[Team 23] Più strani non si può

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  1. Raccoon
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    Le cose noiose
    Capitolo 1


    - Chi saresti tu? -

    La voce dello sconosciuto, facilmente individuabile come "postino", gli confermò l'evidenza. Ma Morinagi non era certo tipo da farsi sconfiggere così semplicemente.

    - Non ti credo! Perché mai un postino dovrebbe venire qua, a bussare alla porta di questa casa in cui evidentemente non c'è nessuno. -

    Il postino si sentì in dovere di obiettare che, se lui gli stava rispondendo, qualcuno c'era. E se quel qualcuno rispondeva al nome di Kobayashi Morinagi, allora aveva una lettera da consegnargli. Guardandolo al sicuro da dietro le pesanti tende della finestra della cucina, Morinagi sorrise. Povero postino, certamente quella giornata gli sarebbe parsa più lunga del dovuto. Molto più lunga. Mooooolto più lunga.

    - Ah, e perché non l'ha detto subito! Lei aveva iniziato chiedendo "c'è nessuno?", e Nessuno in questo momento non c'è. Però se la lettera è per Morinagi allora non c'è nemmeno lui. Però forse tra un po' Nessuno torna, quindi magari ha voglia di aspettare. Vuole un tè nel frattempo? -

    Il postino cominciò a interiorizzare il fatto che stava venendo preso vagamente per il culo, e cominciò a scaldarsi. In ogni caso, da persona professionale e emotivamente stabile, decise di non reagire. Non ancora. Si limitò a chiedere con chi stesse parlando, se Nessuno e Morinagi erano fuori entrambi.

    - Oh, ha fatto bene a chiederlo! È una domanda molto intelligente e sagace. Io, vede, sono Kobayashi, come Kobayashi che cerca lei, e mi chiamo Morinagi, proprio come il Morinagi di cui ha chiesto poc'anzi...In sostanza sono Morinagi Kobayashi. Ma non quello che cerca lei. No, questo proprio no. Il Morinagi Kibayashi che cerca lei è fuori, gliel'ho detto. -

    Anche la pazienza del più pacato degli uomini ha un limite, e il giovane doveva aver superato quello del malcapitato postino. Altrimenti non si spiega come mai quest'ultimo se ne andò gettando la lettera a terra e bestemmiando contro gli idioti perditempo, gli omonimi e i vecchi capolavori della cultura antica d'oltreoceano.
    Compiaciuto del suo operato, Morinagi uscì di casa e raccolse la lettera. Recava impresso il sigillo dell'Accademia. Iniziò a fiutare aria di noie e di rogne prima ancora di poterla aprire. Alzò lo sguardo verso le immancabili nuvole malinconiche e sospirò in modo del tutto consono alla situazione.

    [...]


    "Perché cazzo il sensei doveva mettere questo dannatissimo corso vicino a Konoha, e per di più in una fottutissima foresta!?!"

    Morinagi stava cercando di farsi strada nella fitta vegetazione, tagliando cespugli e rovi con violenti colpi di entrambe le lame impiantate nelle sue braccia. Le due armi, che spuntandogli dal polso gli superavano di poco la punta delle dita, gli facevano schizzare sui palmi delle mani linfa appiccicosa e resina puzzolente, alle quali si attaccavano foglie, rametti e frammenti di terriccio. E Mori odiava avere le mani sporche. Per un cuoco è fondamentale curare le mani, tenerle in buono stato. Avrebbe potuto indossare i suoi guanti speciali delle grandi occasioni, ma non voleva rovinarli (erano costati troppo per utilizzarli come protezione in quello schifo di foresta). Forse però a questo punto sarebbe necessario un flashback.

    [...]


