La Piazza di Suna e il Mercato[Ambientazione]

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    ~ A ramen donato si mette in bocca...


    Mentre cadevo con grazia dal tetto vidi i due shinobi scattare come lepri verso il mio trucchetto. Mi scappò una risatina isterica: in fondo erano due sempliciotti che , nel bene e nel male giocavano secondo le regole... io no. La mia risata si protrasse forse un pò troppo a lungo, tanto che lo realizzai quando sentii la mia schiena dolere per l'impatto al suolo. La caduta non era eccessiva, ma si faceva comunque sentire, probabilmente avevo rimediato una contusione medioleggera, non che mi importasse. Avevo seminato il noioso e probabilmente avrei rivisto il samaritano al portafoglio, quindi si poteva dire che era una giornata riuscita. Già, il portafoglio, chissà dov'era finito. Sinceramente la mia voglia di cercarlo era scemata da tempo, pensa nel turbinio degli eventi che mi vedevano come catalizzatore. Decisi che ormai era troppo tardi per mettersi alla ricerca di un portafoglio che , considerata la quantità di gente veloce di mente e di mano che viveva nel villaggio, era ormai quasi sicuramente scomparso. Portai quindi la mano al mento e cercai di ragionare in maniera lineare per trovare una soluzione , anche se capii subito che era fatica sprecata. Probabilmente qualcuno aveva visto il mio volo e infatti poco dopo un uomo arrivò trafelato dall'imboccatura del vicolo per vedere come stavo e io capii come procurarmi la cena. Si avvicinò e con fare gentile mi offrì un braccio. Io lo strinsi e cercai di alzarmi, fingendo subito un mancamento abbastanza importante da permettermi di cadergli addosso e , impastata una quantità di chakra pari a basso per aumentare la reattività dei miei muscoli (Velocità 475), gli sfilai il portafoglio. Era piuttosto voluminoso, e ciò mi parve un buon segno. Ringraziai quindi il vecchio signore e mi dileguai nel vicolo. Istintivamente aumentai il passo, sfruttando tetti e muri bassi come appoggio per dileguarmi più in fretta. Il fato volle che proprio mentre mi accingevo a sparire mi imbattei nel primo portafoglio, conficcato con estrema precisione sulla fronte di un viso in marmo ornamentale che fregiava una cascina. Senza nessuna fatica lo estrassi dalla sua sede, anche se vi lasciai l'arma... in fondo era più simpatica quella faccia con uno spiedo conficcato in mezzo ai due occhi marmorei. Ebbi appena il tempo di ritrovare il terreno ,dalla posizione sopraelevata in cui mi ero dovuto mettere per l'operazione di recupero, che il samaritano apparve, probabilmente attratto dal suono del sonaglio ancora legato al prezioso carico. Per un'attimo sembrò squadrarmi con intenti ben poco edificanti, attimo di cui io approfittai per battergli le mani con un grosso sorriso stampato in volto. Poi l'ombra malevola che per un'attimo aveva oscurato il suo volto scomparve lasciando il posto ad una più giocosa espressione imbronciata, quasi il trambusto fosse stato più un disturbo che un divertimento. Era simpatico il samaritano o almeno a me lui stava simpatico, anche se dubitavo il sentimento fosse ricambiato. Peccato, perchè in fondo sono un così bravo ragazzo... no? Smisi di battere le mani e ascoltai ciò che aveva da dirmi.


    CITAZIONE

    Mica male come idea, davvero. Portarlo in mezzo alla folla così che fosse facile per me confondermici.
    Ovviamente non volevi scappartene da solo usandomi come esca, vero?


    Lo guardai, piegando leggermente il capo. La chioma nera ora ondeggiava al vento, ribelle come il suo padrone. Portai un dito al labbro inferiore, assumendo per un'attimo un'espressione pensierosa, quindi , con un rapido gesto, feci una piroetta su me stesso terminando la scena in una posa plastica con la braccia allargate e un'occhio ammiccante. Parlai quindi con voce suadente e velata di una nota divertita.


    - Perchè, non si era notato? Forse avrei dovuto avvisarti prima allora... Credevo avessi capito -


    Annuii quindi con sguardo divertito e ripresi in un attimo una posa adeguata. La schiena doleva ancora, ma la cosa che più mi faceva penare ora come ora era lo stomaco. Probabilmente si sarebbe mangiato da solo per protesta se non lo avessi foraggiato entro breve tempo. Anche quello effettivamente era un'esperimento interessante: lo stomaco, se non nutrito, si mangia da solo? Lo avrei provato un giorno, quando sarei diventato un grande scienziato. Magari ci avrei pure vinto un premio con quelle ricerche. Annuii tra me e me, completamente estraniato dal mondo circostante, tanto che se il samaritano mi avesse parlato ne avrei capito solo spezzoni confusi. Tornai quindi sul mio interlocutore e lo guardai con aria interrogativa. A quel punto mi sarei intromesso a forza nella discussione, qualsiasi cosa stesse dicendo.


    - Aahhhhhh!!! Nero o Blu? -


    La domanda, quasi urlata, mi uscii spontanea ed ero convinto che la discussione non sarebbe proseguita finchè il samaritano non vi avesse dato risposta. Qualora l'avesse fatto gli avrei lanciato uno dei due portafogli, quello del colore che non aveva scelto, con la stessa svogliatezza che lui aveva dimostrato poco prima ridandomi il pugnale esotico con cartabomba annessa. Mi sarei quindi voltato e fischiettando avrei preso la strada del primo chiosco aperto tra le vie strette della città. A una decina di metri avrei chiesto al samaritano di muoversi con più solennità e gonfiato il petto mi sarei diretto deciso verso il ristorantino scelto. Sarei quindi entrato con aria solenne e il coprifronte bene in vista e , con passo pesante, mi sarei aggirato per il locale indicando ora questo ora quel muro e facendo considerazione su come si sarebbe trasformato quel posto in poco tempo. Grazie alle mie doti interpretative a questa messinscena si sarebbe aggiunto un tocco di realismo dato dalla modifica parziale della voce, resa più grave. Qualora il proprietario fosse venuto a chiederci cosa volevamo l'avrei guardato dall'alto del mio metro e ottanta e avrei detto testuali parole.


    - Mio caro signore, il mio nome è Kokaku Isozuku e sono un Jonin del villaggio. Come saprà abbiamo avuto parecchi problemi logistici legati alle strutture del villaggio e il saggio Kazekage ha deciso di mandarci in esplorazione per individuare luoghi idonei ai nuovi edifici amministrativi e di archivio. So che la cosa può sembrare alquanto strana, ma se si dirige alla piazza potrà ancora sentire uno dei miei colleghi che legge le direttive agli abitanti di questo distretto. Ora con permesso torno alle mie valutazioni.-


    Se come facilmente intuibile il negoziante e gli eventuali avventori fossero usciti per raggiungere la piazza, sarei scattato dietro il bancone, arraffando la cena per me e il mio buon compagno. Sarei quindi fuggito dalla porta, ridendo come un matto per le vie della città, con il cibo ancora caldo tra le braccia. Senza dire altro avrei accelerato il passo, conducendolo verso il mio covo, unico posto sicuro dove consumare il frutto della mia ultima furbata. Come si dice, a ramen donato lo si mette in bocca.

     
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  2. Yami Kaguya
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    ¬ N i i ¬
    Those who go with the lame learns to limp.



    Era finita, apparentemente. Tornai nei vicoli, e continuai a correre senza voltarmi, recuperando la calma dopo essermi sfogato a quel modo.
    La storia però doveva essere chiusa di lì a poco. Se Hamano mi ritrovava, sarebbero stati guai maggiori di quelli che volevo avere, per quel giorno.
    Ritrovato il mio "compagno di giochi", però, la sua replica fu la goccia che fece traboccare il vaso. Oltre a dire la cosa in maniera ambigua, cosa che mi rese difficile capire esattamente se era in buona fede o meno, disse il tutto in una posa ammiccante e ridicola a seguito di una piroetta. E sapete com'è, quando è solo la tensione a tenerti su, e quella tensione se ne và in vacanza, la stanchezza e ogni genere di limitazione che il corpo aveva fino a quel momento ignorato, si ripresentano tutte insieme.
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    Nel mio caso, la mia replica fu un gorgoglio dello stomaco tale, da farmi cedere le gambe, e cadere a terra in preda a una fame tale da non avere voglia di muovermi.

