Il Fuoco Interiore

Controllo del Sangue I per Kenzaru

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  1. ¬Chris
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    Il Fuoco Interiore
    VI Post

    Non mi abituerò mai al sapore della terra. La bava cadeva dalle labbra socchiuse, il mio corpo non rispondeva più agli stimoli. Prima la gamba destra, poi la sinistra poi arrivò il braccio destro e infine il sinistro. Stavo per morire in mezzo ad un bosco, ucciso da un fabbro. Non avevo paura, anzi, ero quasi in attesa aspettavo il momento propizio per mandare l'ultimo fanculo al mondo. Infondo era una bella giornata per morire, la luce tenue filtrava fra gli alberi colorandosi di verde e il muschio era più comodo del giaciglio in cui mi ero svegliato diverse ore fa, respirai a pieni polmoni mentre gli occhi rimanevano fissi verso il bosco che lentamente chiudeva ogni spazio di uscita. Il cielo, le nuvole, gli uccellini, i miei sensi stavano lentamente accecandosi finché non fu il buio a dominare.
    Il ticchettio della perdita di qualche tubo rimbombava in tutto il corridoio, la luce soffusa di qualche torcia illuminava la strada lasciando tante, troppe, zone oscure; camminavo da prima lentamente, quell'unico corriodoio, a volte, si ramificava in corridoi angusti, scuri e desolati tanto quanto quello principale. C'era come una presenza, sentivo qualcosa che mi attirava e una seconda da cui dovevo scappare. I miei passi da lenti che erano, iniziarono a velocizzarsi finché non mi ritrovai a correre senza guardarmi addietro terrorizzato.
    Il corridoio, improvvisamente, si aprì in una sala enorme, non riuscii a vedere il soffitto sebbene fossero presenti molte più fiamme, aveva una base cilindrica, al centro di essa con un diametro di 10 metri stava un'isolotto circondato da acqua - o almeno credevo che fosse acqua, era scura e sembrava molto più densa ma non aveva alcun odore da me percettibile.
    Rimasi fermo qualche secondo guardando i disegni tribali che si intravedevano lungo i muri, illuminati dalle flebili fiamme delle torce.

    Poi notai l'uomo.
    Era alto, qualche centimetro in più di me, non molti; era un colosso, retto e spavaldo. I capelli neri erano lunghi e vivevano di vita propria, il viso truce era rilassato e segnato da una cicatrice che gli attraversava l'occhio sinistro, mentre il destro era coperto da una bandana nera. Le spalle larghe erano ricoperti da muscoli che si intravedevano anche dal kimono strappato che indossava, il kimono era scuro mentre una sorta di gillet bianco lo copriva in parte. Praticamente in ogni pezzo di pelle che si vedeva vi erano delle profonde cicatrici che testimoniavo il suo spirito guerriero.
    Ma questa fu una semplice occhiata superficiale perché mi fermai agli occhi e non riuscii a togliere lo sguardo, sembravano spiritati; temevo che le pupille potessero dilatarsi e inghiottire tutto facendomi sprofondare nel suo mondo, mi rispecchiai nei suoi occhi e vidi come se la fievole luce delle fiaccole venisse risucchiata dalle pupille da cui non distolsi l'attenzione, non per velleità o coraggio, ma per mistica paura. Non ce la facevo a togliergli gli occhi di dosso, sentivo lo stomaco attanagliato e la paura, come un fiume in piena, mi travolse.
    Credo che la sua voce si potesse comparare alla sensazione che si avrebbe se si strofinasse del miele su cartavetrata, le labbra sottili si muovevano lentamente e le parole erano ben scandite.

    "Finalmente ci vediamo, cucciolo di lupo. E' da un po' che ti osservo, sei in ritardo - non ebbi il tempo di chiedere per cos'ero in ritardo che riprese a parlare, muovendo qualche passo verso di me, mantenendosi ad una certa distanza. Misurava le parole come un sarto esperto, velocemente trovando le parole giuste dandogli la giusta intonazione - Sono Aloysius Diogene Mikawa, pensavo che ci avresti impiegato meno a scoprirmi. Sì, io sono la persona dalla quale hanno rubato il DNA. Una sorta di padre, o fratello vedila come vuoi...
    Sono sempre stato con te, ora sono qui perché non puoi morire. Devi rialzarti, lasciami il controllo, lascia che i geni innati dei Mikawa ti sorreggano; che possa condurti verso battaglie trionfanti e scontri epici. "
    - si avvicinò a me lentamente, mentre sentivo una presenza da dietro; un ringhio leggerò attirò la mia attenzione ma non riuscii a girarmi, rimasi a guardarlo negli occhi. Dunque mise la mano sulla mia testa, il palmo tenuto sulla fronte e continuò - Devi vedere, devi capire cosa significa essere un Mikawa.

    Inizio così una lenta litania, da quello che prima sembravano parole senza senso ora potevo riconoscere qualche parola e ricondurre ad un dialetto antico quelle che non capivo. Lentamente prese sempre più forza e iniziai a sentire la sua mano scaldarsi e mano a mano che alzava il volume della voce la mano si scaldava. Cercai, inutilmente, di staccarmi. Le fiamme alle pareti si ingrandirono mostrando mosaici alle pareti raffiguranti shinobi, il lupo iniziò ad ululare e si mischiò alla voce di Aloysius.
    Poi le visioni iniziarono ad essere concrete, vedevo uomini combattere fra di loro, utilizzare il sangue. Scontri e morti, non vi era molto di più di questo. Poi la visione più chiara e definita riguardava una coppia di ninja che crebbero il proprio figlio a Suna finché egli non divenne genin, poi se ne andò a Oto (riconobbi Oto proprio perché passarono da questa radura, da quella casa in cui stavo anche io fino a qualche... effettivamente quanto tempo fa?) lo vidi allenarsi, diventare chunin e guadagnarsi il sigillo del Lupo, che fino a qualche minuto fa non conoscevo mentre ora sapevo perfettamente di cosa si trattasse. E fu un susseguirsi di avvenimenti, alcuni non li capivo altri mi erano chiari fin da subito, mentre il dolore alla testa diventava insopportabile e l'ululato sembrava potesse rompermi i timpani.

    "Ora sai cosa significa essere un Mikawa, questa è stata la mia storia prima che prendessero la traccia di DNA, il resto a me mi è ignoto e forse non sono neanche più vivo. Sei stato contagiato dalla Febbre di Sangue, dovrai imparare a gestire la tua sete che diventerà insopportabile se non soddisfatta.
    Io rimarrò qua, osserverò ogni tua mossa e ti sorveglierò. Buona fortuna Hisagi Diogene Mikawa, non è ancora arrivata la tua ora; svegliati."


    Aprii gli occhi e sentii che la temperatura del mio corpo si era alzata, sentivo quell'ululato in testa assordarmi, rivedetti la storia di Aloysius, i sorrisi di Toro e Shinji, lo sguardo dello scienziato e del suo mostro, Nikujin. Pensai che sarei potuto essere io "quel mostro", una cavia, un esperimento. Null'altro.
    Impastai una grande quantità di chakra nel sangue, sentivo il cuore pulsarmi potentemente ed iniziò ad accelerare sempre di più e così sentii l'ululato sempre più vicino finché non esplosi a mia volta in un urlo quando il sangue prese a circolare ad una velocità fuori dal comune e tentai di alzarmi.
     
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