Lo Strano Universo

Corso Chunin

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    Forse avrebbe dovuto evitare quella domanda... forse perchè la risposta la conosceva.

    Jotaro morto, Jotaro morto, Jotaro morto Jotaro morto


    Gli ronzava solamente quel pensiero in testa, gli aveva dato appuntamento fra un mese, ed ora, una volta scaduto il tempo, stava li, in piedi come un idiota con il braccio irrigidito e un foglietto tra indice e pollice.
    Un foglietto.
    Conteneva la lista degli equipaggiamenti utili, gli equipaggiamenti che avrebbe dovuto richiedere a Jotaro, le dita lentamente sbiancarono mentre si flettevano a causa della loro stessa forza stringendo sempre più quel foglietto, quel foglietto.
    La mano andando a coprire la bocca sfiorò le bende sotto alle quali stava l’enorme sfregio lasciato dal suo mentore.
    Come ricordava Jotaro?
    Come ricordava due facce il suo creatore?
    Tre parole, tra le mille inutili che gli vagavano per la testa, si fermarono distanziandosi dal vortice.
    Violenza, dolore e resurrezione.
    Violenza, ancora ne aveva un orribile segno.
    Dolore, da tempo scomparso.
    Resurrezione...resurrezione.
    Era li in piedi grazie a violenza e dolore, la testa ciondolò qualche istante: vuota.
    Era li in piedi a stringere quel foglio grazie ad un uomo che era svanito senza il minimo preavviso.
    Era li in piedi a sottolineare un debito che mai potrà saldare, era in piedi senza saperne il motivo.
    I capelli ricadendo sul viso creavano una tenue ombra che contrastava contro la luce che gli tagliava il corpo illuminando l’intero braccio destro ormai completamente teso e cosparso di nette ombre.
    Lentamente il viso accolse la luce mentre il petto del konohaniano si gonfiava schiuse gli occhi, non aveva ne lacrime ne tristezza da nascondere, ciò che si riusciva a vedere era solamente una fitta coltre di pensieri, se avesse avuto dell’altro molto probabilmente una pedata sul viso lo avrebbe calciato nuovamente dentro.
    Ma no, quel tizio non era Jotaro.
    Cosa gli era rimasto dell’unica persona a cui poteva dare il nome di maestro?
    Poco.
    Non un ricordo, un qualcosa su cui voltarsi e ricordare, un appiglio, nulla.
    Un nome che ora identificava un’altra persona, ecco cosa restava di Jotaro.
    Cosa avrebbe fatto di quel nome, di quella divisa, di quel compito?
    Non ne sapeva nulla, alla fine aveva fatto ciò che un mentore non poteva fare, e ora era morto senza una punizione.
    Cosa avrebbe dovuto fare Raizen? Era stato scaraventato in quel ruolo senza una spiegazione, sapeva solo il significato e i diritti che il suo nuovo nome gli dava, null’altro.
    Però...a ben pensarci gli rimaneva un’altra cosa, delle parole, degli ideali a cui in un primo momento non aveva prestato la giusta attenzione “l’equilibrio donato dal caos”.
    Le dita lentamente allentarono la presa e il braccio si mosse verso la tasca riponendovi il foglietto.
    Aveva l’angolo di un infinito foglio tra le mani, e un infinito foglio ridotto a brandelli da ricomporre, per scoprire chi era Jotaro e sapere di lui.
    Cosa ne avrebbe fatto di quelle parole ancora ben impresse nella sua memoria ancora non lo sapeva, ma forse aveva davanti a se parecchi di quei brandegli che gli sarebbero tornati utili.
    Strinse la strana falce tra le mani e la osservò con cura, era irrequieta pregna dell’irascibilità che contraddistingueva Jotaro.
    Lentamente, come se stesse compiendo un rito, la assicurò alla schiena, respirava lentamente, si poteva chiaramente udire il fiato, lievemente pesante e rauco scorrergli dentro e alleggerirlo lentamente, dopotutto, perché soffrire per un calcio sul muso?
    Accennò un sorriso.

