I'll go Forward, You'll go Backward

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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    The End (?)
    The Beginnin (?)
    The Dream (?)



    Non v'era forse vita più tranquilla di quella sempre sognata. E come un sogno la vita in quel di Kiri procedeva mesta e tranquilla, scorrendo lenta come un pigro torrente essiccato alla calura d'estate, trasportando con se pochi residui eventi che non ne turbavano lo svogliato incedere a valle verso il grande mare della perdizione.
    Ogni giorno passava in un miscuglio ben equilibrato di felicità e turbamento, spensieratezza e preoccupazioni e nella mia mente sempre coloro che amavo erano protagonisti dei miei pensieri. La mia dolce moglie, che tanto amavo, che restava sempre al mio fianco qualsiasi cosa accadesse, sempre pronta con devota fedeltà a prendersi cura di me quando tornavo troppo stanco o malamente ferito, purché tornassi sempre.
    E poi c'erano loro, le mie figlie, le gemelle così identiche da lasciar esterrefatto chi non le aveva viste nascere e crescere giorno per giorno, farsi sempre più grandi e belle, seppur ancora piccole ed infantili come solo bambine di quattro anni potevano essere. Eppure dalle loro tenere labbra non uscivano più parole senza senso e si dimostravano d'intelligenza acuta nonostante la giovane età.
    Così procedeva la vita in quel di Kiri, amata e sognata, come solo la migliore delle prigioni riusciva ad essere.
    Eppure anche nella mia dolce e tranquilla vita in quel di Kiri, ogni notte temevo le tenebre, poiché esse aprono porte verso mondi spaventosi, fatte di buio e dolore di incomprensibile entità vividi quanto e più della realtà stessa, quasi fossi sveglio solo mentre dormivo e dormmissi solo mentro ero sveglio.

    Misi Jukyu nel suo lettino. Era leggera come l'aria per me, così piccola e delicata che avevo paura di stringerla. La coprii con una leggera coperta e mi chinai per darle un bacio sulla fronte. La bambina si agitò appena nel sonno e con una mano paffuta si grattò la guancia ma non si svegliò, rimanendo saldamente ancorata al solido abbraccio di Morfeo. Con il silenzio acquisito in anni di pratica mi voltai ad uscii dalla stanza delle bambine richiudendomi la porta alle spalle silenziosamente, evitando qualsiasi rumore che potesse svegliare le piccole. L'età dei pianti notturni era finita da un bel po', se si fossero svegliate sarebbero tornate semplicemente a dormire, ma quella degli assalti nottetempo in camera da letto era appena iniziata. Con passo felpato entrai in camera di Ayame. Era stata la solita giornata stancante per lei, ma leggevo nei suoi occhi la felicità di una vita perfettamente normale. Lei sicuramente non avrebbe ripreso la sua carriera come ninja, le bastava occuparsi di quelle due piccole pesti che quasi quanto missioni di alto calibro a fine giornata lasciavano stanchi nel corpo e nella mente. Ma quella sera c'era qualcosa di diverso nell'aria. Lei era coperta dal lenzuolo che ne celava le fattezze lasciandole scoperta solo la faccia sulla quale era stampato un sorriso malizioso. Era stesa di lato, lo capivo dai rilievi che il suo corpo produceva. Mi sedetti al sui fianco ed accarezzai il suo corpo sotto il lenzuolo e sentii, nonostante l'interposizione del lenzuolo che non aveva nulla addosso. Ricambiai allora il suo sorriso malizioso e mi chinai per baciarla sulle labbra e lei accolse il mio bacio con ardore, scoprendo il parte il suo corpo nudo.
    Pensavo che fossi stanca dissi in un sussurro, mentre languide le sue braccia circondavano il mio collo per rincontrarsi dietro la mia testa.
    Volevo solo che lo credessi... mi morse le labbra e poi fu tutto, ancora una volta, sfuocato come un sogno.

    Riposavo al suo fianco, ma il sonno stentava ad arrivare. Ogni volta che chiudevo gli occhi appesantiti esso sfuggiva come sfugge il fumo tra le dita e così tornavo a riaprirli ed a guardare mia moglie che con tutta la pace del mondo dormiva al mio fianco. Il suo petto si alzava e si abbassava con regolarità ed il suo respiro era così leggero da essere quasi impercettibile. Allungai una mano, lentamente, verso il suo viso e scostai dolcemente un ciuffo che le attraversava la fronte in obliquo, passando sul naso per andare a toccarle le labbra. Mi piaceva guardare Ayame mentre dormiva. Mi aveva sempre dato un senso di assoluta pace e tranquillità che spesso nelle mie notti ultimamente insonni conciliava il sonno finché anch'io mi lasciavo abbracciare dai flutti morbidi delle melodie di Ipno scivolando finalmente in un sonno ristoratore.
    Così quella sera mi ritrovai ad osservare la figura di mia moglie che riposava al mio fianco, ora vestita (non vorrai che le bambine ci trovino nudi se vengono nel letto?) e con una dolcezza incredibile passai dalla veglia al sonno, riuscendo finalmente ad afferrarlo, chiudendo gli occhi ormai esausto dalla lunga giornata.



    I'll go Forward
    I



    Era un sogno?
    Se era un sogno allora perché era così vivido? Se era un sogno perché come ogni maledetta notte la mia mente mi portava in quell'orrendo teatrino? La vita, per una volta tanto, procedeva con una tranquillità insperata eppure ecco che quando la mia mente si abbandonava al fiume del sogno la realtà assumeva ben altro spessore, divenendo di contrasto nettamente più sfuocata e trasognante.
    Il sogno era realtà, netto, vivido e doloroso. Sentivo i rumori, seppur confusi, come chi appena svegliatosi non comprende bene cosa i suoni vogliano dire. Sentivo la puzza orrenda di quella stanza, e vedevo poco quanto nulla perché mancava la luce.
    Avevo due bracciali di freddo metallo attorno ai polsi i quali con l'infame aiuto di una robusta catena mi tenevano legato al muro di metallo della mia cella, ma era il mio corpo stesso era la mia vera prigione. Debole e piagato era accartocciato come una bambola di pezza e la mia coscienza poco riusciva a fare per smuoverlo. C'era qualcosa di strano, giacché non era fiacchezza che era solo fisica. Cercai di chiudere gli occhi, di esplorare me stesso alla ricerca del compagno che da anni condivideva quel mio corpo ora così malandato e negli oscuri recessi di me stesso non trovai che vuoto.
    Sentii il panico assalirmi come una gelida stretta metallica attorno alla gola, per quanto a lungo avessi odiato Kaku e la sua più che invadente presenza egli era parte di me e la sua ssenza era un vuoto incolmabile e profondo scavato al centro della mia anima, dal quale come da un pozzo oscuro uscivano i peggiori terrori. Se Kaku era stato portato via, chi lo aveva dentro se? Avevo fatto perdere un Bijuu a Kiri? Poi il dolore e la debolezza mi ricordarono che ero vivo, e se ero vivo non potevo essere stato separato dal Bijuu.
    Allora perché non mi rispondeva?
    Mi agitai, mossi le catene nel buio assoluto. Una voce ovattata venne al di là della porta.
    Ehi, quello si sta agitando.
    Già? Non sono passate nemmeno dodici ore dall'ultimo pasto. ripose un'altra voce.
    Mi agitai maggiormente, cercai di forzare le catene, ma la mia forza era andata via.
    Urlai, furioso e disperato, scossi ancora le mie costrizioni ma robuste resistettero senza problemi. Poi all'improvviso, in maniera ridicola, queste si ritirarono contro il loro supporto, accorciandosi e tirandomi contro il muro. Le catene che mi tenevano i polsi erano diventate due bracciali che mi tenevano incollato al muro, senza avere la possibilità di fare alcunché.
    Sentii il rumore di una chiave che s'infila nella toppa e poi diverse serrature che scattavano ritirandosi. Una mandata, due mandate, tre mandate, quattro mandate, cinque mandate, sei mandate, sette mandate, otto mandate, nove mandate, dieci mandate.
    Non avevano sicuramente risparmiato sulla sicurezza. C'era di più. Ad ogni mandata sentivo che qualcosa si muoveva nel muro stesso, quasi che la serratura fosse collegata a chissà quali altri meccanismi celati dietro il metallo che costituiva l'orizzonte del mio nuovo mondo.
    Era questo forse l'inferno
    La porta si aprì. Una lama di luce crudelmente mi trafisse gli occhi. Abbassai e serrai le palpebre per resistere all'atroce dolore ma persino il rossore della luce che filtrava attraverso la pelle che mi copriva gli occhi era accecante.
    Girai il viso mentre udivo i passi di due persone che si avvicinavano a me, probabilmente gli stessi di prima.
    Smettila di agitarti, non servirà disse un uomo Choujiro, dammi il cibo.
    Quando udii la parola cibo mi resi conto di essere affamato. Non osai aprire gli occhi però. L'altro uomo Mi afferrò il capo e me lo girò, sollevandomelo verso l'alto.
    Apri la bocca.
    Non lo feci.
    Il dolore del calcio fu atroce. Mi colpì con la punta del piede, non so chi dei due, ed il fuoco si diffuse dalle mie viscere e come un vulcano prorubbe dalla gola in un urlo.
    Da quando ero così debole?
    Uno dei due carcerieri mi infilò tre dita in bocca e spinse la mandibola giù, smisi di opporre resistenza perché sapevo sarebbe stato tutto inutile. L'altro mi getto in bocca un liquido dal sapore orribile. Era la prima volta che sentivo quel sapore. Un conato di vomito risalì rapido quando ingerii quella sostanza, mi agitai convulsamente e il liquido cambiò direzione nella mia gola, finendo nella laringe.
    Tossii come un dannato. Entrambi furono costretti ad allontanarsi. Sputai una quantità immane di acqua putrida, che mi finì sugli stracci che mi ricoprivano.
    Uno dei due imprecò volgarmente, l'altro invece disse pensieroso Sarà meglio riferirlo al capo, non sembra più tanto stordito come prima.
    Se l'altro fu d'accordo non lo seppi mai, sta di fatto che uscirono, lasciandomi solo. Le catene tornarono lunghe e le mani furono di nuovo libere ma non potetti goderne; la vista si annebbiò così come tutti gli altri sensi e come poco prima caddi in un oscuro incubo senza fine dal quale non sapevo come uscire.




