La maledizione degli Uchiha

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    M I S F O R T U N E:
    Destiny is a good thing to accept when it's going your way. When it isn't, don't call it destiny; call it injustice, treachery, or simple bad luck.

    Shizuka Kobayashi and Atasuke Uchiha




    divisore






    Trascinarsi un peso morto dietro era un'impresa piuttosto complicata per una ragazza di appena un metro e sessantacinque d'altezza che aveva fatto della propria forza una dote accessoria difficilmente sfruttata.
    […] Crescendo in un mondo ninja nel quale i suoi punti di riferimento erano stati Colossi di due metri e di centottantotto chilogrammi di peso, Shizuka Kobayashi aveva infatti ben presto compreso che attorno a lei avrebbe sempre trovato qualcuno più naturalmente predisposto ad usare la forza di quanto lei non sarebbe mai stata, ragion per la quale aveva sempre cercato di affinare ciò che la natura le aveva offerto in dono: Agilità, Riflessi e Velocità...
    … doti che si rivelarono nel loro massimo splendore nel momento in cui la voce del moro fagottino di stracci che la kunoichi aveva sulle spalle parlò con voce bassa e suadente vicino al suo orecchio, poiché ella -trasalendo terrorizzata- non solo gettò velocemente a terra l'uomo con un tonfo sordo, ma si scostò anche agilmente da lui, mentre con altrettanta rapidità estrasse la sua wakizashi -incastrata in un passante dei pantaloni che indossava- che con un gesto secco della mano puntò in faccia al tipo, fissandolo con gli occhi sgranati e il fiato ancora grosso per la fatica: Nei di lei profondi occhi verdi, vi era lo spavento dello stupore... e un'angoscia dettata da molto di più. Ma cosa fosse quel “più” a nessuno era dato saperlo...

    « DANNATI GLI DEI » Imprecò la ragazza, scoccando un'occhiata allibita al suo improvvisato interlocutore « SEI VIVO! » La constatazione sembrava ciò che più sorprendeva la bella principessa di Konoha, che dopo aver detto quelle parole fissò infatti lo Shinobi a terra con uno di quegli sguardi che si riservano agli scherzi della natura o alle patologie senza speranza. Pareva in effetti aver già deciso che il suo compagno senza nome fosse destinato a morte certa.
    […] Era un ragazzo piuttosto alto, dettaglio quello che non aveva avuto modo di constatare fino a qualche attimo prima e che ebbe modo invece di osservare con una certa curiosità mentre lui arrancava goffamente sul terreno nel tentativo di mettersi seduto: Aveva bei capelli corvini e occhi del medesimo colore, di quel nero profondo e penetrante così simile a quello di sua madre e suo nonno.
    In effetti, a ben guardarlo, si poteva dire che avesse un suo certo fascino... in qualche modo si poteva persino definire un bel ragazzo -constatò non senza disperazione la giovane Kobayashi, portandosi la mano libera alla testa e aggrottando la fronte con rammarico. Adesso il suo volto era palesemente sconcertato.
    « ...Che siano i geni? » Si domandò tra sé e sé a voce bassa mentre riportava alla mente i volti dei suoi parenti Uchiha, tutti così maledettamente belli e tutti così maledettamente perfetti. Agli effetti se c'era una sola cosa che invidiava di quelle persone era la bellezza incontestabile... qualcosa che lei, purtroppo, non aveva ereditato: I suoi erano i lineamenti affascinanti ed eleganti dei Kobayashi, niente di lei richiamava gli Uchiha.

    “Devo ammettere che ho trovato interessante il modo in cui soccorri le persone... Non è da tutti aiutare un ferito per poi insultarlo dicendogli che ti deve del cibo, non trovi? Tuttavia non temere, sarà per me un onore invitarti a pranzo o a cena direttamente a casa mia nonappena sarò in grado di cucinare...”



    La voce dell'uomo giunse alle sue orecchie mentre lei era ancora intenta a fare la conta di quali fossero i dettagli estetici che i Kobayashi potevano vantare in più rispetto ai loro rivali, e lei, costretta dall'etichetta a riportare lo sguardo su chi le aveva rivolto la parola, non appena udì quelle parole non poté fare a meno di arricciare il labbro superiore in una smorfia.
    Se si fosse presentata al quartiere Uchiha senza essere espressamente invitata e senza aver ricevuto la bolla di permesso da parte del Capoclan e del Consiglio degli Anziani, le regole sarebbero state violate... e con ogni probabilità lei non avrebbe avuto nemmeno il tempo di comporre un sigillo con le mani, che la sua testa sarebbe allegramente rotolata nella polvere. Rabbrividì.
    « Tu dovevi essere morto o quantomeno svenuto » Si limitò dunque a rispondere la ragazza, reclinando la testa all'indietro per poter osservare meglio il suo interlocutore « Che ti insultassi o ti cantassi ballate in rima non credevo avesse poi molta rilevanza » Aggiunse, rinfoderando lentamente la sua wakizashi per poi guardarsi improvvisamente attorno con ansia: Se fosse accorso qualcuno e avesse trovato un Uchiha ferito a terra, e lei con una lama sguainata... beh... testa, polvere, rotolare etc etc...

