Messa a punto

Perfezionamento di un ninja [Villa Kobayashi]

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    Assistette impassibile a tutta la vestizione della sua allieva, cercando di carpire di più di quanto il kimono non le avesse mostrato tra un cenno e l’altro del corpo di Ritsuko, ma i risultati furono deludenti, la ragazza pareva avere un certo talento per vestire la Kobayashi in mezzo alla strada.

    Ti hanno fatto fare un addestramento specifico o è un tuo talento naturale quello di spogliare le persone senza farle vedere agli altri?
    No perché ci si potrebbe mettere su un business come prestigiatore.


    Commentò il Colosso per ingannare il tempo, pur ottenendo come risposta solo accurati movimenti dettati da un esperienza che forse avrebbe preferito fosse maturata in altre occasioni, dopotutto il fagotto che stavano incartando gli era caro.
    Il rituale finì presto, ed il pacchetto fu pronto in breve, e con esso una velata minaccia di quella tipologia che al Colosso stanno parecchio scomode.

    Cuciti la bocca, mezza tacca.

    Avrebbe interloquito con un tono secco quanto serio.

    Alla velocità del vento puoi al massimo spazzolarmi le scarpe, o tirarci la lingua se preferisci, con l’altezza da cui la tua testa si leva dal suolo è la cosa che ti verrebbe meglio penso.
    TU sai quello che IO voglio farti sapere, contare quante stellette ho sul petto e guardarmi negli occhi è una cosa che possono fare tutti. Se poi tutti non sono bravi a fare due più due vuol dire semplicemente che non sono abili quanto te nella matematica elementare, complimenti, il tuo livello di spia ha appena raggiunto la mezza sega.
    Sai solo ciò che credi di sapere, come tutti.


    Stava per muovere verso l’ingresso del giardino quando con un piccolo scatto di incertezza mozzò il passo evitando così di passare oltre la servetta.

    Ah, quasi dimenticavo, il mio lavoro non è proteggere Shizuka, è istruirla e lo faccio bene.
    Il tuo quale è? Proteggerla?
    L’unica volta che io ero a fare il mio lavoro in missione per il villaggio, tu anziché proteggere chi ti mette il piatto di zuppa davanti alla faccia ogni sera cosa facevi? Ti godevi i fuochi d’artificio?


    Poi, voltandosi per mostrare il viso a Ritsuko continuò.

    Vuoi davvero minacciare ME per una tua mancanza?
    Torna dentro, salame, e la prossima volta conta i gradi sul petto dei terroristi anziché quelli sulle poche persone che coprono a gratis e senza nessuna richiesta i tuoi immeritati giorni di ferie.
    Chissà forse la prossima volta tutte le cose generali che sai potrebbero aiutarti a fare decentemente il tuo lavoro e non un trucco da zingara da quattro soldi.


    Concluse sputando a pochi centimetri dalle scarpe della kunoichi, delimitando la linea invalicabile che segnava ciò che ognuno sapeva dell’altro, perché dopotutto era vero che Raizen non sapeva niente di quella che considerava poco più che una sguattera, come anche era vero che lei sapesse di lui solamente ciò che stava sotto all’abbagliante luce del sole.

    Andiamo Shizuka.

    Furono le ultime parole del Colosso che avrebbero sentito per quella serata.
    Fosse stato costretto l’avrebbe presa per mano, lievemente scocciato, anche se il vero peso di quella retromarcia non era tanto la fatica quanto il fatto che un suo ordine fosse stato bypassato.
    Avrebbe iniziato a parlare solo una volta allontanato dalla magione.

    Il tuo cane, perché son gentile a non dare nomignoli offensivi, pensi ci seguirà?
    Non vorrei dargli motivo di fare un’altra delle sue uscite ad effetto in cui dimostra di aver origliato per bene chissà quale conversazione trasformandolo nell’evento del secolo.
    Ma vabbè, aumentiamo il passo va.


    Dalla residenza dei Kobayashi la via più rapida per giungere al monte dei kage era la piccola foresta che stava dentro alle mura, bisognava tagliarla parallelamente al viale principale, per incontrare il tacco roccioso che poi verso sinistra si trasformava nei soliti volti noti del villaggio.
    Era quella la loro destinazione, per l’esattezza Raizen non si sarebbe fermato prima di raggiungere la testa del terzo Hokage, quella posta più in alto, avendo cura di passare, nel tragitto, dietro alle altre, in modo da non scorgere mai il villaggio.
    Restando nascosto dietro alla spinosa capigliatura del terzo avrebbe rivolto la sua parola alla sua allieva, con un sospiro che sapeva di “ligio al dovere” o forse semplicemente di “ricerca della serenità necessaria a comprendere il prossimo”, ma distinguere la nota di un sospiro non era semplice.

    Beh, cosa aspetti a parlare?
    Vuoi una richiesta in carta bollata?


    Ci avrebbe pensato solo dopo qualche istante che non era il modo migliore per iniziare una conversazione di quel genere, beh, se non altro era rimasto nel personaggio.

    Io non sono il migliore degli strizza cervelli, però se mi dici cosa ci fai con quella cicatrice sul petto e con quella faccia da stracciona quando hai le chiappe perennemente al caldo magari abbiamo qualcosa di cui parlare anziché stare qui come due beoti a guardare il cielo.
    Nel senso, parliamoci chiaro, sarebbe anche romantico, ma non sono mai stato romantico senza un doppio fine, non so se intendi.
    Insomma, ti tocca parlare, io dopo un po’ parto con le stronzate a ruota libera.


    Aggiunse confessandosi in tono secco e rapido.

     
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