Ospedale della Foglia

[Gestionale]

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Arashi Hime
        Like  
     
    .
    Avatar

    Group
    Y Danone
    Posts
    8,529
    Reputation
    +561

    Status
    Anonymous


    LEARNING TO WALK

    Tell me and I forget. Teach me and I remember. Involve me and I learn.




    «Ancora tu?»

    Il Jonin dal volto bendato si appoggiò al grosso bancone di legno che sembrava aver ricevuto una sola lucidata dacché era stato creato, e questa risaliva a molti anni prima. I suoi lunghi e ispidi capelli biondi caddero malamente sulla spalla sinistra quando lui, senza celare la sua solita perplessità, reclinò leggermente la testa di lato. I suoi occhi, per un istante, tradirono irritazione quando un mazzo di chiavi d'ottone gli furono fatte tintinnare sotto il mento.

    «...Ci sono problemi?»

    Aveva smesso di contare quante volte fosse già venuta lì quando si era reso conto che sarebbe stato solo l'inizio di una lunga, lunghissima processione.
    Eccola lì: Shizuka Kobayashi. Il primario dell'Ospedale di Konoha.
    L'unica allieva dell'Hokage.
    [...] Era tutto iniziato cinque mesi prima, quando lei era arrivata con un mazzo di chiavi che solo il Kage avrebbe dovuto avere, e ostentando un permesso scritto da “Raizen” –così lo chiamava lei, piccola spudorata– aveva annunciato di volere l'accesso a tutta la biblioteca biomedica, compresi gli archivi proibiti. A nulla erano valse le sue proteste, basate per lo più sull'osservazione che non vi erano possibilità che una Chunin potesse avere la preparazione utile a comprendere la maggioranza dei testi presenti nella sezione speciale che lui custodiva da quindici anni, e che non era mai riuscito a leggere tutta...
    ...ma lei aveva annientato ogni sua incredulità e malizia, e lo aveva fatto andando lì ogni giorno che gli Dei avevano messo in terra. Ogni giorno. Per ore.
    Gli orari cambiavano sempre, a seconda dei suoi turni in ospedale pensava, ma che fosse all'alba oppure di sera, e che lei fosse ristorata da uno splendido sonno oppure con i capelli sporchi e le occhiaie, colei che era conosciuta come la Principessa del Fuoco –unica erede di un Impero Economico che avrebbe dovuto tenerla ben lontana da un luogo come quello– non mancava mai i suoi studi.
    Di lei poteva dire poche cose. Quelle che la sua riservatezza estremizzata lasciava trasparire, almeno.
    Era intelligente. Molto più di quanto una donna avrebbe dovuto esserlo, credeva lui.
    Ed era affamata di Sapere. E la sua fame faceva paura.
    ...Non sembrava mai averne abbastanza, mai essere contenta di quanto imparava, con quella sua velocità di comprensione fuori dalla norma e una capacità mnemonica che rasentava chissà quale idilliaca forma di autismo intellettivo.
    Eppure non si definiva mai “brava”, ma ignorante sì, spesso. Ed odiava esserlo.
    C'erano milioni di cose che voleva sapere, voleva provare, sperimentare, ottenere... e poco tempo, a sua detta. Troppo poco tempo.
    Ma avrebbe ovviato anche a quel problema, in qualche modo. Ne era certo.
    Ogni tanto appariva spaventata, come se improvvisamente ciò che capiva o ideava la turbasse. Non aveva mai capito perché, lei era gelosa dei suoi appunti e della sua abilità creazionista come pochi altri Shinobi nella storia di Konoha lo erano stati, ma ai suoi occhi era evidente che la sua fame di sapere superasse la paura. Non aveva mai smesso di andare avanti, dopotutto.
    E lui, un giorno, si era accorto di temerla.
    Temeva il suo sguardo, troppo simile a quello di un affamato in un tempo di carestia.
    “Questa donna farà grandi cose” aveva pensato più volte. Ma non era stranamente stato convinto che potessero essere anche cose “buone”.

