Sopravvivenza & Patriottismo

[Kiri] | [Energia][Talento]

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  1. Aokawa Ryo
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    Non Voglio Uccidere!


    Era morto. Sì, quel ninja di nome Ishimaru era deceduto e, data la risposta di Itai, pareva essere un suo grande amico. Forse ero stato troppo invadente a chiedercelo, ma, comunque, non potevo neppure immaginarlo che avesse fatto una fine del genere.
    « Mi spiace. »
    Fu l'unica cosa che riuscii a dire per rincuorarlo, prima di andarmene a casa per prendere la mia roba. In qualche modo, potevo capire cosa si provasse a perdere una persona cara, anche a me era successo, quindi, benché fosse un traditore spocchioso, non riuscii a non provare un tremendo senso di dispiacere per ciò che aveva dovuto patire nella sua vita.

    [...]

    Una guardia m'apostrofò chiedendomi il nome non appena arrivò anche Itai.
    Risposi con un cenno piuttosto cordiale della testa, dopodiché uscii dalle mura. Era un'emozione strana varcare quelle mura che proteggevano il villaggio a cui doveva tanto, un'emozione che non riuscivo a spiegare se essa fosse positiva o negativa. Comunque, lasciai perdere questi pensieri non appena Itai mi domandò se ero mai stato fuori Kiri.

    « Uhm... un paio di volte. »
    Risposi mentre mi divertivo a colpire piccoli sassi con il piede, cercandoli di scagliarli sempre più lontano; ma, mentre la mia mente non era contaminati da sporchi pensieri, arrivò il fulmine a ciel sereno che mi folgorò. La missione era di eliminazione. Il mio compito era uccidere ed io non ero pronto per quel gesto brutale.

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    Il mio passo si fermò. La mia mente venne agguantata da antichi ricordi e da nuove memorie che non avevo mai vissuto prima d'ora. Tutto partì dal principio, dal punto in cui era partito tutto. La fuga di Ryu: mi aveva traumatizzato, i suoi omicidi mi avevano disgustato ed adesso dovevo diventare come lui, quando io disprezzavo uccidere in modo tale che il mio animo fosse candido quando lo avrei tirato fuori dal baratro in cui era caduto. Le sequenze di ricordi attraversarono in un secondo la mia carriera ninja: la mia prima missione in cui avevo disdegnato i miei compagni uccidere i propri nemici e, in un certo senso, disdegnavo me per non essere riuscito ad essere freddo come loro. Poi, il passato divenne presente. Itai Nara, questo era il nome del mio presente; mi stava conducendo in una strada da cui non sarei potuto tornare indietro tanto facilmente. In un certo senso era il mio Caronte che mi stava portando dal Signore dell'Inferno ed io non potevo fare altro che lamentarmi come un anima in pena, in cerca di redenzione per peccato che non avevo mai commesso. Infine arrivò uno dei possibili futuri. Ero un assassino, uno che uccideva la gente come fosse qualcosa di naturale. Neppure gli animali uccidono per divertimento, essi uccidono per la fama ma non per sanare il proprio istinto sanguinario. Ed io? Chi ero io per decretare chi doveva vivere e chi no? Non ero un Dio, ero un semplice ragazzo come tanti altri che voleva divenire un ninja... ma non tutti i ninja devono essere costretti ad uccidere. Ai primordi del mondo, Dio ci concesse il libero arbitrio. Ed ora mi vedevo come un oggetto nelle mani di una persona, usato e stra-abusato per compiere gesti che non volevo realizzare. Un burattino nelle mani di un burattinaio pazzo. E se la mia fedeltà a Kiri mi costringeva a uccidere, perchè dovevo tenere tanto ad un villaggio che non tiene a me? Perchè non è possibile salvare Ryu senza uccidere e senza tradire? Non riuscivo a parlare, non riuscivo ad esternare i miei timori al mio caposquadra. Ricordo solo che arrivammo dinanzi alla casa e che ad aspettarci ci fu un calvo signore che ci permise di entrare non appena ci identificammo.
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    Ero così immerso nei miei pensieri che non badai neppure al paesaggio al di fuori di Kiri né a cosa dicesse l'anziano signore mandante della missione. Ero in uno stato di coma ad occhi aperti, benché mi muovessi, la mia mente pareva essere caduto in un sonno senza risveglio. Solo quando uscimmo di casa e mi ordinò di trasformarmi, ritornai in me, conscio del fatto che se avessi compiuto quel gesto non sarei potuto tirare indietro. Dovevo andarmene ora oppure per me sarebbe stata la fine.

    « Senti, Itai-san, non posso fare ciò che richiede la missione. Non posso pagare un prezzo così alto. Non posso, mi dispiace veramente. »
    Sebbene mi dolesse molto dire quelle parole, le pronunciai con una lentezza che pareva quasi studiata. Marcavo ogni accento, le avevo pronunciate con una perfetta dizione. Rimasi lì, ad aspettare un responso dal traditore. Non avevo altro da dire, non riuscii neppure a scusarmi per avergli fatto perdere del tempo.
     
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38 replies since 15/4/2009, 14:42   1146 views
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