Il culto dei demoni

[Addestramento Occhi demoniaci I e II. Allievo: Seinji Akuma]

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  1. leopolis
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    Potere-
    …debolezzaXpotere…


    Lo trovai, ma la cosa non riuscì a soddisfarmi oltremodo. In effetti non avevo fatto nulla di che. L’avevo solo trovato all’interno della mia mente. In verità sarebbe stata una vergogna per me non trovarlo. Eravamo sempre nel mio corpo, in un luogo dove io dovevo avere il total controllo sulla situazione, ma era evidente che così non era. Quel demone mi conosceva alla perfezione. Sapeva esattamente dove mi trovavo in un determinato luogo ed in una determinato istante. Sapeva come muoversi all’interno della mia mente, e conosceva alla perfezione il mio carattere, che si rispecchiava persino in quel buio luogo del mio corpo. Mi disse qualcosa al riguardo della debolezza, cosa che non notai prima, ma che percepii al massimo non appena quel tipo schioccò le dita. Sentii le gambe tremarmi, e il cuore battermi all’impazzata, come se avessi percorso chilometri, seppure ero sempre lì, con quel demone davanti a me. Era una sensazione parecchio strana, tanto da indurmi in inganno. Senza motivo, e con la debolezza in me, allora, cominciai a riflettere su come agire se una tale debolezza mi si fosse presentata durante un combattimento alla morte.
    Sapevo di un’innata debolezza del mio clan, ma fino a questo punto.
    La mia voce risuonò leggermente preoccupata. Quel status non mi avrebbe per niente aiutato. Per supportare il peso del mio stesso corpo, dovetti inginocchiarmi. Ero sul posto, sempre stato fermo, eppure tenevo il fiatone. Una sensazione davvero ridicola. Mi sentivo debole per via del mio affaticamento muscolare, ma quei occhi mi donavano un’impressione di potenza diversa da quel che m’aspettavo. Ero forte e debole allo stesso tempo, stava a me limitare la debolezza fisica e dar vita alla forza mentale.
    Dovrò limitare il mio corpo-a-corpo in un combattimento, altrimenti ci rimarrò secco.
    Sorrisi amaramente. Ogni potere richiedeva di essere equilibrato, ad ogni potere c’era un contro-potere. Se attivavo quei occhi, una debolezza mi colpiva. Forse era normale, ma era meglio averci fatto l’abitudine ad una cosa del genere. Mi dovevo ricordare di non attivare gli occhi se non ero pronto per eventuali scontri. Attivare il Magan in corpo-a-corpo mi poteva costare la vita. Attivarlo in situazioni non opportune mi poteva costare la vita. Le poche occasioni in cui potevo sfruttare il suo potere, riguardavano il combattimento a distanza. Mai dopo mai potevo lottare in un stretto corpo-a-corpo contro gli altri, e ne ero felice. Un po’ perché le arti marziali non mi piacevano per nulla, ed un po’ perché il contatto fisico non mi piaceva. In quei tempi tutti miravano alla fisicità, ad uccidere l’avversario con movimenti, spade o al chakra. Ammettevo di essere uno dei pochi che preferiva la mente al corpo.
    Da inginocchiato mi alzai. Quella sensazione di debolezza persisteva in me, e sapevo di doverci convivere per il futuro. Un po’ cercai di stringere i denti, ed un po’ cercai di non dare troppo conto alla debolezza che mi pervadeva. In quei pochi istanti tanto volevo trovarmi nuovamente dentro il mio letto, ma sapevo di aver l’opportunità per raggiungere il mio obiettivo di sempre e non volevo rinunciarci. Dopo essermi alzato, dovetti piegarmi leggermente. La mia mano destra andò sul mio fianco sinistro. Non riuscivo a tenermi in piedi stabilmente, e ciò mi dispiaceva. Dovevo superare quei limiti fisici se volevo continuare nell’allenamento. Poco dopo di essermi alzato, cercai di non farci caso alla debolezza, ma un po’ era impossibile. Dovevo portarmi una tale sensazione in avanti, lungo tutta la vita. Strinsi i denti e cercai di non pensarci, ma un po’ era impossibile. Dovevo conviverci, era l’unica soluzione.

