Corso Genin Classe R

Regione: [E 11] Sensei: Raizen

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Alastor
        Like  
     
    .

    User deleted


    b u c o l i c a » Chapter I
    The Beauty, The Beast, And The Guy In The Middle



    Terminata la mia presentazione, ricevetti un cenno di saluto da parte dei due ragazzi, ed in particolare quello di Shizuka fu caratterizzato da taciturna eleganza. Di certo non era a corto di buone maniere. Vi furono alcuni istanti di silenzio, era evidente che tutti stessimo attendendo le disposizioni di Raizen, il quale nel frattempo era sceso dalla staccionata e si era riportato in posizione eretta. Era davvero alto come mi era sembrato a prima vista, anzi, di più. Io e Kuroro, che approssimativamente eravamo di uguale statura e probabilmente nessuno sarebbe arrivato a definirci bassi, raggiungevamo appena l'altezza delle sue spalle. In quanto al peso, non doveva essere proprio il doppio del mio, ma poco ci mancava. Non lo invidiavo affatto. Certo, essere di una simile taglia era senz'altro utile per intimidire gli altri, per svolgere lavori di fatica, o per afferrare oggetti su uno scaffale particolarmente alto, ma a mio avviso portava anche parecchi svantaggi, specialmente in un mestiere dove più si passava inosservati e meglio era. Il ragazzo, che tutto sommato non doveva essere molto più vecchio di me, si avvicinò agli studenti.
    Senza il minimo preavviso o apparente motivo, mise mano allo tsuka della sua spada e, con un unico gesto fluido, la sguainò facendole effettuare un movimento orizzontale, parallelo al suolo. Il tutto ad una velocità considerevole, ben superiore alla mia, ma che tuttavia riuscii bene a seguire con lo sguardo, anche perché la mia attenzione era dall'inizio rivolta alle sue azioni. Probabilmente gli studenti nemmeno l'avrebbero visto arrivare. Un colpo di taglio diretto al collo di Kuroro. Istintivamente la mia mano destra cercò l'elsa della mia di spada, ma senza estrarre, gesto che il sensei non avrebbe notato poiché in quel momento mi trovavo fuori dal suo campo visivo. Per un breve istante pensai al peggio. Pensai che, dopotutto, si trattasse davvero di una trappola ai danni di pochi e insulsi ninja di Konoha, e che quel gigante non fosse affatto un sensei, bensì il carnefice. Ma chi si sarebbe preso la briga di organizzare un tranello del genere per uccidere due studenti ed un genin? Davvero uno spreco di risorse e tempo. Fatto sta che non ebbi il tempo materiale per ipotizzare una risposta, poiché la lama di Raizen si arrestò a pochi millimetri dal collo del ragazzo, risparmiandolo da decapitazione certa. Una finta.

    CITAZIONE
    TU!

    Hai bisogno di una pettinata.

