L'Uomo che Uccise il Sole

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  1. Boreanz
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    L'urlo del padre di non toccarlo, se possibile, accigliò Vergil ancor di più. Che diavolo era mai successo? Obbedì prontamente alla richiesta del genitore, ristabilendo le distanze. Quando Soken parlò di nuovo il giovane chunin impiegò qualche attimo a recuperare la compostezza necessaria. Una maledizione? Per quanto pressanti ed innumerevoli fossero i suoi interrogativi Vergil si affrettò a rispondere al genitore. Ora più che mai, quando era debole, era suo dovere fargli sentire quando grande ed invariato fosse il suo rispetto per lui. Richiamando alla memoria l'orribile esperienza appena vissuta si apprestò dunque a narrarla.

    Iniziò dalla spinta che aveva messo in moto ogni cosa, il suo desiderio di maggiore forza. Si era addentrato nel reame dei grifoni per chiedere di venire addestrato dal Re in persona e mentre attendeva che gli venisse concessa udienza ogni cosa aveva avuto inizio. Sorvolò sulla battaglia tra il suo corpo posseduto ed il Re: era chiaro che il sovrano aveva informato il padre su tutto quando questi aveva porto quello che credeva l'ultimo saluto al figlio.

    " In prima persona ho fatto ben poco, padre. Per sfuggire al sigillo quella creatura aveva separato il suo io in due parti, relegando la parte oscura talmente in profondità da non risultare percepibile e lasciando il controllo all'altra parte, creata sulla base dei ricordi, delle emozioni e delle esperienze a cui aveva accesso tramite la possessione del mio corpo. "

    Guardò il padre. Mentre narrava la sua esperienza, rapido e sicuro diede inizio alla Cha no Yu, la cerimonia del the.

    " Impotente ho osservato lo stratagemma di quel demone funzionare ed il mio corpo, guidato da un altro me stesso, liberarsi. I miei ricordi fluivano in lui e per quanto la somiglianza fosse perfetta nell'avatar potevo sentire la presenza di quell'essere, il cui nome era Hanketsu. Ho osservato me stesso combattere contro il Re e ferire altri grifoni con le mie arti. La rabbia che provavo pareva incendiare la mia anima stessa, padre. Ho creduto di perdermi. "

    Conclusi i preparativi rituali Vergil svuotò per tre volte l'acqua del bollitore nella tazza del padre, facendo poi lo stesso con la propria. Il lieve aroma di the verde iniziò a pervadere piacevolmente la stanza. Il chunin dagli occhi di luna sperò che questo piccolo piacere potesse dare conforto all'animo del padre.

    " Durante il combattimento, però, il demone ha peccato di superbia: credeva che dopo quel lungo sonno forzato il mio spirito fosse stato fiaccato. Quando il sigillo si è finalmente rotto, Hanketsu ha recuperato le sue forze ed ha tentato di schiacciare la sua controparte simile a me che aveva creato. Senza il sigillo a vincolarlo alla paralisi del demone, però, il mio chakra era finalmente libero di scorrere. "

    La sua voce si velò di tristezza.

    " Vi ho visto darmi l'ultimo addio, padre. Non credo di aver mai provato nulla di simile. Ho lasciato che la mia anima stessa scorresse all'interno dell'avatar, un simulacro perfetto, e questi ha distrutto sè stesso. "

    Nel tentativo di far sorridere il padre, poi, aggiunse un dettaglio che normalmente avrebbe omesso.

    " In un modo piuttosto cruento, devo dire. "

    Serrò il pugno.

    " Il mio corpo è più forte, ora, ed una nuova energia mi scorre dentro. "

    Terminato il racconto, il the ormai aveva esaurito il periodo di infusione.

    " Il the è pronto, padre. "

    Attese che Soken lo assaporasse. Ripensando a quanto appena accaduto, disse al padre di aver appoggiato una mano sulla spalla di Rin, della casata cadetta, quando questa continuava ad evitare il suo sguardo. Questi gli rispose prontamente, rassicurandolo. In effetti il contatto era stato di un attimo, dato il grido immediato della donna(di cui solo ora capiva la ragione). Senza aggiungere altro Vergil terminò lentamente il suo the, in attese che il padre facesse lo stesso e procedesse finalmente a spiegare cosa fosse successo.