    Bene, cercherò di sopportare questa debolezza, ma ora andiamo avanti.
    Stringendo i denti capii di non riuscire nemmeno a muovere un passo per il tremore alle gambe. Cercai di farlo, ma non appena la mia pianta di piede toccò il pavimento, che collassai nuovamente. Quegli occhi richiedevano una grande energia, un po’ troppa forse. Una volta collassato, cercai di rialzarmi. Avrei potuto conviverci solo con molto allenamento, così dapprima cercai di alzarmi, per poi risedermi volontariamente. Feci un paio di serie in questo modo, finché capii di non essere perfettamente in grado di sopportare il dolore ed alzarmi senza problemi. Una volta che raggiunsi il mio obiettivo, in posizione eretta, cercai di muovere un passo in avanti. La cosa richiese molta forza per me. Sentii il muscolo contrarsi, poi mi mossi in avanti. Persi l’equilibrio e collassai. Non dovevo demordere. Una volta ricaduto, cercai di rialzarmi nuovamente. Come prima giacché ci stavo prendendo l’abitudine, mi rialzai. Poi cercai di muovere nuovamente un passo. Come prima, sentii l’affaticamento nel mio quadricipite. Cercai di resisterci e strinsi i denti. Una volta poggiata la pianta destra, mossi la sinistra, compiendo così un passo. Il camminare e il correre, erano delle manovre più complicate, che avrei imparato col tempo, ma era buon modo esercitarsi. Così cercai di camminare completamente, sebbene ciò mi richiedeva una forza di volontà ed una forza incredibile. Una volta che capii di essermi abituato a camminare con la stanchezza, cercai di correre. La cosa richiedeva più sforzo ed era più difficile della semplice camminata, in quanto era sottoposti allo sforzo parecchi gruppi di muscoli. Dovetti riprovare più volte per riuscire a correre senza soste, ma alla fine ce la feci. Un sorriso allora comparve sul mio volto, sebbene una goccia di sudore mi scendeva lungo la guancia. In seguito alla corsa, mi esercitai nel salto. Sollevare completamente il mio peso dal suolo, richiedeva un sforzo superiore alla semplice corsa, e perciò mi fu difficile anche per il tremore alle gambe, ma non demorsi. La prima volta fui costretto a ricadere sul suolo, la seconda cercai di mantenermi nell’aria leggermente di più, mentre la terza volta fu la volta buona per raggiungere il mio scopo. Dopo aver contratto i quadricipiti, mi spinsi nell’aria, per poi ricadere sul terreno con le gambe leggermente piegate.
    Bene, andiamo oltre.
    Allora il demone parlò, dicendo di volermi insegnare una nuova tecnica. Il mio viso era pieno di sudore, perciò non mi entusiasmai più di tanto quando sentii parlare di una nuova fatica. Tuttavia, quella tecnica attirò la mia attenzione. Forse era una tecnica molto utile per limitare quel malus fisico?.. Sorrisi. Come chiestomi non esitai a comporre il sigillo della capra. Tuttavia, cosa dovevo fare per creare l’illusione oltre al sigillo della capra? Dovevo usare la fantasia.
    Mi concentrai. La tecnica doveva essere utile e coerente alla situazione. Non ci potevano essere alberi in una chiesa. Cosa inventarmi? Stetti a pensare un po’, poi ci arrivai. La croce di prima, quella dietro alla quale si nascondeva quel demone. Con molta fatica, stringendo i denti, m’avvicinai ad essa. Mi misi di fronte alla croce, poi congiunsi le mani nella posizione della capra. Nella mia mente nacque l’immagine di un’altra croce, una croce in pietra e più piccola rispetto alla prima. Con le mani congiunte nella posizione, cercai di tramutare i miei pensieri in realtà. Concentrai il chakra, facendo uscire dal mio corpo. Quindi cercai di manipolare quella sostanza vitale, per fargli assumere la forma di una croce. Non potevo farla apparire, dovevo solamente immaginarmi la croce attorno a me, come se fossi il centro di quest’ultima. Poco dopo il mio chakra andò a formare i lati di quell’immaginaria struttura, mentre rimanevo immobile. Il tutto era comandato dalla mia mente, all’interno della quale persisteva l’immagine della croce che doveva essere creata. Ci volle abbastanza poco, affinché tutto il mio chakra si unì, dando vita a quel costrutto. Sapevo che se mi fossi mosso la struttura si sarebbe annullata, quindi attesi un commento del demone, che al mio posto avrebbe visto una croce in pietra.


     
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