    Espirai lentamente dalle narici, mollando la presa dall'impugnatura della mia arma. Falso allarme. Si era trattato, a quanto sembrava, di uno scherzo. Privo di alcun senso e gusto, ma uno scherzo, come evidenziato dalle parole dell'assalitore. Parole, anche quelle, prive di senso. I capelli di Kuroro non avevano nulla che non andasse. Essendo essi di media lunghezza, probabilmente il ragazzo aveva deciso di tenerli tirati all'indietro così che non lo infastidissero o ne disturbassero la visuale. Nulla di trascendentale, insomma, una pettinatura normalissima. Probabilmente si trattava di un fragile pretesto per spaventare i due cadetti, e al tempo stesso dimostrare loro che avrebbe potuto ucciderli in qualsiasi istante senza che nemmeno avessero modo di accorgersene. Non ero bene in grado di stabilire lo scopo di tale atto. Forse aveva voluto sbatter loro in faccia nella maniera più diretta la sua superiorità fisica, intimandogli implicitamente rispetto e obbedienza incondizionata, oppure voleva constatare di prima mano come avrebbero reagito ad una aggressione inaspettata. O ancora, possibilità da non escludere basandomi sulle sensazioni che mi aveva dato fino a quel momento, l'aveva fatto per puro diletto, per farsi due risate alle nostre spalle.
    Non amavo particolarmente la politica del terrore quando si trattava di insegnamento, anche perché solitamente si rivelava efficacie solo con i ragazzini arroganti e con le teste di marmo che comprendevano solo la verga. Per il resto, risultava abbastanza inutile o controproducente, riducendo il tutto ad un omone che faceva la voce grossa e si pavoneggiava con dei ragazzi che nemmeno lontanamente potevano tenergli testa. Ad ogni modo lui era il sensei, ed io la sua spalla. Non avevo alcun diritto o autorità di dirgli come svolgere il suo lavoro, e francamente nemmeno valeva la pena di arrovellarsi più di tanto. Che facesse come gli sembrava più opportuno, dopotutto le responsabilità erano sue. Il massimo che avrei potuto fare sarebbe stato tentare di porgli un freno qualora avesse oltrepassato i limiti della decenza, non prima. Sembrava proprio il tipo di persona con cui è impossibile ragionare, quindi contrastarlo sarebbe stato non solo infruttuoso ma anche dannoso per me e di riflesso per l'intero corso. Oltretutto, ripeto, non ne valeva la pena.
    A quel punto Raizen volse l'attenzione alla ragazza la quale, me ne accorsi in quel momento, era sbiancata, comprensibilmente spaventata dal repentino attacco ai danni del fratello, il quale, invece, sembrava non essersi scomposto. Davvero notevole, aveva mostrato un sangue freddo non da tutti, ma anche piuttosto innaturale. Di fronte ad uno scenario di morte improvvisa, l'istinto di sopravvivenza che era saldamente radicato in ogni essere vivente ci imponeva una reazione difensiva volta all'autoconservazione, questo ancor prima che la ragione riuscisse ad analizzare la situazione in maniera distaccata. Non sapevo se tale sicurezza fosse dovuta alla fiducia che nutriva nella figura del sensei, alquanto irragionevole a mio dire essendo diretta ad un individuo che aveva appena incontrato per la prima volta, del quale non sapeva nulla e il cui comportamento non ispirava affatto fiducia. Quell'uomo poteva essere chiunque, poteva essere un impostore e non c'era modo di verificare il contrario, non conveniva fidarsi sulla parola. Altra spiegazione possibile era che Kuroro non temesse la morte, per ragioni che nemmeno mi andava di supporre.
    Stavolta il sensei si concentrò sulle particolari calzature di Shizuka, prendendo a picchiettarle con il piatto della sua spada. Adesso che la situazione era tornata piuttosto tranquilla, ebbi modo di osservare con maggior attenzione quella singolare arma. Data la sua lunghezza spropositata poteva definirsi una nodachi, ovvero una spada ben più grande di una katana che generalmente si impugnava a due mani. Sebbene non ne avessi una visuale proprio ottimale, potevo arrivare a dire che essa fosse lunga quasi quanto me. Dimensioni assurde insomma, come quelle del suo proprietario del resto, al quale andava comunque riconosciuto il merito di riuscire a brandire con sicurezza un'arma del genere, cosa che non sarebbe riuscita a chiunque. Era interamente nera, sia la lama che lo tsuba che lo tsuka, affusolata e tagliente nel suo design asciutto ma elegante. Davvero uno strumento pregevole, non c'era che dire, e dall'aria altrettanto letale. Raizen cominciò a criticare la scelta della ragazza di presentarsi a quella che era una pseudo missione ninja con dei geta, illustrandole sistematicamente le ragioni per cui tale calzatura era inadatta alla circostanza. Non aveva affatto torto. Valutare l'adeguatezza dei propri indumenti, per quanto questi potessero apparire fattori insignificanti e puramente estetici, non era affatto un aspetto da sottovalutare. Come stava spiegando il sensei, per un ninja era importante indossare scarpe comode e che gli consentissero di svolgere attività fisica, compreso lo stesso combattimento, con la massima sicurezza e stabilità, senza il rischio di restare scalzi o peggio di inciampare o subire distorsioni alle caviglie per colpa di piedi malfermi all'interno della struttura. Inoltre degli zoccoli di legno producevano molto rumore quando si camminava, mentre una scarpa con la suola in gomma permetteva spostamenti più silenziosi, e tutti sappiamo quanto la discrezione e la segretezza sia importante per chi svolge questo mestiere. In quel mondo non vi era spazio per futili frivolezze, e l'eleganza era legittima solo laddove coniugata con la funzionalità.
    Al termine della sua considerazione, Raizen rinfoderò la nodachi e consigliò alla ragazza di chiedere in prestito un paio di scarpe più consone all'uomo che viveva nella casa alle nostre spalle, ma comunque lasciò a lei libera scelta in proposito. Tuttavia la ragazza parve non prendere molto bene tali critiche. Per tutto il tempo del monologo del sensei, aveva fissato ad occhi sgranati i suoi geta venir ripetutamente toccati dalla nera lama dell'altro. Sembrava per lei quasi un affronto personale, come se la stessero schiaffeggiando. Forse era particolarmente affezionata a quei calzari, magari per ragioni affettive. Un sentimento che uno come me non poteva condividere. Ad ogni modo la ragazza replicò al sensei mostrando inizialmente un sorriso smagliante, ma era chiaro dal suo tono a tratti ironico che le sue parole non esprimevano allegria.

