Il Volere di Dio

Giocata di BG

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    CITAZIONE
    Giocata solitaria di BG.
    Qui il racconto della vita dello Shinobi, vissuto in prima persona.

    Legenda:

    « » Raiken
    "" Altre persone



    Il volere di Dio
    Preludio a Jashin.
    Chapter I






    Ed è qui che tutto è cominciato. Una nuova vita, o meglio qui è proseguita.
    Il mio è un caso totalmente unico, probabilmente strano, e sicuramente impregnato di una sofferenza immane. Tuttavia, non posso che essere grato a ciò che il destino mi ha lasciato in sorte. La rivelazione! Mi ha aperto gli occhi, spalancando alla mia vita una strada che mi santificherà nell'alto dei cieli.




    "Anf...Raiken va via!"




    I pianti, le urla, i gemiti. Scolpiti in maniera incancellabile nella mia memoria, insieme a questa frase. Lo ricordo chiaramente. Sono cose che segnano la fantasia di un bambino. Il corpo di mia madre agonizzante, che supplicava pietà al suo aguzzino in quella foresta...sarei dovuto scappare in quel preciso momento ma non lo feci. Rimasi a guardare, e immediatamente capii come l'umano spirito sia volgare e spietato. Tuttavia il susseguirsi incessante di quelle torture provocavano in me un senso di curiosità più che di avversione. Ne rabbia, ne odio...la deviazione di quelle azioni suscitava in me profonda indifferenza e a tratti viva curiosità. L'istinto, solo in un successivo frangente, mi portò a fuggire da quel luogo...vi era una possibilità di sopravvivenza al genocidio del mio villaggio.



    [...]




    Ho perso la mia famiglia e non possiedo neanche un ricordo limpido della loro importanza nella mia esistenza, ma ciò è relativo. Dovevano morire. Nulla avviene per caso, è il chiaro disegno di Dio...il mio Dio...noi ne siamo solo "vittime".
    Venni sbattuto in quell'orfanotrofio, squallido e lercio. C'erano bambini che avevano dovuto condividere con me la sofferenza per la perdita di persone importanti, anzi essenziali. Li compativo, tuttavia non ho mai manifestato il mio dolore apertamente. Mi rinchiudevo nella solitudine del silenzio, facendo galoppare la mia mente di bambino, che si chiedeva il significato della vita, e che già stanziava verso una prematura follia. Le mura crepate, la polvere e il sudiciume di quel luogo, sono immagini "nostalgiche" nella mia mente. Lì ho trovato riparo dalla guerra, in certo qual modo serbo gratitudine verso quella che abitualmente chiamavo "casa". Tuttavia, sapevo che non sarei rimasto lì. Provavo un grande ottimismo circa il mutamento di quella situazione. Certo le condizioni non erano avverse perchè ciò avvenisse.
    Avevo sviluppato una certa dote nel combattimento, creandolo come passatempo assai divertente per me, del resto non vi era altro modo per scaricare quella tensione, rabbia, ma soprattutto pazzia che lentamente consumava il nostro spirito; o probabilmente solo il mio...
    Forse solo io ci provavo gusto totale nel farlo, mi sentivo diverso e isolato sotto questo punto di vista. Anzi, prima condividevo questo innato piacere con un altro ragazzo.
    Yosuke, come dimenticarlo.
    Un tipo estroverso, disonesto ed attaccabrighe. Era il più grande in quel gruppo di giovani, ed evidentemente l'anzianità gli aveva dato alla testa. Era solito farsi vanto delle sue doti fisiche, nel tentativo di impressionare il pensiero di qualcuno, benchè poche volte vi riuscisse, non si è mai dimostrato arrendevole verso questo suo atteggiamento. Ammiravo la sua ostinazione più della sua pateticità, ma l'avrei ben presto detestato quando divenni io l'oggetto del suo schernire.

    La mia pace durò poco. Si avvicinò, mentre riposavo beato, turbando la mia tranquillità. Pigro, fin troppo per dedicargli attenzioni.


    " Ah bene, chi abbiamo qui?...Ragazzo porta rispetto per i più grandi, o ti rompo il culo"




    Era chiaro il suo intento. Mirava a scatenare in me una reazione furiosa, cercando di provocarmi, sapendo che probabilmente l'avrei accontentato. Si concepiva immediatamente dal suo sguardo, quanto avrebbe voluto una risposta da parte mia, tale da provocare una sorta di collutazione, rissa, magari qualcosa di più.
    Mi hanno sempre additato come irascibile ed attaccabrighe. Allora perchè sottrarmi questa volta? Pensai...
    Non intendevo farmi calpestare da lui, non l'avrei permesso.


