Fulmini e Saette

possa un cieco recuperar la vista...

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    La nebbia






    Il kiriano pareva aver perso un po’ di astio verso il Colosso, quanto bastava a rivolgergli la parola per colmare i vuoti di silenzio.

    Strigliata? Ahahah
    Ne hai ancora da imparare! Quelle erano carezze, prima di vedere una vera strigliata devi conoscere Jotaro!


    Disse ironico, mentre pensava che in quei momenti sarebbe stato bello condividere i propri ricordi con le altre persone, giusto per dargli un assaggio di paura e dolore. Sorrise, quasi fosse soddisfatto e orgoglioso delle pessime esperienze da cui era uscito indenne o quasi. Anche se più di uno psicologo avrebbe affermato con certezza che la sua mente era tutto fuorché indenne da quelle esperienze. Ma tanto nessuno lo notava, forse.

    Comunque da ciò che ho capito i draghi del nord per un motivo o per l’altro si sono alleati con gli umani, quindi chi più di loro può sapere qualcosa su questo clan?
    In alternativa potremmo comunque incontrare Tekuro-sama che ti potrebbe dare una mano per il tuo occhio. Come ti dissi ha curato me da una grave malattia, ed è un drago, essendo tale ed esperto anche in anatomia umana non vedo come potrebbe non esserci d’aiuto.
    Per cui, sicuramente, non sarà un viaggio a vuoto.


    Disse mentre cercava di mettere a fuoco il prossimo ramo su cui saltare, anche se ormai la foresta iniziava a diradarsi, aprendosi verso le colline erbose che li avrebbero accompagnati per un altro bel tratto sino a giungere al porto.

    [Al porto]

    Il porto del paese del fuoco era sempre uno spettacolo curioso, perennemente affollato da un formicolio laborioso e instancabile che si placava giusto al cambio dei turni quando questo o quel gruppo di scarico cedeva il posto ai colleghi, nonostante la fatica, nonostante i climi tesi che animavano il continente la fatica teneva quelle semplici menti concentrate su un lavoro che gli permetteva solo di sorridere a questa o quella battuta fatta dal collega intento a scaricare chissà cosa.
    L’unica cosa sgradevole in quel clima così rustico era l’odore “rustico”, una miscela di salsedine sudore e qualche avanzo di casse di cibo rotte durante il trasporto che ormai andava a male e non attraeva neanche l’attenzione dei gabbiani impegnati a riempire di guano qualsiasi cosa che restasse immobile abbastanza tempo da permettergli di appollaiarsi.
    Il Colosso non era nuovo dei porti, ne tantomeno delle imbarcazioni, certo era che non ne fosse un esperto, tuttavia, non avrebbe disdegnato una vita tra le vele, l’animoso saliscendi tra le corde di una nave, la brezza del mare, la vita solitaria erano cose che solleticavano il suo lato più solitario, il suo unico lato.
    Proprio mentre si immaginava in quell’ambiente, a diventare famoso come lupo di mare, una fastidiosa voce irruppe nel suo apparato uditivo, più o meno con la fastidiosità di una lancia conficcata nella stessa zona: un bambino.
    Se c’era una cosa con cui Raizen non ci sapeva fare erano proprio i bambini, piccoli, medi, belli, grassi o brutti, non c’era differenza, erano distanti e incompatibili come il giorno e la notte.

    Si già, buono a nulla sarà il sacco di DNA che ti ha messo al mondo, petulante emettitore di decibel a vuoto.

    Glielo avrebbe urlato così forte nel viso da pettinarlo e infilargli su per il naso quel fluido così comune nei poppanti, quello appiccicaticcio e giallino che sovente fa capolino dalle narici, si, l’unica cosa che gli riempie il cervello sino a quando non si rendono conto che la morte gli corre dietro ad ogni compleanno e che neanche il più bel regalo del mondo la frenerà.
    Ma dopotutto, sono bambini.


    Già, buono a nulla.
    Tutti a Kiri i geni dell’accademia.


    Sottolineò ironizzando.
    L’oste sembrava essere un tizio cortese, per cui Raizen si presentò, accompagnando la stretta di mano con un lieve inchino.
    Assegnata la stanza si sarebbe messo comodo, aspettando la cena mentre riposava le gambe, i viaggi a piedi le annoiavano, era quello il termine giusto, perché fatica non era, però tendevano ad intorpidirgli un po’ gli arti, come se troppo usurati negli stessi punti.
    Di nuovo però, il bambino si fece sentire sulla porta, esuberante e inopportuno come la sua età richiedeva.


    Raizen-kun!

    E le nocche sulla porta.

    Raizen-kun!

    E le nocche a tamburellargli nel cervelletto.

    Raizen-kun!