    “Poi... tu non sei un medico, vero? Mi sembravi abbastanza in difficoltà poco fa mentre cercavi in qualche modo di medicarmi le ferite... Tuttavia devo ammettere che hai fatto un ottimo lavoro per essere una principiante...”



    Nell'udire quelle parole, per un attimo la ragazza rimase immobile, poi -come svegliatasi improvvisamente da uno dei suoi soliti torpori mentali ricchi di immagini, possibilità e mondi alternativi- Shizuka sgranò la bocca in una maschera di puro e semplice sconvolgimento per poi aggrottare la fronte e fare un ulteriore passo indietro, quasi temesse la vicinanza con quella sorta di anomalia della natura.
    « Un complimento? » Esclamò a quel punto, incapace di trattenersi, e lasciando cadere le braccia lungo i fianchi inclinando la testa di lato, portò rapidamente gli occhi sul mantello di lui, accertandosi di non aver sbagliato a individuare il simbolo ivi impresso...
    ...come poteva essere che un Uchiha le rivolgesse la parola in modo così spontaneo? Che si complimentasse, addirittura? Era forse pazzo?
    […] Presa dal panico del momento aveva avuto l'imprudenza di rivelare il suo nome per intero a colui al quale si accompagnava, ma certo anche se non lo avesse fatto il volto dell'erede del famoso Clan Kobayashi non era certo tenuto segreto al Villaggio di Konoha, e se tanto le dava tanto, la sua popolarità alla Foglia era direttamente proporzionale al disprezzo che riscuoteva all'interno del quartiere Uchiha, lì dove il nome di sua madre era taciuto alle nuove generazioni che venivano però silenziosamente educate a diffidare naturalmente di quel clan di abbietti mercanti... com'era dunque possibile che un Uchiha si stesse intrattenendo con una discendente di colei che fu dichiarata “la peggiore dei traditori”?
    Sospirò, infilando lentamente la sua wakizashi nel passante dei suoi pantaloni, facendo ben attenzione a non arrecare nemmeno un graffio a quello che si rivelava un vero e proprio gioiello: Il fodero dell'arma infatti, di un meraviglioso legno lucido nero, racchiudeva una lama perfettamente bilanciata, che nell'eventualità non si fosse rivelata abbastanza per affascinare un occhio esperto, certo vi sarebbe riuscita grazie alla tsuba di puro argento che richiamava una semplice fantasia composta da tre virgole poste a distanza regolare le une dalle altre, e che se osservate dall'alto parevano quasi girare in tondo...
    ...al tempo, quando Shizuka era riuscita a conquistare quella wakizashi dai vecchi depositi Uchiha, riprendendo ciò che era stato di sua madre, non aveva capito che quel motivo rappresentava uno Sharingan maturo e che quelle non erano virgole, ma le tomoe della sua stessa Genkai.
    Un errore comprensibile, quello, poiché se c'era una cosa di cui Shizuka Kobayashi non conosceva assolutamente l'esistenza, quella era l'abilità innata degli Uchiha, un dettaglio che le era sempre stato tenuto nascosto e che lei stessa aveva attivato con le sue sole forze, imparando a domarsi ed educarsi senza che nessuno le spiegasse come.
    Ripensando ora all'inesperienza imposta del passato, per un attimo, la rabbia verso quella dinastia che le aveva proibito tutto e che avevo reso la sua esistenza una menzogna costruita a tavolino, aumentò.

    “Poi, se non ti spiace... Sarei curioso di capire una cosa... prima mi pare di averti sentito dire che "gli uchiha ti hanno portato via tutto e che stanno cercando in tutti i modi di farti soffrire"... Sono indiscreto a chiederti perchè dici questo? Perdona la mia ignoranza, ma non ho idea di che cosa possano averti fatto di male... tuttavia mi scuso se la mia "intrusione" nella tua giornata ti ha causato problemi...”