    Non gli sfuggì quando lo Hyuga dai lunghi capelli immacolati urtò la tazza, facendola cadere. Vergil serrò le mascelle. Non poteva nemmeno immaginarsi che inferno potesse essere perdere i propri occhi, e non solo per la perdita intrinsica del senso della vista: per il suo clan erano il luogo in cui risiedeva la loro fonte di maggior potere e motivo di gloria in tutte le terre ninja. Perdere un occhio era considerata una disgrazia, onorevole solo se avvenuta in battaglia contro un nemico degno.

    Quando il padre terminò il racconto Vergil non poteva credere alle proprie orecchie. Suo padre, battuto? Non esattamente, visto che il tizio se l'era data a gambe senza continuare il combattimento, ma comunque il fatto di riuscire a privare della vista uno shinobi della levatura di Soken Hyuga era incredibile. Grazie alla sua maestria nell'arte della deambulazione lo Hyuga era riuscito in paio di volte a sfuggire ai colpi del padre o a coglierlo alle spalle, ma mai a colpirlo e tanto meno in quel modo. Chi diavolo era quel tizio?

    C'era poi la questione della creatura che stava cavalcando. Il Re Corrotto era reale? E costui lo cavalcava? Il padre concluse, dicendo che l'uomo aveva sottratto la luce a chiunque all'interno della tenuta e che con tutta probabilità sarebbe tornato in cerca dello Hyuga, ora che questi era di nuovo a casa. Vergil serrò ancor di più le mascelle. Desiderava con tutto sè stesso che quel tizio tornasse, in modo da potergli scagliare addosso ogni oncia del suo talento e della sua furia. Ma sapeva quanto sciocco fosse anche il solo pensiero. Cosa poteva lui, anche con l'aiuto di Vilya, il più potente dei Tre, contro l'uomo che aveva privato della vista suo padre? Quando arrivò la domanda, però, la risposta che il suo cuore gli suggerì fu una sola.

    " Se con il mio talento o la mia morte potrò servire il clan, io lo farò, padre. "

    [...]

    Come era possibile?

    Questo l'unico pensiero di Vergil mentre indietreggiava rapidamente tentando di opporre le braccia ai continui assalti del padre. Soken Hyuga, tenuta da combattimento e guanti protettivi alla mano, nell'ultimo quarto d'ora gli aveva appena dimostrato quanto insignificanti fossero ancora le sue capacità. Persino privo della vista, il grande dono del clan, suo padre riusciva a coglierlo di sopresa ed a sfruttare la minime falle nella sua guardia. Com'era possibile?

    Tutto stava nella posizione, quel cosiddetto "principio del maestro" di cui il genitore gli aveva parlato. Lo Hyuga continuava ad osservare lo strepitoso ninja che aveva davanti agli occhi per capire, cogliere quello in cui era manchevole. Ed eccolo ripartire all'attacco. Bruciò la distanza in un attimo e con movimenti armoniosi le braccia partirono in modo rapido verso le sue zone vitali. Avambraccio contro braccio, mano a sviare il polso, indietreggiare per non offrire il profilo, eppure, inesorabilmente, una media di uno o due colpi atterravano sempre sul corpo dello shinobi che da parecchio si riteneva intoccabile.

    E faceva piuttosto male. Il padre non stava utilizzando il chakra mortifero del juken contro il corpo ancora inesperto dell'erede ma nemmeno si tratteneva, e le sue mani erano come fruste ad ogni impatto. Ciliegina sulla torta, Vergil era certo che quella velocità non fosse nemmeno vicina ai massimi livelli del padre. Difendendosi dalla nuova offensiva sorrise tra sè, pensando quandto spazio di crescita ancora gli rimanesse. Una frustata alla bocca dello stomaco gli spezzò improvvisamente il fiato, riportando la sua attenzione all'uomo che gli stava scatenando davanti. Specialmente contro suo padre, non era il caso di abbassare la guardia.

    Saltò indietro di qualche metro, recuperando la sua posizione. Richiamò nella sua mente i caldi pomeriggi estivi in cui lo stesso uomo che lo stava attaccando gli aveva impartito le prime nozioni dell'arte marziale di clan. Abituato a combattere con nemici sempre molto diversi da sé forse Vergil aveva deviato dalla purezza originale dello stile, adattandolo di volta in volta alle esigenze del momento. Di certo si era trattato di una buona palestra, ma era giunto il momento di compiere un passo in più. Guadagnare una padronanza "pura" della massima espressione offensiva degli Hyuga.

    Prese un respiro profondo. Ogni volta che Soken Hyuga tornava in guardia dopo un attacco, aveva notato nei minuti precedenti, la sua guardia era leggermente differente da quella del figlio. Gambe più piegate di qualche centimetro, braccia meno distanti tra loro, avambracci non rigidi. Vergil prese dunque posizione e parlò.

