Messa a punto

Perfezionamento di un ninja [Villa Kobayashi]

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  1. Arashi Hime
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    C H A N G E of L I F E :
    "Being a Humanist means trying to behave decently
    without expectation of rewards or punishment
    after you are dead"

    Shizuka Kobayashi.




    divisore



    Hisoka Aoki era un ragazzo di venticinque anni alto come una pertica e con grandi occhioni contesi tra un debole azzurro e un metallico grigio. Era l'attendente di Akihiko Kobayashi, il cugino di primo grado della nobile Principessa ereditiera, accorso da Kiri – dove si trovava la sede da lui gestita dell'impero del commercio dalla “K.” ricamata a filo d'oro– quando aveva saputo che Konoha era stata vittima di un attacco terroristico da parte di una certa associazione nukenin di nome Kurotempi, e che Shizuka Hime-sama era rimasta coinvolta in prima persona, rischiando la vita per proteggere il suo villaggio.
    L'amore e la devozione che Akihiko –un individuo snello ed estremamente femmineo, con lunghissimi capelli color del grano, sempre raccolti in una composta treccia, e gli occhi affilati del verde profondo che contraddistingueva tutta la linea pura di sangue dei Kobayashi– nutriva per sua cugina, erano quei tipi di sentimenti che si provano per qualcuno che si desidera imitare. Per il proprio modello. La persona che si vuole raggiungere.
    In effetti Shizuka Kobayashi era stato un piccolo prodigio che persino i membri più anziani della famiglia ricordavano di non aver mai scorto neanche in suo padre, stimato come il migliore capoclan mai esistito dalla nascita della loro stirpe, vecchia come il mondo. Nulla di cui stupirsi, del resto quella bambina, dallo sguardo curioso ma gentile, si era subito distinta per un'intelligenza assolutamente fuori dalla norma e per una velocità nell'apprendimento che in poco tempo l'avevano resa una mercante scaltra e affermata come pochi altri lo erano, anche tra i membri più anziani. Il carisma che la vestiva naturalmente e che ne caratterizzava i lineamenti nobili e fieri, poi, la rendevano una burattinaia di persone come mai se ne erano vedute, ma sempre così gentile e dopotutto modesta, da non aver bisogno di lesinare l'ammirazione e l'amore di tutti, che l'accerchiavano con devozione senza che venisse loro chiesto nulla.
    ...Eppure, le cose erano cambiate.
    Quanti anni erano, ormai...? Cinque?
    Shizuka Kobayashi aveva tradito le aspettative della linea di sangue di suo padre, e aveva intrapreso una strada che, forse, non avrebbe mai dovuto scorgere: quella di sua madre.
    Al tempo al Clan si parlò di una ribellione adolescenziale, di un affronto perpetrato da quella ragazzina dal carattere indomabile come una tempesta invernale, un tentativo di lei di imitare quel fratello che aveva sempre seguito come un'ombra, piena di un amore che sfociava nell'ammirazione cieca... ma non era stato così. La splendida Principessa di Konoha non si era mai ritirata dalla vita Shinobi, continuando a lottare contro gli imprevisti e la ferocia di quel cammino che lentamente l'aveva consumata, divorata, dilaniata, portandole via tutto: l'aspetto infantile, il sorriso, l'amore, ma soprattutto la serenità.
    Non vi era più traccia di Shizuka, la gemma dei Kobayashi. Adesso, di lei, era rimasta solo l'ombra di un ricordo ormai lontano...
    … e Akihito Kobayashi –colui che, per primo, si era issato di fronte a tutta la famiglia per permettere alla sua amata cugina di inseguire il suo nuovo sogno, guadagnando per lei il tempo che le era poi servito per dimostrare che non stava giocando– si sentiva responsabile come l'emissario di un assassinio.
    Di questo, il giovane Hisoka fu sicuro quando vide il suo Padrone rimanere immobile sull'uscio scorrevole della porta di quella stanza entro cui lei si trovava. Lei. O almeno, il suo corpo.

    «Si ritirerà dalla vita Shinobi, adesso, Heiko...?»
    «Stiamo valutando questa possibilità, Mamiko-san, ne abbiamo già parlato con lei.»
    «E' un sollievo in un certo senso, non abbiatemene, Toshiro, Heiko, vi prego... la ragazza è un bene insostituibile per il nostro Clan... dopo la dipartita di Kur-»
    «Si. Lo sappiamo.»