    You'ill go Backward
    I



    Sanguinava come un porco. Aveva i capelli castani, gli occhi castani e non aveva niente a che fare con l'Itai Nara che aveva interpretato fino a poco prima.
    Il suo inganno era stato scoperto e persino lui stesso era rimasto sorpreso nel trovarsi in una situazione di merda.
    Ormai tutta l'Accademia doveva sapere del suo inganno e in più quell'altro l'aveva praticamente ammazzato. La spada aveva trafitto il suo ventre e nonostante la medicazione d'emergenza sanguinava ancora come un maiale sgozzato.
    L'uomo imprecò tra se e se, annaspando in avanti, in direzione di casa sua. Aveva fallito miseramente, eppure sentiva che non era solo colpa sua. Perché la tecnica si era sciolta? Perché evidentemente Itai si era svegliato nella prigione della Zanna. Dovevano fare una cosa, tenerlo sedato ed invece l'avevano fatto fuggire!
    Adesso era tutto andato a puttane, se lo sentiva. Se Itai era fuggito, probabilmente sapeva dov'era la Zanna. Aveva detto parole rassicuranti, ma non si fidava di quell'infido Accademico. Qualcosa accadrà, chissà cosa, ma qualcosa accadrà.
    L'uomo fece un altro faticoso passo, ma alla fine le forze lo abbandonarono. Cadde, mentre la realtà attorno a lui si faceva sempre più soffusa, sempre meno chiara.
    Alzò una mano verso l'alto. Immaginò la sua voragine. La sua casa. I suoi capi.
    I suoi occhi si riempirono di amare lacrime.
    Aveva lottato, aveva messo la sua vita a disposizione della Zanna trasformando se stesso e persino il suo stesso sangue in un odiato accademico.
    Ma era servito a qualcosa?
    Con quel funesto pensiero morì l'uomo che per lungo tempo era stato Itai Nara.
    Un pessimo modo di morire.




    I'll go Forward
    II



    La consapevolezza giunse lucidamente. Mi svegliai, ma non sentii il panico, quasi mi aspettassi di trovarmi in quella condizione. Le altre volte non era stato così. Ogni volta non avevo memorie, ogni volta lo stordimento mi portava ad agitarmi come un dannato per la paura. Qualcosa aveva fiaccato la mia mente per tutto quel tempo e quel qualcosa era andato via.
    Mi sedetti senza far rumore, respirai profondamente, conscio di dover fare qualcosa per uscire da quella situazione: non c'era null'altro che potessi fare, era lampante. Ero chiuso in una cella, lasciato in vita quanto bastava, questa situazione non era tollerabile e dovevo uscirne.
    Quei pensieri mi sorpresero e mi fecero gioire quasi fino a farmi lacrimare gli occhi. Il mio cervello sembrava un caro amico a lungo perso e finalmente potevo pensare con lucidità. E lucidamente pensavo che ero lì da chissà quanto tempo, che avevo lasciato a casa Ayame e le bambine a domandarsi che fine avessi fatto.
    Lucidamente mi rendevo conto che l'unica cosa che potessi fare era scappare al più presto, prima che quegli attimi di insperato acume andassero via ad opera dei miei aguzzini. Non ci voleva un genio a capire che erano stati loro a ridurmi in questo stato e che doveva essere successo qualcosa che aveva riattivato il mio cervello. Ma cosa? Mi sforzai di ricordare la mia ultima veglia.
    La gola mi bruciava ancora per la violenta tosse. Forse avevo vomitato, non capivo da tutta quella puzza. Se c'era qualcosa in quell'acqua disgustosa che mi davano, ne avevo assorbita molto poca. Eppure queste erano tutte congetture, sapevo bene che per uscire da quel letamaio potevo solo cercare l'aiuto del mio più vecchio, fedele ed inseparabile commilitone.
    Richiusi gli occhi e nell'oscurità tornai a cercare Kaku.
    Non trovai il vuoto.
    La dimensione condivisa dove lui riposava ormai libero dal cancello era una nebbia impenetrabile. Non c'erano luci se non un soffuso chiarore che non dava riferimenti. Mi concentrai allungai una mano, smisi di cercare con gli occhi.
    Ricordai sensazioni ormai dimenticate. Ricordai il tocco di Ayame. Ricordai il pianto delle mie figlie. Ricordai la sensazione esaltante del chakra di Kaku.
    La mia coscienza si spanse, sentii un'antica forza attraversarmi. Riaprii gli occhi nell'oscurità ma in quell'oscurità potevo vederlo come un'allucinazione davanti a me. L'immenso cracoterio imprigionato.

    Ce ne hai messo di tempo, lurido moccioso



    Era evidentemente seccato.

    Scusa



    Sorrisi tra me e me avvicinandomi a lui. Appoggiai una mano sulla sua zampa e sentii qualcosa sbloccarsi in me. Kaku mi stava dando il suo chakra. Lo sentivo florido e potente attraversarmi e dare nuova forza al mio corpo stanco.

    Hai poco chakra, Itai, te lo limitano molto con quella cosa che bevi.
    Sta perdendo effetto però. Altrimenti non sarei qui. Ma dai discorsi di ieri mi è parso di capire che se ne stanno accorgendo, forse prenderanno delle misure.
    Probabile. Non agitarti, non credo verranno subito, è passato tempo dall'ultima volta.
    Come fai a saperlo? Hai tenuto gli occhi aperti?
    Sopprimendo il tuo chakra si sono limitati a tagliare le nostre comunicazioni. Ma per sopprimere tutto il mio avrebbero dovuto drogarti fino ad ucciderti e da questo capisci...
    Che gli servo vivo. Dobbiamo uscire di qui, do una controllata fuori.



    Il chakra di Kaku mi abbandonò ma mi sentii più in forze, quasi come se avesse dato uno scossone al mio sistema circolatorio, riattivandolo dopo un lungo, forzato e orribile sonno. Sorrisi tra me e me, muovendo le dita, respirando l'aria fetida. Ero imprigionato, puzzavo, avevo la barba lunga ma non mi ero mai sentito così vivo.
    Mi concentrai, era facile in quel silenzio assoluto. Dovevo percepire tutte le fonti di chakra da qui ad almeno nove chilometri di raggio. Forse potevo capire vagamente la struttura della prigione, oppure dov'erano le guardie.
    Poi mi sarei inventato qualcosa, ma nel mentre, dovevo dare uno sguardo fuori per non restare troppo sorpreso.
    Itai Nara non era morto, non si era mai arreso. Itai Nara non si arrendeva mai.




    /OT/

    Orebene, Itai torna in azione per liberarsi dalla sua prigionia!
    Questa giocata ha una struttura particolare. Esiste un falso Itai a Kiri, le cui parti hanno lo sfondo bianco, mentre il vero Itai ha lo sfondo nero.
    Solamente che le giocate del falso Itai, come capite, vanno dalla fine verso l'inizio, mentre quelle del vero Itai vanno dall'inizio verso la fine.
    Questa giocata avrà la sua conclusione a metà degli eventi del vero Itai e del falso Itai.
    Vi starete chiedendo che cos'è allora la prima parte del post senza sfondo. Può essere, come suggerisce il titolo, tre cose: l'inizio della storia del falso Itai (una semplice descrizione della sua vita a Kiri) la fine della storia del vero Itai e allo stesso tempo il sogno che il vero Itai fa all'inizio del primo post.
    La giocata quindi andrà avanti e se Itai ne uscirà vivo, la fine e già scritta. Il falso Itai inizia da quel punto. Il vero Itai sogna quelle scene. Cosa sarà allora, l'inizio o la fine della giocata? Ancora non si sa.
    Una precisazione: gli eventi del falso Itai sono da considerarsi ipotetici fino a indicazione contraria, altrimenti sono fatti che accadono realmente.
     
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    Welcome to the Nightmare







    Appena Itai attivò la sua percezione del chakra l’unica cosa che potè trovare nell’immensità di spazio coperta dal suo raggio fu se stesso e un’altra fonte in avvicinamento, l’aveva colta a metà strada che avanzava senza troppa fretta, ci sarebbe voluto ancora del tempo prima che arrivasse e guardandosi attorno la totale oscurità avrebbe potuto rivelare ben poche cosa di quella stanza se non che era circolare e alta intorno ai due metri e mezzo con un raggio di due.
    Sentì nuovamente la serratura scattare ma questa volta la prima cosa ad entrare non fu uno sgherro, bensì una sedia, tenuta da una mano, seguita da un uomo del tutto normale, pareva che fosse stato scelto tra mille per essere così insignificantemente privo di originalità.
    Posò la sedia a distanza di sicurezza da Itai e li di sedette.


    Lasciamo stare le presentazioni, lasciamo stare ogni genere di convenevole. Tanto sono inutili.

    Stiracchiò un normalissimo sorriso vero il kiriano.

    Come vedi sei prigioniero, lo sei da due anni e sei il miglior prigioniero che ci sia capitato per le mani, ora più che mai.
    Il bello è che probabilmente non sei nemmeno in grado di quantificare da quanto tempo tu sia stato abbandonato qui.
    La tua forma fisica è penosa, per cui, se farai da bravo, continuerò un po’ a parlarti, altrimenti dopo due ceffoni andrò via da qui lasciandoti a marcire.
    Sappiamo TUTTO di te, non sperare di possedere abilità nascoste a noi perché sarebbe solo un grande errore, insomma, non hai segreti.
    Pensa, stiamo anche cercando di aiutarti lasciando che quella bestia pelosa ti dia informazioni, ma a quanto pare da due non riuscite a farne mezzo.
    E sottolineo, informazioni, se provasse a passarti un po’ più di chakra del necessario quelle simpatiche catene penserebbero a privartene in men che non si dica.


    Si interruppe alzandosi dalla sedia.

    Ti prego di acuire quanto più ti è possibile i tuoi sensi.

    Così dicendo l’uomo si spostò verso l’orlo della stanza e nel farlo questa si inclinò quasi impercettibilmente.

    L’hai notato vero?
    Sai il motivo?
    Sei sospeso a non so quanti metri dal fondo di un buco che penso arrivi nelle viscere della terra.
    Se non muori nella caduta impiegherai così tanto a risalire che morirai di fame nel tragitto.
    Detto questo passiamo a te.


    Ridacchiò.