    « Ehi ehi, che cazzo vuoi?...Gira a largo...»




    Decisi di misurarmi con lui, quasi sollecitato da un certo macabro entusiasmo che prendeva forma pericolosamente in me. E non solo...
    L'irrazionalità stava prendendo il sopravvento. Sentivo l'avidità avanzare. Ero desideroso del suo sangue, volevo vederlo agonizzare. Sapevo che questo avrebbe provocato solo infinito piacere, che avrebbe portato il mio godimento verso tenori mai provati. Avrei voluto udirlo supplicare di risparmiarlo, implorare ai piedi con le lacrime agli occhi. La spasmodica attesa sarebbe finalmente cessata!
    Lo colpii d'istinto con un pugno allo stomaco, facendo leva sulle mie gambe. Ma più che il corpo a spingermi, sentivo fosse il mio spirito a dettare i tempi e l'intensità delle mie movenze.
    La sua risposta non fu di minore accento. Il mio volto prese a sanguinare, dopo che subii un suo calcio. La mia mascella ne risentiva, ma la mia voglia di sopprimerlo si amplificava nello stesso modo. Fu allora che mi gettai appieno contro di lui. Lo caricai a testa bassa nella speranza di abbatterlo. Ci riuscii.
    Fisicamente non vi erano evidenti differenze, la parità regnava. Ma era palese era la mia più crudele intenzione, che fu manifestata immediatamente dopo...
    Afferrai una pietra, la prima a portata di mano. E cominciai a colpirlo in pieno volto rovinosamente, facendo sgorgare il sangue copioso dalle ferite di cui io stesso ero fautore. Il sangue ricopriva le mie mani, e ciò mi portava a soddisfazione completa ed infinita. Il mio vigoroso e continuo moto di colpi, terminò con il cessare del suo battito...
    Poi il silenzio, qundi una risata a spezzare quella tensione creata attorno a me...la mia.
    Ridevo; ridevo di gusto e vano era tentare di fermarmi. Non sarebbe stata l'ultima volta, ne fui cosciente immediatamente. Avrei ricercato con minuziosa cognizione quel tipo di sensazioni che, in quell'istante, mi avevano portato ad uno stato di assoluto piacere.
    Avrei ucciso ancora e il solo pensiero mi elettrizzava.


    Progressivamente le mie tendenze divenivano sempre più brutali e scellerate, tanto che gli altri ragazzi non mostravano remore ad evitare contatti di alcun genere con me. Di certo, non la colsi come una tragedia, anzi capivo come mai mi sarei potuto inserire in un nucleo di persone. La società non fa per me!...


    Edited by Jin Tsuji - 9/1/2016, 20:20
     
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    Il volere di Dio
    Preludio a Jashin.
    Chapter II







    L'avevo ucciso. Era estasi allo stato puro.
    Sentivo il mio corpo irradiarsi di piacere ad ogni singolo colpo inflittogli...
    Vedevo la sofferenza nei suoi occhi, i quali sommessamente perdevano ogni lucentezza, così come l'odore del suo sangue faceva ardere le mie narici. Non esistono parole per spiegare un simile evento, disgustoso o magari orribile per alcuni, ma inverosimilmente fantastico per me!