    ..Senti, ci rinuncio. Tieniti il portafoglio, facci quello che vuoi, ma ti chiedo solo una cosa.
    Mi porti qualcosa per favore, non riesco a muovermi dalla fame.
    CITAZIONE
    - Aahhhhhh!!! Nero o Blu? -

    ...Ma una volta in cui si comportasse in maniera coerente, una chiedevo, mica sempre, una.
    Desiderio esagerato persino per Dio, a quanto sembrava.
    Quale nero, e quale blu?
    E perchè cercavo ancora del senso in ciò che quel tizio diceva? Nero porta sfiga, blu no, quindi scelsi quello.

    ..Blu, perchè?

    Senza rispondere, mi diede il nero. Un portafoglio, nero. Ma non quello che avevamo inseguito, quello era, ora che ci pensavo....blu.
    ...Ditemi che non era vero.

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    ..Ehi...

    Avevo parlato di tensione che aiutava a tenersi in piedi durante i pericoli, vero? Bene.
    Fu proprio quella a farmi rialzare, lentamente, fissando nuovamente il mio compagno con un vaso sanguigno in chiaro procinto di scoppiare, in fronte.

    ...Senti un pò, tu...

    Avevo corso come un disperato, avevo fame, avevo attaccato un guardiano, avevo creato un cratere in mezzo alla piazza, e ora...quel tizio ne aveva approfittato per aumentare il bottino già che c'era?!
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    Mi sfidi a una gara per un portafoglio rubato, e poi non solo finisce che attacchiamo briga con un guardiano, ma mentre io lo semino tu ti metti a raccogliere premi di consolazione?! A chi diavolo l'hai preso questo, poi, a un cavolo di operaio su una scala mentre saliva sul tetto?!
    E non fischiettare mentre parlo, Testanera!


    Niente, e non che fosse una novità. Quello si era voltato, e fischiettando si era messo a camminare di nuovo per i vicoli. Finita la breve sfuriata poi, la fame tornò ad artigliarmi lo stomaco più di prima, e dunque iniziai a seguirlo, con un chiaro intento in mente.
    Aspettavo l'attimo giusto, lo riempivo di sberle sino a che non mi diceva dove l'aveva preso quest'altro portafoglio, e quindi tolte le spese del disturbo, ridavo tutto ai proprietari.
    E a tal proposito, feci un attimo i conti, mentre camminavamo: vestiti pieni di sudore, il che voleva dire un bucato sicuro. Riserva di chakra ridotta in maniera consistente, il che voleva dire che il pranzo sarebbe dovuto essere sostanzioso per una volta. Poi la bomba abbagliante sprecata, le spese mediche di quelli che avevo ferito che avrei dovuto mandare per via anonima all'ospedale, i danni morali per essermi dovuto mettere contro un guardiano che avrei visto ogni volta che fossi uscito dal villaggio, quelli strutturali per la piazza....
    ...Na, a quel punto dovevo vendere pure il portafoglio, potevo evitarmi il disturbo.
    Comunque, sembrava che Testanera fosse lontano, dall'essere soddisfatto. Interruppe i miei pensieri con una richiesta strana, ma di certo meno bizzarra di tutto il resto. L'assecondai senza replicare, per poi osservarlo mentre, entrato in un piccolo locale, si mise a commentare ogni cosa che vedeva, camminando da un muro all'altro. Da parte mia mi limitavo a fare ciò che di norma era meglio fare in compagnia di un qualsiasi pazzo a cui dovevi stare attaccato.
    Ovvero sorridere, e annuire in maniera convinta sino a che non riesci a scaricarlo.

    Comunque, non passò molto prima che il proprietario ci venisse a chiedere che stavamo facendo. Al che Testanera si presentò come un Jonin architetto, a sentirlo, e che eravamo lì per dei controlli strutturali. Non capii però per qualche secondo a cosa mirava, almeno sino a che il proprietario non si precipitò fuori dal ristorante, dopo aver fatto sgombrare gli avventori con molta probabilità. A noi disse di non cambiare luogo d'ispezione sino al suo ritorno, e quindi sparì.
    Quando mi voltai verso il punto dove stava Testanera un istante prima, trovai solo il vuoto, e con la coda dell'occhio vidi una figura gettarsi a pesce dietro il bancone, e quindi uscire ridendo in maniera isterica carico di cibo.
    ...Non era passata nemmeno un'ora, da quando l'avevo trovato. E quel tizio stava rubando a destra e a manca con due portafogli carichi di soldi a disposizione.
    Fui troppo scioccato per fermarlo, in un primo momento. Poi mi resi conto che se fossi rimasto là, potevo anche lasciare il villaggio direttamente per risparmiare tempo.

    E aspetta un attimo!

    Uscii dal locale di corsa, seguendo la scia nera della sua capigliatura sino a raggiungerlo, ma senza tentare di placcarlo per il momento. Aveva il pranzo in mano, e tutto volevo tranne che sprecarlo.
    E poi, ormai dovevo ammetterlo. Quel tizio era matto, aveva l'indole di un bambino che usava le cartabombe come giocattoli, rubava ogni cosa che poteva per il gusto di farlo e se ne fregava di trascinare gli altri nei suoi casini, però.....
    Però c'era da dire che quella sensazione, era piacevole. Da bambino giocavo sempre coi miei amici a fare gli scherzi, e quindi a nasconderci. E mi sentivo così anche ora, se era per quello.
    Insomma, quel tizio era meglio prenderlo prenderlo con le pinze e qualche tenaglia probabilmente, ma era assai probabile che a conoscerlo meglio, potesse rivelarsi migliore di quello che pensavo.
    Anche se ormai, l'avevo inquadrato di 3/4 come minimo, quindi non c'era molto che quell'ultimo quarto di incomprensione potesse fare.

    ...Ehi, Testanera. Ce l'hai un nome, o ti devo chiamare Kokaku?
     
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  3. -Diablo-
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    La notte era passata piuttosto tranquillamente, il cespuglio di foglie di palma su cui aveva dormito gli sembrava quasi un materasso di lusso dopo le prime notti insonni sul pavimento in pietra ruvida del monastero. Era solito alzarsi molto presto, quasi prima dell'alba, prima di uscire ad ammirare il nuovo giorno bevve qualche sorso d'acqua dal pozzo quindi si ritrovò nella penombra mattutina fissando l'orizzonte: i capelli lunghi e corvini vennero mossi lateralmente da una calda brezza per poi tornare a posto, il viso inespressivo fissava un punto lontano e imprecisato: Quali inaspettate vicende travolgeranno la mia vita quest'oggi?
    -
    La decisione di fare una passeggiata lo portò a vagare tra i vicoli e le grandi strade del mercato del suk, ormai il sole era sorto da un po', la distanza di casa sua dal centro di Suna gli aveva permesso di guadagnare tempo, attendendo l'apertura dei negozi e dei mercanti. Non ci mise molto a ritrovarsi infastidito dal movimento e dalla quantità di persone tutte ammassate in un posto solo. Parevano letteralmente un branco di capre in fuga dal lupo: un enorme afflusso di persone che imbizzarrite andavan di qua e di là senza controllo: chi verso destra, chi verso sinistra, molti allo stesso ritmo, altri correndo più velocemente per terminar le lor faccende, altri più lentamente, come a dar deliberatamente fastidio a quelli dietro. Luxeifer da parte sua manteneva un passo deciso, ma con tutti i sensi all'erta nel tentativo a dir poco disperato di passare attraverso i piccoli spazi lasciarti da uno e dall'altro avventore del mercato. Il contatto fisico lo aveva da sempre infastidito, specialmente in un luogo come quello dove la metà potevan esser ladri e l'altra assassini. Si guardò indietro per vedere se la situazione gli permettesse un'inversione e quindi il ritorno a casa, ma quel che vide fu solo un'affluenza maggiore e sempre più persone. Ci deve essere qualcosa di a me ignoto quest'oggi, non posso credere che sia sempre così.
    Si sedette vicino ad una fontana, contemplando la contrapposizione tra le acque calme e il frastuono prodotto dalle mille voci sommatesi in quel loco. Venditori che tentavano di sponsorizzar la loro merce, clienti che chiedevano informazioni, qualche: "AL LADRO!" sporadico. Impossibilitato ad andarsene nell'immediato ma stanco di tutto ciò chiuse gli occhi, facendo ciò che più sapeva far meglio. Si concentrò: La pace dei sensi è un labirinto fitto e irto di pericoli, si può entrare a proprio rischio e pericolo. La ricerca può portare all'uscita, o al centro di esso, dove si trova l'essenza della meditazione. Lo percorse mentalmente, un lungo labirinto pieno di cunicoli e svolte. Ogni volta era diverso, ogni volta la sua geometria cambiava, rendendogli più semplice la ricerca ma mai immediata. Quando finalmente raggiunse il centro, le voci sparirono, il caos venne soppresso da un forte senso di calma, per appena due minuti si sentì trasportato nella sua stanza d'addestramento, solo e in pace. La capacità di mantenere la mente sgombra però sapeva bene avere una particolarità (pregio o difetto che fosse): lentamente riaffioravano ricordi che fino a quel momento erano rimasti sotterrati da tonnellate di altri pensieri. Quindi nitide le immagini gli apparvero: Yamantaka, il rituale di trasformazione, il raggiungimento dello Yidam... e la sua nuova forma.
    Da quel momento non potrò più andare in giro come sto facendo ora, lo gente non lo capirebbe... devo procurarmi un mantello.
    L'acquisto di beni materiali non lo aveva quasi mai interessato, non era solito comprare ciò che desiderava, anzi non era proprio solito desiderare nulla, onde evitare di ricadere nel ciclo delle illusioni e delle brame. Ma quando si trattava di equipaggiamenti di prima necessità sentiva di muoversi con estrema serenità. Quindi s'alzò dalla sua posizione di quiete e reimmettondosi nel gigantesco flusso cominciò a cercare una bancarella che avesse un lungo mantello nero con un cappuccio.