    Penso che questa sia la… oddio non ne tengo più il conto, diciamo che siamo intorno alla centocinquantesima volta.
    Di cosa però non te lo dico, ma dopo che ti presenterò il tuo pasto se un po’ di sale in zucca lo hai sarai in grado di dedurlo.
    Il cibo che si affrettano a darti ogni volta che ti risvegli non è un inibitore di chakra ma un punto di ripristino che a quanto pare influisce anche su quel simpaticone peloso.
    Mentre questo pappone chimico altamente nutriente è un attivatore.
    Quando lo mangi il tuo cervello viene resettato fino al momento in cui l’hai ingerito, ecco perché io ci metto un po’ a venire, devo lasciare il tempo a quella robaccia di agire.
    Così, ogni volta posso divertirmi un po’ a guardare la tua faccia disperata.


    Forse quell’uomo non era poi così normale come appariva, anzi, dietro quella maschera impassibile era probabile che fosse celata una delle menti più sadiche che Itai avesse mai avuto il dispiacere di incontrare.

    Dai, sentiamo, anche questa volta sei stato così imbecille da guardarti attorno come un beota senza fare niente?
    Non hai raccolto nessuna informazione?
    Ahahahah
    Ommioddio!
    Guarda qua, guarda qua!


    L’uomo si avvicinò alla porta e mentre tratteneva a stento le risate la chiuse.

    Mi raccomando eh, niente scherzi, se mi sfiori il gioco finisce qui e il minimo bagliore di speranza per te se ne va a quel paese.

    Disse mentre con sguardo attento valutava l’altezza di Itai.

    Guarda come sono stato precisino.

    Si mise nell’esatta posizione di Itai e dopo si stese nell’esatto punto di estensione massima delle catene, da li si contorse nel tentativo di allungarsi quanto più possibile e ad un occhio attento qualche sua articolazione forse si era lussata nel tentativo, ma lui non ne pareva minimamente infastidito, con un filo di difficoltà arrivò a premere col piede un mattone che riattivò le serrature della porta e scosse l’intera gabbia che parve muoversi verso l’alto, verso l’uscita.

    Ahahahahah lo vedi?!?
    La vera serratura di questa prigione sta davanti a te!
    Però indovina? Io sono cinque centimetri più alto di te!


    Rotolò distante contorcendosi dalle risate mentre pregustava gli effetti che quella sua piccola bugia poteva avere.

    Ma veniamo all’evento clou della giornata!
    Questo è il tuo pappone, non ti costringerò a mangiarlo, io sono buono dopotutto, tuttavia capirai che è l’unico sostentamento che hai, o lo mangi… o muori!
    Duecento grammi altamente digeribili di tutto ciò che serve al tuo organismo per sostentarsi, più una piccola aggiunta personalissima dello chef, che sarei io.


    Stava per voltare le spalle al traditore della foglia quando alzò un dito, come se si ricordasse di qualcosa.

    Quasi dimenticavo, la prossima volta vorrei divertirmi un altro pò onestamente, e diciamo che se per errore tu avessi il buon occhio di comprendere quanto utile possa essere la tua peluria avrei degli ostacoli noiosi da aggirare.

    Così dicendo si avvicinò al suo prigioniero e gli afferrò il viso, una presa d’acciaio, forte a sufficienza da rendere inutile qualsiasi opposizione, l’unica cosa che Itai poteva notare fu la tenacia di quella stretta, paragonarla ad una morsa sarebbe stato riduttivo, persino la pelle di quell’individuo era ben più dura del normale. Sgusciarne via era impossibile.
    Con minuziosià iniziò ad accarezzare il viso del kiriano e solo dalla lieve resistenza che faceva la sua pelle itai poteva accorgersi che l’uomo era impegnato a radergli la barba e poco dopo a fargli un disordinato taglio di capelli.


    Non volevo essere impreciso, e questa peluria sarebbe stata un po’ scomoda se tu l’avessi trovata la prossima volta.

    Si voltò nuovamente per prendere l’uscita ma prima di avviarsi prese a saltellare euforico.

    Oddio! Oddio! Oddio!
    Ma cosa sto facendo! Guarda ora che ti combino!


    Gioioso come un bambino passo svariati minuti a raccogliere in cinque fascette la peluria che aveva tagliato poco prima al kiriano avendo cura di non lasciare neanche un pelo in giro. Ultimate le fascette le compose in una bambolina e la mise poco oltre la mattonella segreta, rivolta verso Itai, come se lo guardasse.

    Ti immagino già al tuo risveglio, del tutto inconsapevole della situazione, mentre guardi quella bambolina! Ahahahah

    E senza aggiungere altro si voltò andando verso la porta, un uomo viscido, che celava nel suo profondo il marciume più puzzolente e nauseabondo dell’intero pianeta che con estrema cura torturava quello che pareva essere il suo unico paziente.

    Non sperare che la medicina faccia meno effetto, quei due imbranati mi hanno riferito tutto, è stata ridosata.
    Guarda, voglio proprio sbilanciarmi dandoti una notizia così saporita da saziarti quanto basta a farti risalire dal fondo: NESSUNO si è accorto della tua mancanza a Kiri!


    Chiuse la porta alle sue spalle, itai avrebbe potuto sentire per parecchio tempo le sue risate sguaiate che ora assumevano una nota di malvagità mal celata.




    CITAZIONE
    Allllora, situazione pessima, sei messo abbastanza male, dopotutto sono due anni in stato QUASI vegetativo.
    sei spossato, disorientato, deperito
    Insomma, sei uno straccio, una situazione parecchio precaria, questi ovviamente non sono status da regolamento sono termini realistici che devono guidarti verso una narrazione realistica, giusto per farti comprendere che sei ridotto molto male e devi fare i conti con la tua salute e vita prima che con la libertà.
    Itai non è più il pilastro di Kiri, è un sassolino di calce cruda per la strada.
    Anche queste sono indicazioni, soppesa tutto, post e OFF post e... buona fortuna *_*


    Edited by F e n i x - 3/10/2014, 20:12
     
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    You'll go backward
    II


    L’uomo sorrideva, l’impostore sudava a freddo. Le dita si stringevano convulsamente attorno ad un kunai, un misero kunai che era riuscito a rubare durante la sua fuga. Attorno a lui il terreno arido sempre più mangiato dal deserto bolliva sotto un sole inconsueto per la stagione. Quando le gocce che imperlavano la fronte dell'impostore cadevano al suolo evaporavano, svanite ad alimentare le nuvole che avrebbero riversato la loro furia chissà, proprio a Kiri.
    L’impostore deglutì, sentì gli occhi riempirsi di lacrime. L’uomo davanti a lui trasse una spada da un fodero e glie la puntò contro.
    Perché? Non sono stato io ad aver fallito! disse l’impostore urlando disperato. L’altro, impassibile, si fiondò contro di lui. L’impostore balzò di lato, fu tentato dal lanciare il kunai ma lo tenne, limitandosi a tentare di affondarlo nel collo dell’aggressore che in tutta risposta schivò per poi scagliarlo al suolo.
    Sappiamo bene che non è colpa tua. Ma non posso permetterti di tornare alla Zanna. l’impostore spalancò gli occhi L’aver tenuto Itai in un posto a parte si è rivelata una scelta sensata, ma ora che sei stato scoperto non oso sapere i cani da guardia che ti stai trascinando dietro. Ci farai scoprire.
    No… NO! Rintaro può diverlo, nessuno mi sta seguendo, sono stato attento! l’impostore sudava disperazione.
    Non possiamo rischiare. Sei stato un servo fedele.
    L’uomo mosse la spada. L’impostore urlò.







     
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    I'll go forward
    III


    Immaginare la sorpresa, ben più che sconcertante, del trovarmi in quella assurda situazione senza senso. Il mio occhio interiore mi diceva che attorno a me non c’era altro che il nulla in termini di forme di vita dotate di chakra. Solo una che lentamente si avvicinava. Possente, ma non avevo idea di quanto.
    Quando la porta si aprì ed entrò, fece il discorso più strano che avessi mai udito. Le catene si erano ritirate ed io ero nuovamente ancorato al muro senza potermi muovere più di tanto. Ed eccolo lì, un ignoto senza nome, pronto a stravolgere il mio misero mondo fatto di una cella e poche convinzioni. Ciò che avevo dedotto con fatica fino a quel momento non era dunque che spazzatura? Non ero altro che il rimasuglio di un grande ninja un tempo temuto?
    Sono sospeso attorno a un buco? cercai di risultare il più sprezzante possibile, le altezze non mi spaventavano, mi chiesi se quell’uomo davvero pensava che una voragine abbastanza profonda per arrivare al centro del mondo fosse sufficiente per spaventarmi.
    Così restai in silenzio. Ascoltai. La mia mente era lucida, come non lo era mai stato forse. Gli effetti erano evidentemente molto differenti rispetto a prima: non mi avevano tolto il chakra, ma la memoria. Astuto, un uomo senza memoria è un morto che respira. Analizzai la situazione alla luce di quella nuova scoperta.



    Pensai.



    Quando lui si avvicinò a me per radermi non feci null’altro che assecondare la sua volontà. Resistere era solo uno spreco di energie. Alla fine, quando fece la sua macabra bambolina finalmente, per la prima volta parlai. Non intendevo farmi torturare ancor a lungo, anche psicologicamente. Ayame, le bambine, erano sole da chi sa quanto tempo. Dovevo trovare una soluzione per uscire da quell’inferno. Per loro, per Kiri. Mantenni la calma in amniera stoica, sospirando alla fine, prima delle sue parole finali.
    Hai finite di ridere? dissi Lasciami solo, la tua presenza mi irrita come pochi nella mia vita.
    Ed ecco poi la bomba. Qualcosa che fece crollare la mia calma. Qualcosa che aveva detto altre volte per distruggermi quando mi vedeva troppo sicuro di me. Lo sapeva.
    Feci uno scatto in avanti ma le catene mi bloccarono. Volevo strozzarlo. Volevo ucciderlo immediatamente.
    Maledetto figlio di puttana CHE AVETE FATTO A KIRI! CHE AVETE FATTO ALLA MIA FAMIGLIA! strattonai le catene ma non servì a niente. L’uomo uscì.



    Urlai.