    Diversamente da tutti i giorni, lo sguardo che gli altri giovani mi rivolgevano era mutato profondamente. Paura, odio e astio profondo nei miei confronti, erano le sensazioni generali. Tuttavia, per quanto negativi potessero essere i giudizi che mi riservavano, sollecitavano in me esclusivamente indifferenza.
    Non ho mai distintamente avvertito dichiarazioni offensive al mio indirizzo; Nessuno avrebbe mai trovato il coraggio di asserire contro di me, anche se grande rabbia faceva ribollire il loro sangue. Un senso di impotenza e di paura era ben presto scorgibile nei loro volti. Avevo barbaramente ucciso un ragazzo, uno del nostro gruppo...uno di noi.
    Chi gli assicurava che non lo avrei fatto ancora?...
    Mai riflessione più giusta fu fatta.
    Non peccai certo di superbia io. Continuai a perpetrare nei miei abituali atteggiamenti, semplicemente, come ogni giorno. Ovviamente la mia quiete, come Yosuke insegna, non andava disturbata.
    Tuttavia, ben presto mi ritrovai ad indossare i panni di Yosuke. Lo emulavo negli atteggiamenti, benchè le mie intenzioni fossero notevolmente diverse. Ricercavo continuamente quelle sensazioni, che il suo assassinio mi avevano fatto assaporare così vividamente!
    Le mie tendenze sovvertivano la tranquillità dei restanti orfani. Avevo assunto le vesti di provocatore e attaccabrighe, attirando su di me null'altro che rancore.
    Ma con gran delusione, sebbene debba ammettere giusta intelligenza, nessuno osava proferire verbo ad ogni mia provocazione. Mi dovetti arrendere, con sommo disappunto, ad una mitezza d'animo in me quantomeno insolita.


    [...]




    Nel mentre di simili episodi, i giorni passavano e una terribile carestia aveva invaso il territorio, già martoriato dalla guerra in corso, e nella medesima maniera stava eludendo le possibilità di sopravvivenza a quel periodo. La mia corporatura diveniva irrimediabilmente esile, e il mio viso sempre più infossato. Le mie ormai rigide membra avevano bisogno di essere rigenerate dal cibo, che assai faceva sentire la sua mancanza. Organizzavamo battute di caccia al fine di rimediare finalmente nutrimento, ma la scarsezza di fauna le rivelava poco proficue.
    Sembravamo già destinati ad una fine scontata e prematura. Non avevamo cibo, l'inverno incalzava e con lui il gelo.
    Occorreva reagire con tutti i mezzi possibili a quella situazione, che diveniva sempre più disperata. Per questo la caccia si faceva sempre più frequente ed aspra.
    Ma l'area pressochè desertica offriva ben pochi frutti e qualche animale, decisamente una quantità fin troppo esigua per sfamarci. Non vi era la presenza di nessun altro apparte la nostra, in quelle lande desolate. Lo scenario che si palesava alle nostre iridi era a dir poco agghiacciante: case distrutte, cadaveri per le strade, e quel sapore di morte che aguzzava in me forti e deviate emozioni che mi facevano trasalire...
    Inoltre l'aria rarefatta emanava un tanfo insopportabile, rendendo difficile la nostra permanenza in quell'ambiente; Era evidente come nessuno fosse sopravvissuto ad un simile massacro, la cui enumerazione delle vittime risultava assai complicata. Non ne rimasi particolarmente scosso, era la guerra. Piuttosto, l'ansietà che mi assaliva derivava dalla mancanza di cibo, cui nonostante la nostra ostinazione, non riuscivamo a reperire.
    Febbrilmente desideravo mettere qualcosa sotto i denti; Sicuramente sarebbe stato un ottimo pretesto per uccidere ancora!
    Perlustrammo a gruppi varie zone del villaggio, intrufolandoci nelle poche case che ancora si reggevano sulle loro fondamenta. Il nulla però, solo polvere e detriti avevamo trovato. Cumuli di macerie di certo non mancavano...

    « Merda...»



    Ero profondamente turbato dalla situazione che si stava venendo a creare. Invano avevo tentato di trarre dalla caccia nutrimento, prima per me e se ci fosse stato per gli altri. Tuttavia, il fallimento di questo proposito bruciava quanto la fame che mi consumava. Non ricordo da quanto non mangiassimo, ma la situazione non doveva deteriorare oltre, altrimenti non ci sarebbe stato alcun futuro per noi.
    Allorchè, nel misto di questi pensieri, scorsi un uomo addentrarsi nel villaggio.
    Tentai di capire subitamente se quella visione fosse opera della mia sconsiderata mente, aguzzando la mia vista. Capii che non ero ancora caduto preda di demenza, o di miraggi...quel che vedevo era reale.
    Immediatamente la mia anima divenne forte, e non esitando più, decisi di occuparmi per tendere una trappola all'ignaro visitatore. Ovviamente non cercai colloborazione da parte dei miei "compagni", non avevo bisogno del loro supporto.


    [...]