    CITAZIONE
    Nota Off: scena Gdr Free per chiunque voglia partecipare. Ho voluto interpretare un mercato del sabato, con una quantità esuberante di gente.

     
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  4. A x e l
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    Il primo giorno dopo il colloquio con l'uomo che l'aveva selezionato come Studente dell'Accademia non fu assolutamente diverso da tutti gli altri che aveva passato prima.
    Si era svegliato la mattina alle cinque con il padre, aveva sistemato la merce sul carro, aveva discusso con il padre su come sistemare la merce sul carro; aveva quindi tolto e rimesso la merce in modo più adeguato, ed infine l'aveva guidato fino alla piazza.
    Il ragazzino oziò per quasi tutto il tempo, scambiando qualche parola con suo padre. Non era il suo vero padre, e ne era consapevole; d'altronde bastava guardare i due.
    L'uomo era alto, dalla pelle scura, color ebano; e gli occhi di una strana tonalità grigia. Il ragazzino decisamente più pallido, con capelli castani e gli occhi color nocciola.

    Sei stato chiarissimo, cristallino, trasparente.

    Ripeté per l'ennesima volta. Allo sguardo severo del genitore Momaru alzò gli occhi al cielo e cantilenò sonoramente per la via deserta che il carro trainato dai muli andava percorrendo:

    Non devo rubare, taccheggiare, frugare nelle borse altrui, truffare sui prezzi o fingere di avere un attacco di cuore.

    Sull'ultima cosa che Momaru non avrebbe dovuto fare ci sarebbe un interessante aneddoto da raccontare, che coinvolge i fattori di: noia, discorso con un medico sull'elettricità e "brillanti idee".
    Tuttavia, Momaru quel giorno non fece niente di tutto ciò fino alla fine della mattinata.
    Il carro raggiunse la piazza alle sette di mattina, e Momaru fu occupato a montare il banco e sistemare la merce sotto gli ordini del padre. Niente di eccezionale, ma era sicuramente un buon momento per pensare al proprio futuro.
    Non aveva mai pensato alla carriera di protettore del villaggio, nonostante il suo nome gli avesse fatto intuire che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con ciò. Si era sempre domandato come mai sua madre scelse quel nome, ma come al solito, rivelava meno della metà dei propri pensieri perfino a chi gli stava più a cuore. Diciamo che era una forma di protezione per la madre; non volendola far preoccupare più del dovuto.
    La bancarella era situata nella zona ovest del mercato, tra quelle che per lo più si occupavano di materiali tessili raffinati; ad esempio tende, tappeti, ma anche vesti e borse.
    La noia cominciò ad assillarlo verso il tardo pomeriggio, quando il padre cominciò ad intrattenere un lungo discorso su guerre, ed "ai miei tempi" con un affezionato cliente.

    Vecchio, vado a fare un giro!

    L'appellativo per il genitore non era affatto dispregiativo, ma più che altro bonariamente detto con quel solito sorrisetto furbo ed una faccia tosta assolutamente naturale. Il padre lo congedò con un semplice cenno della testa, lasciando così Momaru libero di girare per il mercato.
    Quel giorno Momaru indossava dei pantaloni bianchi lunghi fino a poco sopra le caviglie; dotati di tasche all'altezza delle ginocchia oltre a quelle normali laterali. La maglietta a maniche corte era come al solito troppo larga per quel fisico mingherlino ed assolutamente diverso da quello che ci si potrebbe aspettare da un Ninja, o da un aspirante in ogni caso.
    La Benda Rinforzata in bella vista era quella che copre il braccio destro, fino alla mano, avvolgendosi sul palmo attorno al pollice. Arriva fino al gomito. Il ragazzo la piazzò lì, oltre per eventuali motivi difensivi, per aiutarlo durante i giochetti di prestigio, avendo così un posto naturale dove infilare la moneta; ovvero tra le pieghe delle bende.
    Il giovane, difatti, mentre camminava, non poteva far a meno di mantenere le dita in costante movimento, giocherellando rapidamente con una monetina. Quest'ultima veniva fatta girare senza troppi problemi sul dorso delle dita della mano destra. Con un movimento alternato e leggero delle dita, dava alla moneta il movimento per passare da un dito all'altro, fino ad arrivare all'incavo fra mignolo ed anulare, dove veniva fatta scendere lentamente e portata al pollice. Quest'ultimo l'avrebbe mantenuta in equilibrio, trasportandola nuovamente sul dorso dell'indice a ricominciare il giro.
    Non poteva ancora vantare di una grandissima abilità da prestigiatore, ma il Coin Roll era piuttosto fluido se mantenuto ad una velocità non elevata. Inoltre era diventata quasi una dipendenza ed un anti-stress.
    La bancarella che più lo incuriosì al primo impatto fu una poco lontana dalla propria. Una veste non troppo grande, indossata da un manichino, lo rendeva abbastanza inquietante. Erano abiti tipici delle zone desertiche, visto che quel tipo di abbigliamento proteggeva dalla sabbia di giorno ed era sufficientemente pesante la notte. Il manichino vestiva un mantello nero, abbastanza lungo e ben chiuso sul davanti, con un cappuccio cadente che avrebbe potuto tranquillamente rendere difficile l'identificazione di chiunque lo indossasse.
    Si fermò lì, ad osservare in silenzio quell'abito, ignaro che forse qualcun altro andava proprio cercando quel tipo di vestiario... Forse sarebbe diventato il luogo ideale per un incontro inaspettato.
     
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  5. Weasel
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    Missione calzini


    Il sabato. Io odio il sabato. Io il sabato lo uso solo per dormire, tutto, tutto il giorno, fino a sera. Sempre, innegabilmente. A meno che non sia in missione. Ma di solito cerco di dormire anche li.
    E invece dov'ero quel sabato? Al mercato; il mercato del sabato, e sapete perchè odio questo sabato ancora di più? Perchè sono al mercato del sabato diamine!!

    Pieno, strapieno, ultrapieno...di gente. Si, non ho un grande amore per le persone. Nessuna, nemmeno una, nemmeno un po'. Quelle di Suna meno di tutte. Quelle di Suna che lanciano sassi dai tetti ancora meno. Ma questo è un altro discorso.

    Torniamo al punto focale della cosa. É sabato, e io sono al mercato. E perchè sono al mercato? Ohhh, questo è più interessante. Perchè con la mia fortuna, in senso ironico ovviamente, dopo le ultime avventure in giro per la citta, tra pigiami, slitte, fogli volanti, pozio e tutto il resto non ho più nulla da mettermi che non abbia un buco, una bruciatura, una macchia o qualunque segno di qualunque tipo! Dio che ansia, questo villaggio non mi fa bene, sto diventando più ansiosa. Dopo le ultime esperienze ogni volta che incontro una qualunque persona ho sempre il dubbio che possa coinvolgermi in qualcosa di dannoso per la mia salute e per il mio portafoglio. L'analista costa insomma.

