Ospedale - Laboratorio di Ricerca[Ambientazione]

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    Scheda di Etsuko della Nebbia

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    L’intervento

    La donna poggiava ormai su quel piano praticamente nuda, aveva osservato il suo corpo, non con disprezzo ne vergogna, l’aveva mostrato senza alcun ripudio, piuttosto con una vena malinconica, di quello che fu un tempo. ma non aveva dubbi il medico, non avrebbe avuto problemi a farlo ritornare l’adone di un tempo, certo avrebbe dovuto faticare sulla definizione, ma non avrebbe trovato altre difficoltà,
    tutto sarebbe tornato com’era… o quasi!



    […]

    Afferrai la carta che aveva per me preparato, quasi come un’artista, ero chiamato a riprodurre in carne ed ossa quello che il committente mi aveva commissionato,
    l’appesi, proprio sulla lampada che ora sovrastava il tavolo.
    Dovevo cominciare l’intervento,
    sembrava tranquillo Godsan, non aveva rimpianti, come dargli torto, avrebbe voluto essere lì… queste erano le sue volontà, era un amico e come tale, doveva poter contare su di me.
    Gli passai la mascherina, doveva inspirare profondamente e contare indietro da 10 a 0…
    Aspettai che lo facesse e quando iniziò il conto alla rovescia, lì dove il sogno si mischiava alla realtà,
    la ragione sfociava nell’irragionevolezza
    Parlai…
    Semplici parole, le aveva percepite ne ero sicuro.

    Ti starò accanto Godsan, conta pure su di me…

    L’intervento era impegnativo, ora dovevo concentrarmi su quello che sarebbe stato… dapprima eliminare quelle fattezze femmine, i seni, bastò poco a ridurli, sino a farli scomparire del tutto, il volto, gli zigomi pronunciati, il taglio degli occhi, la fronte, riallargai leggermente il naso, ridussi le labbra, rendendole sottilissime… ed il volto pareva un campo di battaglia, per ora…
    Un leggero leefting, sulle orecchie…
    Forbici, non avrei infierito oltremodo su quel volto…
    Inclemente, arrivai ai capelli, quelli che erano per una donna terreno sacro e inviolabile, ora cadevano al suolo senza più vigore, un cumulo di ciocche si depositarono proprio sotto al piano su cui giaceva quel corpo.
    Null’altro avrei potuto fare, il resto sarebbe spettato a lui…
    Cura ormonale e definizione fisica in primis…
    Ma prima doveva riprendersi dall’intervento.
    Mi fermai, l’osservai…
    Il volto segnato da tagli e cuciture, sporco di sangue misto a disinfettante, sembrava osservarmi…
    Lo ricoprì di bende.
    Avevo giocato ancora una volta, decidendo della vita altrui, ma questa volta ero stato complice, avevo assecondato il suo volere.
    Poggiai uno specchio… una tinta per capelli…
    Come la prima volta
    E attesi, attesi che riprendesse conoscenza.
    La prima cosa che avrebbe rivisto, quel ragazzo, sarebbe stato il mio sorriso
    E un cordiale

    Benvenuto al mondo.
     
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  2. Fujiko M.
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    Dopo l'esplosione


    « Dieci... » inspirò dalla mascherina.

    « ...nove... » si guardò attorno come fosse la prima volta.

    « ...otto... » osservò Etsuko che attendeva sopra di lui.

    « ...sette... » ricordò la prima volta che accadde tutto.

    « ...se... » chiuse gli occhi, stanchi.

    « ... » si era addormentato.

    Non appena Etsuko pose le mani e gli arnesi sul corpo di lei, in quel preciso momento cessava la vita di Fujiko richiamando a sè il corpo che un tempo doveva appartenere ad altra persona, Godsan.

    Passarono diverse ore prima che l'intervento potè definirsi completato. Il volto era segnato e curare quelle ferite chirurgiche richiedeva dell'altro tempo che Godsan poteva concedersi. Così come se lo sarebbe concesso per il resto del corpo, anch'esso tagliato e mutilato in più punti.
    Il tempo che invece non aveva era quello per ricostruirsi il fisico, ormai talmente abituato a quello delle linee curvilinee di Fujiko che in confronto ora sembrava così gracile.
    Per quello doveva lavorare duramente, da sè.