    Mi posizionai dietro una vecchia struttura, la quale tenacemente aveva resistito all'assedio militare. Intanto l'arcano figuro continuava con passo sostenuto il suo cammino lungo la strada principale del villaggio. Si mostrò subito turbato da quello scenario, infatti denotava chiara malinconia e timore alla vista di tanta crudeltà. Odiavo le persone sensibili e così apprensive. Differivano totalmente dal mio modo di essere. Di certo ucciderlo, avrebbe solleticato in me un piacere assoluto!
    Cresceva con il passare degli attimi, il desiderio di eliminarlo. Spinto dalla bramosità di cibo, comiciai già a fantasticare su cosa potesse contenere la sacca che portava in spalla. Lo osservai guardingo, tentando di capire qualche indizio in più su di lui, tale da potermi permettere una strategia d'attacco valida; Ma fui subito accecato dalla smania di ucciderlo, che le mie funzioni intellettive degeneravano piano piano. Dovevo placare quella voglia che accresceva ardentemente. Non avrei avuto esitazioni, lo avrei trucidato!
    Aspettai paziente che si avvicinasse alla mia posizione, tentando di rimanere invisibile al suo sguardo. Nascosto dietro quella colonna in pietra, sarei stato occultato perfettamente. Passò la mia posizione, sempre con aria insicura e pensierosa, ignaro del pericolo che si celava a pochi metri da lui. Attendevo il momento propizio, il quale si presentò un istante dopo.
    Lo sconosciuto figuro si avvicinò ad una casa per sbirciarvi dentro, celere e preoccupato. D'un tratto l'espressione del suo volto cambiò, indietreggiando lentamente, con il terrore dipinto in volto, fin sul ciglio dell'ingresso.
    In quel preciso istante, forte della sua vigliaccheria, e della mia cupidigia di sangue inarrestabile, mi gettai a piena intensità contro di lui, armato di un Kunai raccattato per la strada. Non avrebbe avuto scampo, lo avevo in pugno.

    « SEI MIOO!...»



    Un agguato perfetto, finalizzato con successo. Riuscii ad abbatterlo, e mentre piangeva terrorizzato producendo versi ambigui, e balbettando parole prive di senso, l'unica mia aspirazione era vederlo soffrire ai miei occhi, benchè non vi fosse imputabile nulla a quel ragazzo. L'unica sua colpa fu quella di trovarsi lì in quel momento.
    Assolutamente imperdonabile.
    Afferrai saldamente il Kunai nelle mie mani; Presto avrei soddisfatto il piacere di cui avevo febbrile bisogno. Lo guardai negli occhi, per poi conficcargli l'arma in pieno petto, spietatamente con una freddezza e goduria che rasentava l'inverosimile. Godevo dannatamente alla vista del suo dolore. I suoi occhi e il sangue che sgorgava dal suo corpo, annullarono in quel momento perfino il naturale appetito che mi stava consumando. Ero in preda ad un viscerale piacere.


    « Muori, muori, muori!...»




    Continuai a trafiggerlo con un moto interminabile di colpi. Ormai, il suo respiro era cessato, e il corpo non destava più alcun movimento. Ancora una volta ero caduto vittima della follia, di una innaturale demenza, pazzia...E ciò era assolutamente eccitante!
    Immediatamente dopo, presi possesso della sua sacca. Era colma di beni di primo soccorso, ma soprattutto di cibo a lunga conservazione. Probabilmente quelle scorte erano destinate ad una famiglia perita ancor prima di riceverle. Poco male, qualcun altro ne avrebbe fatto uso.
    Consumai subito qualcosa, per porre fine ad un digiuno che sembrava interminabile. Di certo non avrei condiviso nulla con gli altri orfani. Non avrei avuto compassione nemmeno di loro, codardi che non avrebbero meritato nemmeno di giungere fino all'inverno. Ma la cosa che suscitava in me somma ilarità, fu che nessuno avrebbe mai osato denigrarmi per questa mia decisione, coscienti del fatto che non mi sarei trattenuto dall'ucciderli. Divertente no?



    Edited by Jin Tsuji - 9/1/2016, 20:20
     
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    Il volere di Dio
    Preludio a Jashin.
    Chapter III






    Il terrore. Quello vero, incarnato nell'atrocità delle mie azioni; Loro l'avrebbero conosciuto la paura!
    Non la guerra, in confronto sarebbe stata un'inezia, a quello che avrei prodotto io. La follia invase il mio animo, irrimediabilmente. Ognuno di loro, si sarebbe pentito, avrebbe implorato perdono. Ma la morte avrebbe espiato le loro colpe. Lei sola, il giudizio estremo di Dio!



