La maledizione degli Uchiha

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    C H A N C E ENCOUNTER:
    You have to accept whatever comes and the only important thing is that you meet it with courage and with the best that you have to give.

    Shizuka Kobayashi and the man with no name




    divisore





    Se c'era una cosa che Shizuka Kobayashi aveva imparato a trovare sempre più difficile da quando era diventata Genin, questa era scappare dalle grinfie di sua madre.
    Se la giovane Principessa Tempesta di Konoha era infatti in grado di sopportare allenamenti estenuanti impartitegli dalla nonna materna e dal suo unico maestro, Raizen Ikigami, era certo che schivare le sempre nuove trappole della famosa Heiko Uchiha diventava sempre più complicato... poiché se era vero che quella che fu la più potente Jonin Uchiha aveva il divieto assoluto di attivare la sua Genkai Kekkei come anche di interessarsi a qualsiasi cosa coinvolgesse il mondo ninja a causa della condanna impartitele dal suo Clan natio, in seguito al suo rifiuto di sposare l'uomo che era stato scelto per lei così da poter divenire a sua volta capoclan...
    … nessuno le aveva mai vietato di sfruttare le sue sconfinate conoscenze circa meccanismi e trappole, che ora, a distanza di tanti anni, metteva a punto contro la figlia minore: cartabombe fatte in casa, coltelli come kunai, e un'infinita sequenza di aghi, spilli e piccoli affarini indemoniati che pungevano la pelle fino a farti urlare.
    Trappole magistrali quelle che, tuttavia, la ragazzina riusciva sempre ad evitare, ogni volta rinsaldando la sua mezza idea di essere immortale, o quantomeno una persona davvero fortunata...
    ...quel giorno però si era realizzato ciò che di peggio ella avesse mai visto dato che sua madre l'aveva quasi decapitata con l'accetta per tagliare la legna della servitù, dopo aver scoperto che la figlia aveva saltato i suoi allenamenti settimanali per incontrarsi con “quel dannato kiriano dallo sguardo sarcastico”.
    […] Che quel “dannato kiriano” fosse il suo unico allievo, e che l'appuntamento in questione fosse per un allenamento ovviamente non era bastata come giustificazione, e Shizuka Kobayashi aveva dovuto affidarsi alla reputazione di cui si diceva godesse, correndo più veloce del vento e con più fluidità della pioggia, per trovare ricovero nell'unico posto che sapeva non poter rientrare nel raggio d'azione di Heiko l'oni: Il bosco.

    « Sono davvero immortale... » Borbottò la mezzosangue, scivolando da dietro un grande pino secolare per ritrovarsi di fronte al fiume in piena dove due anni prima era stata allenata dal suo maestro.
    Ricordando quell'addestramento, la giovane kunoichi non poté fare a meno di ridere, aggrottando la fronte nel rammentare le proprie convinzioni di allora come pure i suoi comportamenti decisamente discutibili.
    Al tempo, le reazione del suo sensei le facevano montare la rabbia in petto, ritrovandosi perciò spesso a contraddire il Chunin dai capelli d'argento con sguardo di sfida, per poi puntualmente offendersi nel vedere invece sul di lui volto solo la rassegnazione dello sventurato...
    … ma del resto, poteva comprendere le prese di posizione di Raizen solo adesso, dopo tanto tempo, ora che anche lei era diventata una maestra e aveva a che fare con un allievo poco incline a prendere ordini non motivati: L'esatta copia di ciò che era lei prima che le divenisse chiaro l'ordine del mondo.
    Sorrise, andando a sedersi in riva al fiume tra l'erba fresca e i fiori variopinti dai pistilli bagnati, mentre i suoi occhi correvano veloci a rincorrere i giochi di luce che il tramonto creava filtrando dalle chiome degli alberi del bosco, per poi precipitare sulle acque del corso d'acqua in cui la ragazza fece passare una mano...
    … Era una giovane donna sui diciotto anni quella che si sarebbe potuta ammirare in quel momento, il frutto perfetto della combinazione tra due mondi diversi che si erano uniti per creare quella creatura dalla bellezza nobile e antica, tipica dei Daimyo d'altri tempi: Aveva lunghissimi capelli castani raccolti in un'alta coda di cavallo dalla quale sfuggivano piccoli ciuffi ribelli, che scivolavano poi ad incorniciare un volto da bambola di porcellana meraviglioso per la sua candida carnagione di seta, ravvivata da profondi occhi verdi e una bocca rubiconda color della ciliegia.
    Piuttosto bassa per il numero di lune che aveva visto scorrere, Shizuka Kobayashi si distingueva tra la massa di donne del suo villaggio per la delicatezza e l'eleganza che abbracciavano ogni suo movimento, poiché per quanto il di lei carattere potesse esser forte e indomabile, c'era una cosa che non veniva mai a mancare nella Principessa Tempesta della Foglia, e quella qual cosa era proprio la bellezza della raffinatezza...