    CITAZIONE
    « Vi prego di perdonarmi, Sensei »
    « Purtroppo provengo da una tradizione tutt'altro che animalesca, e mi rendo conto che le mie calzature abbiano potuto stimolare la vostra apprensione »

    « …Ma non temete Sensei, sono una tipa sveglia e vedrete che non avrò problemi ad imparare con rapidità! »

    Dopodiché si sfilò i geta e si chinò a raccoglierli, restando a piedi nudi. Afferrò con una mano il mantello nero del gigante e lo strattonò a sé in modo che la testa di lui scendesse al livello della sua, ovvero quasi mezzo metro più in basso. A quel punto, Shizuka prese a sussurrargli qualcosa all'orecchio, qualcosa che non riuscii ad udire dalla mia posizione arretrata. Decisi di avvicinarmi di qualche passo al punto in cui i tre individui stavano interagendo fra loro, fermandomi a circa tre metri di distanza dal sensei, alla sua destra, dove avevo una ottima visuale di tutti loro e potevo udire meglio le loro parole.
    Temevo proprio che la ragazza avesse avuto una reazione fuori luogo. Nonostante fosse ormai appurato che i modi di Raizen non fossero il massimo della simpatia e della raffinatezza, in quella circostanza aveva tutte le ragioni del mondo ad aver voluto fare quel tipo di osservazioni. Non era stato un attacco personale indirizzato alla ragazza, eppure mi sembrava che come tale fosse stato recepito. Non sarebbe stato nemmeno necessario scusarsi per la sua leggerezza, bensì sarebbe bastato, una volta elaborate le parole del sensei e classificatele come degne di ascolto, andare nella casetta lì vicino a chiedere calzature più consone al frangente. Senza aggiungere altro, senza dare dimostrazione a tutti i costi del proprio spirito indipendente, o fare commenti sprezzanti che qualcuno avrebbe potuto interpretare come la supponenza propria di molte famiglie nobili. In fin dei conti non mi aveva dato l'impressione di essere una sciocca. La cosa peggiore, però, era che quella sua reazione avrebbe spianato la strada al sensei per un'altra delle sue uscite infelici. Ne ebbi la certezza quando, guardandolo in faccia, vidi un ghigno da psicopatico dipingersi sul suo volto. Non avrebbe perso una occasione del genere, che gli era stata così opportunamente servita su di un piatto d'argento.
    Quando Shizuka terminò di parlare, Raizen le agguantò la mano con la quale si era attaccata al mantello, mentre con la destra afferrò l'obi del kimono della giovane, sollevandola letteralmente di peso. Non era esattamente un bello spettacolo quello a cui stavo assistendo, ma la ragazza adesso avrebbe dovuto affrontare le conseguenze della sua sfrontatezza. Non che avesse detto chissà cosa, intendiamoci, ma bisognava anche imparare a capire quando ci si poteva permettere di dire certe cose e soprattutto con chi. Capire l'indole di colui con il quale si aveva a che fare e agire di conseguenza era per me segno di grande intelligenza e adattabilità. Probabilmente la ragazza avrebbe imparato la lezione e avrebbe riflettuto meglio prima di parlare dopo aver sperimentato sulla sua pelle cosa implicava sgarrare con la persona sbagliata. Ciò non toglieva, ovviamente, che continuassi a non amare i mezzi di cui si serviva il sensei per farsi ascoltare.