    Ma torniamo al motivo che mi aveva spinto a uscire da casa mia; il mio rifugio, il mio bunker: cercavo dei vestiti. Per il momento tutto sembrava andare perfettamente. Avevo comprato due casacche nuove e un simpatico pigiama blu con dei pupazzi di neve; non in linea con il posto magari, ma lo sentivo più fortunato di quello rosso...di cui mi erano rimasti i brandelli. Girellai pacificamente fino a trovarmi di fronte a un banco che vendeva completi per le traversate del deserto. Magari con gli ultimi spiccioli me ne potevo prendere uno, e andare prima o poi a trovare lo zio; me ne ero abbastanza fregata da quando era arrivata al villaggio, tra la storia del "Ora sono una ninja" e tutto il resto. E non era una cosa carina.

    Ovviamente però di fronte alla bancarella che mi interessava c'era, impalato come...beh, un palo, un ragazzino che mi impediva la visuale. Pensai di spostarlo di peso ma non volevo grane con qualche madre iperprotettiva ed ansiosa che una donna di malaffare maltrattasse il suo piccolo. Mi limitai a dargli un paio di buffetti sulla schiena con due dita. «Su su! Spostati gattino, fammi vedere che c'è qui.»

     
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  6. A x e l
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    Il ragazzino venne urtato. Le sopracciglia sottili si aggrottarono con aria infastidita da quel ticchettio sulle proprie spalle, così girò lentamente la testa, facendo ondeggiare appena i lunghi capelli marroni. Gli occhi furbi e scaltri del ragazzo si dovettero alzare di una decina di centimetri, per compensare la differenza d'altezza con una ragazza che avrà avuto il doppio dei propri anni.

    Mh?

    Non capì immediatamente che con "Gattino" la tizia si rivolgeva a lui, limitandosi a squadrarla con quello sguardo che tutt'altro sembrerebbe di un undicenne. La ragazza sembrava parecchio di fretta, o forse semplicemente sbrigativa nel modo di fare.
    °Gattino?° Fu il primo pensiero del giovane, che si limitò a sorridere con la solita accondiscendenza, cosa che per chi lo conosce significa una presa in giro imminente.
    In circa tre secondi, spesi per fissare la ragazza con quella faccia da schiaffi che si ritrova, nella sua mente rapidamente si fece strada una blanda strategia. La ragazza avrebbe dovuto cadere in una trappola che il giovane era particolarmente abile a piazzare, avendo almeno quattro anni di pratiche nel tenderla... E purtroppo nel subirla.

    Gentilezza ed una funzionante vista mancano, quindi se la signorina me lo concede, conviene passare...

    Il tono è mantenuto assolutamente sulla più cordiale e sentita gentilezza, accompagnato da un leggero passo laterale, alla propria destra, come se volesse far passare la ragazza. Tuttavia decide di utilizzare al contempo la propria parlantina, resa piuttosto abile dal fatto di aver sempre vissuto in compagnia di mercanti ed in un ambiente dove questa è molto importante. Il discorso che decise di volgere all'attenzione della ragazza sembrava assolutamente serio e di principale importanza per qualunque scopo avesse. Il ragazzino, allungò la mano destra, come se volesse mostrare gli abiti della bancarella alla ragazza, mostrando ovviamente il palmo. Psicologicamente, in una posizione di tale apertura, il ragazzo avrebbe inconsciamente comunicato "sono disarmato" e probabilmente apparendo più piacevole nei modi e gentile che non solamente utilizzando un tono di voce cordiale.

    al vipano di spanapalo, sempre se si svolta a destra e non dal lato superiore...

    Ed ecco che la voce, abbassandosi leggermente e mischiando in modo studiato le parole l'una con l'altra, mangiandosi anche le parole per NON renderle del tutto comprensibili, renderebbe questa frase priva di senso difficile da capire.
    L'intento del ragazzo sarebbe appunto quello di far sembrare ciò che sta dicendo qualcosa di Importante ed Utile alla causa della ragazza, qualunque essa sia, ma tuttavia renderlo incomprensibile. Ciò equivale a dire che tenterebbe di portare la ragazza a rispondere in un solo modo alle sue parole.
    Non rimaneva che attendere che la trappola si chiudesse attorno alla ragazza...
     
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  7. Weasel
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    Super.....la(tivo!)


    Cambiamo per un attimo prospettiva...dedichiamoci a chi stava assistendo a tutta la scena: la proprietaria della bancarella di vestiti.

    La mercante, Mokata, era una signora di circa sessant'anni; quella mattina si era svegliata presto, e lei e la sua sciatica avevano caricato il carretto dietro casa sua e poi l'avevano fatto trascinare al marito, quel buono a nulla, fino al mercato; poi l'aveva spedito in giro a comprare alcune cose necessarie e poi a casa a occuparsi delle faccende. Figurarsi se lo lasciava a gestire la bancarella...come minimo si sarebbe fatto rifilare tutte le monete false del villaggio.

    Aveva passato il resto della giornata facendo buoni affari, imbrogliando un paio di sciocchi turisti che pensavano che per passare il deserto servisse praticamente uno scafandro e facendo quattro chiacchere con la sua vicina di banco, Minori, un signora della sua stessa età che vendeva tappeti. Si erano intrattenute con le solite chiacchere da mercato; la malattia di quello, la moglie tradita di quell'altro, l'ernia della rivale in affari, e i propri mariti ormai così vecchi e stanchi da non riuscire a tirarselo su neanche con l'argano.

    Durante il pomeriggio però era accaduto il fatto; un ragazzino di una decina d'anni circa si era fermato davanti alla sua bancarella come per guardare qualcosa, senza però avvicinarsi troppo ne chiedere nulla; così Mokata gli aveva lanciato una lunga occhiata per assicurarsi che non rubasse nulla ed era tornata al libro che stava leggendo: "Passione del Deserto". Poi, dopo poco si era avvicinata una vera cliente, con un sacco di buste in mano, che aveva allontanato il ragazzino per vedere meglio la merce esposta. La mercante allora, facendo leva sulla gamba buona si era alzata, gratificando la ragazza di uno dei suoi migliori sorrisi da venditrice.

    […]


    Gentilezza ed una funzionante vista mancano, quindi se la signorina me lo concede, conviene passare...

    Sorrisi di rimando alla commerciante, anche se sapevo che era tutta una farsa nella speranza che comprassi qualcosa. Poi sentii dei bofonchii venire dal ragazzino accanto a me.

    ...al vipano di spanapalo, sempre se si svolta a destra e non dal lato superiore...

    «EHhhh?» Che diamine aveva detto quel bimbetto?



    Edited by Weasel - 26/5/2011, 15:10
     
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  8. A x e l
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    E la ragazza finì dritta nella trappola tesa dal giovane studente dell'accademia.
    Il sorrisetto che già pendeva sulle labbra del ragazzino si trasformò in qualcosa che rasentava la pura soddisfazione alla parole della ragazza. Alzando la testa e abbassando le braccia comincia a caricare i polmoni d'aria, quasi ad annunciare ciò che sarebbe arrivato. Il ragazzino chiuse gli occhi furbi per un momento, per poi alzare le braccia al cielo, palmi volti verso la ragazza, dita tese e pollici chiusi. Sembrerebbe quasi un'invocazione al signore, per quella frazione di secondo che le mantiene alzate.

    Non starà per farlo, vero?

    La testa si piegò appena di lato e le mani si abbassarono di scatto, a puntare all'altezza dell'inguine congiungendo le punte delle dita sotto l'ombelico. L'aria venne buttata fuori come uno sbuffo; mostrando la punta della lingua e facendola sonoramente vibrare.

    PPPPPPRRRRRRRRRRRRLLLLLLL!!

    Per completare il movimento, ora avrebbe dato completamente il profilo destro alla ragazza, per permetterle di passare dandole il via libera totale... Ed inoltre così facendo avrebbe evitato che schizzi di saliva la colpissero. D'altronde per quanto gli riguardava, quella fu una degna risposta alla scortesia verbale appena subita.
    Decise di usare la versione dello scherzo più elegante, utilizzando lo spernacchiamento al posto di parole che avrebbero potuto suonare offensive se rivolte ad una donzella.