    “S... Scusa... I... Io sono Atasuke Uchiha... anf... di... Konoha.... Perdona il disturbo... ma... potrei chiederti dove siamo?... Temo di essermi.... perso”



    shizukaoh
    Era ancora assorta nei suoi pensieri ricordando i tempi andati, quando un rantolo sofferto giunse a stuzzicarle l'udito attirando la sua attenzione sulla sponda opposta del fiume, laddove un giovane uomo dai capelli corvini stava stramazzando a terra, coperto di sangue e livido in più punti nel suo corpo dilaniato.
    Aveva capito a stento ciò che quell'individuo le aveva detto, ma la sola immagine della condizione di lui non poté che farla trasalire e lei, scattando in piedi per vedere meglio la scena, sentì un brivido freddo scorrerle lungo la schiena. Istantaneamente portò una mano alla wakizashi nascosta nel fiocco dell'obi policromo che caratterizzava la sua divisa ninja: Questa -un gioiello dell'alta sartoria Kobayashi- si presentava composta da un paio di lunghi pantaloni aderenti neri, intrappolati in stivali di pelle alti fin sopra le ginocchia che con il loro tacco slanciavano quella donna le cui formosità intriganti erano però valorizzate dalla parte superiore dell'uniforme, composta invece da un kimono dal taglio particolare, che sfidando la tradizione, andava a lasciare scoperte le spalle e gran parte delle braccia, forse per dar maggiore libertà di movimento a colei che lo indossava.
    […] Per quanto l'istinto cantasse feroce sul farla immediatamente nascondere tra le chiome degli alberi tenendosi pronta a rispondere a qualsiasi situazione, per un attimo l'irresponsabilità di Shizuka Kobayashi ne vinse la prudenza, inducendo la ragazza a portarsi dall'altra parte del fiume usando i massi che troneggiavano al centro di esso come sentiero naturale.
    Non era sicura di cosa o chi potesse essere quel fagotto di stracci, ma dalla distanza a cui si trovava la kunoichi poté indovinare i lineamenti di un ragazzo forse poco più grande di lei, se non addirittura coetaneo, contorti dal dolore e dalla stanchezza.
    A prima vista sembrava solo un povero sfortunato inciampato in chissà quale beffa del fato, ma nel momento in cui la ragazza si avvicinò ulteriormente notò quell'unico dettaglio che le bastò a comprendere chi diavolo fosse in realtà colui al quale aveva creduto di voler prestare aiuto...
    … era impossibile sbagliarsi: A Konoha, del resto, c'era un solo ventaglio bianco e scarlatto, e quel ventaglio, prendeva il nome di...
    « Uchiha... » Sibilò Shizuka, fissando con improvviso disprezzo lo Shinobi a terra « ...poverino, sei ferito vedo... » Continuò, sarcastica, e improvvisamente eccolo: Feroce, potente, animalesco, ecco arrivare quell'istinto di pura rabbia in polvere, di odio sottile e pericoloso che divorava ogni cosa e che in quel preciso momento -forte delle basi di quell'astio tanto radicato- con voce suadente, spronava chi ne era portatore a finire quella persona. Finirla per sempre.
    Ucciderla. Ucciderla senza pietà...
    « Muori » Ghignò dunque la ragazza, senza resistere poi troppo al bacio della malvagità, ma nel momento stesso in cui alzò la mano, pronta ad impugnare la wakizashi nera che un tempo era appartenuta alla madre e con la quale si scoprì desiderosa di commettere il suo primo effettivo omicidio, il ragazzo a terra si mosse, emettendo un gemito. Niente di incredibile, e certo niente di pericoloso: Un semplice singulto di dolore come tanti ne aveva sentiti da quando aveva affiancato il suo nome all'appellativo di “ninja”...
    … eppure, in quel momento, quel solo lamento bastò a schiaffeggiarla in pieno viso, con una tale potenza e una tale forza che la bastarda mezzosangue non poté che abbassare lo sguardo, attonita.
    Cosa stava facendo...? Come aveva osato solo pensare di uccidere qualcuno che non conosceva senza un motivo logico? Ma anzi, non esistevano mai “motivi logici” per privare della vita qualcuno... quando era stato il momento in cui aveva dimenticato una simile ovvietà?

    ...Perché il suo animo, per quanto si impegnasse, continuava a precipitare sempre più in basso nelle fauci dell'inferno?