    «Non avete una vita sociale, Kobayashi-sama?» Chiese il guardiano dell'archivio, ponendo il palmo della mano destra su una grossa parete di pietra, da cui si dipanò subito un labirinto di Fuuinjutsu color dell'oro, il quale esplose in una circonferenza di combinazioni in rapido mutamento. «Vivete praticamente qui dentro, negli ultimi periodi.» E non stava esagerando. Una volta era stato costretto a tirarla fuori dagli archivi dopo che aveva trascorso due giorni a dormire per terra.
    «Ho trovato qualcosa di interessante, Banri.» Disse per tutta risposta la piccola Chunin, sorridendo. «Non ho ben capito cosa sia, però.» Ammise, imbarazzata.
    «Archivi Proibiti?» Chiese il Jonin, e l'altra annuì tranquilla, come se nulla fosse. «Non ho idea di cosa stia facendo l'Hokage-sama...affidare il sapere medico proibito ad una Chunin... la Quinta Hokage sarebbe impazzita!»
    «La Quinta Hokage iniziò una Chunin, la sua unica erede, a questa stessa biblioteca, mi risulta.»
    Osservò la ragazza, tagliente. La sua lingua scattava sempre troppo velocemente, e lui odiava quella cosa.
    «Aveva una maestra!» Ringhiò Banri, furioso.
    «Io ho me stessa.» Replicò la Principessa della Foglia, sorridendo elegantemente mentre la parete di pietra si scomponeva in una serie di mattoni oblunghi, che si incastrarono poi perfettamente aprendo così un varco da cui sarebbe potuta passare una sola persona per volta. «E questo mi basta.» Aggiunse, entrando nell'apertura che cominciò subito a richiudersi dietro di lei. «Ci vediamo domani mattina, Banri. Buonanotte.» E lui non ebbe nemmeno il tempo di ruggire circa la sua maleducazione, che la porta si sigillò dietro le sue spalle, chiudendola dentro il Tempio del Sapere di Konoha.

    [...]



    Shizuka Kobayashi era sfacciata. Ma non stupida.
    Sapeva perfettamente che avrebbe avuto bisogno di un maestro per poter quantomeno sapere una lista di cose che era giusto o sbagliato imparare... ma a chi avrebbe dovuto chiedere?
    Esistevano molti Shinobi medico, nel continente conosciuto... ma nessun ricercatore.
    L'evoluzione della medicina, come pure la ricerca in senso stretto, erano pressoché state abbandonate dopo l'ultima Grande Guerra. I ninja medico dell'Accademia, forti della sicurezza che da quel momento in poi la Pace avrebbe regnato incontrastata in ogni dove, si erano fossilizzati nell'arte della cura, con virtuosismi più o meno pregevoli ma mai azzardati, trascurando così l'ispirazione voluta dalla scienza.
    ...Lei era l'unica scienziata, in tutta Konoha. Forse in tutto il continente.
    A chi avrebbe dovuto chiedere consiglio, dunque? Non ne aveva idea, ma era consapevole che se c'era qualcuno ancora vivo e ben disposto a seguirla, forse avrebbe potuto capirlo studiando i volumi che si trovavano lì dentro.

    In verità aveva le idee piuttosto confuse.
    Quel posto –un corridoio lungo e dai soffitti alti, in cui librerie chiuse in gabbie di ottone lucente resistenti a tecniche di qualsiasi natura, troneggiavano le une accanto alle altre, sotto a lanterne che si accedevano come per magia al passaggio di qualsiasi creatura dotata di Chakra– era un vero Eden del Sapere.
    Si era resa conto della vastità del materiale contenuto lì dentro, una delle tante Ale ad Accesso Limitato della più comune Biblioteca di Konoha, già al suo primo mese di assidua frequentazione.
    C'era di tutto: dalla nozionistica base, alle tecniche di cura superiore, fino ai suoi agognati tomi Proibiti. Questi, posti in fondo alla sezione di consultazione e chiusi in gabbie con quattro mandate di due diverse chiavi, erano il vero calice che dissetava la sua sete.
    Ma erano incomprensibili. Difficili da capire, spesso addirittura da leggere.
    Nonostante si fosse resa conto che la metà di quei libri li aveva già letti prima di arrivare lì, aveva comunque impiegato i primi tre mesi a consultare quelli rimanenti che non conosceva e che le interessavano, e gli ultimi due mesi aveva invece dovuto trascorrerli sugli archivi proibiti solo per rendersi conto che quello che capiva era qualcosa che non sapeva come attuare.
    Ciò a cui si riferiva erano per lo più rotoli tanto vecchi da suggerire la paura ad aprirli. Registri scritti a mano, firmati o anonimi. Tomi sigillati con Fuuinjutsu che solo Shorinku aveva dimostrato di conoscere –quando lei gli aveva riportato il disegno, durante una loro sessione di addestramento– e che si era detto riluttante a spiegare.
    E fogli. Tanti, tanti, tantissimi fogli.
    Chiusi e protetti da raccoglitori di sughero e legati da spaghi sfilacciati, i fogli erano la questione più spinosa di tutte. Alcuni sembravano appunti e resoconti, bilanci e stime persino delle Grandi Guerre, altri invece apparivano come annotazioni di esperimenti falliti e taluni altri addirittura descrizioni di osservazioni lunghe anni. Con suo sommo stupore Shizuka si era resa conto che molti erano firmati dalla Quinta Hokage in persona, e altri persino da Mito Uzumaki, che non era necessario essere una storiografa per saperla essere la Prima Forza portante di Konoha e una delle capostipiti della medicina come oggi la si conosceva.
    Molti altri fogli, invece, custoditi in cartelle dagli angoli smussati e reclusi in un affollato ripiano angusto, non avevano firma. Sembravano i documenti più rovinati di tutti, come se nel corso del tempo fossero stati consultati milioni di volte, insistentemente.
    All'apparenza compilati di fretta, pieni di scarabocchi illustrativi dalla quasi agghiacciante perfezione anatomica, erano però anche stranamente i più affini al suo modo di pensare. Benché dunque la calligrafia fosse affilata e incomprensibile come le spire di un serpente che si arriccia su se stesso, la Principessa della Foglia lesse con voracità il loro contenuto e colmando mano a mano le lacune della sua preparazione, aveva cercato di dare un senso al materiale segnato con date sbalzate di settimane o mesi, provando a capire il significato nascosto dietro quelle frasi spezzate, quegli accenni ad ambizioni che non erano mai palesemente espresse...
    Aveva suo malgrado compreso che tutti gli Shinobi che avevano avuto accesso in quella Biblioteca erano senza dubbio stati più colti e potenti di lei, e non si era pertanto stupita di rendersi conto che era incapace di applicare il 98% delle tecniche lì riportate. Per non parlare della teoria bella e buona, che impegnava ogni nanomillimetro della sua mente.
    Consapevole che non si poteva spiccare il volo senza prima aver imparato a battere le ali, aveva perciò iniziato con qualcosa di “semplice”: far riprendere a battere il cuore di un pesce morto da meno di ventiquattro ore.