    Il ragazzino era abbastanza conosciuto al mercato per quel genere di scherzo, che ormai la maggior parte dei mercanti aveva già subito. Un uomo dalla lunga barba bianca e una pelata scintillante rise sotto i baffi, ed il ragazzino non potè fare a meno che strizzargli l'occhio rapidamente e furtivamente.
    Non amava che gli si rivolgesse la parola in quel modo, per quanto fosse piccolo, anche lui aveva tutto il diritto di guardare la merce e decidere forse di acquistare. Cosa che effettivamente non avrebbe mai fatto; forse avrebbe trovato intrigante rubare un bottone da una delle camice esposte, ma acquistare non faceva parte dei suoi programmi quella sera.
    A quel punto c'era solo da chiedersi quanto fosse stata buona l'idea di rivolgere un cotal scherzo ad una Kunoichi di grado superiore a se.

    Non guardò più la ragazza, dopotutto non era niente di personale, un dispetto fatto ad una sconosciuta gli poteva dare un'interesse piuttosto relativo ad esaminare la reazione. Non intuì però l'occupazione della ragazza, avendole dato uno sguardo solo di sfuggita e neanche tanto interessato a lei quanto a come rispondere a tono.
    Ignorò anche lo sguardo di totale disapprovazione di Mokata, la cui attenzione fu distolta dal libro per osservare quella situazione appena creatasi.

    Il ragazzino sarebbe sopravvissuto a ciò?
     
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  9. Weasel
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    Reazione a catena


    Bene. Ora ti faccio vedere io.

    La mia faccia credo che fosse l'espressione stessa della sorpresa. Effettivamente non mi aspettavo che quell'animaletto avrebbe reagito così. Ora insomma...va bene che la giornata era partita male. Ok, sapevo anche perfettamente che non sarebbe continuata bene, d'altronde quando mi svegliavo con il piede sbagliato era sempre tutto una tragedia dopo l'altra. Ma farsi prendere in giro così da un ragazzino con la metà dei miei anni no eh! Insomma c'era un limite anche per la mia compromessa dignità. Ero una cacchio di ninja accidenti. Certo, scarsa come la morte, sfortunata a livelli stratosferici... ma ora avrebbe visto lui cosa lo aspettava. Non intendevo fargli male, ma dargli una lezione di educazione e rispetto verso chi era più grande di lui mi pareva il minimo.

    In più lo sciocchino aveva fatto l'errore di distogliere la sua attenzione da me, come se non gliene importasse un fico secco e fossi il filo d'erab più innocuo del prato. Meglio così, non portavo mai il coprifronte finchè stavo nel villaggio, e una volta tanto questa cosa era andata a mio favore, nascondendo la mia "professione" e le mie per quanto esili "potenzialità". Per di più conoscevo anche la tecnica giusta per le mie esigenze.

    Aspettai esattamente il secondo in cui distolse la sua attenzione da me e gli appoggiai le mani sulle spalle il più velocemente possibile [350] impastando un Medio. Se tutto fosse andato come credevo, e ne ero piuttosto sicura, il ragazzino mi sarebbe caduto addormentato tra le braccia. A quel punto avrei affidato tulle mie buste a Mokata, chiedendole se poteva tenermele d'occhio, mi sarei caricata la bestiola in spalla e, una volta arrivata al centro della piazza lo avrei legato come un salame, dopo avergli tolto i pantaloni, lasciandolo in mutande, e l'avrei lasciato li a dormire per le prossime tre ore, avendo cura di portarmi via i pantaloni.

    Poi, senza fretta, avrei recuperato la mia roba e me ne sarei andata di li. La prossima volta forse non avrebbe avuto tutta questa voglia di prendere in giro il primo passante.


    SPOILER (click to view)
    Tecnica del Sonno – Nemuri
    Villaggio: Generico
    Posizioni Magiche: Tocco
    L'illusione si attiva prendendo alla sprovvista la vittima e poggiandole le mani sulle spalle. La vittima cadrà in un sonno illusorio per 3 ore o finché non rilasciata.
    L'efficacia è pari a 10. Danni leggeri o superiori svegliano la vittima.
    Tipo: Genjutsu - Kanchi
    (Livello: 5 / Consumo: Medio )
    [Da studente in su]

     
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  10. A x e l
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    E così si godette in tranquillità la vittoria, ignaro di ciò che stava per accadere. Aveva giocato sicuramente sporco, e avrebbe dovuto aspettarsi una risposta, o meglio, se l'aspettava! I suoi sensi potevano vantare di essere piuttosto acuti, ma questo se si fa il confronto con una persona normale. Con la coda dell'occhio notò un movimento da parte della ragazza, cosa che però non gli destò alcuna preoccupazione. Ha fatto uno scherzo, per lui era normale che venisse fermato con una mano sulle spalle per rispondere di ciò che aveva appena fatto; ma percepì a malapena il tocco prima di...°Accidenti che sonn... RONF°

    [Durante quelle tre ore...]

    Il padre di Mamoru vide molto bene la scena della ragazza che legava il ragazzino al centro della piazza, e con la solita noncuranza prese quel lasso di tempo per mettere a posto le proprie cose, senza infierire minimamente. Il giovane aveva sicuramente bisogno di imparare un po' di rispetto. L'ammissione all'accademia era stata sicuramente qualcosa di anormale, ed ora di nuovo se l'era presa con un Ninja, ritenendosi forse superiore.
    Ovviamente il ragazzino non aveva la benchè minima idea che Ame fosse una Kunoichi, ma questo poco importa.
    Il padre si limitò ad aspettare che la ragazza si andasse a fare un giro prima di slegare il figlio, ma senza rimuoverlo dal centro della piazza o coprire le mutande bianche con tanti simbolini del villaggio della sabbia sparsi a mo di puà per la superficie.
    In tre ore si possono capire molte cose guardando la scena dall'esterno: per esempio il fatto che nessuno si offrì di svegliare il ragazzo o di trasportarlo in un posto più consono; o che anche chi lo conosceva si fece una grassa risata e lo lasciò lì; o ancora che molti altri pensarono fosse una cosa assolutamente normale per Mamoru.
    D'altronde ne aveva sempre fatte di cotte e di crude lì al mercato con i suoi furtarelli e le sue bravate. Una lezione del genere altro non poteva che essere utile.

    [Tre ore dopo...]

    Yaaaaaawwnnn...

    Si svegliò e si ritrovò nella piazza semideserta, verso l'ora di cena. Faceva particolarmente freddino, specie nelle zone basse. Quando abbassò lo sguardo si ritrovò ad alzare le sopracciglia con blanda sorpresa.
    °Queste mutande mi stanno da Dio...°

    Strano che il primo pensiero fosse una cosa del genere, ma altresì vero ed autentico. Il ragazzino si alzò, senza la minima vergogna, facendo due conti mentali mentre si stiracchiava.

    Bene, e per la seconda volta mi ritrovo ad essere in netto svantaggio contro i Ninja del villaggio...

    Borbottò tra se e se con aria imbronciata. Scacciò come al solito il leggero ribollio del sangue, dopotutto non poteva far niente per l'"umiliazione" appena subita, ma comunque non era stata assolutamente la peggiore subita. Il Jonin a cui tentò di rubare i Kunai non fu tanto misericordioso quanto lo fù Ame. Ancora oggi i mercanti della piazza raccontano l'episodio ridendo con le lacrime agli occhi.
    Così si infilò le mani nelle tasche, o meglio, ci provò, ricordandosi di essere in mutande poco prima di disperdersi completamente nel filone dei suoi pensieri:
    °Quindi quella ragazza era una Kunoichi, credo non sarà troppo difficile da riconoscere la prossima volta che la vedrò. Vedremo di ricambiare il favore°

    Concluse con un sorrisetto mellifluo. D'altronde la vendetta andava servita assolutamente GELIDA E GHIACCIATA, e per questo ci sarebbe stato da aspettare molto. Per chi osserva dall'esterno, ormai si sarà assolutamente compreso che il ragazzino ha ben poco di normale. Probabilmente un undicenne sarebbe scappato piangendo per la vergogna... Come fece circa due mesi prima quando ricevette la punizione dal Jonin, ma questa è un'altra storia.

    Il ragazzino, con assoluta tranquillità si avviò verso casa, sfoggiando con orgoglio le proprie mutande Sunesi a chiunque fosse così sventurato da incontrarlo durante il tragitto verso casa.
     