    Morire di fame. Non è un bel modo per andarsene, di certo non sarebbe dignitoso ma soprattutto una morte colma di sofferenza, non credo produca eccitazione in nessun uomo. Morire...non ci ho mai pensato veramente. Possedendo ancora la vigoria esplosiva della gioventu', è un'ipotesi assai remota alla mia mente, sebbene io abbia sfiorato il fantasma della morte, per via di una carestia sferzante e crudele.
    Di certo tale pensiero cominciò ad insinuarsi subito tra gli altri orfani, i quali ancora in cerca di nutrimento, non avevano trovato scampo dalla fame. Evidentemente denutriti, in preda alla debolezza fisica e mentale, cominciavano già a cogliere il destino che lentamente si delineava con il passare dei giorni.
    Stolti. Poveri inetti, incapaci di provvedere alla loro salvaguardia, ignorando il primitivo istinto di sopravvivenza, non riuscivano ad organizzarsi per trovare nutrimento. La paura che li tratteneva...il terrore di morire, forse uccisi negli scontri militari che mettevano in tumulto la regione. In ogni caso, avrebbero perso la vita, per un motivo o per un altro.
    Ma io comprendevo. Era il progetto di Dio, non sarebbero sopravvissuti, per via dei loro limiti. Era la sorte dei deboli...


    Tornai dagli altri ragazzi, i quali si erano celati tra i cespugli o nelle case, avendo sentito urla e schiamazzi. Evidentemente erano ignari che l'autore degli stessi, era caduto vittima dei miei colpi. Appena giunto alla loro presenza, li guardai con completa soddisfazione. Ero riuscito a sconfiggere la fame, quale ostico avversario nella lotta alla sopravvivenza. Mi guardarono senza proferire alcuna parola, probabilmente stupiti, ma sicuramente invidiosi del mio successo.
    Quasi a prendermi beffa della loro inettitudine, mi mostrai compiaciuto nel gustare del cibo in scatola, appena sottratto a quel medico sprovveduto. Ero cosciente di attirare su di me solo un vivo rancore, magari aspirazioni di vendetta, ma poco mi importava. Era un motivo di vanto quel cibo che preziosamente custodivo nella sacca conquistata, quasi a sottolineare la mia forza; Come se ce ne fosse bisogno...


    « Uhm...Cos'è ne volete?»



    Sorrisi ironico.
    Mai avrei condiviso il premio della mia vittoria con loro. Erano indegni, poichè non mostravano alcuna riverenza nei miei confronti, per non averli ancora uccisi. D'altra parte, verso di loro era innegabile la mia misericordia!
    Avrei potuto anche liberarmi di loro, di certo non era nel mio interesse lasciarli in vita. Anzi, probabilmente avrei allietato le loro pene, semplicemente elimandoli, questo si sarebbe stato un atto compassionevole e di clemenza.
    Tuttavia sarebbe stato troppo faticoso anche se, già fantasticavo, mi avrebbe regalato non poca delizia. E' il piacere di togliere la vita, che regala alla tua stessa esistenza appagamento.
    Quella situazione però, stava divenendo stucchevole. I loro sguardi colmi di rabbia e di invidia, suscitavano in me profonda noia, oltre che divertimento vista la situazione disperata in cui versavano.
    Continuai a scrutarli, uno alla volta, riuscendo a scorgere la debilitazione che gradualmente leniva la loro salute; In verità, provavo un certo godimento nel vedere il terrore della morte nei loro occhi, così spenti ma ancora speranzosi...di certo era da riconoscere in loro tenacia, oltre che codardia.
    Subitamente però, nel mentre di queste mie riflessioni, il mio sguardo fu attirato da una sorprendente scoperta...
    Non intesi sin da subito, cosa celassero segretamente dietro i loro corpi, occultando alla mia vista chissà quale preziosità. Immediatamente però, spinto dalla curiosità, mi avvicinai con aria truce, quasi omicida nell'intento di impressionarli. Desideravo avidamente vedere cosa stessero nascondendo.


    « Spostatevi!...»




