L'Uomo che Uccise il Sole

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  1. Boreanz
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    Volare nuovamente sul dorso del Re era meraviglioso: l'aria gli scorreva tra i capelli e quando attraversavano una nuvola il suo corpo era lambito da piccoli e soffici frammenti di nembo. Una sensazione magnifica. E che velocità! Aveva dimenticato quanto il Re fosse rapido: grazie alle sue possenti ali la nobile sagoma del grifone fendeva i cieli senza alcuno sforzo apparente, ed il suolo era solo una macchia indistinta. Dalle parole che fluivano nella coscienza dello Hyuga questi potè intuire che l'umore del sovrano era notevolmente migliorato e senza dubbio più disteso. La fine di Hanketsu doveva avergli davvero sollevato un peso da quel cuore millenario.

    Capiva la sua necessità di dover fare immediato ritorno nel suo reame, e anzi gli era grato per averlo voluto accompagnare da suo padre di persona. In poche ore furono a destinazione: mancava l'atmosfera di festa che entrambi si erano aspettati, ma entrambi convennero che non fosse nulla di cui preoccuparsi. Il Re salutò Vergil e dopo un lieve inchino fu nuovamente in volo. Il giovane Hyuga ricambiò inclinando il capo in avanti.

    " Lo spero anche io, Sire. A presto. "

    Quando la figura del Re scomparve all'orizzonte lo Hyuga si voltò, desideroso di rivedere il padre e di spiegargli l'accaduto. Neanche il tempo di fare un passo ed una voce lo chiamò. Conosceva quella voce: si trattava di Rin, una delle servitrici della tenuta. Voltandosi, Vergil la scorse avanzare in modo incerto, il volto chino verso terra. Altri servitori erano apparsi dai tatami che davano sul giardino e tutti guardavano verso terra. Strano. Se il Re aveva mandato un messaggio la casata principale sarebbe stata senza dubbio informata del ritorno del primogenito di Soken Hyuga. Eppure nessuno dei suoi conoscenti di pari rango era lì presente, ad accoglierlo. Accigliato, si rivolse alla donna che continuava a chiamare il suo nome.

    " Sono io, Rin. Mio padre è nelle sue stanze? "

    La donna sembrò sollevata e rispose, ma non osò alzare lo sguardo. Lo Hyuga le appoggiò una mano sul braccio, con l'intenzione di rincuorarla.

    " Va tutto bene. "

    Di certo la reazione della donna fu qualcosa di inatteso. Al tocco gentile dello Hyuga sobbalzò, come bruciata, e lo supplicò di non toccarla né di avvicinarsi. Cosa diavolo stava succedendo? Poi, indietreggiando, Rin inciampò e cadde all'indietro, e Vergil capì. Con il sangue che gli si gelava nelle vene alzò lo sguardo verso gli altri presenti e vide lo stesso identico orrore. Ecco spiegato quel clima tetro, la paura nella voce della donna e l'insicurezza nel suo incedere: era stata privata degli occhi. E così tutti gli altri servitori.

    Ma perché? Cosa diavolo era successo in sua assenza? E, soprattutto, come aveva potuto suo padre lasciare che questo accadesse? Da Rin non avrebbe saputo molto, dato lo stato in cui era. Senza aggiungere altro scattò alla volta delle camere del padre. In meno di un minuto arrivò davanti al tatami di ingresso alla sala della cerimonia del the, dietro il quale scorgeva la sagoma del padre. Indugiò un attimo, combattendo l'orrenda sensazione che gli cresceva nel petto, dopodiché varcò la soglia.



    Nel momento stesso in cui tornò in sé, Vergil realizzò che mai si sarebbe liberato di ciò che vide. Suo padre, Soken Hyuga, l'uomo che ammirava e aveva ammirato tutta la vita, era di fronte a lui, genuflesso nella classica posizione per la cerimonia del the. Ma la luce era stata derubata dal suo mondo. Quando il jonin parlò la sua voce era differente dal solito, incrinata, debole, e le sue gote erano rigate da lacrime di sangue.

    " Padre... "

    Sgomento oltre ogni limite, Vergil coprì la distanza che li separava, si inginocchiò ed abbracciò l'uomo dai capelli di luna.

    " Padre, chi vi ha fatto questo? "

    La sua voce era piegata dal dolore, ma ferma e decisa. Doveva essere forte per l'uomo cui doveva tutto. Allentando lievemente l'abbraccio Vergil effettuò l'unico sigillo per il Byakugan e posizionò il proprio volto a pochi centimetri da quello dal padre. Doveva verificare. Sapere che era successo. I minuti passarono, gli occhi di Vergil percorsi da un tumultuoso torrente di energia mentre cercavano di cogliere ogni dettaglio di quanto era accaduto. Le orbite sembravano come essere state bruciate e delle delicate cicatrici bianche rimanevano a coronare l'atrocità consumatasi.

    Disperato, Vergil passò ad analizzare il chakra, ma non appena lo fece - essendo il suo sguardo ben piantato negli occhi cavi del jonin - un improvviso sfarfallio venne rilevato dai suoi occhi per un istante. Similmente alle sue fiamme pentagonali, un attimo c'era e l'attimo dopo era scomparso, lasciandogli sotto lo sguardo il maestoso chakra del padre. Si sforzò di soffocare il dolore.

    " Sono tornato per voi, padre. Ditemi cos'è accaduto e lo affronteremo insieme. "

    OFF GAME

    :argh:

     
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