"Those who go beneath the surface do so at their peril"

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  1. Boreanz
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    C'era grande agitazione quella mattina, nel quartiere Hyuga. Il capofamiglia di uno dei tre nuclei di maggior rilievo all'interno del clan, il nobile Soken Hyuga, aveva indetto una festa per tutta la casata principale ed il clan. I preparativi andavano avanti da quasi due mesi, ormai, e ogni membro di rilevo di clan attendeva questa occasione sin dal primo giorno. Il giovane chunin della clan dalla tanto vociferata intoccabilità era il motivo dei festeggiamenti a venire. O, meglio, lo erano le sue gesta. Pochi mesi prima quel ragazzo, nelle cui vene scorreva il sangue più puro del clan, aveva risvegliato un antico patto sopito da molti decenni. Ma, quel che più contava, dando prova di raro talento e di completa abnegazione alla stirpe, dicevano le indiscrezioni, quello ragazzo era riuscito ad evitare l'annientamento di molte, preziose vite del clan, un compito che diversi shinobi d'élite avevano purtroppo fallito prima che questi facesse ritorno. Una nuova leggenda aveva visto il suo principio in seno al clan. Vergil Hyuga era un eroe.

    La cerimonia ufficiale era prevista per le undici del mattino. In quel momento erano le sei, ed iniziava appena ad albeggiare. Come la maggior parte dei consanguinei, Vergil era già sveglio. Ma i festeggiamenti centravano ben poco. Da quando aveva sconfitto Shotaro e Suiho aveva fatto la sua promessa, nonostante fossero passate diverse settimana, il chunin raramente riusciva a dormire più di qualche ora per notte. E quando vi riusciva, era sempre un sonno agitato e senza sogni. La sua mente era prigioniera di un pensiero, un chiodo fisso che gli toglieva il riposo e non lasciava spazio per altri pensieri. Anche le due impegnative missioni a Kurohai, dove aveva conosciuto Drake, e poi in cerca di Shinodari, al di fuori del continente ninja, non erano riuscite a distrarlo, seppure gli avessero insegnato molto. Ora era più forte. Il suo intero essere era solido e compatto, e tale cambiamento era sotto gli occhi di ogni Hyuga in grado di risvegliare l'abilità innata di clan. Un altro motivo per cui lo acclamavano, soprattutto se in relazione alla sua giovane età.

    Ma nella sua mente non c'era spazio per tutto questo.
    Nonostante il suo nuovo potere, una terribile consapevolezza lo gettava in preda allo sconforto, alla tristezza ed alla preoccupazione. Non poteva vincere contro Suiho. Diavolo, non avrebbe nemmeno potuto sentirlo arrivargli alle spalle per tagliarli la gola se quello solo avesse voluto. Anche adesso, con le sue capacità, Vergil sapeva di non aver ancora raggiunto il padre. Né a proposito del potere grezzo, e certamente non a proposito dell'esperienza. Le sue capacità latenti rimanevano notevoli, senza dubbio, e con il tempo era fiducioso di poter raggiungere vette più alte di quelle del genitore. E questo, in gran parte, lo doveva a sua madre ed alla amorevole cura che si era preso di lui ogni giorno, sin dalla nascita. Ma proprio lì stava il problema. Serviva tempo. E lui non ne aveva.
    Un eroe condannato a far morire la sua gente.

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    [...]

    Vergil era in piedi sull'entrata dell'enorme stanza centrale sontuosamente decorata. La sua chioma corvina era acconciata all'indietro, in modo da far risaltare il suo viso e i suoi occhi perlacei. Indossava un sontuoso abito da cerimonia, confezionato dal rinomato maestro Tsujishirō Kuroemon III, ed il suo splendore era senza rivali. La sala era gremita di Hyuga di alto rango, che osservavano con occhi attenti il futuro della casata ergersi davanti a loro. Nell'altro capo della sala stava Soken Hyuga, similmente vestito e con la lunga chioma argentea sciolta dietro il capo. Nei suoi occhi, un estremo orgoglio per il figlio che aveva amato e cresciuto dal giorno della sua nascita. Al suo fianco stava una donna estremamente longilinea ed elegante, dagli ammalianti occhi perlacei e con lunghi capelli corvini. In un contesto che non fosse stato di rigida etichetta nobiliare, molti volti maschili non avrebbero esitato a poggiare gli occhi sull'incantevole figura sorridente a fianco del possente jonin della casata principale. Quella donna, amata e rispettata da tutti per il suo sorriso in grado di portare conforto nella vita di ognuno, era la consorte di Soken Hyuga e madre di Vergil Hyuga. Quella donna era Tomoko Hyuga, figlia della saggezza.

    Soken Hyuga levò leggermente il mento e Vergil iniziò a camminare in mezzo al salone, gli occhi di tutti puntati su di lui.
    Molti sarebbero stati nervosi in una situazione simile, ma la naturalezza con cui il giovane chunin poteva comportarsi era il coronamento di una vita spesa ad apprendere l'etichetta e le complicate vie della nobiltà. Camminò deciso sino al soppalco su cui i genitori, insieme a cinque anziani del clan, lo attendevano. Una volta terminato il percorso guardò il padre negli occhi, piegando poi in avanti il capo per manifestare a tutti il suo rispetto e la propria sottomissione a qualcuno di superiore.