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    Suna

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    I


    Tamashii
    Narrato Parlato Pensato Linguaggio natio



    Un nuovo giorno...
    Abitazione di Tamashii


    Le prime luci dell'alba illuminarono con le loro sfumature rosate il balcone a semicerchio dove si trovava il giovane nomade. La schiena era rivolta alla finestra, l'unica fonte di illuminazione naturale della stanza che aveva adibito a laboratorio.
    Aveva trascorso tutta la notte a costruire piccoli meccanismi con il materiale di scarto che era riuscito ad ottenere in quegli ultimi giorni.
    Piccoli lavoretti presso un armaiolo ed un orologiaio, servigi come guida in cambio di scampoli di stoffa, messaggero per un vetraio, tante piccole occupazioni che il ragazzino aveva svolto durante le sue ore libere.

    E' stato molto faticoso, ma ne è valsa la pena. rifletté tra sé, rimettendo apposto nella cassetta porta attrezzi di metallo il panno morbido con cui aveva lucidato un piccolo carillon.
    Si sentiva stanco e il suo più grande desiderio era quello di buttarsi sotto la doccia, prima di concedersi poche ore di sonno.
    Era uno di quei giorni in cui il mercato sunese era più attivo e Tamashii non voleva perdere l'occasione per cominciare a far conoscere le sue piccole creazioni meccaniche.
    Stese le braccia, stiracchiandosi, mentre al suo fianco Koryukaze riposava acciambellata sopra il tappeto, che ricopriva il pavimento del balcone.
    Prima di rientrare aveva un ultimo compito da assolvere: collocare ciascuna di quelle creazioni, protette dalla gommapiuma, all'interno di scatoline di cartone rivestite con carta di riso. E successivamente chiuderle con coperchi impreziositi da fiocchi di corda ai cui lembi erano attaccati minuscoli ingranaggi di varie forme o da nastri di stoffa decorati da composizioni di fiori secchi.


    Qualche ora dopo...
    In una delle vie adiacenti alla Piazza.


    Trovare un posto in quel variopinto insieme di negozi, bancarelle, semplici tappetti poggiati sul terreno si era rivelata un'impresa degna di nota.
    Il giovane nomade aveva esplorato ogni singolo luogo, anche il più piccolo anfratto, nella speranza di riuscire ad ottenere un po' di visibilità per i suoi piccoli automi.
    Si muoveva tra la folla cercando di non essere spintonato, schivando il flusso contrario di persone, saltellando per vedere se ci fosse spazio tra alcune bancarelle di oggetti artistici prese d'assalto da un gruppo di gente curiosa.
    Qualcuno lo tirò all'indietro, sbattendo contro il suo zaino, che teneva sulla schiena per lo spallaccio destro.
    In alto a poca distanza da lui il Coelurosauravus si librava in volo seguendo il ragazzino. Se avesse potuto attribuire un significato umano all'espressione assunta dal rettile, Tamashii avrebbe giurato che si stesse divertendo ai suoi danni.
    In quel momento lo shinobi avrebbe tanto voluto possedere l'abilità del suo clan d'adozione e librarsi in aria su una nuvola di vento.
    Purtroppo il suo mentore aveva altri impegni e il ragazzino ancora non aveva neppure imparato le basi.
    Peccato, sospirò, sarebbe stato bello mostrare le mie creazioni da una bancarella aerea. E già la sua mente veleggiava verso l'immagine di lui che sedeva su un tappetto volante con tanto di nappine ai bordi.
    Ormai era quasi ora di pranzo, continuare per il momento sarebbe stata solo un'inutile perdita di tempo.
    In cerca di un posto dove pranzare, il suo sguardo fu improvvisamente attratto da un chiosco che vendeva granite, ghiaccioli, sorbetti, bevande ghiacciate, insomma qualunque alimento che comprendesse il prezioso "ghiaccio", come scriveva l'insegna pubblicitaria affissa sopra la porta.
    Tamashii scostò la tendina all'ingresso varcando la soglia.
    Un delicato profumo di essenza agli agrumi aleggiava all'interno del negozio.

    Con permesso. esordì educatamente, dirigendosi verso il bancone, dove si trovava un uomo di mezza età dalla carnagione abbronzata, fisico asciutto, lineamenti squadrati, intento a collocare delle bottiglie di sciroppo sopra alcuni ripiani.
    Si sedette su uno degli sgabelli, poggiando lo zaino accanto a sé. Il Coelurosauravus planò sul bancone affianco al giovane nomade, odorando l'aria con curiosità.

    Benvenuto, ragazzo. Cosa posso servire a te e... fissò per un istante Koryukaze ...e al tuo amico alato? chiese, voltandosi nella loro direzione.

    Un ghiacciolo al sale marino, un succo d'ananas e una tazza d'acqua fresca, se possibile. replicò, mentre slacciava i legacci dallo zaino alla ricerca del portafoglio.
    Nell'attesa che l'uomo portasse loro le ordinazioni, Tamashii immerse la mano cercando con le dita il sacchetto contenete i ryo, disperso tra le scatole stipate all'interno. Riuscì a recuperarlo solo dopo aver estratto in ordine: un piccolo automa dalle fattezze di un gatto, che si muoveva caricando una molla, un orologio da taschino con il coperchio a forma di ingranaggio con i meccanismi a vista e un carillon a manovella, costruito in modo tale da poter vedere le parti che producevano la melodia, un'antica musica del suo popolo. I tre oggetti erano gli unici senza una custodia e dovevano servire al ragazzino come pezzi da esposizione.
    Il gelato arrivò prima che lui potesse rimetterli a posto.
    A quanto sembrava l'uomo era infastidito da quel piccolo ingombro sul bancone, al contrario la sua attenzione pareva essersi focalizzata sull'orologio.
    Posso esaminarlo da vicino? Chiese allo shinobi, intento a sorseggiare la bevanda ghiacciata.
    Prego, fate pure con comodo. replicò, poggiando il bicchiere.
    Nel frattempo si sarebbe dedicato a gustarsi il gelato.
     
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  12. Kyushize_
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    Affari, ghiaccioli e spade


    -Parlato-/ narrato/pensato




    Si grattò per l’ennesima volta la spalla destra nel tentativo di liberarsi dei residui di sabbia incrostati dal sudore.
    La sabbia le piaceva, a dir la verità, amava guardare le dune, così silenziose che, quasi impercettibilmente, si sgretolavano sotto le correnti d’aria, depositandosi da qualche altra parte, a volte la sabbia, lì a Suna, dava un colore al vento, come se esso non fosse più una semplice massa d’aria che si spostava, ma come se divenisse l’alito di uno spirito invisibile che li osservava.
    Perciò per lai la sabbia era ciò che meglio rappresentava la vita, un continuo fluire, senza una forma precisa, in continuo mutamento, che si spande incontrollata, in balia dei venti.
    L’unico, piccolo inconveniente era che a volte quei subdoli granelli si infiltravano dove non dovevano, aiutati, dopo una mattinata di lavoro estenuante, da quella immane scocciatura del sudore.
    Una mano ficcata in tasca, ben salda attorno ai Ryo da poco ricevuti dalla vecchiaccia, l’altra con l’indice intento a dare colpetti ritmici sulla stecca che stringeva intorno ai denti, Kyushize avanzava, orami abituata alla folla del mercato e al classico e conseguente percorso ad ostacoli.
    Passò accanto ad una bancarella dove due uomini discutevano animatamente sul prezzo di una sorta di sciabola, riferendosi l’un l’altro con epiteti poco rispettabili sia nei loro confronti, che verso quelli delle loro madri.
    Ma Kyu, lo sapeva, quell’uomo, alla fine, avrebbe comprato l’arma. Perché nel negoziante, la giovane riconobbe Mishto, un omone grasso ed opulento in ogni sua manifestazione, dagli anelli di ogni svariato metallo che portava, immensi alle dita, alla moltitudine di denti d’oro che si ritrovava in bocca.
    Mishto era conosciuto da tutti i frequentatori del mercato come il più grande ciarlatano e la peggiore delle piaghe in commercio. Cosa che, evidentemente, il giovane acquirente non sapeva.
    Sul volto barbuto si formò un sorriso trionfale di alternati denti d’oro e denti marci quando, evidentemente fu raggiunto un accordo. Incartò l’arma e ricevette un alquanto lauto pagamento dal giovane.
    Se anche lei si fosse messa in affari con “metodi sporchi” avrebbe potuto guadagnare un bel gruzzoletto, e quella vecchiaccia di Yatato avrebbe potuto andare a quel paese, lei e quella sua farmacia da strapazzo che Kuy era sempre più convinta che somigliasse al voodoo.
    Riprese a camminare, lieta di una ventata d’aria che la rinfrescò, ma che, puntualmente, le appicciò nuova sabbia addosso.
    Volse i suoi pensieri al fratellino, in quel momento a casa, o almeno così si augurò
    Passò davanti ad un bancone di un tipo che vendeva pesce “ fresco, appena pescato” a detta del mercante. Pesce fresco, a Suna? Chi avrebbe mai potuto bersi una balla del genere?
    Smise di respirare per quel tanto che le bastò ad allontanarsi dall’olezzante banco.