    Urlai con tutto il fiato che avevo in corpo, colpii con una mano la terra finché non sentii una voce urlarmi nella testa.
    Idiota, smettila di comportarti come un decerebrato, vuole solo provocarti! la furia di Kaku mi bloccò e bloccò i miei tremiti.
    Quando un Bijuu è la voce della ragione, sai che stai vivendo un momento molto difficile della tua esistenza.
    Ayame… dissi mettendomi le mani tra i capelli Cosa le hanno fatto…
    Se non esci di qui non lo scoprirai mai. Ed io mi sono rotto le scatole!
    Cosa potevo fare però? L’uomo aveva ragione, se non mi nutrivo per non perdere la memoria potevo non mangiare, ma se non mangiavo non sarei mai uscito da la dentro. Inoltre ero debole, molto indebolito dall’immobilità forzata. Dovevo rimettermi in forze.
    Mi rialzai, tremante. Le gambe non sorreggevano molto bene il mio peso. I vestiti che indossavano erano lerci, ma mi coprivano tutto il corpo.
    Sollevai la maglia, sentii che ero dimagrito così tanto che probabilmente di me non era rimasto che uno scheletro.
    Memoria o vita?
    Non avrò modo di ricordare nulla se mangio questa sbobba. Non ho modo di pianificare null ache non possa concretizzarsi oggi stesso. Domani sarà la stessa storia… quel buio mi stava uccidendo. Un istinto di mille bettaglie mi riportò in mente una mia abilità. Il chakra raggiunse istintivamente i miei occhi ed ecco che il buio non fu più buio e divenni nuovamente in grado di vedere.
    Le mie mani erano scheletriche, la cella piccola. E quell’orrida bambolina fatta di peli sembrava fissarmi ridendo, troppo lontana affinché potessi raggiungerla.
    Adesso potrei leggere, se avessi qualcosa da leggere pensai scoraggiato, cadendo nuovamente disteso al duro suolo. Kaku non diceva niente, forse si era semplicemente stancato di starmi ad ascoltare.
    Eppure se potessi scrivere… sospiraiEd anche se potessi farlo, quel bastardo mi brucerebbe i fogli davanti quando riprendo conoscenza solo per divertirsi. sbattei un muro contro il duro metallo e la pelle sulle nocche si lacerò appena. Pulìì il filo di sangue che ne uscì Questo di sicuro domani lo vedrò, che divertente… sospirai, ma qualcosa mi inquietò in quel pensiero La ferita domani la rivedrò… Ed allora… qualcosa che sicuramente domani potrò rivedere.. scattai all’improvviso, come se attraversato da una scossa elettrica. Mi tolsi la maglia.
    Farà un po’ male Hai pensato ad una soluzione? Sì. Non posso scrivere nulla, ma addosso a me posso. Non ho inchiostro, e questo può essere lavato. No, l’unica cosa che posso fare è scrivermi addosso cosa fare… incidendomelo addosso.
    Sentii una risata di Kaku in sottofondo, ma ero concentrato. Non potevo sicuramente lasciare informazioni al caso, ogni cosa doveva essere chiara. Non potevo scrivere cose inutili e sprecare la mia stessa pelle.
    Dovevo allenarmi. Dovevo ricordarmi di scrivere tutto. Dovevo ricordare dov’era la mattonella per uscire, sempre se era vero. Dovevo ricordarmi che il cibo mi faceva dimenticare le cose. Dovevo ricordarmi che dovevo assolutamente tornare a Kiri.



    Allungai l’indice della mano sinistra, lasciai che fluisse una scarsissima quantità di chakra abbastanza da creare un piccolo spiedi di vento, affilato e penentrate, sarebbe stato sufficiente. Feci un respiro profondo e avvicinai lo spiedo alla carne ed incisi la prima frase della mia libertà, partendo dalla spalla fin dove potevo vedere, stando ben attento che fosse una zona di pelle coperta dai vestiti.
    1 – Non ho memoria del passato. Il cibo mi cancella la memoria. Una X è un giorno. X
    2 – Devo premere una mattonella di fronte a me per uscire. Non ci arrivo. Cinque cm oltre la portata del piede.
    3 – Devo allenarmi e rinforzarmi. Non posso sprecare cibo.
    4 – Kiri è in pericolo. Ayame è in pericolo.
    5 – Uccidi chi ti ha fatto questo.



    Alla fine sanguinavo. Non osai tamponare nulla con la maglietta, non volevo macchiarla oltre il necessario. Non avevo inciso troppo in profondità, ma abbastanza affinché rimanesse la cicatrice. Grazie al chakra di Kaku probabilmente a breve il sanguinamento si sarebbe fermato ed il giorno dopo non ci sarebbe stata che una nera crosta.
    Scrissi la prima frase a livello del bicipite del braccio sinistrp, in tre righe, mettendo la “X” sotto. La seconda sulla parte ventrale dell’avambraccio sinistro, in tre righe.
    La terza sull’avambraccio del braccio destro, con più difficoltà, la quarta e la quinta su una riga ciascuna sul bicipite del braccio destro. Ma non era finita lì. Dovevo scrivere anche qualcosa che mi permettesse di ricercare subito quelle frasi. Un codice che potessi interpretare solo io. Qualcosa che nessuno poteva togliermi, un ricordo di quando ero felice. Di Ayame.
    Così, con perizia, incisi sul palmo sinistro una singola breve, frase.



    Ricordati della notte del 19



    Il 19. Il 19 Luglio. Il giorno del mio matrimonio. Le mani di Ayame che mi toccavano il corpo, le braccia.
    E mi spogliavano.




    Aspettai di smettere di sanguinare. Quando successe mi rimisi la maglia. Per la prima volta tornai ad esercitarmi.
    Misi le mani per terra, inizia a fare flessioni. Ero leggero, persino per la mia forza. Mi stancai troppo in fretta, ma ripresi finché non ce la feci più a muovermi.
    Il dolore il giorno dopo sarebbe stato un nuovo monito. Mi avvicinai al muro, usai il chakra adesivo per incollare i piedi alla parete e iniziai a tirar su il busto. Durai poco. Troppo poco. Tre minuti, non di più.
    C’era stato un tempo in cui avrei potuto sollevarmi per ore ed ore senza sforzarmi troppo. Cos’era rimasto di me?
    Alla fine fui troppo stanco. Tremante mi trascinai fino al mio piatto di sbobba e lo afferrai disgustato. Sapevo di doverlo fare, quelle energie mi servivano tutte. Non sapevo però se alla fine sarei stato in grado di ricominciare ad allenarmi, se il mio piano avesse funzionato ci sarei riuscito. O forse, semplicemente, sarei restato comatoso per altri giorni. Dovevo solo sperare di avere ragione e riuscire a sopportare un altro futile gioco con il tizio.
    Me l’avrebbe pagata. Sarebbe morto urlando.



    Mangiai.







     
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    Ammanuensi






    Se Itai non fosse stato messo KO avrebbe potuto sentire una risatina sommessa avvicinarsi.

    Mangiano sempre.
    Mangiano TUTTI.


    Si avvicinò al kiriano svenuto e lo rigirò come fosse un pesto di pasta da lavorare.
    Sospirò scoprendo nella mano le scritte così penosamente mal celate.


    Già, va tutto bene fino a quando qualcuno non pasticcia il tuo bel lavorino di dizione, vero?
    Chissà cosa è successo quella notte, vediamo il nostro simpatico scribacchino ha scritto altro.


    Fu un lavoro certosino quello del carceriere, tuttavia non voleva rendere del tutto vano il gran lavoro del suo prigioniero, lui era un brav’ uomo dopotutto.

    1 – Non ho memoria del passato. Una X è un giorno. X
    Si, direi che ora può andare.


    Disse a voce alta mentre di fianco a lui un medico utilizzava le mani curative per ripristinare quei tagli senza lasciare cicatrici.

    2 – Devo premere una mattonella di fronte a me per uscire. Non ci arrivo. Cinque cm oltre la portata del piede.
    Mmmmh pericoloso ma voglio fare una scommessa.
    Forza, prendi un bisturi, incidigli sul petto a grosse lettere “la prossima volta scrivi qui”
    Anzi no, poco sotto lo sterno, con la testa a ciondoloni lo noterà subito. Mi raccomando, attento a non ucciderlo.

    3 – Devo allenarmi e rinforzarmi. Non posso sprecare cibo.
    Buona la prima direi.

    4 – Kiri è in pericolo. Ayame è in pericolo.
    Mmmmh ohoho che bello spunto, c’è Ayame.
    Qui occorre un lavoro certosino, sii preciso, le cicatrici devono essere identiche. Aggiungi solamente “Devo fare una scelta”

    5 – Uccidi chi ti ha fatto questo.
    Qui puoi lasciare invariato, a quanto pare aveva voglia di fare l’eroe tormentato.
    Pfpt.


    Se ne andarono, poggiando una ciotola vicino ad Itai, abbastanza pesante da far sollevare lievemente una mattonella di arenaria lievemente sconnessa vicino al suo braccio.
    Dopo quella scritta sul petto si sarebbe fidato il kiriano di ciò che si era con tanto impegno e dolore scritto addosso?




    CITAZIONE
    nuove frasi:
    1 – Non ho memoria del passato. Una X è un giorno. X
    2 – Devo premere una mattonella di fronte a me per uscire. Non ci arrivo. Cinque cm oltre la portata del piede.
    2.5 (poco sotto lo sterno, caratteri grandi)- la prossima volta scrivi qui
    3 – Devo allenarmi e rinforzarmi. Non posso sprecare cibo.
    4 – Kiri è in pericolo. Ayame è in pericolo.Devo fare una scelta.
    5 – Uccidi chi ti ha fatto questo.
     
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    IV - I


    Buio.



    Da quanto ero lì? Non lo ricordo. Tutto è confuso. La prigione esiste, ricordo giorni di prigionia. Ma poi? Tutto uguale. Tutto sempre maledettamente uguale e sembra ieri quando mi hanno gettato in questa cella. Cosa è successo? Non lo ricordo. Sicuramente non è ieri. Secondo il mio corpo non può essere ieri, perché i miei muscoli sono così debilitati? Perché dolevano? Quel buio mi stava ammazzando, non lo sopportavo un minuto di più. Richiamai una modesta quantità di chakra e feci sì che la luce tornasse per i miei occhi e fissai la mano dove un dolore pungente mi irritava.



