Codice Tuono

[Livello B]

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    Senza tempo, senza confini.
    Giorni e notti si inseguivano nella volta celeste senza che Raizen gli prestasse alcuna attenzione, vagava per quel mondo, ora, senza scopo, unico commento, a quel movimento di astri, i suoi leggeri respiri, mentre senza meta vagava in cerca di se stesso, in cerca d’una ragione.
    Non aveva nulla, come un tempo era tornato vuoto, dentro e fuori, come un animale, viveva perché sapeva che non voleva morire, per null’altro, lo trascinava avanti una viscerale voglia di vivere, di mettersi alla prova, ma di prove non ven’erano.
    Era passato un bel po’ di tempo dall’incontro con Ayato, dal giorno in cui giunse, nel profondo del suo animo, quel arcano richiamo che a Castlevania lo attirava, di quei giorni solo il ricordo e tre sottili segni proprio nella sua gola.
    Da quel giorno più nulla, il tempo scorreva, come la strada sotto ai suoi piedi mentre vagava per i territori di Konoha, non voleva più tornare alla sua dimora, non voleva far ritorno a quelle quattro mura di pianti che per lui ormai avevano il colore dei giorni più cupi della sua vita, delle tristezze più grandi, delle perdite più amare.
    Aveva deciso di abbandonarla e così sarebbe stato, almeno per ora.
    Ogni tanto però era colto da nostalgia, dalla voglia di rivedere, di respirare ancora l’area del suo villaggio, di spiare dentro la sua stessa casa, per osservare quanto, dentro a quel cupo mantello, la vita fosse rimasta invariata senza di lui, il tempo scorreva, gli animi erano sereni, solo lui era fuori da quel clima tanto piacevole, ne era fuori e nessuno se ne accorgeva.


    Infami.

    Stava per calarsi dall’albero da cui soleva osservare casa sua quando le ombre lo fecero prigioniero e lo trasportarono via da quel luogo.
    Sorrise durante il breve viaggio.


    Un metodo che non lascia dubbi sull‘autore.

    Si voltò ad osservare colui che l’aveva richiamato: il rokudaime Hokage.
    Notò con un po’ di nostalgia lo sguardo che gli venne rivolto.


    Si...si, l’arroganza, ma dopotutto in questo mondo di fredde macchine da guerra è l’unico modo per distinguersi.
    Ma immagino avrà ben altro da dire se ha dovuto convocarmi così fulmineamente.

    Odio vederti in stato vegetativo, Raizen.

    Disse l’Hokage mentre teneva tra le mani la sua personale sfera.

    Ah...beh, diciamo che non ho nulla da fare, o che nulla suscita in me interesse.

    Appoggiò i gomiti alla scrivania e attese risposta.

    Immaginavo...fortunatamente ho qualcosa per toglierti di dosso la polvere

    Annuì mentre prendeva dalle mani dell’Hokage una missiva.

    Ho scelto te tra molti, sai di non eccellere, ma nella tua categoria non sei male, questo è un ottimo allenamento, vedi di imparare e di poter un giorno applicare ciò che imparerai.
    Ovviamente non sei il solo, i tuoi compagni verranno a prenderti, abbi rispetto.


    Finì di leggere la missiva col suo solito sorriso.

    Complimenti.
    Hai il potere di destare in me interesse...sempre.
    Vedremo di sfruttare al meglio questa occasione, grazie Ayato sama.

    Stringendo il foglio tra le mani si levò dalla sedia e sulla porta si voltò prima di uscire.

    No, non morirò, ci mancherebbe altro...

    Sorrise come suo solito: altezzosamente, ed uscì.
    Corta era la strada dal palazzo dell’Hokage all’entrata principale di Konoha, e per quella corta strada Raizen, con le mani in tasca, camminava a lunghe e rilassate falcate, avrebbe atteso l’arrivo dei suoi compagni con le spalle poggiate all’immenso portone, mentre i suoi bianchi capelli accompagnati dal lieve vento lo rendevano quantomai visibile.

     
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