    Subito dopo aver ricevuto la lettera Morinagi aveva sentito il bisogno di farsi un buon caffè, forte, nero e assolutamente senza zucchero. E magari con quello mangiare un po' della torta al cioccolato che aveva appena sfornato. Gli avrebbe dato la giusta carica per reggere la mazzata psicologica che sentiva in agguanto dentro quel misero foglio di carta. Mentre tritava finemente la polvere di caffè (una primizia che si era fatto arrivare dall'esterno, dall'aroma pieno corposo), ripensò al motivo per cui lo aveva fatto. Si accorse con stupore di non ricordarlo. Un motivo ci doveva essere per forza, però. Non si decide di diventare uno shinobi così, a casaccio. Ma non riusciva proprio a ricordare. Forse aveva mangiato qualcosa che gli era rimasto indigesto e lo aveva spinto, preda delle visioni da digestione difficoltosa, a iscriversi all'Accademia. Chi lo sa...Lui, no di sicuro.

    Quando il caffè fu pronto e bevuto e la torta tagliata e mangiata, Morinagi si decise finalmente ad aprire la lettera. Conteneva un semplice cartiglio, e un disegno piuttosto abbozzato che avrebbe tanto voluto essere una mappa. Lesse il cartiglio più rapidamente che poté. Non capì niente e lo rilesse più con calma. Assimilò le parole Corso Genin, Konoha, 7.00 di mattina. Rilesse di nuovo il tutto. Poi, come spesso faceva, si mise a parlare da solo.

    - Morinagi, Morinagi, vecchio mio. A volte mi domando perché fai le cose senza pensare. E dire che ti ritieni più intelligente della maggior parte della feccia che abita questo povero pianeta. Quando ti cacci in queste situazioni mi viene fortemente da dubitare delle tue effettive capacità mentali. Ti sei rincoglionito? Adesso ti toccherà andare fino a Konoha, che è lontana come l'Inferno, trovarti con altri tipi sconosciuti (e sicuramente poco simpatici) per fare chissà che genere di stupidate magiche, quando avresti potuto impiegare meglio il tuo tempo cucinando e preparando buoni manicaretti. O cominciando a organizzarti per quel ristornate che vuoi aprire. Invece no, ti sei ficcato in questo casino, e mi sa che ti tocca andare fino in fondo. I ninja sono gente permalosa. Ormai sei in ballo, e ti toccherà ballare, bello! Peccato tu sia scoordinato come ippopotamo zoppo. -

    Ogni volta che terminava uno di quei suoi monologhi con se stesso Morinagi si sentiva meglio, anche se con una strana sensazione di sdoppiamento. Un giorno o l'altro avrebbe davvero sviluppato due personalità. Forse si sarebbe sentito meno solo da schizofrenico. Sorrise al pensiero. Impossibile, avrebbe trovato il modo di detestare entrambi i S. Chissà che bei litigi ne sarebbero venuti fuori.
    Altra occhiata alle nuvole minacciose fuori dalla finestra. Altro sospirone malinconico.
    Dissolvenza in nero. Ultima inquadratura sull'occhio languido.
    La scena si sposta.

    [...]


    Morinagi si rese conto di quanto grave fosse la sua situazione. Oltre a essere completamente inzaccherato, adesso stava pure cominciando a mettere effetti cinematografici ai suoi flashback.

    "Ancora un po' così, e va a a finire che comincerò a canticchiarmi pure la colonna sonora..."

    Dopo essersi messo in viaggio, ovviamente, si era annoiato a morte per buona parte della strada. Aveva deciso i non recarsi al punto di ritrovo convenuto sotto le mura (troppo lontane e troppa perdita di tempo): si sarebbe unito agli altri direttamente nella foresta. Stando alla mappa, la strada non doveva essere troppo difficile. Niente di più falso. La foresta si era rivelata più fitta del previsto, piena di bestiacce interessanti dal punto di vista culinario ma decisamente poco propense a farsi cucinare.
    Così, nonostante fosse partito con abbondante vantaggio, fu un miracolo riuscire ad arrivare perfettamente in orario alle sette del mattino, dopo l'ennesima notte infernale passata a ballare merengue con le zanzare.
    Quando sbucò nella radura, con gli occhi pesti dal sonno e le ogni centimetro di pelle verde per la linfa, si stupì immensamente nel constatare che, con perfetto sincronismo cinematografico, due ragazze stavano sbucando a loro volta. Da un sentiero però.