    shizukas
    La voce del moro tornò a infastidirla, e solo in quel momento la Principessa dei Kobayashi si rese conto di non aver nemmeno risposto a ciò ch'egli le aveva detto in precedenza. Scuotendo la testa e guardando il suo interlocutore, dunque, decise di non deluderlo... non anche questa volta.
    « Perché dico questo? » Ripeté dunque, piuttosto divertita « Sto cominciando a chiedermi sei davvero un Uchiha oppure solo uno stolto » Scoccò un'occhiata ironica al suo interlocutore e valutò che con ogni probabilità la risposta era la seconda: Nessun clan assennato come lo era quello Uchiha avrebbe mai mandato un proprio uomo da solo in qualsiasi posto in cui si poteva rischiare ch'egli si riducesse come era ridotto quel tipo lì... a meno che non se ne desiderasse la morte. Ma anche se fosse stato quello il caso, perché non c'era qualcun altro con lui? Non temevano che la sua innata cadesse in mani estranee? Possibile che quel ragazzo non possedesse la Genkai Kekkei del clan da cui traeva il nome!? « Se davvero sei un Uchiha mi stupisco che tu non conosca chi io sia » Riprese a parlare solo brevissimo istante dopo, decidendo in quel momento di tastare il terreno per capire fin quanto quell'uomo poteva rappresentare un pericolo per lei e la sua famiglia « Mi sembra strano che tu non conosca il motivo per cui una Kobayashi dovrebbe inchinarsi profondamente di fronte ad Uchiha chiedendo lui perdono... anche se da perdonare non c'è nulla, non da parte vostra quantomeno » Sibilò, mettendosi a braccia conserte e guardando con disprezzo il ragazzo « Non hai idea di cosa possano avermi fatto di male? » Rise, acida « Da quando in qua un Uchiha non è conscio del male che il suo clan è in grado di infliggere? » E con gli occhi che si fecero improvvisamente brillanti d'odio, aggiunse rabbiosa: « Non sei tu ad aver causato problemi nella mia giornata... è la tua sola dinastia ad aver arrecato problemi alla mia intera vita » Concluse freddamente, e fu proprio mentre la sua bocca si richiudeva che lei si rese conto di cominciare a perdere la pazienza. Sgranando gli occhi in un impercettibile attimo di panico, la ragazza scoccò dunque una rapida occhiata alle proprie mani, constatando come previsto che queste stavano prendendo a tremare... il segnale d'inizio che preannunciava l'arrivo del suo snaturamento, il risveglio di quella parte di lei che cantava sorda l'inno della morte e che sempre molto più spesso rispetto al passato, giungeva a coccolarla e farle compagnia.
    “La maledizione dell'odio, bambina mia, è una condizione degenerativa...” Senza volere, la giovane erede dai capelli castani riportò alle mente le parole della sua amata nonna materna, la sua guida in quel mondo cremisi che non conosceva “...l'unica arma che tu possa usare per non perdere di vista te stessa, è essere una persona colma d'amore, poiché ciò che più teme la malvagità, è la gentilezza più pura”
    Abbassando lo sguardo e stringendo le mani a pugno, la meticcia chiuse dunque gli occhi, mordendosi un labbro e imponendo alle proprie mani di non tremare, proprio quando improvvisamente il suo compagno imposto riprese a parlare:

    “Perdonami se non ti saluto come si deve e se non mi sono presentato per bene prima...” La voce del giovane moro tornò a raggiungere le sue orecchie, e lei, alzando di scatto lo sguardo, vide come il proprio interlocutore stava rimettendosi in piedi con fatica, per poi avvicinarsi e tenderle una mano... dissipando, così facendo, ogni dubbio della kunoichi: Era pazzo, oppure scemo, c'era poco da fare “Comunque io sono Atasuke Uchiha, ninja di Konoha... ti andrebbe di accompagnarmi fino al villaggio? Temo che avrei qualche problema a riuscirci da solo...”



    Sentendo la richiesta, la ragazza -che cresciuta da mercante non poteva certo dirsi estranea ai calcoli che andavano a proprio vantaggio- valutò con attenzione quanto le sarebbe potuto convenire entrare dentro le mura del Villaggio fianco a fianco con un Uchiha moribondo, ma rendendosi conto che ormai aveva già spiattellato il suo nome e cognome (che gli Dei potessero condurla alla dannazione!), era inutile far finta di non conoscere il tipo e tornarsene allegramente al Clan... del resto, ad aspettarla, c'era sua madre munita di accetta; e se Heiko Uchiha era pericolosa con in mano un mestolino di legno, certo la bella principessa non riuscì a non rabbrividire immaginando di cosa sarebbe stata capace quella donna con quell'oggetto in mano.
    Sospirò, scuotendo la testa.
    « Beh, se devo morire almeno lo farò avendo l'animo in pace... » Mormorò la ragazza a bassa voce, scoccando un'occhiata a quel tipo -quell'Atasuke- senza tuttavia accettare la sua stretta di mano. Forse, se si fosse giocata bene le sue carte (e se la sua testa non fosse saltata via prima che potesse farlo), sarebbe riuscita a tornare a casa solo con qualche sguardo di disprezzo in più nel suo curriculum...
    « Ti accompagno » Sentenziò dunque, alla fine, gettandosi il suo obi intriso di sangue sulla spalla, poco incurante di risultare praticamente nuda agli occhi del suo interlocutore. Pareva non avere una grande forma di pudicizia... ma come poteva essere il contrario? Gettata in una carovana di soli uomini adulti quando aveva cinque anni e unica allieva di Raizen Ikigami, che certo non brillava per la sua cortesia verso il gentil sesso, non aveva mai sviluppato quella forma di imbarazzo tipicamente femminile che distingueva le sue coetanee. Anche perché, a differenza di loro, lei non era poi questa gran bellezza -rifletté per un istante la kunoichi, con delusione... « Ce la fai a camminare? » Domandò dopo un attimo, più per buona educazione che per reale interesse « Vuoi appoggiarti a me? » Chiese poi con riluttanza.

    A ben pensarci gli Dei non dovevano condurla alla dannazione...
    ...vista la sua stramaledetta fortuna in ogni cosa che compiva, era chiaro che lassù dovessero già abbondantemente odiarla.


    divisore






    Edited by Arashi Hime - 12/7/2012, 17:11
     
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