    Dopo che quest'ultimo ebbe sollevato da terra la ragazza con estrema facilità, portò il suo viso alla medesima altezza del proprio. L'espressione di Shizuka mostrava apertamente disagio, per non dire paura rispetto a quella che poteva definirsi una volgare manifestazione di forza. L'uomo puntò i suoi grigi occhi sul volto di lei e prese a parlarle con tono aggressivo ed intimidatorio, incalzante. Le disse chiaramente di non cullarsi troppo nel suo essere donna poiché lui non faceva distinzioni di sesso o ceto sociale, e le disse che il suo caratterino non era necessariamente un difetto, ma al suo attuale livello di esperienza la esponeva unicamente a dei rischi. Le sbatté in faccia che se avesse voluto avrebbe potuto ucciderla e farla a pezzi in quel bosco e passarla liscia, senza che nessuno lo venisse mai a sapere. Infine, mentre lentamente la rimetteva a terra, ed anche il suo tono di voce calava di intensità e veemenza, le disse che durante il corso le avrebbe insegnato a conoscere i suoi limiti, a controllare le sue paure e a dar fiato alla bocca solo quando opportuno.
    Nonostante la brutalità dei modi, il succo del suo discorso era senz'altro condivisibile e gli insegnamenti che voleva impartire alla giovane assolutamente giusti ed utili, se non vitali. Anche la ragazza parve rendersene conto e, dopo essere riuscita a scacciare il timore e a riacquistare serenità, si esibì in un profondo inchino scusandosi formalmente. Bene, almeno quello sgradevole e seccante intermezzo era giunto al termine e finalmente si sarebbe passati a cose più interessanti, come ad esempio organizzarci per la missione.
    Ecco perché non ero una persona ottimista. Perché le poche volte che lo ero, la vita mai mancava di smentirmi. Il tedioso scambio di battute tra sensei e allieva non era ancora giunto al termine. Infatti, mentre la ragazza era ancora immobile come una statua nel suo gesto di inchino, il sensei le avvicinò la bocca all'orecchio e bisbigliò qualcosa. Ancora una volta, sebbene fossi molto vicino al trio, non riuscii bene ad intendere cosa disse, sapevo solo che si trattava dei vestiti della kunoichi. E doveva trattarsi di qualcosa che aveva messo in forte imbarazzo Shizuka, poiché assunse un'espressione allibita e il suo candido volto divenne pesantemente paonazzo. Il sensei sorrideva maligno.
    Le aveva forse fatto degli apprezzamenti un po' troppo espliciti? Essendo la questione legata agli indumenti della ragazza, ed essendosi lei in un certo senso spogliata dei suoi calzari, e considerando l'inequivocabile reazione alle parole che non avevo potuto udire, ero quasi certo di aver ragione. Davvero splendido. Proprio quando si riusciva ad intravedere un barlume di coscienza e sensatezza nelle parole di Raizen, subito si affrettava a tornare sul suo tenore balordo ed irritante, quasi non reggesse allo stress di dire troppe cose intelligenti di fila, una dietro l'altra. Un sensei che faceva il cascamorto con un'allieva era giusto la ciliegina sulla torta, il degno completamento di un quadro che qualcuno sembrava aver burlescamente voluto dipingere con i piedi. Sebbene fosse vero che di solito, come si usa dire, can che abbaia non morde, speravo almeno che avesse la decenza di non fare nulla di indecoroso.
    La ragazza ovviamente fu tutt'altro che lusingata dalle parole del ragazzo dalla chioma argentea e, ripresasi dallo sbigottimento iniziale, gli afferrò la mano che le aveva retto l'obi fino a pochi istanti prima e guardandolo negli occhi gli parlò con estrema serietà. Gli disse che rinnovava le scuse per il suo comportamento immaturo in quanto kunoichi, ma che non si sarebbe scusata per aver ribattuto ai modi discutibili dell'uomo. Poi si avvicinò ulteriormente al suo interlocutore e lo guardò torvo.