    " Figlio mio. "

    Iniziò Soken Hyuga, la voce ricolma di orgoglio ed affetto.

    " Mai sei venuto meno ai tuoi doveri, come ninja e come persona, e come nulla ti è stato fatto mancare, nulla hai mancato di restituire alla gloriosa stirpe cui appartieni. "

    L'attenzione della sala era monopolizzata dalle parole del jonin, che all'interno del clan godeva di immenso rispetto per via della sua mente acuta e penetrante e, non meno, per via della sua invidiabile forza.

    " Quando il clan era in difficoltà, tu lo hai soccorso. Quando era debole, sei stato la sua forza. E quando c'è stato da lottare contro la morte, lo hai salvato dall'annientamento. "

    Vergil non osava distogliere gli occhi dal volto del padre e della madre, che lo guardavano felici come raramente li aveva visti. La rabbia che provava in quel momento era indicibile. Verso sè stesso, per la sua debolezza. Verso Suiho, per ciò che aveva fatto. E verso il tempo, che era tiranno e gli stava rovinando quello che sarebbe dovuto essere uno dei momenti più gloriosi della sua intera esistenza.

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    " Oggi, figlio mio, gli Hyuga ti rendono onore. "

    Ogni parola gli pesava come un macigno sulla coscienza. " Vi sbagliate, padre! ", voleva gridare. " Non sono un eroe. Ho fallito! " Ma le parole non gli uscivano. Il coraggio di rovinare quella felicità gli mancava. E così ingoiò ogni cosa, esibendo il migliore dei suoi sorrisi. Appena accennato, estremamente affascinante ed al contempo educato. Il padre lo guardò ancora per qualche attimo con occhi colmi di orgoglio. La madre faceva lo stesso, ma due fresche gocce di commozione riposavano ai lati dei suoi occhi candidi. Il potente jonin si girò poi di lato, ed uno degli anziani gli porse un contenitore lungo e stretto. Quando glielo mise davanti agli occhi, il cuore di Vergil perse un colpo. " No. Questo no. Vi prego, padre. Vi prego! ", urlò furiosamente dentro di sè.

    Sorridendo, Soken Hyuga aprì il raffinato contenitore avvolto in stoffa scarlatta, rivelando ai presenti una katana scintillante di fattura mai vista. Vergil conosceva quella spada. Apparteneva alla sua famiglia da generazioni intere, da quando un suo antenato la guadagnò per incredibili meriti verso il clan. Ma nessuno l'aveva mai usata. A dirla tutta, era un bene della famiglia, del clan stesso, non di un singolo individuo. Come potevano volerla dare a lui? Con mani ferme Soken Hyuga sollevò l'arma sui palmi, offrendola al figlio. " QUALCUNO MI AIUTI! VOGLIO IL POTERE PER SALVARE LA MIA FAMIGLIA! ". La sofferenza interiore che aveva coltivato in quei mesi era sul punto di esplodere. L'attaccamento alla vita fu per lui spezzato. Per la seconda volta nella sua vita, utilizzò il linguaggio proibito che aveva studiato di nascosto persino da suo padre.
    " I shall pay any price, so, please. "

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    " Il consiglio degli anziani ha preso la decisione all'unanimità. La mitica Shunka Shutō ti appartiene adesso. "

    Fu con timore quasi reverenziale che Vergil posò la destra sull'impugnatura che aveva conosciuto un solo tocco fino a quel momento, il tocco di un uomo sicuramente più meritevole del ragazzino che nonostante tutto lo Hyuga sapeva di essere ancora. La sollevò con grazia, attivò il Byakugan in un attimo e al suo massimo splendore bellico si voltò verso l'intero clan che lo osservava.

    " VIVI ED ONORA IL TUO NOME, VERGIL HYUGA, IL FIORE LAMPO! "

    Ruggì il padre. L'intera sala emise un boato di approvazione, applaudendo all'erede della Linea Pura.
    Vergil puntò la lama verso l'alto, portandola davanti al volto, marziale. A fatica trattenne le lacrime che minacciavano di sgorgargli dagli occhi perlacei. Concentrò invece le potenti emozioni che lo attraversavano nella sua aura, in modo che tutti gli Hyuga, ora a Byakugan attivo, potessero vedere lo splendore e la grandezza del suo potere. Il suo spirito era forte e fiero, ma il suo cuore era spezzato. Spezzato dal dolore, dalla sofferenza, dal destino che vedeva per la sua gente.
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    Fu in quel momento di fusione estrema tra disperazione ed energia vitale che accadde.
    La sua coscienza venne sfiorata da qualcosa. Qualcosa di profondo, ineffabile e potente. Vergil non aveva mai provato nulla di simile.
    Persino la presenza del Re Corrotto, il cui pensiero normalmente lo faceva sudare, impallidiva al solo confronto. Un abisso di tenebre e potere senza fondo e senza anima.

    E fu così che, quasi con leggerezza, Vergil Hyuga si lasciò cadere nell'abisso.

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