    "Oh, che immensa gioia. Altre donne...Dei, che cosa ho fatto io di male?"

    Quando furono tutti radunati, Mori si rese conto del quarto individuo, quello che doveva essere il maestro. Non sembrava troppo più vecchio di lui. Anzi, forse non lo era proprio. Però aveva una faccia cordiale, nonostante l'aria un po' da figo. Quando parlò dando loro il benvenuto, però, i suoi occhi si illuminarono. Aveva detto di essere un cuoco! Oh, sublime gioia! Finalmente qualcuno con cui poter parlare di cose che a nessun altro piacevano! Stava per iniziare a rispondere, con l'intenzione di presentarsi e di spostare il discorso sull'argomento cucina, quando le due ragazze lo interruppero. Cosa che avveniva un po' troppo spesso per i suoi gusti.
    La prima, una ragazza abbastanza anonima, disse di chiamarsi Aizawa, o anche Rabbit ("Chissà che vuol dire?", si chiese Morinagi), di avere sedici anni e di venire da Konoha. Disse anche di adorare il cibo e, per questo, i cuochi. Nonostante sembrasse proprio nella media delle persone mediocri e noiose che Morinagi odiava, fu almeno contento nel constatare che non era una pazza, né un mostro, né un'attaccabrighe. E quella sua passione per la cucina poteva forse renderla un pochino interessante. Forse.
    La seconda incalzò la prima dopo un istante. Un istante in cui le lanciò un'occhiata di profondo disprezzo. L'interesse di Morinagi si risvegliò, nella speranza di aver trovato un'anima affine, per poi tornare a dormire profondamente non appena la sentì parlare. Prima ancora di presentarsi, si lanciò in un'educata invettiva priva di stile contro il Sensei (che comunque sembrava un tipo apposto), parlando di test, e accennando al fatto che si era rivolto alle due ragazze senza sapere chi fosse chi. Terminò dicendo qualcosa a proposito dei suoi occhi, che, come Morinagi poté constatare, ero candidi.

    "Oh bene, un altro mostro! Ma che, la normale gente noiosa l'hanno tolta dal commercio?"

    Dopo questo attacco iniziale, si presentò come Misaka Hyuga e si rifiutò con sdegno di parlare di sé. Morinagi la bollò e catalogò nelle sezione "ragazze borioso" e "persone antipatiche".
    Quando fu sicuro che avesse finito, si presentò a sua volta. Nonostante lo sporco e la stanchezza, sfoderò uno sguardo di pigra sicurezza e il suo solito sorrisetto laterale. Si sedette su un masso e parlò.

    - Visto che la signorina Misaka Hyuga ci priva dell'interessantissimo racconto della sua vita, mi presento io. Sono Morinagi Kobayashi, ma chiamatemi pure Mori. Vengo da Oto, e sono qua perché mi ci ha chiamato lei, Uchiha-sensei. Nella vita faccio il cuoco a tempo pieno, e ho diciotto anni. Per ora non svelo altro, però sono disponibile per eventuali domande. Ah, un ultima cosa, un piccolo consiglio per te, Hyuga-san: non fare così la sbruffoncella con chi è indubbiamente superiore a te per capacità. Il rango non conta molto nella vita. E soprattutto pensavo che la principessa fosse Aizawa-san. -

    Rimase lì seduto con aria trasognata, guardando il Sensei e cominciando a girarsi una sigaretta, un vizietto che aveva scoperto da poco ma che lo aveva conquistato. Aveva anche provato a inserire foglie di tabacco fresche in qualche ricetta, ma doveva ancora migliorare quel punto. Però il sapore gli piaceva, e fu una liberazione dall'antipatia suscitatagli dalla sapientina riuscire finalmente a inalare in denso fumo della sigaretta. Fiuuuuuuuhhh!

     
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10 replies since 20/3/2012, 23:51   251 views
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