Dimora di Eiatsu Nai

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  1. - Hohenheim -
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    Ricordi di Eiatsu:
    Non è questa la giustizia


    La pioggia cadeva scrosciante coprendo ogni suono con il suo battere caotico a terra e sugli alberi. Annullava tutto confondendo la vista ed i sensi, immergendo il mondo in un grigiore che ben si confaceva ai pensieri del chunin, mentre dalla terra saliva forte l'odore umido del terriccio.

    Anf Anf

    I respiri affannati del chunin erano l'unica informazione chiara che poteva avere sul suo corpo:per il resto non sentiva nulla. Le ferite e le cure improvvisate avevano reso il suo corpo dolente fino all'alienazione del dolore. Aveva il braccio sinistro coperto di sangue, in parte suo in parte no e zoppicava vistosamente con la gamba del medesimo lato.Un'altra ferita curata superficialmente sanguinava ancora un poco macchiando gli abiti lacerati dalle armi nemiche e dalla potenza dei loro Jutsu. Era completamente sporco di terra,al punto che il nero dei suoi abiti non era più riconoscibile...

    Dopo venti minuti di corsa alla massima velocità che il suo corpo in quelle condizioni poteva permettere, arrivò finalmente al punto di ritrovo: una radura nascosta nella boscaglia precedentemente preparata con particolari Fuinjutsu così da risultare non rintracciabile se non ai ninja che li avevano tracciati. Poggiando con la mano sinistra su un albero per farsi forza superò la barriera perimetrica e si accasciò sul terreno finalmente al sicuro.

    Era stremato, ma alla fine le sue condizioni non erano così gravi.

    Alzò lo sguardo e solo allora notò che un altro ninja era già arrivato nella radura. Aveva un braccio completamente spappolato e aveva perso molto sangue che ora giaceva a terra: non era più cosciente. Con fatica, Eiatsu si affannò ad arrivargli vicino. Rapidmente stimolò alcuni Tsubo per far diminuire l'efflusso di sangue, quindi iniziò la cura vera e propria..

    Mentre guardava il compagno privo di sensi per poco non scoppiò a piangere. Ma si trattenne e alzò gli occhi al cielo per vedere in che posizione si trovava la luna: aveva ordine di abbandonare l'accampamento entro l'una di notte qualora qualcosa fosse andato storto.

    Erano in missione. Faceva parte di un gruppo di quattro Shinobi comandati da un Jonin della foglia di nome Yamanaka Gekko.Il tipo che era in fin di vita tra le sue braccia in quel momento era un chunin della nebbia. L'ultimo membro era , infine ,Hohenheim. Avevano attaccato una base di Nukenin che si era insediata alle pendici dei monti Karakura.Il piano era semplice: dovevano far crollare una diga nei pressi del villaggio così da sommergerlo, quindi sterminare i sopravvissuti...

    Purtroppo un'informazione di era rivelata sbagliata e il gruppo era stato sorpreso dal nemico. Messi in inferiorità numerica, erano stati costretti a dividersi...ed ora solo lui e il Kiriano erano tornati al campo base non sapendo per quanto ancora sarebbe stato un luogo sicuro...

    Un rumore di passi: ecco il capitano comparì dalla boscaglia.Appena lo vide, il cuore di Eiastu perse un colpo: sperava che fosse Hohenheim invece che il foglioso. Gekko osservò le condizioni del chunin e si rivolse a Eiastu:

    “In che condizioni si trova?Hohneheim ancora non è tornato?”

    Sul corpo recava qualche ferita, ma tra i tre era quello decisamente messo meglio.

    “No signore. Haki ha perso molto sangue ma sto stabilizzando la ferita e credo che nel giro di un'ora riuscirà anche a camminare...”


    “Non credo che avremo un'ora, dobbiamo lasciare questo posto entro quindici minuti. Sveglialo!”

    “Signore ma...”

    “Ho detto sveglialo otese!”

    Il chunin si rimangiò le parole di protesta che gli erano nate in bocca e cacciò dei sali dalla borsa con i quali svegliò il compagno.

    “Un quarto d'ora è troppo presto: ho visto che Hohenheim era troppo indietro rispetto a noi...potrebbe aver bisogno di più tempo...”

    Tuttavia il tempo passava e il ragazzo di Suna non arrivava.L'ansia del chunin cresceva sempre di più.Fin da quando era piccolo,Hohenheim era l'unica persona alla quale si era affezionata a tal punto da considerarlo il suo più grande amico. Non poteva andarsene e lasciarlo lì...

    “Tempo scaduto si parte!”
    “Signore non possiamo lasciare uno di noi in mano al nemico! Non credo che Haki possa farcela ma andrò io a cercarlo!”
    “Non essere stupido Eiatsu!Il nemico è ovunque e in quelle condizioni non puoi aiutare nessuno”

    Così dicendo si morse il dito medio destro ed evocò un grosso animale corazzato che in quel momento Eiatsu non riconobbe.

    “Signore io non posso...”

    E poi un movimento veloce e un colpo dietro il collo. Buio.

    [...]


    Si risvegliò in un letto di ospedale.Le sue ferite erano state curate ed era in via di ripresa. In poco tempo fu informato di quello che era accaduto: Gekko lo aveva tramortito e sfruttando l'evocazione aveva caricato i restanti membri della squadra e gli aveva portati lontani tramite un tunnel sotterraneo. La missione era fallita...di Hohenheim nessuna traccia...

    Quei giorni in ospedale furono terribili. Eiatsu odiava Gekko e se stesso per la sua inettitudine, e si odiava anche per il fatto di sentire, in fondo, di essere contento per essere ancora in vivo.Si odiava perchè detestava la persona che invece lo aveva salvato...però poi, quando pensava ad Hohenheim, gli cresceva una rabbia cieca nel corpo: perchè lui si era salvato e lui no.Perche?

    Con le mani stringeva sempre più forte le lenzuola del suo letto umide per le lacrime che non riusciva più a fermare, incapace di comprendere. Sapeva come andavano queste cose, l'accademia non avrebbe mosso un muscolo per recuperare il suo amico,incapace com'era persino di raccimolare informazioni veritiere...ed ora Hohenheim probabilmente era morto. No, non era questa la giustizia, perchè non possono essere giuste delle leggi che ammettono dei sacrifici umani; di certo non era questa la giustizia per lui...

    E così per giorni Eiastu continuò a ripetere solo una frase, e quando smise con le parole la continuò a ripetere nella mente fino a farla diventare parte della sua anima:

    “ Non è questa la giustizia!”

    Quando uscì dall'ospedale i suoi occhi vedevano il mondo con occhi diversi e, mai come allora, più tetri.

     
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