    Il mercato di Suna, nonostante tutto, non sarebbe cambiato mai. Sarebbe rimasto, sempre e per sempre, una massa di gente sudaticcia che urlava come maiali in un porcile, bancarelle, colori e, do tanto in tento, odori forti.
    Quello era il luogo in cui era nata e cresciuta e lì sarebbe rimasta.
    Ma era preoccupata del fatto che mai nulla cambiasse. La gente di quel popolo, soprattutto tra i più anziani era particolarmente metodica e abitudinale, legata alle antiche tradizioni e poco incline al cambiamento.
    Era forse la colpa del luogo stessi in cui vivevano: il deserto tempra e Suna aveva conosciuto non troppo tempo fa la fame. Le persone erano cresciute aspre e forti, poco inclini e diffidenti verso le novità.
    Ci si poteva riferire in quella maniera solo ad una parte del popolo, non certo a tutto il complesso, ma restava il fatto che certi individui facevano restare quel luogo a tratti un po’ regredito, non imparando mai dalla sabbia e dal suo fluire.

    Si fermò giunta al chiosco, dove ormai si fermava abitualmente almeno una volta alla settimana per comprare il suo ghiacciolo. Eccola lì la solita ragazzina strana, doveva aver pensato il ragazzo al bancone, ormai abituata a vederla spuntare con in bocca una stecca.
    -Buongiorno- disse a denti stretti con la stecca ancora in bocca, sedendosi al bancone, accanto ad un ragazzino biondo.
    -Il solito? -chiese l’uomo con fare abitudinale.
    Kyushize ci rifletté per un attimo per poi ordinare –No, no, oggi cambio, ma vado sul classico, uno al limone, per favore.-
    Attese che le venisse portato il ghiacciolo. Seduta di profilo al bancone osservò un giovane uomo sedersi su una panca non molto di stante. Riconobbe la vittima di Mishto. Il ragazzo sguainò euforico l’arma, fino a quel momento infilata nel fodero. Diede dei colpetti al metallo della spada, come a tastarne la qualità. Corrugò la fronte , come se il risultato non lo accontentasse.
    Kyushize lo sapeva: alla prima occasione quella spada si sarebbe rotta, e il proprietario sembrava cominciare ad accorgersene.
    -L’ennesima vittima di Mishto!- esclamò esasperata, diretta a nessuno in particolare.
     
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  13. Manu ©
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    Fuori di casa

    Da quanto tempo aveva smesso di essere lo shinobi che era sempre stato? Da quanto tempo aveva perso tutta la sua energia per fare ciò di cui andava fiero?
    Da quanto tempo aveva smesso di essere Hamano Iga?
    In effetti cominciava ad essere da parecchio che l'oramai ex guardiano non si poneva in prima linea per difendere l'ingresso del suo adorato villaggio, ma la cosa non lo toccava più di tanto.
    Non sapeva neanche dire quand'è iniziato questo suo declino, semplicemente aveva smesso di essere quello che era stato in tutta la sua vita.
    Aveva visitato parecchi medici, e praticamente tutti gli avevano detto di "prendersi un po' di riposo", solo che quel po' è diventato troppo lungo ed ora non era altro che uno shinobi senza nulla da fare, chiuso in casa, come se fosse ammalato.
    Si poteva dire che si era lasciato un po' andare in questo periodo. Non si curava l'aspetto più di tanto, i suoi vestiti non erano proprio l'emblema della freschezza, la sua espressione non di quelle più riposate. Soltanto Meiyo, la sua nodaichi di due metri, restava pulita e immacolata come fosse appena uscita dalla forgia, però non parlavano più. La cosa era inevitabile, era da una vita che non brandiva la sua arma in battaglia e così i due avevano perso l'affinità tramite la quale potevano parlare. Il primo giorno che Hamano si accorse di ciò stava quasi per andare in una crisi di panico e da lì le cose sono un po' degenerate. Ora il ragazzo cura la sua arma con una cura quasi maniacale nella speranza che lei riparli ancora con quello che prima era uno degli elementi di spicco del villaggio.

    Hamano aveva preso l'abitudine di fare sempre una passeggiata per il villaggio. Avrebbe potuto passare giornate intere in casa senza problemi ma c'era una sorta di obbligo in quella sua uscita quotidiana, quasi fosse un tentativo per cercare di ritornare ad essere quello che era. Soltanto che, se un tempo usciva saltando di palazzo in palazzo per controllare il suo villaggio, adesso si ricopriva testa e piedi di un mantello per non farsi riconoscere. Prima di uscire dava sempre uno sguardo nell'angolo del suo monolocale, dove su un piccolo tavolo era appoggiata la sua protesi metallica. Oramai non si sentiva più degno di indossare il suo braccio sinistro creatogli dal sensei Ledah dopo la sua grave sconfitta davanti alle mura di Suna.
    Aveva sacrificato il suo braccio sinistro per non fare entrare uno sconosciuto nel villaggio ed ora non riusciva neanche ad impugnare la sua arma. Sarebbe una cosa divertente se non fosse tutto tragicamente vero.

    E così, disarmato, con un braccio in meno, sporco, trasandato ed incappucciato, Hamano uscì di casa, a camminare, senza una meta.
    O meglio, una meta ce l'aveva, il mercato, un posto che lo costringeva a dover passare in mezzo a tanta gente quasi come il suo istinto di sopravvivenza cercasse di non farlo diventare un'eremita nel suo monolocale ormai fatiscente, ma sembrava tutto inutile.
    Il ragazzo passava abilmente tra la gente senza farsi notare, non incrociava lo sguardo con nessuno, teneva la testa bassa, insomma, si comportava come un ninja ben addestrato. Sembrava che anche oggi la sua "passeggiata" si sarebbe limitata ad un passare inosservato per poi andare a casa a lucidare la sua lama.
    Ma un urlo di rabbia proveniente da poco davanti a lui sembrava volerlo intrattenere un po'.
    Un giovane sembrava imbufalito, e con una sciabola rotta in una mano ed un coltello molto affilato nell'altra, si stava per scagliare a tutta velocità contro uno dei venditori ambulanti del mercato.
    Hamano si trovava esattamente in mezzo ai due. Una persona normale si sarebbe scostata di tutta fretta da quella furia omicida e forse anche Hamano l'avrebbe fatto, ma non riusciva a spostarsi da lì.
    Probabilmente ora un vigilante di Suna avrebbe interrotto la corsa del folle, ma non sembrava esserci nessuno.
    Forse il giovane si sarebbe fermato capendo che stava per fare una cosa orribile, ma continuava a correre.
    Magari la persona oggetto di tale furia sarebbe scomparsa in una nuvola di fumo come il più classico dei trucchi ninja, ma l'uomo si trovava ancora lì, non ancora conscio di ciò che gli stava arrivando contro.
    Poteva ignorare il tutto e far sì che che quello scontro si svolgesse senza problemi, senza il bisogno di agire o di intromettersi in quelli che oramai non erano più affari suoi.
    Poteva veramente fare una cosa del genere?
    Assolutamente no.

    L'azione fu fulminea, il giovane non capì neanche che cosa l'aveva colpito. Il braccio destro teso di Hamano uscì rapido dal mantello e colpì al petto l'aspirante assassino appena questi gli passò di fianco, facendolo fare una capriola sul posto per poi atterrare scompostamente per terra, stordito e svenuto.
    La colluttazione aveva smosso il mantello di Hamano che finì per scoprirsi il volto, i suoi capelli azzurri oramai un po' troppo lunghi, la barba poco curata, l'espressione spenta. Un occhio più attento, per un attimo, avrebbe potuto notare la mancanza del suo braccio sinistro sotto il mantello, al suo posto, all'altezza della spalla, una base rotonda metallica dove attaccare la protesi.
    Solo in quel momento il commerciante si accorse del rischio che aveva corso. Guardò il malcapitato per terra per poi dare una lunga occhiata ad Hamano. Sembrava volergli dire qualcosa, averlo riconosciuto, ma rimase con la mano a mezz'aria perché il ragazzo si stava già incamminando per la sua strada dopo essersi nuovamente tirato su il cappuccio.
    Altri commercianti cominciarono a mormorare il suo nome dopo averlo visto, mentre rapidamente dei vigilanti arrivavano per portare il giovane in carcere.
    L'ultima cosa che voleva l'Iga era ritrovarsi davanti alcuni dei suoi uomini di quando era il comandante del gate di Suna. Sarebbe stato fastidioso per lui ammettere di non essere più l'uomo di un tempo.