    Barili di benzina?
    Di certo un simile fatto destò in me meraviglia. Rimasi positivamente impressionato dal loro lavoro. Erano riusciti a procurarsi un importante fonte di calore, che avremmo potuto sfruttare per meglio combattere il freddo tremendo che attanagliava il territorio. Non gli avrei rivolto dei complimenti, rimanevano pur sempre degli stupidi incapaci. Tuttavia, pensai che far uso di quei barili avrebbe signficato condividere le già misere scorte di cibo con loro, oltre che l'umiliazione di aver accettato il loro aiuto.
    Non sarei mai caduto in un simile fallo, non avevo bisogno di loro. Così li lasciai con il combustibile per scaldarsi, ma privi di cibo.


    [...]




    Bianco ed innevato.
    Il paesaggio mutava, la temperatura si irrigidiva. Era giunto l'inverno, e noi eravamo ancora vivi, sebbene diminuiti.
    Delle scorte conquistate ai danni di quel medico, una quantità irrisoria rimaneva disponibile per combattere la fame. Di certo non sarebbe bastata per tutto l'inverno, ma per qualche settimana mi avrebbe garantito ancora la sopravvivenza.
    Enumerare le vittime della carestia era affare lungo e complicato, non altrettanto difficile compito si presentava riguardo il nostro gruppo. Perirono in quattro o cinque, distintamente ricordo i loro volti, ma assente è la nostalgia seguita alla loro dipartita. Dovevano considerarsi fortunati, ad essere giunti sino all'inverno. La morte è stata la conseguenza della loro incapacità.
    Gli animali che già scarsamente popolavano la zona, si erano definitivamente estinti. Vita breve avrebbero avuto i restanti ragazzi, e io stesso se non mi fossi nuovamente adoperato per scampare alla fame.
    Il nervosismo misto alla disperazione prese a circolare tra di loro, me ne capacitai subito, ben presto la follia avrebbe comandato la loro mente. Era inevitabile...
    Il segno della loro deviazione ben presto venne manifestato, nella maniera più errata possibile.
    All'apice della disperazione, decisero di opporre una reazione al languore che li struggeva, coalizzati tutti verso un unico obiettivo, determinati più che mai a porre fine a quella tremenda fame. Di certo, erano ignari di marciare verso la loro morte, non immaginando che così avrebbero solo accorciato quello che sarebbe stato il loro destino.
    Ribelli, pronti a tutto. Come biasimarli? Non mangiavano da giorni.
    Ma provare a privarmi delle restanti scorte di cibo che custodivo gelosamente, fu una mossa più che azzardata. Presto, se ne sarebbero resi conti....ormai troppo tardi.


    Nell'oscurità di quella fosca mezzanotte, mentre io riposavo ignaro di una possibile ribellione, il restante gruppo degli orfani decise di agire rapido, spinto dalla costernazione derivata dalla carestia.
    Con passo felpato e guardinghi entrarono nella stanza nella quale io dormivo, forzando la porta. Senza fare alcun rumore, avevano preparato una strategia intelligente, sfruttando la mia convinzione che mai avrebbero osato sfidare il mio strapotere fisico nei loro confronti. Due di loro afferrarono la sacca giacente in un angolo della camera, al fine di sottrarmela, mentre altri due controllavano che io non mi destassi dal sonno. Come topi finalmente in possesso del formaggio, uscirono rapidamente, ma presi dalla foga di fuggire dopo il fattaccio, non si curarono della porta, lasciata colpevolmente aperta e scassinata.
    Successivamente udii un certo trambusto che disturbava il mio riposo; sospetto poichè provocato nel cuore della notte. L'orfanotrofio si trovava in una località abbastanza isolata dal villaggio, mai un'anima circolava da quelle zone, dunque era chiaro come tutti i suoni venivano percepiti abbastanza distintamente. Volevano fregarmi?
    Mi guardai circospetto, ed ebbi immediatamente modo di notare come la porta fosse aperta, e solo successivamente avvicinandomi notai l'azione di scasso volutamente effettuata. Divenne ovvio quindi portare il mio sguardo verso il sacco, che tuttavia, come per magia si era volatilizzato.


    « ...Bastardi!»