    Aveva sempre pensato che Shizuka Hime-sama fosse una ragazza estremamente bella.
    Scherzando, lei gli rispondeva sempre, in quel tono confidenziale che lo metteva così a disagio perché incapace di comprendere come rispondere all'Erede senza apparire sfrontato o persino malizioso, che non vi era assolutamente niente di bello in lei.
    “Mia madre è bella” rispondeva ridendo “Gli Uchiha...loro si che sono belli. E' incredibile quanto lo siano, in effetti” non mancava mai di aggiungere, sorridendo ironica. E lui non capiva mai se lo diceva perché aveva sempre guardato di nascosto quel clan, che forse ammirava, o perché ciò di cui si riempiva la bocca, parlando di vendetta e odio, fosse in effetti la verità.
    Per quanto lo riguardava aveva visto quei cosiddetti “Uchiha” di cui la Principessa parlava in continuazione, ma non aveva mai pensato che ella vi fosse inferiore. Il tipo di bellezza della Padrona non era tanto volgare, come quello di loro, ma elegante e nobile come quello di una bambola di porcellana tradizionale. Ella possedeva quel tipo di bellezza rara che nasce dalla sicurezza in se stessi e dalla consapevolezza di poter arrivare dove si desidera. Una sfumatura che nessuna bocca carnosa o forma provocante avrebbe mai avuto.
    … Ma anche quello era il passato. Di quel genere di splendore, ormai, non vi era più traccia.

    «Ojou-sama...» Ritsuko Aoki. «Akihiko-sama è giunto per voi.» La voce debole, dubbiosa. Spaventata.
    «Shizuka-chan...?» L'incredulità. Lo smarrimento.
    «Ojou-sama, alzate il volto.»

    «Il suo corpo è sfregiato, abbiamo saputo.»
    «Si, è così.»
    «Toshiro! Come puoi rispondere in modo tanto leggero?! Ti rendi conto che un corpo deturpato non potrà essere appetibile per nessun uomo?!»
    «...Oba-sama...»
    «Mattakunee... provvederò a riallaciare i rapporti con il figlio del Daimyo delle Terre del Fuoco. Vostra figlia è stata di una maleducazione inaccettabile all'ultimo Omiai, ma quel giovane rampollo è rimasto comunque stregato da quella sua arroganza, forse potremmo...»
    «Si. Abbiamo già parlato lei anche di un possibile matrimonio.»
    «“Possibile”? Gli Dei ti perdonino, Heiko... vostra figlia deve sposarsi e dare almeno due eredi, dopoché sarà libera di agire come preferisce!»
    «Ne siamo sempre stati consapevoli...»


    Fu impossibile non paragonarla ad una farfalla. Per la prima volta nella sua vita la vedeva così fragile da non scorgere in lei l'aquila di un tempo.
    I lunghissimi capelli castani, ormai abbastanza lunghi da essere in grado di accarezzare il suolo su cui sedeva, scomposta, le ricadevano come un lungo sudario sui lineamenti scavati del volto notevolmente dimagrito, precipitando poi sopra ad un kimono di seta leggero semi-aperto da cui affacciava un'orribile cicatrice grande tre dita, che dalla spalla sinistra si tuffava tra i due seni, sparendo poi chissà dove. La Principessa non sembrava interessata a coprirsi e di tanto in tanto guardava il suo riflesso nello specchio che aveva posizionato di fronte a sé, scrutando quell'offesa al suo corpo come si potrebbe guardare la conseguenza di una punizione meritata.
    I suoi occhi verdi erano spenti, cerchiati, segnati da due profonde occhiaie rosse. Le sue labbra secche, sembravano aver difficoltà ad articolare suoni.
    «Shizuka-chan» Esordì dopo una pausa sin troppo lunga, gentilmente, Ahikito Kobayashi, raccogliendo a due mani il coraggio di entrare nella stanza, lasciando i due Aoki sull'uscio. «Sono venuto da te, a trovarti...» Sussurrò, cercando di abbozzare un sorriso. «...Mi riconosci?» Domandò poi, dubbioso, dopo un'altra pausa.
    «Si, certo.» Rispose però subito e inaspettatamente l'Erede, annuendo e voltandosi verso il cugino. «Okaerinasai, nii...»
    «Si.»
    Mormorò lui, tremando di fronte al volto pallido della bimba. «Tadaima...»