    CITAZIONE
    Inoltre lasciatelo dire... »
    « ...non sbilanciarti troppo. Per quanto ti puoi impegnare, credimi: Non hai speranze »

    Stavolta avevo sentito bene le parole della ragazza, ed esse fugarono qualsiasi ulteriore dubbio sulla mia precedente ipotesi.
    Dopodiché, finalmente, la ragazza si allontanò da noi e dopo aver bussato alla porta sparì all'interno della casa. A quel punto il sensei riprese a parlare, rivolgendosi particolarmente a Kuroro, l'unico allievo rimasto presente. Il suo discorso verteva sue due argomenti principali. Uno era espressamente indirizzato allo studente, e voleva infondere allo stesso il concetto di non limitarsi ad obbedire agli ordini dei superiori e del villaggio pedissequamente, bensì di imparare a ragionare con la propria testa e sviluppare senso critico anche nei confronti dei propri commilitoni.
    Effettivamente la visione del ninja era suonata anche a me come quella di un fedele soldato pronto a dare la vita al minimo cenno del proprio Kage, riponendo in esso massima ed incondizionata fiducia. Probabilmente si trattava dell'ennesimo patriottico e squadrato servo del villaggio, che metteva il proprio onore prima di ogni altra cosa, anche della sua stessa vita. Un'ideologia che non potevo condividere, ma dovevo rispettare. Apprezzai ciò che disse il sensei, erano indubbiamente concetti molto preziosi e sui quali il ragazzo avrebbe fatto bene a riflettere attentamente. Coincidentemente, a livello di contenuto, erano gli stessi principi che il sensei del mio corso Genin, l'Amministratore di Suna Tatsumaru Azuma, aveva cercato di inculcarci sin da subito. Non che io ne avessi bisogno, ovviamente, dato che già avevo le idee ben chiare in proposito. Ad ogni modo, Kuroro ringraziò il sensei per i consigli elargitigli, assicurandogli che li avrebbe presi in seria considerazione.
    L'altro argomento riguardava le considerazioni che gli studenti avevano fatto riguardo la loro idea personale di ninja. Raizen le commentò dicendo che prese singolarmente esse erano errate, mentre riteneva che fossero complementari fra loro. Ovvero che un ninja fosse costituito sia dalla componente umana che da quella più oscura, spietata, che lui chiamava "ombra". Comprendevo ciò che intendesse dire, ma per come aveva formulato ciò che era il suo punto di vista, non mi trovavo d'accordo. Da come parlava lui, sembrava che "umanità" fosse sinonimo di bontà, carità, amore e in generale buoni sentimenti, rappresentando ciò che ci rendeva capaci di atti spietati o spregevoli come frutto delle nostre ombre, come si trattasse di un'entità aliena al nostro essere. Non ero d'accordo. Semplicemente, l'essere umano era un essere abbastanza complesso da rendersi protagonista di atti e sentimenti illimitati e complessi, anche diametralmente opposti in natura. Essere malvagi, spietati, arrecare danno ai propri simili, faceva parte dell'umanità tanto quanto essere gentili, generosi ed aiutare il proprio prossimo. Non vi era nessuna distinzione netta da fare, non era il caso di tracciare una riga e mettere da un lato le cose belle e dall'altro quelle brutte. Non era con bambini che si stava conversando. Oltretutto la duplice valenza della nostra natura non era prerogativa esclusiva degli shinobi, ma concerneva tutti gli uomini, sebbene i primi fossero maggiormente esposti a dilemmi di tipo etico e comportamentale, e le loro azioni avessero una gran risonanza nel mondo a causa del loro potere. Quando ebbe terminato di rivolgersi a Kuroro, il sensei si voltò verso di me ed indicando il coprifronte che portavo legato alla spalla sinistra, disse.