    Una furia peggio che infernale mi assalì. Lentamente la rabbia prendeva possesso delle mie facoltà, quasi rendendomi incapace di ragionare. Annebbiato dall'ira, un solo proposito balenava nella mia mente, crudele e feroce: Uccidere quei maledetti ragazzini!
    Non avrei avuto pietà, come un killer spietato mi sarei reso autore di un efferato omicidio, cosciente del fatto che sarebbero state conteggiate come altre vittime della guerra!
    Avrebbero pagato il prezzo più alto, come conviene ai più deboli.
    La vera paura, e la più grande sofferenza non sarebbero stati utopia...presto il dolore che avrebbe accompagnato la loro morte, sarebbe stato inesauribile piacere per me! Fremevo, in preda alla pazzia.
    Tra le prime luci solari, quando ancora la notte doveva arrendersi al giorno, decisi di passare all'azione.
    Sarebbero morti insieme, come unitamente mi avevano sottratto le residue scorte di cibo.
    Loro tramite il nutrimento a me rubato avevano guadagnato nuova vitalità. Tuttavia io, tramite i barili di benzina da loro recuperati, avrei stroncato le loro insulse esistenze!
    Rubai due barili dal magazzino adiacente la struttura, dopo averli furbescamente spiati mentre li occultavano al suo interno.
    Oh se fremevo...
    Scalpitavo dalla voglia di eliminarli. Di bruciarli vivi! Mai avrei goduto così tanto, sarebbe stato tutto notevolmente più grande, profondo, amplificato...il piacere che non conosceva fine, lo avrei finalmente gustato!
    I miei pensieri mentre spargevo il materiale infiammabile sia dentro che fuori la struttura, non lasciavano che spazio a malvagi intenti. Brutali, come mai prima di allora!

    Io e quell'accendino...poi le fiamme!

    « BRUCIATE!! BRUCIATE!!...QUESTO E' VERO GODIMENTO!!!...»



    La mia passione ardeva, come le fiamme che lentamente bruciavano l'intero edificio, e con lui spegnevano le vite degli orfani. Quasi li sentivo gridare; Urlare sconvolti dal terrore di morire, impazzire mentre i loro corpi si contorcevano vittime delle fiamme! Il fuoco che consumava le loro carni, che spezzava il collegamento con la vita, e che apriva le porte verso Dio, per essere giudicati. Quale fantastico piacere!
    Mentre pativano il supplizio estremo, il ghigno sul mio volto era il segno più evidente dell'estasi che invadeva ogni fibra del mio essere. Ridevo, godevo, avvampavo per la loro morte!


    [...]




    Mi ritrovai solo, nuovamente.
    Ma non era un problema, affrontando varie peripezie, avevo imparato a badare a me stesso. Non mi consideravo un inetto, semplicemente non lo ero!
    Tuttavia, dovetti fare i conti con il gelo che aumentava la sua prepotenza sulla regione, in maniera irreversibile, mentre i giorni passavano. Allontanandomi dalla zona nella quale sorgeva il villaggio, pensai di ottenere maggior riparo dalle azioni militari, ma soprattutto sostentamento per il mio corpo che andava inesorabilmente verso la debilitazione. Tuttavia, non fu una giusta intuizione. Riuscivo a sopravvivere grazie alla flora, che non sembrava aver subito pesanti attacchi. Mi nutrivo di quel che reperivo: Bacche o frutti. Lì i militari non erano ancora giunti; ma di animali che popolassero i boschi di quelle zone, soprattutto via del clima tremendo che attanagliava l'intero territorio, non vi era traccia.
    Combattuto tra la fame e la debolezza, gradualmente sentivo le forze abbandonare le mie membra fredde e contratte, ogni attimo che passava, cercavo di escogitare qualcosa che mi garantisse di sfuggire a quella situazione...
    Mi sentivo impotente e abbandonato al mio destino, benchè confidassi nel progetto di Dio.
    Pacatamente mi addormentavo, sperando non in eterno ogni volta, al riparo sotto un albero ricercando una calura che allietasse i miei stenti fisici.


    " Vieni con me...Ti porto via!"




    I sensi annebbiati, quella mano tesa. Chi era costui?
    Quella carrozza in quelle lande desolate, pareva un miraggio; uno scherzo della mia mente ormai degenarata.
    Capii che tutto quel che si era palesato non era che verità, non vaneggiavo, era vero!
    Afferrai la sua mano, disperato ed affammato, per poi sparire insieme a lui lontano da lì. Probabilmente avrei visto l'avvento di un nuovo giorno.
    Non sarei morto lì, questo era il Volere di Dio!



    Edited by Jin Tsuji - 9/1/2016, 20:21
     
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