    Quando riaprì gli occhi era ancora su quel lettino. Si sentiva stordito e poteva quasi affermare di non sapere dove si trovava. Ma in realtà lo sapeva. Gli ci volle poco tempo per ricordarselo, per cercare Etsuko che ancora una volta era lì a vegliare sino alla fine di quell'operazione.

    « Quanto tempo è passato? » domandò strascicando le parole non avendo però la concezione di quell'evento.
    « E' andato tutto bene? » domandò ancora una volta con poca voce. « Nessuno scherzo questa volta? » alluse al precedente intervento.

    Sentiva un forte peso sul suo volto, come se avesse fatto a botte, ma non ne provava dolore. E poi sentiva come se lo stessero pizzicando in piccole punture qua e là. Ma il dolore era ancora lontano dal giungere per effetto dell'anestesia.

    Come la prima volta, anche questa tentò di alzarsi. Ci riuscì mettendosi a sedere ma si sentiva affaticato, stanco ma anche più leggero. Notò subito che gli era stato rimosso il seno. Una mano scivolò tra le lenzuola bianche per tastare se anche l'unica anormalità durante il periodo femminile era rimasta.
    E lui era lì. Sano e salvo proprio come un tempo.
    Un sorriso consolatorio si dipinse sul volto di Godsan guardando Etsuko.

    « Questa non te l'avrei perdonata affatto! »

    SI fece spiegare l'essenziale per l'intervento e convenne con l'altro che doveva riposare per recuperare appieno. Ma non appena se la fosse sentita Godsan avrebbe lasciato il villaggio con la presenza di Etsuko alle mura.

    « Hai notizie dell'accaduto? » domandò in merito al recente avvenimento di qualche ora prima.

    Supponeva che Etsuko fosse rimasto tutto il tempo lì e che quindi non avesse parlato con Shiltar o altri. Ma chiese ugualmente essendo stato addormentato per diverse ore.


     
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    (Per Senji)



    Finalmente tornai a respirare, il tumulto nel petto cessò per un attimo e i battiti si rifecero regolari…
    Mai avrei creduto di poter complottare contro il mio stesso villaggio eppur ti ci ritrovi in quelle situazioni in cui “devi ” prendere una decisione senza essere impassibile spettatore di una serie di ingiustizie.
    Il laboratorio di ricerca era come l’avevo lasciato l’ultima volta, ad uno spettatore esterno sarebbe parso asettico e anonimo, ma mai come in quell’edificio mi sentivo a casa.
    L’unica persona che ne conosceva l’esistenza era il Mizukage, ma non avrebbe potuto entrar neppur egli stesso se non con il mio consenso… e presto in quel posto non ci sarebbe stato nulla da trovare.
    Guardai Senji, era distrutto, l’operazione e la permanenza nelle grezze stanze della prigione di Kiri, non gli avevano decisamente fatto bene.
    Lasciai che si accomodasse

    Bene, stammi a sentire, non abbiamo molto tempo, non ti potrò tenere a lungo qui…
    Mi dispiace per quello che è successo in prigione, ma non avevo scelta, dovevo comportarmi così per non destare alcun sospetto.
    Ho conservato i tuoi occhi…


    Lasciai che riuscisse a somatizzare quella notizia

    Procederemo con il trapianto, questo significa che tornerai a vedere…
    Per quel che riguarda la tecnica speciale,
    beh… vedi…
    non credo di avere le competenze mediche per poterla riattivare, ma te lo prometto, lasciami un po’ di tempo e proverò a rimetterti in sesto completamente.
    Adesso l’importante è che tu possa tornare a vedere
    Se non hai nulla in contrario ti farò preparare all’operazione


    Non potevo aspettare oltre, dovevamo sfruttare l’effetto sorpresa e questo sicuramente non sarebbe durato ancora a lungo.

    (Per Fujiko)

    Ho fatto come d’accordo, la lettera è stata prontamente consegnata…
    Non mi ha svelato il contenuto e l’ha incenerita senza lasciar traccia,
    adesso mi vuoi dire di cosa si trattava o vuoi continuare a usarmi come il tuo burattino?