    Sobbalzai, sorpreso. Quella cosa l’avevo scritta io. Sapevo di averla scritta io, perché nessun altro poteva ricordare quei particolari. Nessun altro eccetto me poteva ricordare cosa successe la notte del 19. Il 19 Luglio di.. di quanti anni fa? Che anno era quello? Non lo ricordavo. Ma ricordavo perfettamente la notte del 19. Cosa voleva dire, perché mi ero inciso quelle parole sul corpo? Non avevo la maglietta. Perché avevo scritto di dovermi ricordare la notte del 19? Mi agitai, molto, e ci vollero diversi minuti per ritrovare la calma. Quando l’agitazione passò gli altri dolori vennero, appena fastidiosi. Ovunque avevo croste di sangue rappreso, processi di guarigione ben avviati e rapidi, più rapidi del normale grazie al chakra di Kaku.



    Che orrore.



    Ero stato io a farmi quello? Avevo scritte ovunque. Su entrambe le braccia e gli avambracci, sull’addome – poco sotto lo sterno – e sulla mano. Ma c’era qualcosa che non mi quadrava. Perché quello scempio, cosa avevo fatto? Perché l’avevo fatto io, quella era la mia grafia! C’erano alcune frasi numerate, sulle braccia e gli avambracci. Le lessi.




    1 – Non ho memoria del passato. Ogni giorno è una X. X


    Quello aveva senso. Non avendo memoria del passato si spiegherebbero le mie pessime condizioni fisiche e mentali, probabilmente ero imprigionato lì da più tempo. Mi avevano cancellato la memoria, sì, ma solo quella riguardante la mia prigionia, perché ciò che era successo prima lo ricordavo perfettamente. Quindi avevo ideato questo metodo di incidermi cose addosso per ricordare qualcosa.



    2 – Devo premere una mattonella di fronte a me per uscire. Non ci arrivo. Cinque cm oltre la portata del piede


    Era vero? Non avevo modo di scoprirlo. Se avevo scritto di non poterci arrivare probabilmente significava che era così. Non provai nemmeno a cercare di raggiungerla.



    3 – Devo allenarmi e rinforzarmi. Non posso sprecare cibo.


    Anche questo aveva un senso. I dolori muscolari sembravano confermarlo, le braccia e l’addome dolevano come non mai. Da quanto avevo iniziato? Ritornai al primo messaggio, vidi una sola X. Era da un solo giorno. Questo era il secondo.



    4 – Kiri è in pericolo. Ayame è in pericolo. Devo fare una scelta.


    Mi agitai. Il mio cuore aumentò i battiti, trassi le catene ma queste erano troppo ben attaccate al muro. Dai più oscuri recessi del mio essere sentii la voce di Kaku sopraggiungere. Lui mi osservava, mi osservava sempre. Un prezioso compagno di disavventure.
    Calmati! Agitarsi non servirà a nulla!
    la sua voce, imperiosa, mi rimbombò in testa Tirare quelle catene non porterà a nulla, idiota!
    Ci volle un po’ affinché riuscissi a calmarmi. Tremante lessi anche il quinto messaggio.



    5 – Uccidi chi ti ha fatto questo


    Aggrottai le sopracciglia Questo è strano Kaku dissi, attirato dal messaggio. Kaku non capì, giunse solo un mugugno. Non ha un numero prima. Poi ho scritto tutti gli altri messaggi in prima persona, dandomi ordini. Questo invece no. È rivolto a qualcun altro. È rivolto…
    La risata del Bijuu mi travolse, spaventandomi. Da quanto ero legato a lui? Anni, molti anni. Ancora mi sorprendevo per quello? Dovevo essere davvero vicino alla follia.
    Vuoi che faccia il lavoro sporco per te! rise il demone ma scossi il capo Sarebbero sempre le mie mani ed il mio corpo, Kaku. Probabilmente si intende… sospirai guardando il demone con il muso fuori dal palazzo nel quale si era confinato tempo prima Che dovrai farlo tu, nella tua vera forma. Non l’ho specificato per una ragione ovvia… avrebbero potuto fare in modo che non succedesse. Forse voglio solo farla pagare nel modo più tremendo possibile a chi ci ha fatto questo, forse me l’hai chiesto tu, non lo so Kaku.



    La prossima volta scrivi qui


    Nessun numero. Caratteri cubitali. No, c’era qualcosa di totalmente sbagliato. Del tutto. Mi fissai la mano, rilessi Ricorda il 19. Mi guardai attorno, confuso e poi vidi lì, uno straccio buttato a poca distanza da me. Lo presi, lo svolsi e vidi che era la maglia che non avevo indossato. Sudicia, strappata in più punti, ma una maglia che non avevo messo. Me la rimisi, ricoprendo quelle cicatrici. Rilessi il messaggio inciso sul palmo della mia mano.



    Ricordati della notte del 19.


    Ricordati delle mani di Ayame che ti toccavano. E che ti spogliavano.




    Sobbalzai. La soluzione era ovvia, Avevo scritto quei messaggi certo di avere addosso la maglietta per coprirmi, ma chiunque mi aveva fatto quello mi aveva prima spogliato e poi non rivestito! Un errore che poteva permettersi, perché non poteva di certo sapere cosa fosse successo la notte del 19, soprattutto non sapeva che mi riferissi al 19 Luglio. Ma per me quel numero aveva un significato particolare. Perché 19 era il mio anniversario di matrimonio ed una delle mie bambine si chiama Jukyu. Ju, dieci. Kyu, nove.



    A quell'assunzione seguì una tremenda verità. Qualcuno mi aveva scoperto. Aveva notato qualcosa e forse aveva modificato ciò che avevo scritto su di me. Non che ci volesse molto, bastava un piccolo bisturi ed una buona conoscenza delle arti mediche per far sparire qualsiasi traccia dei miei scritti. Quindi era logico pensare che qualsiasi cosa fosse in realtà errata, un inganno. A meno che non analizzassi più razionalmente la situazione. Il primo messaggio aveva senso, viste anche le mie situazioni. Forse il numero di giorni era stato diminuito, non avevo modo di saperlo. Il secondo messaggio poteva essere un inganno, ma non avevo modo di sapere nemmeno questo. Il terzo messaggio era un ordine a me stesso, potevo eseguirlo senza avere conseguenze – forse – non ero a conoscenza della qualità del cibo in quel posto dopotutto, ma non potevo lasciarmi deperire. Il quarto messaggio mi agitava, ma poteva essere stato inserito appositamente per ottenere quell’effetto. Il quinto messaggio forse era rivolto a Kaku o forse era stato scritto da qualcun altro.



    Il messaggio sul petto era un inganno.



    Non aveva un numero, non rispettava la forma dei precedenti messaggi e non aveva senso che fosse scritto. In teoria sarei dovuto essere coperto e non a torso nudo, probabilmente quello era il significato di “Ricordati la notte del 19”. Solo io potevo sapere cosa significava quel messaggio e cosa avrebbe potuto comportare per me. Quel numero non poteva essere casuale. Dunque, dovendo essere coperto, che senso aveva scrivermi addosso a caratteri cubitali dove scrivere? Dal mio punto di vista era insensato. Dal punto di vista di chi voleva farmi fare il suo gioco, invece, era perfettamente coerente con uno schema ben preciso: farmi scrivere informazioni dove sapeva che avrebbe dovuto cercarle.



    Digrignai i denti, per la frustrazione. Se ora sapevano delle mie scritte sul corpo, cosa avrei dovuto fare? Scrivere nuove informazioni sarebbe servito solo a dargli l’opportunità di modificare ancora i messaggi! Casualmente spostai la mano e sentii un rilievo. Notai, al mio fianco, una pietra sollevata appena dal peso di una ciotola. Forse c’era una irregolarità sulla quale poteva fare da fulcro. Infilai le dita sotto la pietra, la sollevai e guardai attentamente. Cosa c’era lì sotto?









     
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    Menzogne







    L’uomo normale voleva questo?
    Aveva vinto la sua scommessa?
    Chi lo sapeva?
    La porta riecheggiò di ritmiche percussioni: qualcuno bussava.


    BUONGIORNO PRINCIPESSA!
    ...Ah no, cella sbagliata.


    Disse l’uomo normale mentre usciva richiudendosi la cella dietro.
    Bussò nuovamente.


    Buongiorno, prigioniero.

    Disse sorridendo amabilmente.

    Com’è? Come va oggi?
    Fuori c’è un bel tempo, appena umido, ma fa bene alla pelle, sai quando mi si secca diventa tesa e fastidiosa.
    Tu invece? Le catene sono comode? Ben strette?


    Sorrise di nuovo.

    Una bella operetta quella che ti sei fatto addosso, un po’ inutile onestamente.
    Pensa, non ti avevamo fatto torturare perché pensavamo non ti sarebbe piaciuto e invece poi ti riscopriamo qui a trastullarti con chissà cosa.


    Uscì nuovamente fuori per poi rientrare con una sedia, sospirando mentre ci si sedeva sopra, alla solita distanza, dieci centimetri oltre la portata del jinchuriki.

    Dentro questo carcere io sono lo strizza cervelli, non uso mai la forza, mi bastano quelle catene che ti vedi ai polsi e un po’ di tempo.
    Purtroppo da quella rovinosa missione con cui ti abbiamo catturato siamo lievemente oberati di impegni e non ho potuto prendere il mio lavoro con la dovuta accuratezza.
    Ti seguo da poco tempo, ma devo ammettere che sembri tenace, le persone come te hanno sempre un ancora a cui aggrapparsi, probabilmente hanno passato delle brutte esperienze e hanno imparato a difendersi dai miei metodi.
    Maahh, sai si dice sempre che la vita è dura, il fatto è che nonostante tutto la vita è innocente.
    Io invece sono colpevole, io faccio volontariamente del male, la vita, non è mai dura prima di incontrare me.
    Ma tanto lo dimenticherai!
    Sai, il copione mi imporrebbe di rivelarti i miei piani malvagi interamente durante questi incontri, ma modificare ogni volta il tuo meticoloso lavoro da scribacchino inizia a diventare noioso.
    Sai quanto ci ho impiegato a trovare il giusto modo di stimolarti per non farti deprimere?
    Se non fossi stato attento mi saresti morto prima del tempo, e in una maniera così pietosa da essere noiosa!


    Lo guardò sott’occhi.

    Parecchio.
    Mi son dovuto sedere qui parecchie volte parlare, farti domande, costringere a rispondere.
    Una vera fatica.
    Alla fine ho trovato la ricetta giusta, un po’ di amore, un po’ di patriottismo ed ecco che la lista piano piano veniva fuori.
    Allenarti?
    Ma siamo onesti.
    Non vedi dove diavolo sei rinchiuso?
    il massimo allenamento che ti è concesso è quello per consentirti di non dimenticare come ci si muove e come si deglutisce!
    Sprecare cibo?
    Non sia mai! La dose è strettamente legata alla quantità di cib… ops!
    Non dovevo dirlo!