    Secondo te ti lascio vendere una cosa simile?
    Il mio nome è Raizen comunque, avrai bisogno di chiamarmi prima o poi.


    Qualcosa dentro di lui fu disturbata da quel improvviso cambio di umore che quella presentazione fece esternare, patetico, non era mai stato solare lui, veramente patetico.
    Era, fra tutti gli shinobi appena giunti quello più vicino al sensei, fece un altro passo per avvicinarsi ulteriormente in modo che solo lui potesse sentirlo.

    Procurati un ritaglio di tempo, vorrei parlarti “Jotaro è morto” non basta.

    Ovviamente quel ninja sapeva qualcosa in più di lui se non tutto! Lui, la persona che era stata forse più a contatto con Jotaro prima della sua morte non sapeva nulla, mentre quel ninja sconosciuto sapeva anche della sua morte notizia che, agli ultimi aggiornamenti di Raizen, non era giunta nemmeno ad Oto.
    Mentre si allontanava un soffio dentro alla testa riuscì a fuggire dalla bocca.

    Per favore.

    Non era da lui, ma dopotutto ora non aveva a che fare con Jotaro, forse per questo giro avrebbe rinfoderato gli spiedi.

    Comunque, forse prima o poi avrò bisogno di chiamarti, mi interesserebbe il tuo nome.

    Guardò il suo nuovo maestro negli occhi mentre arretrava di un passo, per lasciarlo rovistare e stendere un rotolo al suolo.
    Lo stile era quello di Jotaro: un rotolo, un pasticcio e tanta fantasia, si avvicinò per prendere un sacchetto e una borraccia, il tiro gli andò bene, carne e vino rosso. Pareva, dall’aspetto, che il konohaniano buttasse in corpo ogni cosa, era in parte vero, ma aveva una lingua eccellente quando si trattava di mettersi a tavola, un sacchetto non era la miglior cosa per la carne, ma la borraccia per il vino era eccellente, e quest ultimo certamente non era di Suna, in quel mucchio di sabbia era impossibile procurarsi del vino.

    [Dopo il pasto]

    Il classico discorso di inizio corso, deve essere tra gli obiettivi di un sensei farlo.

    Sapeva a menadito di cosa Brando stesse parlando, e una volta pronunciata l’ultima parola non si mosse minimamente, rimase seduto ad osservare il mare come aveva fatto da quando aveva posto l’ultima domanda al sunese, taciturno come sempre.
    Vide giungere dal placido ma brumoso mare un galeone, era rabberciato qua e la per ricoprire ben più di un utilizzo, il suo nome però certamente teneva sempre ben evidente lo scopo per cui era stata creata.
    Per nulla invitante.

    Chissà se il sunese è diverso da Jotaro, forse ha ascoltato la mia richiesta.
    O forse è solo un caso.


    Si ritrovò in cabina con Brando, lo lasciò passare avanti per poi sistemarsi nella branda rimasta libera.

    Dimmi di Jotaro, Brando.

    Il “per favore” era sottointeso dal tono in cui venne fatta la richiesta, un po’ atono, ma lievemente cortese, non ci si poteva aspettare troppo da Raizen.

    E se vuoi dimmi di te e del perché tu sai e io no, non sarò tra i più svegli in questo mondo, ma se tu sai della sua morte che a quanto ho capito era assai discreta saprai dirmi anche perché mi ha piantato come un coglione e perché mi ha fatto questi doni, perchè Jotaro aveva queste due facce.

    Aspettò la risposta cupo mentre contava i nodi del basso soffitto della cabina.
    Il pensiero si spostò qualche secondo sui suoi compagni di corso, doveva collaborarci.

    Bah, non che mi sembrino interessanti o degni di nota, ma è anche vero che un libro non si giudica dalla copertina, vedrò se questa pallosa copertina nasconde qualche colpo di scena.

    Quello sfregio dopotutto aiutava, metteva a contatto la sua interiorità col mondo esterno, in più di un senso.
     
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