    Il tono era perentorio, lo sguardo serio, l’umore scuro

    Non credo sia più un posto sicuro questo, ormai ti sei completamente ristabilito dall’operazione, cos’hai intenzione di fare adesso?
    Te ne andrai?
    Mi lascerai qui da solo?


    Erano domande di cui conoscevo già la risposta, ma speravo vivamente che fosse mutata nel corso di quei giorni.

     
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    Un guerriero non poteva abbattersi, o arrendersi. Quel che lo spingeva sempre in avanti, nonostante le impetuose difficoltà, era la ferrea volontà di farcela. Una specie di massima fiducia nella forza dello spirito; poiché senza un'enorme forza spirituale il guerriero altro non era che soltanto un debole, piccolo uomo. Io, bhe, io non sapevo se ce l'avevo fatta o no. Nemmeno sapevo se fossi sopravissuto a quel susseguirsi di sfortunati eventi che s'invasero - senz'avviso alcuno! - nella mia piccola, mortale vita. Forse, quei mesi durante i quali marcivo nelle stanze buie della prigione, a chissà quanti metri di profondità da quella natura kiriana che tanto mi era cara, lentamente comprendevo i sbagli del passato; un po' più velocemente, però, capivo anche di dover aggiustare la mia strada, di dover aggiustare la mira. Tutto ciò sempre con un unico chiodo in testa: quello di realizzare le mie utopie più profonde, quello di vedere nuovamente il mio villaggio splendere; come mio padre, i suoi padri e i padri dei padri avrebbero desiderato.
    Che avessi trovato un valido alleato in Etsuko lo avevo ormai capito da tempo. Rischiando la sua vita (e forse anche di più), egli sì propose di trapiantarmi indietro gli occhi. E se qualcuno l'avesse saputo? Certamente però capivo che egli mi aveva portato in un luogo sicuro (se davvero a Kiri v'erano ancora il tipo sopracitato di luogo), e forse, da lì, mi avrebbe ridato ciò di cui tanto necessitavo avere il possesso.


    «Va bene. »



    Gli risposi, ascoltando le sue parole - queste ultime forse per discolparsi, forse per alleggerirmi l'animo, chissà? - e annuendo serio liberandolo da ogni colpa possibile che, come un macigno pieno di pesanti pentimenti, poteva ricadere sul suo corpo, o sul suo spirito. Speravo avesse compreso il mio silenzio: vedere era una buona cosa, certo, ma non essere più in possesso di quell'intimo amico che Asmodai da sempre mi era stato, era un qualcosa di tristemente innaturale e inaccettabile. Accettai quindi di essere messo nuovamente sotto i ferri, promettendomi che avrei riportato quell'essere vicino a me, con o senza i suoi poteri.


    «Va bene Etsuko, ti ringrazio. Sottoponimi pure al trapianto. Spero vivamente, però, che si riesca a trovare un modo per ridarmi le capacità del Magan.
    Ah, te ne sono davvero grato per ciò che stai facendo, Etsuko.»



    Poi tacqui. Era arrivato il tempo di ricominciare a vedere, e ricominciando a vedere, di rinascere come una fenice dalle ceneri.
     
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    Non trovai nessuna opposizione, sarebbe stato da folli, gli stavo ridando la vista, la possibilità di usare uno dei sensi fondamentali in battaglia, seppur gli avevo negato uno dei punti di forza, se non l’unico del clan Akuma.
    Il paziente ora era immobile sul piano di metallo, giaceva sotto l’effetto di un potente anestetico, completamente avvolto da un telo bianco, che gli lasciava scoperto sol il volto.
    Accanto su un ripiano vi erano i suoi occhi, presto sarebbero tornati al loro posto, presto il tutto sarebbe stato reso irreversibile. In realtà già le mie azioni erano un oltraggio certo al potere istituito, sebben nessuno potesse provare ad accusarmi in nessun modo. Ero in ogni caso consapevole che i sospetti sarebbero potuti ricadere su di me ma ero un maestro nel sopportare le pressioni altrui, custodendo segretamente i miei fardelli.
    Il bisturi di chakra intagliava i tessuti, squarciava ferite ormai rimarginate. Che arma potente, avrei potuto ammazzarlo in un istante se solo avessi minimamente distorto l’angolatura.
    I bulbi oculari ora erano di nuovo pieni, contenevano l’organo deputato alla vista. Avrebbero dovuto attendere almeno 4 giorni prima d’avere potuto assaporare ancora la luce solare o meglio un leggero barlume.
    “ ma non avevano fretta “
    In ultimo le bende
    Le avvolsi attorno al capo, nascondendo il risultato dell’operazione, al suo risveglio nulla sarebbe cambiato, buio era e buio sarebbe stato, non ancora per molto però.

