[Team 23] Più strani non si può

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  1. Shibuya-kun
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    Sensei (?)



    Misaka-san, c'è una missiva per voi.

    Con queste parole si aprì la sua giornata. Prima che il ragazzo bussasse alla porta della sua stanza, era semplicemente intenta ad analizzare il suo nuovo equipaggiamento da kunoichi. Conoscere i pro e i contro del materiale a sua disposizione, avrebbe potuto aiutarla in caso di necessità. Posò sul tavolino in legno il kunai che teneva nella mano destra e si alzò. Andò alla porta tenendo con la mano sinistra, nascosta dietro la schiena, un secondo pugnale da lancio. Infilò le dita nell'incavo della serratura, sbloccò il meccanismo e fece scorrere la porta in carta di riso e legno rivelando la figura di colui che aveva parlato. Susumu, uno dei tutori di Miyori Uchiha, o comunque qualcosa di simile, era lì, di fronte a lei, in piedi mentre le porgeva una lettera. Si limitò a fissarlo, in silenzio. Tentava di capire le sue intenzioni, era davvero solo una lettera? Non si fidava, non si fidava per niente.

    Con permesso.

    Tenendo sempre nascosta l'arma dietro la schiena e provando ad uccidere i suoi dubbi e sospetti, la giovane prese quel pezzo di carta con l'altra mano, dopodiché il ragazzo si congedò con un inchino tornando alle sue mansioni. Misaka richiuse la porta dietro di sé e si sedette su uno dei tatami di fronte al tavolino. Era ormai qualche giorno che viveva nella casa dell'Uchiha, per lei era tutto una novità. Le pareva una villa da gente ricca, troppo ricca per i suoi gusti e ciò la metteva a disagio. Mai quanto i suoi coinquilini, naturalmente. Miyori le aveva offerto quel posto dove stare senza apparentemente volere nulla in cambio e ciò la insospettiva, in ogni caso l'offerta le era parsa abbastanza buona e quindi eccola lì, in una casa fin troppo lussuosa per lei. Benché avesse accettato di abitare con altra gente, la giovane di sangue Hyuga era comunque ancora molto diffidente nei confronti di chiunque, ed aver aperto a Susumu con un kunai dietro la schiena ne era un chiaro esempio. In ogni caso, anche se non poteva e non voleva girare le spalle a quella gente, Misaka gradiva abbastanza il comportamento che tenevano nei suoi confronti. Nessuna domanda, nessuna seccatura. La convinceva quasi a pensare che Miyori avesse aperto le porte della sua abitazione senza davvero voler nulla. Ma lungi da lei fidarsi delle apparenze! Non avrebbe ceduto per così poco. Far sì che la vittima si fidi, è una tattica basilare per portare a termine un inganno ben congegnato.
    In ogni caso, poggiò il kunai che aveva in mano sul tavolo, di fianco agli altri allineati. Con estrema calma aprì la lettera e lentamente iniziò a leggerne il contenuto.

    CITAZIONE
    Cara Misaka,
    è con piacere che ti scrivo questa lettera. Sei stata selezionata per entrare a far parte del team accademico 23 sotto la giuda di un sensei, nella fattispecie, del sottoscritto Atasuke Uchiha. Sei quindi pregata di presentarti alle mura di konoha in data XX/XX/XX alle ore 7:00 del mattino. Li verrai raggiunta dal resto del team e mi incontrerete ad un campo situato poco più a nord nelal foresta come segnato nella allegata mappa. Buon corso!