    CITAZIONE
    Ah, si, ho anche un piccolo consiglio per te.

    È l’orgoglio di ogni abitante di konoha, vedi di non farti ribeccare senza dal sottoscritto.
    Una morte con quello indosso è infinitamente migliore di una morte da codardo che cerca di nascondere la sua natura.
    Hai scelto un percorso, portalo avanti sino in fondo, sta tranquillo che chi vuole farti la pelle non guarda se hai o meno quel pezzo di metallo indosso.

    Mentre mi parlava ricambiai il suo sguardo, e quando ebbe finito di esporre il suo consiglio, o critica, o qualsiasi cosa fosse, restai in silenzio, facendogli comunque intendere che avevo capito. Non gli risposi, non ne avevo la minima intenzione.
    Si trattava di ideologie diverse che si basavano su preconcetti diversi, discuterne non avrebbe approdato a nulla, specialmente con un soggetto simile. Oltretutto non ritenevo di dover rendere conto a lui di una questione simile. Personalmente, il coprifronte in dotazione ai ninja accademici era qualcosa che non avevo mai compreso fino in fondo. Era come dare un distintivo da indossare in bella vista ad un agente segreto, il cui compito era spesso quello di operare in estrema segretezza o sotto copertura. Era un controsenso. Comprendevo e apprezzavo l'utilità del coprifronte come documento di riconoscimento all'interno dei villaggi, permettendo a chiunque di distinguere a colpo d'occhio i ninja dai civili. Ma una volta usciti dalle mura più o meno sicure della propria patria, indossarlo portava più fastidi che altro. Indossarlo poteva portare ad essere localizzati e attaccati da ninja traditori che covavano risentimento nei confronti dei membri del proprio ex villaggio o dell'Accademia, si poteva essere braccati da cacciatori di taglie, o semplicemente fornire un'informazione che sarebbe stato più conveniente tenere per sé. Oltretutto celare la propria natura avrebbe potuto concedere in diverse occasioni un certo vantaggio strategico, giocando sul fattore sorpresa. D'altro canto, sbandierare la propria identità non portava nessun beneficio, ma potenzialmente solo guai. Se per tali mie idee dovevo essere ritenuto un codardo dagli altri, poco male.
    E nemmeno mi interessava la cosiddetta morte onorevole, con la bara portata in trionfo e relativo funerale di stato. La morte era morte, era uguale per tutti. Non ce n'era una bella e una brutta, una migliore e una peggiore. Era sempre orrenda, ed evitarla era sempre l'opzione migliore per l'individuo. Per quanto mi riguardava, da morto avrebbero anche potuto gettare il mio cadavere in un cassonetto, non mi interessava.
    A quel punto, Raizen disse che si poteva passare ad altro, a meno che io non avessi qualcosa da aggiungere sulle cose dette fino a quel momento. Anche se avrei potuto evitare, decisi di farlo. Dopotutto a degli studenti avrebbe fatto comodo collezionare il maggior numero possibile di punti di vista diversi, per formarsi una propria opinione che poggiasse su basi solide ed estese. Fronteggiai Kuroro, l'unico studente presente, e cominciai a parlargli con espressività atona e scrutando un punto imprecisato un paio di metri sopra la sua testa, tra i frondosi rami degli alberi.


    «Il ninja è quell'individuo addestrato nella disciplina militare ed esperto in svariati campi affini, tra cui principalmente l'arte del combattimento, dello spionaggio e della gestione e utilizzo dell'energia interiore detta chakra.
    Egli è un fedele servitore del proprio villaggio e del proprio Kage.
    Agirà sempre e solo nel loro interesse, prefiggendosi come obiettivo primario la loro difesa.
    Darà volentieri la vita per la salvaguardia della propria comunità e del proprio capovillaggio.»