    Portandosi una mano tremante al volto, la kunoichi si impose di respirare con regolarità per riacquistare la calma, poi, senza perdere altro tempo, si lasciò cadere in terra accanto all'uomo.
    « Svegliati » Ordinò, incapace di pensare a qualcosa di adatto da dire in quel momento « Morire in una foresta tra le braccia di una donna è la cosa più pietosa che si sia mai sentita nel Clan Uchiha » Abbaiò, facendo rotolare a pancia in su lo Shinobi per poi osservarlo con angoscia: Era completamente coperto di sangue, e lei, che di preparazione medica ne sapeva quanto poteva saperne un cuoco di Ramen, non riuscì a pensar ad altro da fare che iniziare a spogliare il malcapitato, quantomeno per capire se era il caso di mettersi o meno a pregare per l'elevazione del di lui spirito.
    Con le dita tremanti, e il viso che diventava sempre più paonazzo ad ogni lembo scostato dal corpo asciutto e snello del povero disgraziato, Shizuka aprì dunque il mantello nero intriso di sangue dell'uomo senza nome, cercò poi di alzarne con delicatezza la maglietta e quando arrivò alle bende che vi sottostavano, non vide altra scelta che quella di lacerarle con uno dei suoi kunai: La scena che le si presentò a quel punto davanti agli occhi era qualcosa che esulava da ciò che persino lei aveva mai subito, e certo non si poteva dire che la sua vita da ninja fosse stata spianata visto il sensei che si ritrovava ad avere.
    Impallidì, incapace di capire fino a che punto la situazione fosse critica, e guardando il viso del suo improvvisato compagno, si riscoprì a gemere un disperato: « Non morire, ti prego » prima di alzarsi di scatto e correre al fiume.
    C'erano poche cose che poteva fare in quel momento, e sebbene la più ovvia sarebbe stata quella di correre alle mura e mettersi ad urlare, era terrorizzata all'idea di tornare e trovare l'Uchiha morto, cosicché l'unica cosa che ritenne plausibile compiere fu cercare di agire in prima persona: Con un gesto secco delle mani, dunque, la Principessa di Konoha si sfilò il bellissimo obi di seta della sua divisa ninja, lasciando cadere a terra la lunga stola di tessuto e con essa la wakizashi di sua madre.
    Non diede peso a niente, né al clangore della sua amata arma sul suolo umido della foresta, né al fatto che in un attimo la sua divisa si aprì, lasciandola con indosso solo una fascia per il seno elasticizzata nera. La sua priorità era un altra, e per quanto schifo le facesse l'idea che quella priorità prendesse il nome di “Uchiha” non aveva tempo da perdere: Avvicinandosi al fiume perciò, la ragazza inzuppò il suo obi nell'acqua e quando fu sicura che questo ne fosse pregno, corse al fianco del ragazzo dai capelli mori, iniziando poi a tamponare con delicatezza il busto e ogni parte del corpo di lui che le sembrava sanguinasse, ripulendo le ferite e continuando a lacerare le vesti laddove lo riteneva necessario.
    Nei suoi occhi verdi, il panico dell'impotenza.
    « Se ti svegli ti giuro che questa divisa schifosa che ti ritrovi te la faccio nuova io » Gemette Shizuka, lanciando sguardi allarmati al ragazzo esanime « ...Quando finisco di imparare a fabbricare abiti ninja per il mio atelier, ti giuro che ti faccio una divisa ninja... ehi, un abito Kobayashi costa una fortuna, quindi sii onorato! » Esclamò, ma ancora nessuna risposta da parte del suo interlocutore « ...Anti-sanguinamento, anti-dolore, anti-tutto... » Insistette la principessa, con gli occhi che adesso si facevano umidi, e mai prima di quel momento comprese quanto il suo lavoro potesse essere utile in un contesto di vita e di morte quale quello che gli Shinobi si trovavano a vivere. Per un attimo, maledì se stessa per non aver mai avuto il coraggio di aprire prima il suo negozio e di tentare la fortuna sul mercato con quel poco che sapeva... se l'avesse fatto, ora, quel ragazzo starebbe meglio? « TI ORDINO DI NON MORIRE! » Urlò allora, disperata, e così dicendo portò un orecchio sul petto del ninja, cercando di udirne il battito del cuore « Non puoi farmi questo, dannato mostro... perché voi Uchiha dovete sempre ferirmi in qualche modo!? » Strillò « State cercando di portarmi via tutto... mi avete già strappato l'animo e il cuore! Cosa volete adesso!? » E scoppiando in singhiozzi, odiandosi come mai aveva fatto fino a quel momento, aggiunse: « Almeno dammi il tempo di chiamare qualcuno... »

    Era debole. Debole e inutile.
    Questo pensò di se stessa la Principessa Tempesta di Konoha -che non aveva mai visto morire un uomo di fronte ai propri occhi- prima di cercare di sollevare quest'ultimo per caricarselo sulle spalle, così da poter quantomeno rantolare fino alle mura del Villaggio per chiedere aiuto.
    Era debole e inutile, questo poteva essere vero, ma il giorno in cui avrebbe permesso a se stessa di lasciar morire un innocente era talmente lontano da non esistere... non ancora.
    Fino a quando la sua anima sarebbe riuscita a preservare quel piccolo puntino bianco che bilanciava la maledizione di cui era detentrice, infatti, avrebbe lottato e sarebbe vissuta per quell'impercettibile candore...
    ...non avrebbe permesso a nessuno di portarglielo via. Tantomeno ad un Uchiha.

    « Mi chiamo Shizuka Kobayashi » Mormorò la ragazza, tirandosi l'uomo sulle spalle per poi cercare di avanzare faticosamente in avanti « E tu, sporco rotelle munito, mi devi un ramen e una svariata dozzina di dango... » E così dicendo, tacque.



    divisore




     
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