    «Mamiko-san per favore. Con calma. Toshiro, Heiko? Non vogliamo essere così malevoli da tormentarvi dopo un evento traumatico quale quello che ha colpito la vostra famiglia, ma apparteniamo tutti al medesimo Clan e sappiamo perfettamente che gli anni stanno cominciando a passare e Shizuka dalla vita Shinobi non ha mai tratto assolutamente nulla se non disperazione. »
    «Me ne rendo conto.»
    «Heiko, la colpa non è tua. Sei stata e sei tutt'ora una splendida madre, ma per quanto Shizuka possa essere portata per la via del ninja, la vita da Principessa dei Kobayashi è sempre stata molto più idonea per lei, proprio come ci si aspetta che sia del ruolo per cui si è nati.»
    «Si. Avete perfettamente ragione Arata-san...»
    «La piccola deve tornare da noi, comprendete, suppongo... la vendetta, l'odio, la disperazione, la paura... sono sentimenti che la stanno...»
    «...che la stanno uccidendo.»


    Sembrava un'altra persona. Era completamente diversa. A tratti quasi spaventosa.
    Per un istante Hisoka Aoki si ritrasse, smarrito da quella visione, e guardandosi intorno sembrò quasi insensatamente cercare l'origine di quello che doveva senza dubbio essere uno scherzo, perché non vi era possibilità che l'amata Principessa erede si fosse ridotta ad essere quell'ombra opaca sullo sfondo di un ambiente cui non sembrava appartenere. Poi, inaspettatamente e improvvisamente, comprendendo che in quella situazione non vi era nessuno scherzo ma solo follia, si sentì profondamente arrabbiato: chi aveva fatto una cosa simile alla Principessa? Chi? Chi l'aveva ridotta a quel modo?!
    Era sempre stata un bagliore, una luce. Ella era il sole, e il sole arriva ovunque.
    Ma ora...
    Voltandosi verso Ritsuko, una parente appartenente a chissà quale ceppo confuso del loro Clan cadetto, cercando in lei qualcosa, forse una risposta, il venticinquenne notò gli stessi sentimenti suoi sul volto di lei, segnato però da un dolore maggiore, sotto molti aspetti inimmaginabile per lui.
    Per un Kumori, l'ombra del capoclan, un individuo che nasce letteralmente con il solo scopo di accompagnare la vita del suo Padrone, vedere questo morire di fronte ai suoi occhi era paragonabile alla propria morte, tanto che non era inusuale che un Kumori si suicidasse seguendo il capoclan che aveva servito, poiché la sua esistenza, senza d'egli, era inutile.
    Ella era vittima di un dolore che non aveva nome, che non poteva essere delineato, e che affondava le radici nella storia cruda del loro clan vassallo, in cui la loro vita era considerata un appannaggio di quella dei signori da loro serviti. Ma nel caso di Shizuka Kobayashi, che aveva sempre amato Ritsuko come una sorella, esortandola a vivere per l'amore che le diceva era necessario che nutrisse per se stessa, il dolore che affliggeva quella Kumori, forse, aveva le sfumature di un sentimento molto più forte.
    Poi, un rumore di piedi veloce e sconclusionato ruppe quella sorta di stazionamento che si era creato e d'improvviso, da dietro l'angolo cui proveniva il rumore, un garzone della magione Kobayashi si affacciò tutto trafelato. Il suo volto ancora troppo giovane per poter essere considerato anche solo adolescente era segnato dalla paura e dall'angoscia. Tremava come se fosse stato gettato dentro un secchio d'acqua gelida e nella mano sinistra brandiva, in modo tutt'altro che minaccioso, un coltello ancora infoderato tenuto, per altro, dalla parte della lama. Per un istante Hisoka Aoki pregò che quella misera arma non si denudasse, portando via con sé due o tre dita del povero sprovveduto.
    «R-r-r-ritsuk-...» Latrò il ragazzino, disperato. Era pallido come la nebbia.
    «Prendi fiato, Kentarou. Non posso comprenderti, altrimenti.» Si limitò a rispondere la chiamata in causa. Sembrava impegnarsi a tenersi perfettamente composta ma, da sotto l'ampia manica del kimono da lei indossato, Hisoka, fermo alle sue spalle, si stupì di scorgere una mano tremare.
    «R-ritsuko-sama!!» Continuò però il garzone, ignorando completamente il consiglio che probabilmente non aveva neanche sentito. «U-un mostro!!»
    «...Prego?»
    «U-un mostro è g-giunto alla porta p-principale... l-lui vuole...vuole la Principessa!»