    -il Risveglio-

    Non sforzarti nel muoverti troppo, sei ancora debole
    Ed è normale non vederci ancora, rimarrai in questa condizione per almeno 4 giorni,
    evita proteste, servirebbero solo ad aumentare la pressione sanguigna e dunque a ritardare la guarigione.
    Alla fine dei 4 giorni ti porterò fuori da qui, per ora, il rischio di infezioni è troppo alto.
    Ti nasconderò nel quartiere Akuma per almeno 1 settimana, è da folli andar a cercare qualcosa lì, quel posto è un labirinto di illusioni.
    Poi dovrai andar via da Kiri, c’è la pena di morte in serbo per te ed io per ora non posso farci nulla, parleremo a tempo debito del modo migliore per abbandonare il villaggio.


     
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    Mentre ero sdraiato sul tavolo, sentivo chiaramente il bisturi muoversi vicino a me. Quel ragazzo, Etsuko, bhe lui ci sapeva fare con il bisturi. D'altronde non c'era di che stupirsi: ogni Akuma era in qualche modo "speciale" rispetto ad ogni suo altro coetaneo. Gli ero grato di avermi ridato la vista: probabilmente, avrei cercato di ripagarlo in qualche maniera una volta che avrei riavuto i miei poteri (o, al massimo, me ne sarei fatto di nuovi). Quando Etsuko mi mise le bende, capii che ormai aveva finito. Certamente, sarebbe dovuto passare del tempo, prima che avrei potuto di nuovo vedere. Beh, più di così non potevo chiedergli.

    «I miei occhi... »



    Mormorai incredulo percependo di nuovo qualcosa, lì nel posto dove v'era il nulla poco prima. Poi ascoltai le sue parole. Pena di Morte? Non mi spaventava. Lasciare Kiri sarebbe stato rischioso. Di sicuro, se avessero scoperto la mia mancanza nella Prigione, avrebbero attivato la massima sicurezza alle Mura; e per illuderle, avevo come minimo bisogno di una falsa identità o del mio Magan.
    Tuttavia, concordai sul dover rimanere ancora sdraiato lì, sperando che non vi fosse pericolo di venir scoperto, da Itai o dal Mizukage, o da chicchessia.


    «Va bene Etsuko, rimarrò qui quanto lo desidererai. Poi, seguirò il tuo consiglio; ma non penso di lasciare subito il villaggio. Ho ancora dei affari qui da svolgere e, magari, potrei intanto fingermi qualcun altro... La Henge, in fondo, fa proprio per me.»



    Sorrisi. Il mio tempo stava venendo.


     
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  7. Fujiko M.
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    Una settimana dopo, prima di alcuni importanti fatti a Palazzo...


    Etsuko aveva consegnato la lettera al Mizukage. Godsan apprese la notizia quando era ancora seduto sul suo letto d'ospedale.

    « Non l'ha prese bene questa storia. » commentò l'ormai ex amministratore di Kiri. « Dici l'abbia incenerita per risentimento o perchè qualcosa gli ha dato fastidio? » domandò al suo amico.

    Tuttavia Etsuko non era dell'umore giusto per una conversazione amichevole. Così gli sembrò dal tono di voce con cui fece certe domande.

    « Non posso dirti cosa c'era scritto. E sinceramente non ti ho mai voluto usare come burattino. Però sei l'unico a cui possa affidare qualcosa senza pentirmene. Dico bene Etsuko? » domandò serio anche Godsan stavolta.