    E le nocche a disordinare i suoi neuroni.

    Si si! Va bene! Sto arrivando, ho capito!

    Insisteva, entrando addirittura nella stanza, disturbando quel delicato equilibrio tra pausa mentale e pausa fisica.

    Kami benedetti e santi ve lo porterò al vostro cospetto questo moccioso!

    Si fece vicino al letto e prese a punzecchiarlo, con sempre maggiore enfasi e dedizione, ricercando nel suo corpo i punti che potevano essere più sensibili al solletico

    Raizen-kun!

    Il Colosso si levò dal letto, stampando sul viso un pessimo sorriso, teso come la corda di un violino, un sorriso che chiunque avrebbe interpretato come un avvertimento ben vicino ad essere l’ultimo. Ma non un bambino, un bambino non lo capiva, era innocente.

    Sssssseeeeeeeenti.

    Disse mentre si abbassava verso di lui.
    Poco dopo si udì un suono sordo, appena accennato, mentre il nanerottolo si chinava lentamente.


    Su, su, piaaaano, piano, respira, non è nulla. Tranquillo, respira e passerà presto.

    Gli disse gentilmente mentre gli accarezzava le spalle, quando il Colosso si levò il bambino era lievemente pallido e sudaticcio.

    Se lo racconti a qualcuno o mi ronzi ancora attorno te ne do un altro.

    Non era forte, gli avrebbe solamente spezzato il fiato, un “avviso” parecchio forte. Uscì dalla stanza sorridendo, non aveva picchiato un bambino, gli aveva solo insegnato le buone maniere. No?
    Quando incontrò Etsuko durante la cena gli sorrise.


    Simpatico il bambino! Davvero! Mi ha detto che domani mattina non verrà a salutarci però e che sarebbe andato a letto presto in modo da essere carico per il suo addestramento ninja, vuole diventare come te.

    Sorrise nuovamente mentre metteva in bocca il primo boccone di quella che sarebbe stata una cena abbondante e gustosa, una buona locanda dopotutto, eccezion fatta per il marmocchio. Si pentì un po’ d’averlo “educato” mentre mangiava quel cibo, ma era certo d’avergli fatto solo del bene.

    Si, va bene, buonanotte, copriti altrimenti fai gli incubi.

    Si raccomandò con un tono falsamente materno mentre ridacchiava.

    [All’alba]

    Dopo una rapida colazione fu subito da Etsuko.


    Già, dormiva, per fortuna.

    Non era troppo sicuro dello stato di Sato, ma qualcosa faceva credere al Colosso che più che dormire stava a distanza.
    All’imbarco la situazione non era delle migliori, ma stare in stiva non lo disturbava, anche perché probabilmente, la stanza di Etsuko sarebbe stata di quella fastidiosa tipologia “piena di fronzoli” che al naso del Colosso puzzavano sempre di merda.


    Si, va più che bene.

    E così sperava, ma non sempre le stive hanno quel decoro necessario a consentire la vita unicamente ad esseri pensanti dotati di mani e piedi, no in quelle stive c’era un piccolo vivaio dai topi alle muffe più disparate.

    Avete già dato un nome alla vita che circola in questa stiva oppure cercate di non osservare lo schifo che trasportate?

    Disse mentre osservava lo spettacolo che gli si piazzò davanti quando aprirono le porte della stiva, pensando che non avrebbe mangiato mai più qualcosa che viaggiava su una nave, non perché fosse schizzinoso, solo perché ci teneva a morire di vecchiaia e non di epatite.
    Passò ben poca parte della notte sulla stiva, e parecchia sul ponte, solamente quando scorse un banco di nebbia troppo vicino alla nave si ritirò sulla stiva, raggomitolato, quasi tremante, sapendo che da li a poco il banco avrebbe avvolto l'imbarcazione. Temeva un unica cosa, e la temeva da Quel giorno: la nebbia.
    Erano le quattro del mattino quando la campana d’allarme cominciò a risuonare sul ponte con un ritmo fin troppo esaustivo per essere un esercitazione o un segnale di cambio guardia.
    In men che non si dica la ciurma fu sull’attenti, chi già non li aveva mise rapidamente dei calzoni per poi uscire all’ esterno, tuttavia i passi ammutolivano dopo poco. Raizen rimase nella stiva, nascosto, con l’orecchio a poca distanza dalle assi che costituivano il ponte e davano un tetto alla stiva.
    Era un attacco o una semplice trappola di quelli che Etsuko credeva semplici marinai?
    Non lo sapeva, e certamente prima di mostrare il suo muso ben poco felice avrebbe atteso un qualche sviluppo, qualsiasi azione sarebbe stata più efficace sfruttando l’effetto sorpresa. Fuori c'era ancora la nebbia.
     
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