    Per un istante la mano di Ritsuko Aoki serpeggiò istintivamente al fiocco dell'obi ma lì si bloccò con forza. Le dita, uncinate nel vuoto, tremavano di quello che il secondo degli attendenti di alto rango presenti alla scena avrebbe definito un terrore tanto puro da toglierle persino la parola e che per un attimo coinvolse persino lui, un estraneo in quella vicenda. Impallidendo, il giovane si irrigidì, voltandosi poi di scatto verso l'interno della stanza davanti alla quale si trovava, rivolgendo lo sguardo al suo Signore. L'unico cui avrebbe dovuto pensare. Che avrebbe dovuto salvare, in caso di reale pericolo, anche a costo di morire.
    «E' alto... come un g-gigante! E'...i c-capelli...s-sono bianchi e... è tutto... nero... il viso... e le mani come...»
    «Ah.»
    Fu però la risposta che venne improvvisamente offerta. «Ah.» Ripeté di nuovo Ritsuko, e incredibilmente, sul suo volto, comparve un tenue sorriso. «Ah.»
    La mano che si era issata all'obi precipitò pesantemente verso il basso e il corpo della donna, teso e rigido fino ad un attimo prima, si ammorbidì. Le rughe del viso dettate dalla tensione si sciolsero e un sospiro venne impercettibilmente lasciato sfuggire, lasciando il giovane garzone e il secondo degli attendenti completamente di stucco. Una situazione, però, di cui la Kumori non parve interessarsi.
    «Shizuka Ojou-sama.» Ignorando completamente lo sguardo dei suoi due interlocutori, che non ebbe neanche l'educazione di congedare o tranquillizzare, la domestica degli Aoki si girò tanto rapidamente verso la sua Signora, che chiamò con un timbro di voce assolutamente alto e per questo scioccamente inopportuno, da ignorare persino la presenza di Ahikito Kobayashi, un dettaglio quello che non poté fare a meno di indispettire Hisoka. «Andate immediatamente all'entrata della magione, pare che ci sia una visita per voi. Avete capito? Una visita per voi.» Ordinò la donna, e ripeté quella frase, invariata, fino a quando Shizuka –che parve per i primi minuti ascoltare quel comando come si ascolta il canto del vento in una foresta, in modo cioè silenzioso e poco attento– alla fine si alzò da terra. Pareva, per il vero, essersi istantaneamente scordata della presenza del cugino. Sembrava in effetti che ormai la sua mente potesse reagire ad un solo comando per volta, ad un solo stimolo. E in quel momento, il nuovo, sembrava dover avere la priorità rispetto al precedente.
    «Chi è?» Domandò la Principessa, mentre usciva dalla stanza. Camminava come un pulcino appena uscito dall'uovo, in modo incerto e scoordinato.
    «Una persona.» Rispose stupidamente Ritsuko, in un modo che in un momento del passato avrebbe fatto infuriare la sua signora, facendole urlare con sarcasmo qualcosa come “ma davvero?! Credevo lo spirito dell'intelligenza, quella che manca a te!” ...ma che in quel caso venne seguita solo da un poco interessato “capisco”, che scemò lentamente nel silenzio.
    Persino quando cinque minuti dopo la ragazza si presentò di fronte all'entrata in legno dell'enorme dimora Kobayashi, Shizuka non fece una piega trovandosi davanti Raizen Ikigami. Seguita come un'ombra da Ritsuko, a sua volta affiancata da Akihiko e Hisoka, la giovane Principessa guardò il Colosso della Foglia senza nessuna espressione sul volto. Subì il suo carattere scontroso con passività, e infine, quand'egli ebbe terminato di parlarle in quel modo brutale che gli era tipico e di fronte al quale Akihiko stesso parve sentirsi in dovere di intervenire, la ragazza annuì e poi sorrise, scevra dell'irritazione che un tempo avrebbe dimostrato.
    «Scusami.» Disse, atona, come se stesse parlando da sola. «Ho avuto dei problemi.» Aggiunse, poi parve esitare. Guardò il cielo, congiunse le mani in grembo, e infine guardò di nuovo l'individuo che gli sostava dinnanzi, alzando impercettibilmente le sopracciglia in un'espressione stupita come se lo vedesse in quel momento per la prima volta. «Oh.» Mormorò, infatti, ma poi, insensatamente, domandò: «Che giorno è oggi?» sorridendo con una cortesia che poco aveva a che spartire con quella di un tempo.

    Dietro di lei, alzando due mani tremanti di fronte al volto, Ritsuko Aoki scoppiò a piangere silenziosamente.


    «E' finita, Heiko. Toshiro.»
    «Shizuka deve ritirarsi.»
    «Organizzeremo la vestizione del nuovo capoclan.»


    divisore




     
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