    Per quanto avesse gradito l'estromissione del cognome, la giovane si ritrovò un po' stizzita dal tono quasi dolce delle parole. "...è con piacere che ti scrivo questa lettera..." Tsk! Non poteva negarlo, un po' di formalità in più non avrebbe guastato, certo, non chiedeva di comportarsi come Susumu, troppo formale, veramente troppo. Però un minimo era gradito dato che si parlava con un estraneo, dopotutto. Ma va beh, oh, finché non le fanno domande personali a lei le si può dire praticamente di tutto e nei modi più svariati. Fossero due paroline dette nel modo sbagliato i problemi della vita!
    Prese le informazioni e memorizzate, accantonò mentalmente l'argomento "lettera" e poggiò quel foglio per terra, sul tatami di fianco a lei, mentre spostò la sua attenzione verso la mappa allegata. Non poteva certo lamentarsi dei tempi coi quali le è stato fornito il vario materiale, infondo erano solo pochi giorni che era a casa Uchiha e all'interno del villaggio. Sospettava addirittura che i tempi siano stati così stretti per via dell'influenza dei vari Chunin che abitavano con lei. Ma non era grata ne niente, non sapeva nemmeno se avessero fatto effettivamente qualcosa per accelerare la sua iscrizione all'anagrafe della foglia prima, all'accademia ninja poi.
    In ogni caso, l'arrivo di quel foglio di carta, per lei significò qualcosa di più di "Iniziano i corsi" e "Sei stata assegnata ad un Team". Era un primo passo importante verso quello che lei riteneva il suo obiettivo. Ora conosceva ciò che sarebbe stato da il suo futuro nei giorni successivi. Doveva ammettere, infatti, che da quando era riuscita ad entrare a Konoha, a trovare un posto dove stare, iscriversi all'accademia e via dicendo, non aveva la più pallida idea di come procedere per coltivare il suo desiderio. Ma ora si... sapeva cosa fare. Semplicemente fare ciò che le veniva detto, per lei, era già un qualcosa. Almeno, non rischiava di buttare le sue giornate nel nulla totale.

    [...]


    Il giorno stabilito non tardò molto ad arrivare. Le via di Konoha erano affollate come sempre e la giovane Misaka Hyuga che per l'occasione vestiva di una nuovissima tuta grigio-nera che contava tra felpa e pantaloni innumerevoli tasche, avanzava sicura tra la gente. Quasi come per dimenticare l'atteggiamento più che sospetto che aveva tenuto qualche giorno prima dirigendosi verso le mura, per entrare però. L'altra volta, quando incontrò Miyori e Hakuya era conciata peggio di una barbona. Sporca, non si lavava da giorni, mangiava un giorno sì e due no. Pareva quasi miracoloso il cambiamento. Ora avanzava a testa alta, sicura. Sguardo fiero, solitario e colmo di dolore e rabbia, come quello di una regina decaduta, tradita da tutto e tutti che rifiutava di ammettere la sconfitta. Era bellissima. Molti uomini si giravano a guardarla, anche in quella tuta così scialba. Fu quasi ironico il momento in cui passò accanto a quella stessa madre che pochi giorni prima trascinò il figlio, che le si era avvicinato troppo per raccogliere quella famosa arancia, lontano da lei per paura che potesse fargli del male. Infondo, non se ne curò di quel cambio d'atteggiamento da parte della donna. Dopotutto era probabile non l'avesse nemmeno riconosciuta.
    Comunque, per quanto la riguardava, aveva altro a cui pensare. Non poteva nemmeno negare di sentirsi un po' in ansia per l'inizio del corso Genin. Non aveva la più pallida idea di cosa la stesse aspettando, e nemmeno di chi la stesse aspettando. "Li verrai raggiunta dal resto del team" Non era una grande informazione, a pensarci bene. Chi erano gli altri? Ignoto. Quanti erano gli altri? Ignoto anche quello. L'unica cosa che sapeva era che aveva un sensei che tentava troppo facilmente di entrare in confidenza. Wow. Peggio di così!
    Mentre si era persa nelle svariate ipotesi riguardanti le persone con cui avrebbe potuto avere a che fare quel giorno, la giovane giunse alle mura del villaggio. Quelle stesse mura alle quali incontrò la "padrona di casa". In quel lasso di tempo la sua vita era cambiata parecchio, dalle stalle alle stelle. Ma accantonò presto questi pensieri inutili e iniziò a guardarsi intorno alla ricerca dei suoi compagni di squadra. Cosa ridicola, infondo, dato che non conosceva nulla di loro. Ne i loro volti, ne i loro nomi, ne da dove venivano... insomma, nulla. Le apparve persino strano il dover attendere per gente sconosciuta. Col via vai che c'è sempre all'ingresso del villaggio era persino difficile capire chi stesse aspettando chi. Ma in ogni caso, se c'era qualcuno che attendeva come un ebete guardandosi in giro -come stava facendo lei, d'altronde- e non aveva un coprifronte col simbolo del villaggio, allora la probabilità che fosse un suo compagno era elevata. O almeno, se non elevata, c'era.

    Le serve qualcosa, signorina?