    Disse mentre metteva una mano davanti alla bocca con fare fanciullesco e un po’ effemminato.

    Tra l’altro il metodo per contare i giorni è del tutto errato, un risveglio non corrisponde ad una giornata, a volte stai KO un giorno, a volte due, a volte tre a volte persino qualche ora!
    Sulla mattonella mhmhmhm su quella non ti dico nulla!
    Sarà così bello vederti provare che potrei addirittura eccitarmi, ti piacerebbe sapere quante cose sono di tuo pugno e quante no vero?
    Purtroppo la pelle e le cicatrici non sono la cosa più comoda per una perizia calligrafica.
    Ma comunque, torniamo all’ancora, penso di averla scoperta come noti, ma ancora non è un metodo accertato, questo è solo il primo giro che fai con queste lettere, o meglio, il prossimo lo sarà, con tutti questi spoiler immagino sarai abbastanza confuso per seguire le istruzioni.
    Mi raccomando, non crucciarti troppo, mangia e dormi, al tuo risveglio potrai partire da capo!


    Un mare di frottole vomitate direttamente dalla viscida bocca di una sanguisuga che si nutriva unicamente di paura, ansia e rabbia.
    Ma sotto la mattonella?
    Sotto la mattonella poche parole, tre per la precisione, nette e perfettamente incise.
    Una calligrafia diversa da quella di Itai ma al contempo vecchia, i solchi non erano così netti da giustificare un’incisione recente.


    IL CORPO MENTE.



    Un consiglio? Una verità? Un altro rompicapo? Un'altra trappola?
    Qualsiasi cosa fosse era li da un pò
     
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    IV - II


    Ed ecco che sopraggiunse colui che doveva essere il mio aguzzino. Mi conosceva, sicuramente io conoscevo lui solo che non me lo ricordavo di certo. Dunque, come si confà a due individui che si conoscono – anche nell’imbarazzante situazione in cui uno dei due non ricordi nulla dell’altro – parlai con una disinvoltura gelida che rasentava lo sberleffo. Se lo meritava tutto quel bastardo. Così come si meritava un artiglio di Kaku su per il culo. Piccolo appunto mentale: frase numero 5 ampiamente giustificata.
    Dimmi, sono uno smemorato – grazie a te anzi, per non farmi pesare la prigionia – e tu ora vieni qui a parlare parlare parlare parlare… sperando che scriva altro così che tu possa modificarlo alzai un sopracciglio Mi credi idiota? Avanti, sparisci, la tua vista mi nausea, anche se non mi ricordo di te. Deve essere qualcosa che ti porti dietro ad essere schifoso, qualcosa che mi provoca un riflesso istintivo che va al di la della memoria. La tua faccia, ad esempio, sì, deve essere quella.



    Quando mi lasciò finalmente solo sospirai, nervoso. Kaku non disse nulla ed io riflettevo. Sulla mattonella era scritto un messaggio vecchio, probabilmente da un’altra vittima. Quante persone erano passate di lì, per le mani di quel ributtante individuo? Qualcuno aveva voluto lasciare un messaggio oppure semplicemente era un tentativo necessario a rimanere vivo. Oppure era una trappola, non avevo idea di cosa potesse essere. Dovevo escogitare un modo per scoprirlo, ma era tutt’altro che semplice. Scrivere qualcosa sulla mia pelle significava dargli la possibilità di modificarlo. Scrivere qualcosa sotto la tavola significava rovinare forse un prezioso indizio utile.



    Però potevo escogitare qualcosa usando un altro elemento. Se avessi scritto qualcosa su questo altro elemento avrei potuto chiaramente fare in modo che il mio cervello potesse giungere a conclusioni sicure, al contempo, ingannare i miei aguzzini. Anche da smemoriato. Purché questo rimanesse segreto. Così lasciai perdere le mie frasi. Presi in considerazione la pietra ed il fatto che sì, il mio corpo a quel punto mentisse. Con la mancina presi la pesante ciotola, la girai a testa in giù e scrissi sul fondo una frase alquanto inaspettata.



    La pietra no, devo controllare


    Quindi all’esterno scrissi:



    La fame è memoria. Ayame non è pericolo.


    Detto ciò aggiunsi una “X” dopo il primo messaggio e tracciai una lunga linea sanguinante lungo il quarto messaggio. Quello mi serviva ad uno scopo ben preciso: se avessero scoperto il mio trucchetto con ogni probabilità l’avrebbero lasciato lì per confondermi. Altrimenti avrebbero ripristinato la situazione precedente. Poi presi il cibo. Da quanto avevo capito mangiare significava affogare i miei ricordi. Quindi se avessi mangiato meno, avrei ingurgitato meno medicinale. Cosa significava? Però dovevo sapere: dunque ingurgitai metà del mio cibo, dopo aver riposto l’altra metà nella ciotola che posi al mio fianco, con le scritte rivolte contro il muro. Mi rannicchiai seduto sulla pietra mobile. Mangiando la metà cosa sarebbe accaduto? Avrei ricordato di più o no?



    Attesi.










     
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    Disperazione







    Nuovamente Itai mangiò, nuovamente svenne, un processo troppo pesante quello della medicina per essere sopportato in stato di veglia.
    Mentre dormiva entrò un qualsiasi secondino, ripulì la cella dai resti di cibo e dalla ciotola, lasciò solamente la bambolina di peli, posizionandola dove l’aveva messa “l’uomo normale” la prima volta.
    Non disse nulla, non fece nulla di particolare fino a quando non dovette lasciare una ciotola simile a quella che aveva in mano ma traboccante di succulenta sbobba anziché ammezzata.
    Posata la ciotola vicino al kiriano sarebbe uscito, avviandosi all’entrata salvo fermarsi prima di varcare la soglia, con uno sguardo dubbioso mentre rigirava la ciotola tra le mani.
    Non sapeva la provenienza di quelle scritte, ma lo insospettirono. Fece dietrofront e si diresse verso l’incosciente traditore.
    Lo alzò di peso dal terreno, e scrutato al di sotto non trovò nulla, nessuna pietra particolare, fece spallucce e poggiò nuovamente Itai al suo posto, quasi con delicatezza, come pentito di un gesto troppo avventato.
    Dal canto suo il prigioniero non si accorse di nulla, troppo impegnato a sognare, troppo impegnato a catalogare quei ricordi disconnessi che una riduzione di dose di medicina gli avevano lasciato.
    Sognò due mani, sembravano le sue, anche se per qualche secondo rimasero sospese nel nulla indecise sul da farsi, pareva si guardassero tra di loro interrogandosi su tale dilemma, fino a quando non giunsero due mani femminili ad accarezzarle, accompagnate da una voce per lui carica di ricordi.


    Cosa fai Itai?
    Cosa scrivi?


    Ricercando la fonte di quella voce non avrebbe trovato nessuno, ma una volta posati gli occhi avrebbe notato che scriveva su un foglio una manciata di lettere

    La pietra no, devo controllare

    Il sogno finì, e Itai, lucido quanto la medicina gli permetteva di essere, si risvegliò sopra la sua pietra mobile.
    Poteva ricordarsi del sogno, poteva ricordare quelle parole e dove le aveva scritte, tuttavia non era presente il loro supporto, che glielo avessero sottratto per sicurezza?
    Come mai ora era riuscito a ricordare? Perché era così sicuro che dimenticava tante altre cose?
    Un flusso di domande ininterrotto assillava la mente disordinata del jinchuriki fino a quando non fu interrotta dal nervoso e rapido scattare della chiave contro i pistoni della serratura. Le grida di una donna accompagnavano tutti quei suoi.


    E stai zitta! Puttana!

    Una donna venne violentemente calciata dentro la stanza si accasciò al suolo, piangendo disperata, lacrime ben diverse da quelle causate dal dolore: lacrime di disperazione.
    Insieme a lei tenuto saldamente da due giganti, un altro uomo, un uomo normale.
    Vennero entrambi legati come Itai.
    Itai non poteva sapere chi fosse, purtroppo non l’avrebbe ricordato, e nulla avrebbe aiutato a farlo.
    E la donna… la donna la conosceva.


    ITAAAAAAAIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!

    Un grido che lacerava l’anima, un grido così disperato che echeggiando in quella stanza non sapeva sulle orecchie di quale anima pia poggiarsi.

    Trovare lei, dopo aver fatto il tuo clone non è stato semplice, è stato banale.
    Le due bambine le stiamo ancora preparando per la festicciola.


    Non aveva mai visto quell’uomo, come, a memoria sua, non aveva mai visto quello legato al muro, ora impegnato a piangere le lacrime più amare che si potessero versare, ma era sicuro che quel sibilo sottile che gli venne rivolto sarebbe stato in grado di cingere il più forte dei cuori in una scheletrica stretta di terrore liquido.
    Solo la donna aveva già visto, solo la donna poteva riconoscere tra quella miriade di lividi che rendeva il suo volto violaceo e quasi sformato: Ayame.








    CITAZIONE

    -GIOCA-

     
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    III


    L'impostore entrò in una locanda. Era quasi al confine con Iwa, mancava a poco a casa. Andò al bancone, ordinò dell'acqua porgendo la sua borraccia di pelle. L'oste la prese e si direse verso un barile d'acqua. L'uomo era nervoso lo si vedeva. Si guardava attorno, furioso e frustrato, come se si aspettasse che dalla porta - all'improvviso - entrasse qualcuno che lui non voleva assolutamente vedere. L'oste tornò e gli porse la bisaccia piena d'acqua, l'impostore pagò con gli ultimi soldi che gli rimanevano mentre qualcuno silenziosamente entrava nella locanda.



    L'altro uomo silenzioso come un'ombra si sedette al suo fianco senza che l'Impostore se ne accorgesse. Si stava per alzare quando il nuovo venuto gli mise una mano sulla spalla.
    Dobbiamo parlare. l'Impostore lo fissò. Sgranò gli occhi. L'uomo si alzò ed uscì, facendo cenno all'impostore di seguirlo.



    L'avevano trovato.






