Canzone del deserto

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  1. -Diablo-
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    Missione

    La nera chioma si lasciava trasportare leggera dalla brezza calda di quel pomeriggio. In cima ad una roccia alta circa 10 metri pendente su uno strapiombo, con gli occhi chiusi meditava sulla situazione. Il suo addestramento, il suo stesso stile di vita gli avevano permesso di focalizzare il significato della parola dolore e solo estraendosi da esso sarebbe giunto alla verità. Ma quel giorno, per quanto ci ragionasse, non riusciva proprio a trovare una motivazione a quanto successo. La Morte, non è una soluzione, non è il termine del proprio viaggio terreno. Togliersi la vita non concerne il proprio karma, non allevia il dolore, non è la via più semplice alla reincarnazione. Continua a ripetersi quelle frasi ormai da ore, lui le comprendeva, le abbracciava come stile e filosofia di vita... era forse tanto incomprensibile che un'altra persona non lo facesse?

    Il mattino stesso, una missiva era giunta legata accuratamente alle zampe di un'aquila del deserto. Probabilmente il personale è occupato in altre cose pensò, togliendo il piccolo pezzo di carta arrotolata dal laccetto, facendo ben attenzione a non far male al volatile, che tranquillo stava appoggiato su un piccolo pezzo di ramo sporgente dalla tettoia della casa. Quando la riuscì finalmente a srotolare, l'aquila con un balzo volò via, libera e rapida. Lux si soffermò un attimo ad ammirarla, invidiava quella creatura, chiaramente un invidia positiva, dato che gli era estraneo come concetto: Poter raggiungere altezze mai scrutate, sbattere le ali e lasciarsi cullare dalle correnti ascensionali. Non sarebbe una brutta esistenza.
    Tornò quindi al messaggio, che dopo qualche giro di parole arrivò al punto: aveva già sentito di Otomo, il sunese che s'era suicidato di fronte alle mura, pur vivendo nella parte più isolata, era bastato il consueto giro al mercato per udir i pettegolezzi, ma non avrebbe mai immaginato che gli avrebbero assegnato un'indagine atta a scoprire di più sulla morte. Poco riusciva a turbare la sua espressione, ma in quel momento dispiacere e tristezza lo assalirono, incapace di trattenersi esibì un'espressione seriamente turbata: Cosa mai può spingere ad un'azione tanto ignobile quanto decisiva?. Accettò senza riserve, doveva esserci un motivo, una valida reazione a qualcosa, gli era inconcepibile pensare che si fosse semplicemente... gettato.

    Terminata la sua meditazione, si alzò in piedi sulla punta del macigno liscio e grigio, scrutando l'orizzonte. La posizione del sole gli suggerì un orario approssimativo, considerando che avrebbe dovuto essere alle mura di Suna mezz'ora dopo, aveva tutto il tempo per arrivare in anticipo. Anche perché odiava essere in ritardo. Quindi balzò giù, saltando di roccia in roccia.

    18.20: varcata la soglia del villaggio, si spostò leggermente sulla destra, facendo un cenno di saluto alle guardie. Rimanendo in piedi sopra alla sabbia calda, sarebbe rimasto ad aspettare i suoi compagni di ventura, sperando che fossero se non in anticipo, almeno puntuali. L'abito da monaco nero pur attirando i raggi del sole lo faceva sentire leggero e fresco, un tessuto decisamente pregevole. La cintura verde recava sulla fibbia il simbolo di Suna, in modo che potessero riconoscerlo come shinobi, chiunque a prima vista, avrebbe detto fosse un monaco. Una volta raggiunto dai suoi compagni, li avrebbe salutati congiungendo le mani e chinandosi leggermente in avanti come suo solito, introducendo la sua persona:
    <Mi chiamo Luxeifer, onorato di fare la vostra conoscenza>. Si prese quindi un attimo, lasciando che si presentassero anche loro, per poi riprendere:
    <La questione è delicata, un sunese si è tolto la vita. Nonostante io sia contrario a tale gesto, è proprio questa ragione che mi spinge ad indagare sul motivo della sua morte>
    Sperando di aver fatto comprendere le sue motivazioni agli altri, aspettò di sentire un parere, di sapere cosa ne pensavano. Non l'avrebbe detto apertamente, ma sperava che uno dei due avrebbe preso le redini della situazione, quasi auto dichiarandosi leader del gruppo. Non era un ruolo che gli si addiceva assolutamente. Una volta designato il capogruppo si sarebbe semplicemente diretto verso la zona dove Otomo era morto, ora loco di fiori e omaggi da parte dei suoi concittadini e di chi lo aveva a cuore. Non volle toccare nulla, sarebbe stato poco rispettoso nei confronti del defunto, ma tentò lo stesso di osservare tra le varie cose, cercando un dettaglio, qualcosa di rilevante, o di strano. Se il leader avesse parlato con le guardie sarebbe stato ad ascoltare ciò che gli avrebbero detto, soffermandosi a pensare su quanto detto riguardo alla canzone canticchiata prima di gettarsi: Cantare prima della morte? Era sereno? Si forse è normale... la paura lo avrebbe fatto rinunciare. Ha abbracciato la morte fischiandole nelle orecchie.
    <Non dobbiamo considerare nulla come irrilevante, se si riuscissero a sapere le parole di tal canzone sarebbe comunque un elemento da analizzare> disse ad alta voce, sperando che la guardia riuscisse a ricordare qualche nota, anche solo il motivetto.

    Terminato lì, si diressero a casa di Otome, come il Kage aveva ordinato nella missiva. Dovettero fare molto in fretta, il tempo usato per dare una prima occhiata alle mura non sarebbe servito come scusa valida nei confronti dell'uomo che dovevano incontrare. Questo si presentò come Imuz, vicino amico di Otomo. Per un attimo però Lux non comprese ciò che l'uomo pensava che stessero facendo quegli shinobi: Tale privilegio? Sarebbe un privilegio indagare sul perché si è suicidato? poi rifletté bene, mettendo da parte ciò che pensava fosse scontato o giusto e si disse semplicemente che in effetti era strano... normalmente l'avrebbero archiviato come suicidio e infilato nelle cartelle dell'amministrazione, era insolito che li facessero indagare. <Faremo del nostro meglio signor Imuz, la morte di una persona non è mai lieta notizia, tanto meno quando tale persona si è tolta la vita da sola. Scopriremo le motivazioni di questo gesto>.
     
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