    La voce provenne da un non meglio precisato punto dietro di lei. Si voltò di scatto, infuriata con sé stessa per non aver percepito l'avvicinamento di colui che aveva parlato. Si ritrovò dinnanzi un uomo piuttosto robusto, sul metro e novanta che, cosa più importante, indossava il coprifronte. Doveva per forza di cose essere una delle sentinelle che periodicamente pattugliavano il perimetro di Konoha delimitato dalle mura, attirato dalla ragazza che, dopotutto, se ne stava semplicemente ferma, in piedi di fronte al gigantesco portone d'ingresso del villaggio guardandosi attorno. E quel comportamento, non era sfuggito alle guardie. In ogni caso, la giovane lo guardò impassibile, senza dire una parola.

    Non ha nulla in contrario se le chiedo di seguirmi, vero?

    Il tono infastidito del ninja suonò dentro di lei come un campanello d'allarme. Andare a muso duro contro quel tipo, in quella situazione era decisamente controproducente. Non appena quell'uomo fece per allungare una mano verso di lei per costringerla a seguirlo per l'eventuale interrogatorio, con un gesto rapido la giovane tirò fuori da una delle tasche della felpa la lettera che si riferiva al corso genin. Quel gesto, tuttavia, in un primo momento venne interpretato nel modo più sbagliato dal ninja, come se Misaka stesse estraendo un'arma, infatti, l'uomo si era ritratto velocemente assumendo un espressione decisamente aggressiva. Solo in un secondo momento e dopo le dovute spiegazioni le acque si calmarono un poco.

    Sono Misaka Hyuga, sto aspettando i miei compagni di squadra per il corso genin, ma non ho la più pallida idea di chi siano.

    Mentre parlava, la giovane porse al ninja la lettera. Lui lesse rapidamente il foglio e sembrò fare finalmente attenzione agli occhi perlacei della giovane che, in parte, lo rassicurarono sull'effettiva verità delle sue parole, ma dall'altra lo imbambolarono un po', come se si fosse reso conto di aver mancato di rispetto ad un esponente della nobiltà. Probabilmente non erano solo gli occhi in sé ad averlo costretto a quel comportamento, ma anche lo sguardo della ragazza che, seppur inespressivo, apparve colmo di odio, rabbia e sofferenza.

    Beh? Devo ancora seguirla?

    No, non ce n'è bisogno. Si assicuri però di mantenere un comportamento più consono alla sua posizione.

    Dopo aver infastidito la ragazza con queste parole, il ninja si congedò. Posizione. Quale posizione? Ma che ne sapeva lui di lei? Niente. Certo, gli Hyuga sono rispettati e sono uno dei motivi d'orgoglio di Konoha, ma lei era convinta che ciò non la riguardasse. Non era forse stato uno di loro a gettarla via come spazzatura solo per mantenere quella sua "posizione"? Odiava davvero quei discorsi. Posizioni sociali e cazzate varie... contano davvero più della vita di propria figlia per un certo Hyuga? Evidentemente sì. Che schifo.
    In ogni caso, quella sua discussione con l'anonimo ninja della sicurezza avrebbe forse smosso un po' le acque. Se uno dei suoi compagni di squadra fosse stato presente, almeno lui avrebbe avuto l'occasione di individuare uno dei membri del neo-formato e non ancora riunito Team 23.

    [...]


    Il Team 23, se già così lo si poteva chiamare vista la gente che lo componeva, giunse nel luogo indicato dalla mappa allegata alla lettera senza particolari problemi, percorrendo un sentiero che si diramava attraverso la boscaglia dalla strada principale che portava a Konoha. Era uno spiazzo nella foresta in cui li attendevano una coppia di tende, il tenue fumo di un braciere ancora ardente e sopratutto lui. Uno strano tipo che tutto poteva apparire, tranne che come sensei. Già dal primo impatto, Misaka storse il naso. Si aspettava almeno un individuo serio, vestito da ninja e invece... invece si era ritrovata di fronte un tipo indistinguibile da un regolare civile. Beh, se era partita col piede sbagliato con il sensei, la sua prima impressione riguardo i suoi compagni non era stata da meno. Una tipa che più che aspirante ninja, sembrava stesse andando ad un colloquio di lavoro per diventare una di quelle cameriere per locali di soli adulti, e un tizio che agli occhi di Misaka non sembrava avere nulla di particolare, ma proprio niente! Si chiedeva se davvero quella gente aspirava a diventare armi da guerra, soldati, assassini e via dicendo. Perché sul serio, non le sembrava affatto possibile.