    Presi fiato qualche istante. Tale enunciazione era stata proferita tutta d'un fiato, senza pause rilevanti, senza darvi particolare spessore.
    Posi finalmente lo sguardo sul giovane e ripresi. Il mio tono era tornato quello di sempre, composto e serio.

    «Questa, pur esposta sinteticamente, è una definizione di ninja da libro di testo.
    Nel mondo reale tuttavia non troverai molti soggetti che vi aderiscano, che antepongano davvero il benessere del proprio villaggio alla propria vita.
    Questo perché la carriera ninja non sempre viene intrapresa come vocazione, ma è spesso un mezzo per uscire dalla povertà, per girare il mondo, per fare carriera o semplicemente per acquistare potere.

    Non esistono definizioni di ninja corrette od errate, ma solo personali.
    Il mio parere è che un ninja sia una persona comune con predisposizione naturale, forgiata dalle asprezze della vita e da brutali regimi di allenamento.
    La nostra umanità non ci consente di essere diversi dalla gente comune, né di essere immuni ai sentimenti.
    Siamo capaci sia di bontà che di crudeltà, come tutti, ma le nostre azioni godono di un enorme clamore per via dei potenti strumenti di cui disponiamo, che ci rendono fautori di atti meravigliosi e terrificanti.»

    Terminai così il mio parlare, confidando che il mio intervento fosse stato di qualche utilità. Subito dopo, vidi Shizuka emergere dalla casetta con dei sandali rossi ai piedi. A quel punto fummo pronti per metterci in marcia.
    Il sensei accennò al fatto che la missione consistesse nel trovare un gregge di pecore scomparso. Avevo previsto che si sarebbe trattato di una missione di semplicità estrema, almeno sulla carta, trattandosi di una prova per studenti, e quella effettivamente si sarebbe potuto classificarla come una missione di rango E. Tuttavia non mi dispiaceva affatto come compito, nonostante l'apparente mancanza di alcun elemento di difficoltà o di mistero. Adoravo stare all'aperto e trattare con gli animali, quindi sarebbe stato tutto sommato una mansione da svolgere con tranquillità e serenità.
    Raizen aggiunse però che, trattandosi sostanzialmente di un corso Genin, gli studenti avrebbero dovuto anche dimostrare le loro conoscenze teoriche sugli argomenti cardine che sarebbero stati oggetto d'esame, e a me sarebbe spettato il compito di risolvere eventuali dubbi ed ampliare. Prevedibile. Sapevo che avrebbe affibbiato a me la parte più noiosa dell'incarico, ma ovviamente non potevo tirarmi indietro.
    Fu Shizuka a cominciare, esponendo gli argomenti richiesti dal sensei in forma abbastanza sintetica ma dimostrando discreta padronanza. Era evidente che si fosse già data da fare studiando per conto suo, oppure che avesse ricevuto una adeguata istruzione. Qualche istante dopo che ebbe terminato la sua trattazione, la udii chiamare il mio nome. Volsi il capo per guardarla, accorgendomi che anche lei faceva lo stesso con me, ed un sorriso colmo di dolcezza si palesò sul suo viso.

    CITAZIONE
    « So cosa sono le otto porte del Chakra... almeno credo. Ma non ne sono dopotutto molto sicura, quindi preferisco astenermi dal dire idiozie che mi costerebbero care »
    « Mi affido a te per un eventuale delucidazione, ti dispiace? »

    Continuai ad osservarla. Era una buona cosa che non avesse remore a chiedere delucidazioni su argomenti di cui non aveva una sufficiente comprensione. Nell'ambito dell'apprendimento l'umiltà, assieme alla curiosità, erano forse le qualità più importanti. Mi rivolsi a lei con l'usuale pacatezza.

    «Meglio dire una sciocchezza adesso che giocarsi l'esame poi.» Dissi, abbozzando un accenno di sorriso, ma durò solo un istante.
    «Comunque, nessun problema. Sono qui apposta.
    Come hai giustamente detto, il sistema...»

