enma doveva morire.
    Partii per Kurohai quella sera stessa, carico di paura per il futuro. Ma le promessi che sarei tornato. Avevo sempre mantenuto quella promessa.



    Quella sera stessa spiegai tutto ad Ayame.



    Back Home - 6th Act
    A long Holiday



    Rimisi la sacca delle mie robe, poche a dire il vero, rimaste dopo la battaglia e posai nuovamente la mano sulla testa di Ryutuski. aveva ragione. Quello che mi ci voleva, era una lunga vacanza.

    "Credo proprio che mi prenderò una lunga vacanza. Non avrò avuto una missione, ma è la testa di un Nukenin di classe S quella che sono stato costretto a prendere." gli dissi "Hai imparato qualcosa del tuo clan, Ryutsuki? Oppure hai ancora quei dolori?"



    Dopotutto, non avevo ancora dimenticato perché lui era lì. E dato il segreto dei suoi geni dubitavo che Shiltar avrebbe permesso che uscisse dal villaggio.
    Le preziosa ossa dei Kaguya rimanevano a Kiri.
    Suo padre l'aveva imparato a costo della sua vita.

     
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    Welcome back to Kiri, parte 3

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    Pensato


    Sorrise.
    All'inizio non ne compresi il motivo.
    Poi mi spiegò.

    Promesse, che grazie al cielo erano state mantenute.
    Quando accennò alle gemelline, arrossii violentemente.


    Ma tu guarda se deve fare certe allusioni. Riflettei mentalmente.

    Solo che l'ultimo suo commento, mi fece salire un nodo alla gola.
    Per un istante mi mancò quasi il fiato, mi sentii gelare, ma mi sforzai di non darlo a vedere.


    Adesso che è tutto finito, non andrò più via...

    L'eco di quelle parole era rimasto impresso nella mia mente.

    Poteva uno shinobi mantenere una promessa così vincolante, per quanta determinazione avesse nel suo animo?

    Ancora una volta sentii la pressione della sua mano sulla mia testa.
    Un gesto a cui non ero abituato, un gesto che si stava ripetendo abbastanza di frequente tra me e Itai e tutto sommato non mi dispiaceva affatto, anche se mi faceva sentire ancora un bambino.

    Una lunga vacanza; in fondo non se l'era meritata?
    Avevo sgranato gli occhi quando aveva accennato a quello che intuivo fosse la causa della sua prolungata assenza.

    Un nukenin di grado S?
    Che significava che era stato costretto a prendere la sua testa?

    Rivolsi un'occhiata interrogativa nella sua direzione, ma sembrò cambiare discorso.
    Lo assecondai.


    Avere un Mizukage come sensei, direi che già questo parli da sé. Giorno dopo giorno sto progredendo, però ammetto che ancora non mi sono ben chiare un mucchio di cose. Le mie origini in primo luogo. Ho i geni Kaguya, quindi sono nato a Kiri? E i miei genitori chi erano? Perché sono stato ritrovato in quella foresta oscura privo di memoria? Mi domando se non discenda da qualche nukenin io stesso. Ma, almeno, il dolore alle ossa si è attenuato. Ora riesco a mantenerlo sotto controllo, e il più delle volte mi dimentico della sua esistenza. Le crisi ormai si sono fatte più rare e il Mizukage sembra ottimista su una mia completa guarigione... o almeno credo. Non è affatto facile interpretare le espressioni di Shiltar sama... considerai con fare pensieroso.
     
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    Back Home - 7th Acr
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    Fui felice di sapere che i suoi problemi si stavano lentamente risolvendo. Shiltar stava facendo un buon lavoro, dopotutto.
    Sorrisi quando fece un commento riguardo all'inespressività di Shiltar. Raramente si comprendeva se quell'uomo era arrabbiato, felice, triste.
    Ben più difficile fu mantenere la stessa inespressività quando lui dubitò delle sue origini. Non le conosceva e iniziava a farsi domande. A dire il vero, se solo avesse visto una foto di Yami a quelle domande avrebbe avuto risposta. Ma evitai di fargli notare questo.

    "Sono sicuro che riuscirai a controllarle, un giorno. E per quanto riguarda da dove vieni, un giorno troverai la risposta, ne sono sicuro. Ora, Ryutsuki, vado a casa. Penso però che dovresti cenare da noi, un giorno di questi."


    Lo superai e alzai una mano, dandogli di spalle, mentre l'altra reggeva la sacca che portavo sulle spalle con una corda.
    camminai lento verso casa, senza perdermi un solo istante di quella lenta camminata. Sentendo la gioia montare ad ogni passo.
    Accelerai lentamente il passo, finché, senza accorgermene, stavo correndo.


     
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    Welcome back to Kiri, parte 4

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    Il viso di mio cugino sembrava sereno.
    Il suo commento mi rincuorò, ma non solo per la fiducia che lui riponeva in me, nelle mie capacità di combattere la "malattia", nel trovare le risposte ai miei quesiti.
    Nelle sue parole c'era quell'umanità che per fortuna non aveva perso.
    Lo so, un ninja dovrebbe avere altre priorità, però per questa volta quello shinobi si era trasformato in una persona che voleva solo riabbracciare i suoi cari dopo una lunga e sofferta separazione.


    A presto Itai san! Non mancherò di accettare il tuo invito uno di questi giorni! Salutami Ayame nee san e le bambine! esclamai nella sua direzione, sollevando la mano in segno di saluto.