    Ci aveva impiegato sei giorni, venti ore, undici minuti e trentasei secondi per farlo. Più centosette pesci della pescheria di Villaggio, ordinati vivi e ammazzati lì dentro per l'occasione.
    Era svenuta due volte. Soccorsa da Banri per mancanza di segnali di vita ben quattro.
    La tecnica utilizzata le era esplosa nel viso tre volte e aveva rischiato di staccarle di netto le mani una, renderla cieca due e stordirla quattro.
    Nel complesso era finita al pronto soccorso solo una volta, un risultato niente male considerando che era riuscita a rimettersi in piedi solo dopo mezza giornata di convalescenza.
    E così, dopo molti sforzi, era dunque riuscita a padroneggiare una tecnica di guarigione superiore proibita. Quasi uccidendosi, certo, ma era comunque meraviglioso!
    Fu così felice che pianse la sua inettitudine per due giorni. E in quei due giorni non uscì da dentro la biblioteca, continuando a leggere giorno e notte.

    «Come faccio ad ottenere il potere sconfinato?» Chiese un giorno, distesa nel campo Addestramento n.4 della Foglia. Al suo fianco, Shorinku Yamanaka, Capo della divisione Sigilli e suo attuale maestro, la guardò apparentemente stupito.
    «Ancora con questa storia, signorina Kobayashi?» Aveva domandato, guardando l'allieva con attenzione. «Dovete domandarvi che uso fare del “potere sconfinato”. Non come ottenerlo. Quello potrebbe venire con il tempo.»
    ...Ma lei non aveva abbastanza tempo. Quell'anno avrebbe compiuto ventuno anni e le sembrava ieri che ne aveva sedici e prendeva il suo coprifronte per la prima volta. Di quel passo si sarebbe svegliata una mattina e avrebbe scoperto di avere quarantacinque anni e non aver fatto niente di quello che voleva.
    «Finché le vostre intenzioni sono protese alla gentilezza, signorina Kobayashi, non dovete temere il fallimento.» Aveva detto il biondo Yamanaka, pazientemente, quando si era infine reso conto che la sua allieva non si sarebbe accontentata di quella frase semplicistica. Necessitava di motivazione, per andare avanti, e giacché quella che le era peculiare si dimostrava fuori controllo –senza limiti, etica o morale, sempre affamata e desiderosa di miglioramento– aveva sempre creduto che avrebbe dovuto essere lui a dargliene nel giusto modo. Per la sicurezza di lei. E di chi le stava intorno. «Provate, provate e provate. Impegnatevi come nessun altro. Continuate a guardare di fronte a voi. E sicuramente un giorno otterrete qualcosa che nessun altro ha mai ottenuto.»

    ...E così lei aveva provato, provato e provato ancora una volta.
    Ma quello che ne era uscito, andò molto oltre le sue aspettative.
    E mai come in quel momento, Shizuka Kobayashi sentì di aver appena aperto una porta che era meglio –molto meglio– lasciare chiusa...
     
    .
292 replies since 20/11/2005, 15:40   6822 views
  Share  
.