    " Ancora. "

    Lo scattò del padre superò qualsiasi sua aspettativa ed in un istante gli fu addosso. Il palmo destro mirava alla fronte e la mano sinistra minacciava qualsiasi arto si fosse interposto. Contrattaccando Vergil alzò immediatamente l'avambraccio sinistro a difesa, deviando il colpo sui capelli, e tentando al contempo di colpire il polso sinistro del padre con la destra per impedire un suo intervento. Non fu così sciocco da gioire quando la manovra riuscì e rimanendo concentrato riuscì, grazie al suo ampio campo visivo, a percepire il ginocchio del genitore che mirava alla sua rotula.

    Un passo indietro fu la reazione istintiva, accompagnata da un doppio affondo mirato a pancreas e braccio destro per tenere impegnato il padre. Questi però si limitò ad abbassare il busto con naturalezza estrema rientrando nell'area d'attacco e minacciando gli organi vitali del figlio. Ormai abituato a questo tipo di offensiva Vergil fu lesto nel porre braccio sinistro a difesa dello stomaco ed al contempo, mentre deviava un sottile attacco del padre con il gomito, tentare di colpirlo al mento con il palmo. Ancora una volta però Soken Hyuga si dimostrò superiore: la mano del braccio deviato si aggrappò al kimono dello Hyuga strattonandolo verso destra ed impedendo al suo attacco di andare a segno. Prima che potesse pensare ad un'altra offensiva, poi, il palmo sinistro del padre atterrò inesorabilmente sui suoi addominali alti.

    Arretrò istantaneamente con un salto, ma sapeva che se avessero fatto sul serio a quell'ora il suo stomaco sarebbe stato in pezzi. Non andava ancora. Qualcosa era cambiato, tant'è che aveva resistito a ben due assalti, ma il padre era sempre superiore. Lo osservò raddrizzare la sua guardia con aria concentrata e, vedendolo, faticò ad impedire che l'ammirazione che provava lo deconcentrasse.

    C'era qualcosa di profondamente diverso che li separava e che li poneva su piani neanche lontanamente comparabili, avessero fatto sul serio. Fu solo grazie al suo innato occhio ai dettagli delle persone che Vergil realizzò di colpo. Era l'aria intorno a ciascun combattente ad essere diversa; probabilmente se avesse osservato gli scambi avvenuti lo avrebbe realizzato anche prima. Nei movimenti agili ed eleganti del jonin dai capelli di luna non c'era alcuna incertezza, nè imprecisione. Sapeva esattamente cosa colpire, dove colpire, quando colpire, ed in che modo reagire ad ogni possibile attacco. In quel momento realizzò davvero almeno una parte dell'enorme distanza con la schiena di suo padre. Doveva aver memorizzato migliaia e migliaia di posizioni di combattimento in schemi ordinati nella sua mente, e ad ognuno di questi corrispondeva un'adeguata reazione.

    Qualcosa che di certo non poteva essere appreso in poco tempo e senza una notevole capacità cerebrale e pura esperienza sul campo. Fortunatamente, a Vergil non mancava nessuna di queste. Ora che aveva compreso, la pratica avrebbe fatto il resto. Nella prossima ora, decise, avrebbe combattuto in modo puramente provocatorio, in modo da completare la scheda mentale che aveva si suo padre per quanto riguardava il combattimento. E così fece.

    Dopo oltre due ore da quando avevano iniziato l'allenamento con il "principio del maestro", finalmente, Vergil era riuscito nell'obbiettivo prefissatosi. Eliminati i difetti tecnici, aveva compiuto anche l'ulteriore passo necessario per superare una prova di quel livello. E contro Soken Hyuga i suoi movimenti persero ogni incertezza. Non poteva prevedere cosa avrebbe fatto suo padre, certo, ma non appena vedeva una mossa prendere vita il suo corpo agiva quasi autonomamente per il meglio, evitando ulteriori frustate.

    Questo piccolo risultato raggiunto, però, non cambiava la realtà dei fatti. Che speranze poteva avere Vergil contro un mostro come quello descritto dal suo genitore? Quando la settima serie consecutiva di attacchi del padre terminò senza che un singolo colpo atterrasse sul suo corpo, Vergil indietreggiò ancora ma si permise di interrompere l'allenamento per qualche attimo.

    " Padre, non sono abbastanza veloce per eliminare quell'uomo. Ho bisogno di occhi più potenti per avere una possibilità. "
     
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