    Ma non potei continuare, poiché nel frattempo Kuroro stava cominciando la sua di esposizione, e le nostre voci si sarebbero fastidiosamente accavallate, creando gran confusione. Decisi di non interrompere il ragazzo, che pure mi aveva tolto la parola. Magari durante il suo discorso sarebbe anche riuscito a rispondere alla domanda della sorella, chi poteva dirlo. La sua dissertazione fu ben più prolissa, in alcuni punti forse anche esageratamente, ma dettagliata, nonostante qualche piccola imprecisione qua e là. Parlò anche dei vari tipi di jutsu, nonostante non gli fosse stato formalmente richiesto. Anche lui dimostrava una ancor maggiore istruzione di un certo livello. Ormai quelle nozioni mi erano giunte a noia, tante erano le volte che le avevo studiate o sentite enunciare.
    Quando ebbe terminato, annuii e ripresi la parola rivolgendomi alla kunoichi.


    «Le Otto Porte sono quindi dei dispositivi di controllo, paragonabili a delle dighe.
    Come saprai, gli esseri umani utilizzano solo una piccola percentuale delle forze e delle energie che il loro organismo sarebbero in grado di sprigionare.
    Le otto porte difensive servono proprio a limitare il flusso di chakra nell'organismo e a mantenerlo costante, impedendo che esso possa essere sfruttato alla massima efficienza.
    Abbattere tali restrizioni forzatamente, come accade nel Loto nominato da tuo fratello, porta all'acquisizione di una potenza spropositata, ma consecutivamente anche al totale collasso del proprio organismo. Danni permanenti non sono solo possibili, ma probabili.
    Le Otto Porte sono:»

    Indice e medio della mano destra formarono una V e li poggiai sulla mia fronte
    «Porta dell'Apertura, del Riposo...»
    Indicai col dito indice, man mano che li nominavo, cinque punti situati su una linea immaginaria che divideva in due il mio corpo verticalmente, compresi tra la base del collo ed il pube, equidistanti fra loro.
    «Porta della Vita, della Ferita, della Chiusura, della Visione, dello Stupore...»
    Puntai il dito sul mio cuore.
    «Porta della Morte. Aprirla non è una buona idea.»

    Attesi che la ragazza assimilasse quelle informazioni e che eventualmente chiedesse ulteriori delucidazioni, poi mi rivolsi a Kuroro. Il mio tono era sempre tranquillo e serio, non v'era saccenza o rimprovero nella mia voce.

    «Kuroro, fai attenzione a non confondere gli Tsubo, ovvero i punti di pressione utilizzati in medicina e specialmente nell'agopuntura, con i Tenketsu, i punti di fuga presenti lungo il sistema circolatorio del chakra.
    I primi vengono adottati tra le altre cose per stimolare od intorpidire i fasci muscolari, aumentare o diminuire la pressione sanguigna, causare paralisi, inibire il sistema nervoso, e così via; i secondi sono le fessure attraverso cui il chakra fuoriesce dal nostro corpo, e la loro stimolazione consente di aumentare, diminuire o addirittura azzerare il flusso di chakra nel sistema circolatorio, e di causare danni agli organi interni adiacenti.


    A proposito.
    Se avete altri dubbi da espormi, prima di farlo gradirei che deste un'occhiata a questi.»

    Era il momento opportuno per consegnar loro i rotoli che mi avevano dato in amministrazione a Konoha quando avevo chiesto il permesso d'uscita. Aprii la cerniera della maglia fin sotto lo sterno. Infilai dentro la mano destra e tirai fuori due rotoli di piccole dimensioni, per nulla ingombranti. Richiusi la zip e ne porsi uno ad ogni studente, poi continuai.
    «Vi sono trattati gli argomenti teorici sui quali verterà l'esame.
    E' molto stringato come testo, e a giudicare da ciò che ho sentito probabilmente potreste cavarvela anche senza, ma vi consiglio di leggerlo comunque.»


    SPOILER (click to view)
    I rotoli sono un link che porta alla teoria gentilmente offerta dall'Amministrazione.
    Sappiate che non vi sarà di grande aiuto durante l'esame. :omgda:
     
    .
36 replies since 26/3/2010, 14:36   1750 views
  Share  
.