     
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    V


    Avevo sognato qualcosa di strano. Due mani, delle parole. La pietra no, devo controllare. Cosa voleva dire tutto questo? Mi tirai su, conscio della mia situazione di prigioniero, mentre un crampo mi attanagliava i visceri. Fame. Avevo fame e mi sentivo lucido e confuso allo stesso tempo. Forse era più corretto dire che mi sentivo confuso dalla mia lucidità. Poi la porta si aprì e con mia enorme sorpresa (davvero)? Furono scagliate dentro due persone. Ed una voce chiamò il mio nome.



    FERMO!

    FERMO!




    Kaku mi bloccò con un urlo. Un urlo atroce che mi fece scoppiare i timpani mentali che mi permettevano di udirlo. Un lungo sibilo mi rimbombò nel cervello poi le acque impetuose del pavimento della nostra dimensione condivisa si agitavano mentre lui si sollevava impetuoso nello spazio limitato che il palazzo che lo rinchiudeva gli concedeva. Ils uo chakra, come un'immensa luna piena che rileva sul tetto, ribolliva furioso, pronto a raggiungermi.
    Non lo senti il tuo corpo? Cosa credi di fare ingozzandoti del mio chakra, idiota! FERMO!Ayame... mi protesi furioso verso di lei con tutta la mia (limitata) froza, la raggiunsi e la strinsi tra le mani. Il suo volto era violaceo, non riconoscevo nulla di lei... ma era lei. Era lei. Con dita tremante sbottonai quel lurido indumento macchiato di sangue abbastanza da scoprirle un po' il petto e vedere le sue grosse cicatrici a forma di X, regalo di suo padre.



    Era lei.



    Iniziai a tremare con furia e la furia divenne orrore quando parlarono delle mie bambine. Strinsi Ayame, ignorai totalmente l'altro uomo. Come se potesse importarmi qualcosa di lui. Non potevo fare niente. Ma dovevo fare qualcosa! Dovevo! E per fortuna che dentro di me c'era qualcuno distaccato da Ayame e dalle mie bambine. Qualcuno in grado di ragionare meglio di me in questo momento. Anche solo per bacchettarmi e costringermi a reagire, perché neanche lui voleva rimanere chiuso in quella cella un istante più del dovuto.
    Ehi, idiota. Smettila di fare la mammoletta, se rimani così fermo ti crepa Ayame ed anche le figlie qui dentro. Per non parlare di te. Ed io non voglio finire rinchiuso chissà dove.. quindi.. CALMATI MALEDETTO MOCCIOSO SENZA CERVELLO! Come se fosse facile, lurida bestiaccia Mi basta sapere che ho ragione. Ho ragione? ... Purtroppo sì. Devo uscire di qui, ma come, non ricordo... non ricordo nulla.. a parte, "la pietra no, devo controllare". Significa che devo controllare qualche pietra ma... il mio sguardo capitò sulla mia mano. Ricorda la notte del 19.



    E fu un nuovo viaggio alla riscoperta delle orrende scritte che mi ero auto inflitto. Frasi cicatrizzate fin troppo velocemente. Frasi che volevano dire molte cose. Frasi che mi facevano sospettare di tutto. Non ho memoria, vero. C'era un iscita? Era lì e non potevo raggiungerla? Ayame era in pericolo? Era lì, perché avevo cancellato quella frase? E dovevo uccidere chi mi aveva fatto quello. Anzi doveva. Forse si riferiva a Kaku? Chi mi aveva fatto quello? C'era un chi probabilmente. E poi il corpo. Il mio petto con scritto "La prossima volta scrivi qui". Ma non c'era scritto niente, ed era illogico, totalmente illogico! Avevo scritto numeri precisi, perché lì no? A che serviva?



    Mi ritirai al mio posto e mi sedetti e non appena lo feci sentii qualcosa sbilanciarmi. Non ci diedi molto peso, finché quel pensiero errante in testa non mi raggiunse ottenebrando le mie sensazioni. La pietra no, devo controllare. Cosa c'era scritto sotto quella pietra? Fui tentato dal controllare e poi mi fermai. Notai solo in quel momento il terzo prigioniero, depresso e piangente. Come se in quel momento avessi la forza di occuparmi delle lacrime di un altro disgraziato. E poi... chi diavolo era?
    Perché non glie lo chiedi? Troppo loquace oggi. Oggi ho ragione troppe volte forse?
    Ehi tu... tirati su, non voglio affogare nelle tue lacrime. Chi sei?



    Piccolo inciso. Avevo iniziato a non fidarmi di nulla. Perché non ricordavo assolutamente nulla.. e per quanto ne sapessi, quell'uomo poteva essere chiunque. Davvero chiunque. E non mi aspettavo la verità dalla risposta.





     
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    Ayame strinse Itai di ricambio, abbracciandolo quasi fosse un ancora che la traeva fuori da un mare di oscura e appiccicosa sofferenza. Parve vedere un barlume di luce dopo chissà quale interminabile galleria.

    Itai… itai…

    Continuava a ripetere, un misto tra una cantilena, una supplica e una richiesta. Il tutto mentre le lacrime bagnavano i cenci del traditore, eppure in lei c’era qualcosa di strano, nel suo sguardo, nella sua cantilena nel suo insistere, nei suoi movimenti così ripetitivi… le era stato fatto qualcosa, era stata violata nel profondo, nella parte più delicata che una donna, che una madre potesse avere.
    Qualcosa era rotto, qualcosa era spezzato e stringendo le spalle della donna si poteva notare come mancasse la resistenza data dal carattere, dalla tempra morale.
    Ora aveva per le mani un piccolo coniglio spaurito, frollato decisamente troppo a lungo per il suo corpo delicato. Itai si sarebbe reso conto che la donna avrebbe risposto a ben pochi stimoli in maniera diversa dal pianto isterico, sembrava avesse necessità di quel corpo, eppure anche lei al pari del jonin pareva aspettarsi qualcos’altro come se il corpo che stringesse non fosse quello che ricordava, quelle mani così timidamente, così paurosamente incerte.
    L’uomo, piccolo nella corporatura, ed in quel momento anche nel cuore, quasi non rispose, come se la voce stessa di Itai, il suo rivolgersi a lui in quella maniera lo ferisse.
    Rispondere pareva gli costasse la più grande delle fatiche, quasi un atto eroico per la situazione in cui versava.
    Da qualche parte era ferito, ma non all’esterno.
    Si strinse le spalle e un filo di voce gli sfuggì di bocca.

    Nessuno.

    E tacque, schermandosi con le sue ginocchia nodose e pallide.
    Era vestito di stracci, come lo erano Itai e Ayame

     
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    VI



    Lui non era nessuno? Cosa voleva dire quello? Lo guardai con sospetto e mi ritirai, riavvicinandomi ad Ayame. La strinsi a me con tutta la delicatezza di cui ero capace, mentre riflettevo. Riflettevo sopratutto per non pensare ad altro. Perché riflettere era la mia ultima ancora di salvezza in quel mare di follia nel quale stavo affondando lentamente. Riflettere mi distraeva da tutto, sebbene senza accorgermene avevo iniziato a piangere. Dovevo vedere cosa c'era sotto quella pietra. Ma se l'avessi fatto davanti a quell'uomo sarebbe stato sicuro?



    Probabilmente no.



    Ciò che vedevo e facevo in quella stanza poteva essere osservato ed utilizzato contro di me. Dunque dovevo riflettere ed agire con cautela ed attenzione. Strinsi il corpo inerte di mia moglie contro di me e pensai al perché avevo dovuto cancellare il messaggio dove scrivevo che erano in pericolo. Se l'avevo fatto voleva dire che lei non era in pericolo... eppure era qui, presente, sofferente come non mai per chissà quali indicibili torture. Affondai il viso contro il suo, mentre il flusso di pensieri si interrompeva, rotto dai ricordi di una vita passata assieme. Felici. Quanto tempo era passato?



    Guardai l'intruso nel quadretto di dolore famigliare e pensai ad un piano. Posai piano Ayame contro la dura terra Quanto vorrei una coperta per te... pensai e sospirai. Dunque mi alzai e mi avvicinai allo sconosciuto sedendomi vicino lui, non troppo vicino.
    Deve essere dura per te, spero che non ti riserveranno lo stesso trattamento mio.. guardai Ayame O suo.. strinsi il pugno sinistro e con il destro toccai la spalla del mio disgraziato compagno di cella, abbastanza in alto da cercare la pelle della nuca facendolo apparire come un contatto involontario. Contatto che se fosse andato a buon fine mi avrebbe permesso di imprimere un Simbolo di Individuazione
    Simbolo di Individuazione
    Villaggio: Specializzazione
    Posizioni Magiche: Tocco
    L'utilizzatore può individuare l'obiettivo su cui posto il sigillo e i suoi spostamenti a qualsiasi distanza.
    Tipo: Fuuinjutsu - null - Ninpou
    (Livello: 4 / Consumo: Basso )
    [Da jonin in su]
    sulla sua pelle. Dove non poteva vederlo.



    Sarà stato pure un disgraziato ma non mi fidavo. Se fosse uscito da quella cella e mi fossi dimenticato di lui almeno avrei notate che qualcuno su cui avevo impresso un Sigillo si aggirava fuori dal mio limitato mondo. Ma non era finita lì. Dovevo uscire, lo dovevo ad Ayame ed alle mie bambine. Tutto doveva finire e tutto doveva finire per il meglio.



    Mi venne un'idea, come se quella recondita parte Nara di me - molto ben nascosta sotto tonnellate di irruenza, potenza di fuoco e poca razionalità - avesse preso il sopravvento in quei momenti di così scarso potere. Senza pensarci presi la pietra e la voltai, lanciando poi uno sguardo a Nessuno per vedere la sua reazione. Sopra vi trovai scritto "IL CORPO MENTE". Ma non era la mia grafia. E questo giustificava quel mio pensiero.. Il corpo mente, ma la pietra no. Ciò mi angosciò, cosa delle informazioni che mi portavo scritte addosso erano vere?



    A questo punto il mio corpo era scarsamente affidabile. Creai uno spiedo di vento e con estrema precisione incisi precise parole sulla pietra. Alla fine quel sasso recava molte più incisioni rispetto a prima, tanto che vi era ben altro poco spazio per le aggiunte sul suo lato nascosto. Ma non importava, quella pietra non sarebbe rimasta a lungo in quel posto.



    IL CORPO MENTE
    1) La memoria è poca, ho fame, forse sono collegati
    2) Non so se l'uscita è una trappola
    3) Devo fregarmene
    4) Salvale
    5) Uccidilo. Ammazziamolo. Distruggiamolo.