    Quando l'altro fece delle affermazioni Godsan non la prese molto bene. Pareva avesse paura di rimanere da solo. Che quella frase nascondesse altre considerazioni di cui non aveva notizia? Ricordava di come gli avesse fatto certe confidenze in passato in merito a Kiri ma sperava ci avesse ripensato nonostante, conoscendolo, forse non era andata proprio così.

    « Sì, me ne andrò fuori Kiri per ristabilirmi in primis. E poi per capire con occhio esterno ai villaggi e alla stessa accademia cosa sta succedendo nel continente. Lo voci che giungono in amministrazione non sono le migliori e finora le abbiamo sempre accettate senza conseguenza. Credo svolgerò il mio compito da ninja fuori dal villaggio, intervenendo per il bene di Kiri se fosse necessario. »

    Confermò così all'altro le proprie intenzioni. Sospirò « Ti lascio qui Etsuko. Non me ne volere ma sarebbe opportuno tu vegliassi al posto mio al fianco di Shiltar per quanto potrai. »

    Lo guardò inconsapevolmente, incurante che l'altro potesse notare o l'una o l'altra espressione rammaricata nelle pieghe del suo volto.

    « Però ci rivedremo. Come è sempre stato. E se per quando verrà nominato il nuovo o la nuova amministratrice tu non avrai niente da fare per il Mizukage...beh... » gli sorrise « ...spero ci rivedremo presto fuori dalle mura di Kiri perchè ovunque sarà ti accoglierò a braccia aperte! »

    Quella era la promessa di Godsan per Etsuko. E come sempre Godsan si ripromise quella cosa anche mentalmente. Perchè lui prometteva e s'imponeva di riuscire nell'impresa.

    « Etsuko...vediamo se questo mio nuovo aspetto funziona. Vediamoci alle mura non appena sarà il tuo turno di guardia. Uscirò da dove sono entrato. »

    Gli avvenimenti successivi non erano altamente prevedibile e quanto Godsan avrebbe varcato le mura di Kiri per recarsi al porto ancora ignorava come quanto all'interno del villaggio stesse cambiando.




    Prossimo post alle mura non appena sarai pronto
     
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    Che vuoi che ne sappia… sai meglio di me che Shiltar non è l’emblema della espressività, pareva impassibile, come a dire, messaggio recepito, ma ovviamente agisco di testa mia…

    Ero tremendamente nervoso, l’accavallarsi di eventi, Fujiko, Senji, Itai e Shiltar quanto avrei potuto ancora sostenere quel castello di menzogne?
    Avrei voluto dirgli tutto, non potevo avercela con lui… era il mio migliore amico, un’amicizia basata sulla fiducia reciproca e costruita e rinsaldata nel tempo.
    Ma non era il momento ne il caso, era debole e aveva preso la sua decisione, non potevo coinvolgerlo oltre.

    Godsan…

    Non avevo più usato quel nome dopo l’intervento e non l’avrei forse mai più usato, ma adesso sentivo la necessità di qualcosa che mi suonasse famigliare.

    Dici Bene…

    Tentennai su quella risposta e non me ne preoccupai… l’avrebbe confusa quella reazione, mi ero mostrato nervoso e lo ero…
    Volevo spiegargli ogni cosa, volevo dirgli di Senji, ma non lo feci e continuai ad ascoltarlo.
    Gli occhi mi divennero lucidi alle parole che pronunciò in seguito.

    Grazie Godsan
    Ci rivedremo, ci rivedremo presto.


    Quanto il mizukage si sarebbe ancora fidato di lui?
    Bah, penso che avrebbe perso completamente fiducia in me e come dargli torto, anche se in cuor mio sapevo bene che avrei dato la vita per proteggerlo, haimè le cose erano andate così e ormai non potevo farci niente se non affrontare le conseguenze con onore.

    Molto bene, il mio turno di guardia è domani nel pomeriggio…
    Ci rivedremo lì per le 19.00
    Al tramonto


    Ritenni che il calare del sole avrebbe segnato metaforicamente in modo corretto l’epilogo di quella triste faccenda.
    Girai le spalle e lo lasciai solo con se stesso.
    In verità fu lui a lasciarmi solo per sempre.


     
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