    Rimasi ad osservarlo fino a quando non scomparve alla mia vista, poi sollevai lo sguardo verso le mura.
    No, non avevo dimenticato che mi aspettavano altre ore di guardia.
    Sulle mie labbra affiorò per un istante l'ombra di un sorriso.
    Almeno qualcuno era riuscito a tornare a casa...
     
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    Continua da QUI

    Ledah aveva affrontato numerosi giorni di viaggio, come al solito senza deviare dalle strade principali ed alloggiando sempre nelle taverne di passaggio senza dare troppo nell'occhio.
    Per risparmiare energie non rilasciava Harley per la notte e la faceva invece sostare nella stalla, in caso di pericolo gli sarebbe stato utile averla vicino e così non destava sospetti.

    Ora che si trovava all'entrata di Kiri, il medico si chiese se veramente valesse la pena di fare tutta quella strada solo per qualche lama interna, non era più considerato un materiale segreto oramai ed in ogni caso, l'arte si nascondeva nell'installarle più che nel meccanismo in sé.

    Ad ogni modo, Ryutsuki era collegato a Shinodari e questo lo interessava, d'altronde solo quel tipo di curiosità poteva portarlo in un luogo tanto umido ed ostile ai membri del suo villaggio.
    Avrebbe pensato ad una sorta di pregiudizio nei confronti degli otesi, ma i kiriani erano gente abbastanza pratica da avere motivi concreti per odiare qualcuno e d'altronde, gli otesi erano pessimi visitatori in generale.

    Ad ogni modo, stretto nel suo mantello nero e col cappello a tesa larga ficcato in testa, i suoi occhi erano a mala-pena visibili da sopra la sciarpa rossa che come ai vecchi tempi era tornata a coprirgli il viso.
    In questo caso, non per celarlo agli sguardi estranei, ma ai ben più tangibili morsi del freddo, il colorito pallido di Ledah cominciava a farsi vagamente violaceo, quando gli avrebbero aperto?
     
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    Scheda di Etsuko della Nebbia

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    Gl’attenti occhi dei guardiani, scrutavano strenuamente tutto il territorio antistante le mura, i recenti avvenimenti avevano allertato le difese di Kiri, adesso nessuno sarebbe potuto entrare senza esser notato in quel della nebbia.
    Una guardia già mi aveva avvertito dell’arrivo di un visitatore…
    Tuttavia il freddo umido dell’inverno Kiriano,
    assopiva la voglia di presenziare.
    Un cenno alla guardia di adempiere ai consueti riti e di tornare a chiamarlo qualora vi fossero stati problemi.
    Una voce dall’alto della guardiola.

    Identificati Straniero …


     
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    Alla domanda della guardia, Ledah alzò lo sguardo verso la guardiola rispondendo in tono assente:

    "Sono Ledah, ninja medico di Oto."

    Le guardie ai gate erano sempre estremamente scortesi e brutali dall'alto delle loro mura e sovente dimenticavano che non tutti i visitatori sono nemici, se non gliene fosse importato niente, Ledah avrebbe anche potuto offendersi.
    In ogni caso, paese che vai, usanze che trovi, percui Ledah sarebbe stato disponibile a rivelare il motivo della sua visita, ovvero dover operare Ryutsuki su sua richiesta, con la lettera del ragazzino a provarlo.

    Sarebbe anche stato disponibile a togliersi brevemente sciarpa e cappello per rivelare il proprio volto, non che tra ninja l'aspetto fosse veramente così importante.

    Chissà se Etsuko sarebbe passato di lì ed avrebbe riconosciuto nel medico il vecchio compagno di missione?
     
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    Vecchie Conoscenze



    La Guardia fu presto di ritorno, l’annuncio dell’inaspettato ospite ridestò il mio interesse e nonostante la temperatura molto prossima allo zero, decisi di andar di persona a comprendere il motivo di tale visita.
    Un medico del Suono,
    nonostante i rapporti con il villaggio di Oto, non fossero idilliaci, la curiosità medica mi predisponeva positivamente nei confronti del giovane e fu quando riuscì a scorgere pure il volto di quello che un sorriso crebbe…

    Bene, bene, allora è proprio vero che l’erba cattiva non muore mai!

    Il tono della frase era decisamente ironico ed ero sicuro non sarebbe stato frainteso.

    Ledah kun, qual buon vento …
    Che ci fa un medico del tuo calibro da queste parti? Sei venuto a visitare il mio ospedale …?


    Chissà se il vecchio compagno d’armi sapeva della promozione a direttore del reparto ospedaliero Kiriano.

     
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    Se non fosse stato per quella lontana missione nelle terre dei Kakyoin, Ledah non avrebbe avuto idea di chi fosse Etsuko a prescindere dal suo ruolo ufficiale come direttor dell'ospedale di kiri, d'altronde era uno dei problemi della comunità medica del mondo ninja, faceva difficoltà a riunirsi ed alcuni ospedali preferivano tenere segreti i loro affari.

    In ogni caso, l'otese disse al kiriano:

    "Sayaka è morta un paio di volte e lei si definiva molto cattiva, ad ogni modo son qui su richiesta di Ryutsuki, uno dei vostri ninja che vuol restituire qualcosa ad Oto."

    non si ptoeva dire che il primario di Oto fosse un buon conversatore ma d'altronde, Etsukoa veva già avuto modo di consocere quel lato del carattere di Ledah che aggiunse solamente:

    "Comunque possiamo parlare mentre entriamo, qui fuori fà abbastanza freddo e stare fermi non giova."
     
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