    Sojobo a Kiri. Voglio sapere che succede. Riferisci a Qan.
    Shin a Kurohai. Yogan deve sapere. Cercatemi.
    Richiamo Qan oggi più volte. Ogni giorno, per notizie.
    Qan scrivi sempre su foglio, non parlare.
    Qan riscrivi tutto questo su un foglio. Devo leggerlo sempre.




    Dopo di ciò mi morsi un dito fino a che non ne uscì una goccia di sangue, dunque composi i sigilli. Evocai Qan, chiedendogli di sostenere lui stesso il costo della sua evocazione [Chakra Condiviso]
    Chakra Condiviso [0]
    Arte: L'utilizzatore può evocare senza spesa di chakra le creature. Il costo del richiamo è sottratto dalla riserva di chakra della creatura anziché da quella dell'utilizzatore.

    . Non appena apparve il piccolo gracchiante tengu fece per aprire becco ma gli imposi il silenzio afferrandoil becco per impedirgli di gracchiare.
    Da ora in poi se ti richiamo chiudi quel becco e non parli finché non te lo dico Qan, situazione gravissima. Prendi e sparisci, leggilo dopo. gli consegnai la pietra e lo feci sparire un istante dopo. Al Monte avrebbe avuto tutto il tempo per poterlo leggere. Forse lo avevo allarmato parecchio, con i miei tengu ero sempre stato gentilissimo.



    Ottimo, perché volevo che si preoccupassero ed agissero prontamente e con urgenza. Non avevo la forza, ma i miei alleati sì e se fosse necessario gli avrei sguinzagliati tutti per proteggere chi amavo ed uscire di prigione.



    Tornai da Ayame ed attesi stringendola, cercando di calmare il suo animo distrutto. Ma tra anime a pezzi il dolore non si sana. Dopo un'ora e mezza circa, forse più richiamai Qan utilizzando nuovamente il suo chakra, il quale obbediente restò il silenzio, ma nel suo sguardo si leggeva un'urgenza ed una preoccupazione. Lo feci sparire subito. C'era un motivo per cui facevo tutto quello: i ricordi andavano via. Come non ne ero certo, ma forse era qualcosa che mi davano e del quale non potevo farne a meno... il cibo. Questo spiegherebbe anche i crampi della fame. Probabilmente avevo mangiato meno il giorno prima ed avevo ricordato il dettaglio sulla pietra. Nonne ero sicuro, ma se era così, quel cibo mi aveva risparmiato un sacco di sofferenze.



    Nell'ora e mezza che seguì mischiai metà del mio cibo con quello di Ayame e la aiutai a mangiare tutto. Doveva farlo: se avevo ragione si sarebbe forse stordita, magari avrebbe dimenticato qualcosa. Quello le avrebbe fatto fin troppo bene, non doveva avere altre preoccupazioni: avrei pensato a tutto io. Era quello il mio compito come padre, come marito. Come ninja. Dovevo proteggere la mia famiglia ed il mio villaggio. Occupavo il mio tempo anche analizzando la persona davanti a me, cercando di memorizzare il colore del suo chakra e tutte le informazioni possibili ed immaginabili che potevo rilevare analizzandolo [Percezione di Chakra]
    Percezione del Chakra [0]
    Speciale: L'utilizzatore può vedere il colore del chakra di una persona osservata. L'utilizzatore può scoprire alcuni aspetti del chakra: impronte possedute; alterazioni da tonici, droghe, tecniche speciali, possessioni e simili; quantità approssimata della riserva.

    .



    Alla fine, ignorai la fame per molto tempo: avevo evocato Qan per circa dieci volta in tutto quando finalmente mi concessi il mio schifoso, insapore ed obliante cibo. Non lo mangiai tutto, volevo verificare una cosa. Avevo dato metà della mia porzione ad Ayame ed alla fine ciò che ingurgitai fu circa un terzo del totale. Che disgusto.




    Itai resta, in poche parole, la bellezza di 15 ore senza mangiare. Niente che un fisico non possa sopportare, non è un giorno di digiuno che ti ammazza dopotutto, anche se sei debilitato. Evoca Qan 10 volte, l'intervallo di circa 90 minuti tra un'evocazione e l'altra serve a far riprendere il chakra a Qan visto che sostiene lui la sua evocazione.

    Il tempo necessario per Sojobo per arrivare a Kiri è di circa un giorno di viaggio. Idem per Shin a Kurohai.

     
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    Quando provò a rivolgere la parola al povero disgraziato questo rispose con un piccolo sorriso malinconico, probabilmente ai suoi occhi Itai non appariva che un novellino, o quantomeno, così lasciò intendere quell’espressione.

    Lei forse ha sofferto… ma tu… tu non sai, a te danno la medicina, tu dimentichi.
    Io…io sono qui da… sembra che la mia vita sia iniziata in questa prigione, i ricordi prima di essa sono così lontani, la felicità l’aria fresca… sembra che appartengano ad un’altra vita, entrato in questa prigione sono risorto come creatura da torturare.
    Ma non tutte le ferite, non tutte le torture fanno bella mostra di se.


    Parlò, in pochi soffi parve esaurire persino quel filo di respiro utile a tenerlo in vita, e terminato si accucciò con la schiena al muro, mentre si toglieva dai nudi piedi questo o quel bruscoletto, fissando con sguardo perso un punto imprecisato.


    Al suo Risveglio Itai si sarebbe trovato in una cella diversa, gli occupanti erano sempre tre, tuttavia se ora il kiriano avesse provato ad attivare la sua percezione del chakra avrebbe trovato l’ambiente attorno a lui costellato di puntini vivi e tremolanti, che si spostavano da una parte all’altra, anche se disposti in maniera singolare: pareva fossero disposti lungo la superficie di un cono al cui vertice stava la sua cella, inoltre c’era un qualcosa che faceva sentire nostalgico il demone, come se fosse già stato li.
    Qualcosa era cambiato, qualcuno aveva osservato i suoi movimenti.
    Tra i cambiamenti poteva notare anche l’ampliamento della cella, ora era sufficientemente grande da impedire, seppur per pochi crudeli centimetri, qualsiasi contatto tra i prigionieri, e Ayame era riversa al suolo, inerme.
    Itai ricordava di aver evocato Qan, più di una volta, e al contempo di aver nutrito Ayame con il suo cibo, se avesse chiesto notizie all’altro uomo questo avrebbe scosso la testa, chiudendo gli occhi.



    Non lo so, è in quello stato da un po’, poco fa è entrato un carceriere, penso gli abbia dato una pedata sulla bocca, ma lei non si è mossa.
    È probabile che il tuo cibo contenesse qualcosa di pericoloso per lei, sono stato con lei più a lungo di te e non era mai successa una cosa simile.


    Sojobo, supremo Re dei Tengu, non era creatura avvezza a far attendere colui che aveva scelto come compagno di battaglie, per cui, quando Itai si fosse deciso a richiamare Qan il piccoletto avrebbe portato con se la stessa pietra, recandovi una notizia ben più sinistra di ciò che Itai si sarebbe potuto attendere.

    Ora Qan ci indicherà la tua posizione.
    Attendi.
    TUTTO è menzogna.


    Era proprio vero ciò che era inciso nella pietra? Impossibile dirlo, ma se Itai avesse cercato di rendergliela o di scriverci dell’altro il piccoletto si sarebbe limitato a sciogliere l’evocazione.
    Cosa aveva potuto vedere il saggio Tengu a Kiri che gli potesse aver fatto dedurre una tale cosa?
    Itai, cosa avrebbe fatto ora?
    Due persone condividevano con lui la sua prigionia, e per quanti dubbi potesse portare sull’uomo tali non poteva di certo averli contro la sua consorte, vero?

     
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    IV



    Mizukage-sama!

    A pronunciare quelle parole fu Hikari. La fedele Hikari, che tante vedette aveva fatto alle mura quando Itai Nara si occupava ancora delle mura. Prima della Quinta Riunione di Kiri che sancì - in maniera inequivocabile - la sua nomina a Quarto Mizukage. E tutti erano stati ben felici di appoggiare quella nomina! Itai alla fine era probabilmente il ninja più potente di Kiri insieme a Shiltar, scomparso anche lui. Tutti quanti però maledissero orrendamente quella scelta a distanza di pochi mesi: l'immobilismo di Itai Nara pareva patologico e Kiri in costante declino. Ma lui restava sordo alle critiche, facendo il minimo indispensabile per non ridurre il villaggio alla fame.



    Ed ora eccolo fuggire! Hikari salto giù dalle mura, con le lacrime agli occhi. Il Mizukage si voltò a guardarla. Ma c'era qualcosa di diverso in lui, un'aria profondamente contrita e rabbiosa. Il mizukage sfoderò la Katana rossa di nome Garyuka e la puntò verso Hikari Sparisci! Non seguirmi, è un maledettissimo ordine! ma mentre parlava la sua voce cambiò e quando pronunciò l'ultima parole per Hikari fu chiaro che qualcosa era andato veramente storto SPARISCI!



    Cosa... chi... chi sei tu... Hikari fece scattare una mano verso tre Kunai e li scagliò contro l'impostore che si parò malamente, troppo agitato: due di questi lo graffiarono e fu abbastanza per far sciogliere la misera Henge che ancora proteggeva il suo aspetto. Non c'era Itai Nara lì. C'era un uomo castano, dal fisico apparentemente troppo mingherlino per essere Itai. Hikari rimase sconcertata. L'impostore aveva fatto cadere Garyuka e non riuscì a raccoglierla prima che la furia di Hikari lo travolgesse. Riuscì solo a recuperare un Kunai e ad evocare una grossa aquila che lo prese tra gli artigli e lo portò via, lontano da quel villaggio di pazzi.



    Poco più in alto, un corvo, si dirigeva verso est. Beato lui che poteva volare quando voleva.



    OT
    I post smettono di essere ipotetici, questo è ciò che accade a Kiri davvero.
    Il falso Itai è diventato Mizukage a seguito della Quinta Riunione di Kiri. Sebbene l'evento non è stato giocato per via della mancanza di Kiriani, si può ritenere andato in questo modo. Questo post chiarifica due anni di vuoto amministrativo di Kiri - lasciata a se stessa - e al contempo rimuove il falso Mizukage che scoperto, fugge.
    Se volete sapere altro, continuate a leggere: i prossimi post chiariranno eventi sempre più precedenti a questo.



     
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