     
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    Un vecchio imbambolato a fissare un muro non sarebbe passato inosservato anche nel marasma del mercato centrale di Suna; più che altro perchè erano passate tre ore da quando sostava sulla stessa piazzola limitandosi solo a storcere il capo e strizzare periodicamente gli occhi.
    Difronte a lui non sembrava esserci nulla di anomalo; era una delle tante costruzioni antiche del centro storico, di quelle che stavano in piedi per miracolo e che ne avevano viste di disavventure nel corso del tempo, ma che non erano più abitate...forse le persone che possedevano quella casa erano morte e poi i figli avevano lasciato che i ratti e gli scarafaggi ne prendessero dimora. Le finestre erano sbarrate con delle tegole di legno, così come l'unica porticina di accesso leggermente affossata sotto il livello della strada.
    Quindi cosa diavolo stava fissando?
    Solo un occhio attento avrebbe potuto notare quel dettaglio; era una incisione, scavata a mano e con un arnese appuntito sul mattone color ruggine, la cui superficie non superava i quattro centimetri quadrati. Un geroglifico che per qualche strana ragione era balzato subito all'attenzione del monaco e che lo stava impegnando da ore per rispondere alla domanda più semplice a cui in genere la mente umana sapeva sapeva dare: conosceva o no quel simbolo?



    Non riusciva davvero a dire un si o un no e questo lo aveva messo in una condizione di stallo dalla quale probabilmente solo un evento esterno avrebbe potuto distoglierlo. Era come se scorrendo i suoi ricordi alla ricerca di quello utile per dare una soluzione al quesito quel processo generalmente istantaneo si fosse improvvisamente bloccato senza possibilità alcuna di andare avanti o in dietro; in meccanica questa configurazione era nota come singolare o di arresto e, come ben noto, in occorrenza di esse era solito celarsi un grande pericolo.



    CITAZIONE
    OT/ Chi mi ama mi segua e vediamo dove si va a finire! :) /OT
     
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    La Piazza di Suna e il Mercato


    Peculiare


    Antecedente a: I Meravigliosi Aborti Chimera



    Il giovane Gaho di mezzo ancora non era sulla giusta strada. La sua breve carriera da shinobi accademico non aveva preso una giusta piega. Ragazzetti molto più giovani di lui erano già stati promossi, si era già fatti notare e avevano già ricevuto le meritate ricompense. Il suo comportamento, se pur tirato avanti da una giusta motivazione, non si era ancora mostrato all'altezza di fiducia e incarichi più importanti. Da qui era nata la necessità di rimettersi in gioco, di riprendere leggermente il vizio che aveva prima. Il suo disperato gesto di riprendere l'ultimo carico di té nascosto nel Paese dei Fiumi aveva portato sia un miglioramento e sia un peggioramento della sua vita. Come se tutta la questione in sospeso con Bussho non bastasse. Kuso e Densen, probabilmente molto più malvagi di Bussho, si erano rivelati la sua unica ancora di salvataggio. E quando sono proprie due loschi figuri, motivati da chissà quale distorto pensiero i tuoi unici amici sai di essere proprio sull'orlo del precipizio. Ma ancora la posta in gioco era troppo alta, la vita di sua sorella era nella mani di Bussho ed ogni sua decisione poteva essere condizionata dalle azioni di Jurobei.

    «No, non ancora... non ancora.» Il Sole era nel suo punto massimo di altezza solo da pochi minuti, ma il giovane studente ancora non si sentiva protetto nemmeno da tutta quella luce nei vicoli di Suna. Gli occhi si spostavano frenetici su ogni zona d'ombra, ogni movimento che udiva o vedeva veniva perfettamente analizzato. Era da più di un anno che non ripercorreva quelle viuzze. Da quando aveva lasciato il suo precedente lavoro e iniziato la vita da ninja, se bene ricolma di insuccessi. Il suo obiettivo era chiaro, arrivare alla piazza di Suna, dove si teneva il mercato. Cercare di mantenere un basso profilo, magari confondendosi tra la folla e cercare qualche informazione sulla recente attività di Bussho. Magari avrebbe trovato anche qualche vecchia conoscienza disposta a scambiargli qualche parola.
    Cercava uno spiraglio più aperto ed affollato dove immettersi e sentirsi più al sicuro.
    Finalmente, eccolo. La sua occasione, un carretto pieno di spezie trainato da un ragazzo si stava facendo lentamente strada tra la gente attraverso una piccola insenatura alla sua sinistra. Gli sarebbe bastato solamente affiancarcisi per poter passare proprio in mezzo a quella calca. E così fece, trattenne il fiato per la pressione per i primi momenti, ma quella copertura stava già inziando a dare i suoi primi effetti. Lentamente, la paura di essere visto da qualche sgherro di Bussho stava scemando, il livello di allertà però non doveva tradirlo, ma già il fatto di poter fare qualche passo con più tranquillità lo aveva reso anche più vigile e concentrato.
    Dopo qualche minuto raggiunse il centro, le persone stavano popolando quel grande spazio come non mai. Chi cercava qualcosa con cui pranzare, chi invece abiti o solamente qualche particolare oggetto sapientemente lavorato a mano. Una marea di colori e di voci diverse, un mondo a parte nel quale ci si poteva ben mischiare senza destare troppi sospetti. Doveva tenerlo a mente una volta che gli sarebbe arrivato il primo carico da vendere da parte di Densen.

    Una sola cosa, un peculiare particolare, lo stavano catturando più di tutto quel marasma. Un anziano stava imperterrito a guardare il muro di un vecchio edificio. Lo aveva visto più di una volta, sebbene non vi era mai entrato, ma a parte il fatto di essere quasi completamene eroso dal tempo e dalla mancata manutenzione non si era mai posto chissà quale quesito. Invece quel vecchio sembrava proprio catturato, immerso nei suoi pensieri. Oppure era quello che voleva far credere agli altri. Insomma, un particolare fin troppo sospetto che aveva già preso gran parte dell'attenzione del Gaho. Non poté fare a meno di avvicinarsi lentamente, squadrando sia la persona che aveva davanti, sia i movimenti intorno a se. Si era esposto con quel gesto ed era a conoscienza dei rischi.
    Passo dopo passo, l'anziano non sembrava cosciente del giovane. Era ancora distante, ma si poteva ben notare quanto fosse preso da ciò in cui aveva posato il suo sguardo. Jurobei si voltò rapidamente dietro di se. Si era allontanato molto dalla folla al centro e intorno a se aveva solamente qualche persona che stava come lui lasciando il mercato oppure ci si stava immettendo. Gli si gelò il sangue quando riconobbe due uomini. Entrambi erano parecchio alti, i loro volti dominati da una folta barba bruna, che lasciava spazio a due puntini luminosi al posto degli occhi. Akio e Goro, i due picchiatori gemelli di Bussho. Tornare indietro verso di loro era quindi impossibile, era rimasta un'unica direzione, un'unica speranza: il vecchio davanti a lui.

    Accelerò lievemente la sua andatura, non voleva sembrare in fuga ma non vedeva l'ora di allontanarsi. Una volta affiancato, ad un passo dallo stretto contatto avrebbe allungato il collo verso l'orecchio del suo nuovo interlocutore. «Ehi, non si preoccupi per favore. Io....» Cercò di abbassare il tono più che poteva. «Potrebbe far finta di conoscermi? Che ne sò, suo nipote o quello che vuole lei.» La coda dell'occhio si spostò nuovamente sui due energumeri. Non erano molto lontani. Doveva far sembrare che fossero due normali persone intente a parlare. «Mi dica qualcosa su questa parete, come mai ne è così attratto?» Ed ecco che anche lo sguardo del giovane si posò su l'oggetto di attenzione. Una parete fatiscente e maladata ma con uno strano simbolo inciso su di essa. «Ecco su, mi parli di questa incisione... cos'è un fiore?» Nella disperazione il giovane voleva attaccarsi ad ogni argomento che poteva saltargli in mente, l'importante era creare uno scenario plausibile e poco sospetto. Ci sarebbe riuscito?
     
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