    Bene arrivati Misaka, Hime e Morinagi. Io sono Atasuke Uchiha e sarò il vostro sensei per questo breve corso. Per quanto vi possa interessare sono un Genin di Konoha, abile cuoco ed amante della natura, oltre che delle bellezze in generale. Sono lieto di fare la vostra conoscenza... Tuttava, io conosco solo i vostri nomi ed a parte Morinagi che è l'unico maschio, ignoro chi di voi sia Misaka e chi Hime. Quindi cosa ne direste di presentarvi a vostra volta raccontandomi qualcosa di voi?

    Per quanto riguardava le sue prime impressioni, quello che doveva essere il suo sensei gettò benzina sul fuoco. Rimase impassibile di fronte a lui mentre gli puntava addosso i suoi occhi color perla. Nel frattempo, però, iniziò a pensare i peggiori insulti. Era davvero così stupido da non rendersi conto chi era Misaka Hyuga pur ritrovandosi davanti quegli occhi bianchi? O, più semplicemente anche se era poco probabile, non era al corrente del suo cognome? Beh... poco importava. Probabilmente ciò che lei trovò davvero fastidioso risiedeva nell'ultima parte... quella riguardante il "...raccontandomi qualcosa di voi?"
    Detestava parlare di sé, era mostrarsi deboli, fornire informazioni che il nemico avrebbe potuto usare a proprio vantaggio per ingannare. L'aveva fatto una volta, e non era finita bene.

    Salve, Atasuke-sama! Sono io Hime Aizawa, anche se qualcuno mi chiama Rabbit... E' una storia lunga! Per il resto, ho sedici anni e vivo a Konoha...! Quello che amo fare è stare in compagnia e mangiare, quindi, dato che sei un ottimo cuoco, mi troverò bene con te, sensei! Eheh!

    Impassibile, Misaka spostò il suo sguardo sull'altra ragazza del gruppo. Davvero, non sapeva cosa pensare. "Atasuke-sama!" Oddio... In più c'era la parte riguardante il modo in cui qualcuno la chiama "Rabbit". Quei pensieri che prima sembravano tanto ridicoli, assunsero una connotazione più realistica, come se davvero la ragazza avesse lavorato in quel genere di locali. In ogni caso, un pizzico di gratitudine per esser stata la prima a dire qualcosa ed aver calmato l'istinto della Hyuga ad insultare il suo sensei, non poteva non provarlo. Tuttavia, ciò fu sufficiente a farla rimanere completamente zitta e in un modo o nell'altro, pur misurando le parole per convenienza, sentiva il bisogno di sfogarsi riguardo le sue aspettative ormai andate in frantumi.

    Atasuke-sensei quindi... Mi sta mettendo alla prova? O non le hanno dato le schede con tanto di "nome e cognome"? No, sa, mi risulta difficile credere che un genin della foglia non sia abbastanza sveglio da non capire chi diavolo tra me e questa ragazza ha sangue Hyuga. Non lo si vede già dagli occhi?

    Le prime parole della ragazza, benché educate, risultarono essere un attacco a quella che poteva essere probabilmente solo una svista. In ogni caso, si poteva chiaramente dire che lei con quel sensei del clan Uchiha era partita decisamente col piede sbagliato. Ma infondo non le importava. Doveva solo addestrarla, darle le conoscenze necessarie per diventare anche lei un genin della foglia, nulla più. Che ci fosse un bel rapporto o meno era superfluo.

    In ogni caso, il mio nome è Misaka Hyuga e a parte questo, ciò che ha a che fare con me e la mia vita non la riguarda.

    Mentre la giovane Hyuga parlava, non ci fu il minimo cambio d'espressione. Lo sguardo calmo e inespressivo già dicevano tutto. "Non insistere". Comunque, in fondo ciò che la giovane disse era vero e sempre al punto. Lui doveva limitarsi a fare il suo dovere, lei altrettanto. Era una cosa naturale per lei. E comunque non intendeva certo lasciare che una persona appena incontrata ficcasse il naso nella sua vita, chi era lui infondo? Solo un sensei per lei. Doveva insegnarle ciò che le serviva per diventare una kunoichi e nient'altro.
     
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