Messa a punto

Perfezionamento di un ninja [Villa Kobayashi]

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    Accensione a strappo








    Shizuka.
    Un impertinente ragazzetta il cui miglior talento era indubbiamente quello di far saltare i nervi al Colosso, non che fosse un compito difficile per chiunque, ma lei era in grado di farlo con una metodicità così sopraffina che il rilascio dovuto alla rottura tuonava come la discesa del dio del tuono sulla terra.
    Forse era la sua innata capacità di mettersi al centro del mondo nonostante al suo interno non fosse che un insignificante macchiolina come qualsiasi altro essere umano.
    Non sapeva cosa fosse di preciso, ma in questi casi aveva l’abitudine di reagire quasi come uno specchio, mostrando al suo iroso interlocutore la medesima espressione.
    Quanta paura può fare il contenitore di un demone che borbotta il suo disagio?

    Ahahah! Umano!
    Questa cosa è così divertente che potrei volerne una seconda puntata!
    Mostragli cosa vuol dire far incazzare un rattaccio di fogna!


    Il peggior calmante in una situazione di tensione era qualcuno che ti spingeva ad usare la violenza, alimentando la fiamma primordiale e istintiva della supremazia fisica.
    Digrignò i denti trovando un piccolo sfogo in quel gesto sufficiente a tranquillizzarlo il tanto che gli bastava a fargli utilizzare la bocca e non le mani.

    Piccola.
    Sudicia.
    Stronzetta.
    Ingrata.


    Scandì le parole tra un oscillazione della mascella e un’altra, cercando di non interrompere quel ritmo lenitivo.

    Per quanto io mi impegni ad insegnarti come stare al mondo ancora non riesci a comprendere che sei attaccata al suo seno da quando tua madre ti ha messo al mondo, e il modo migliore che trovi per ringraziare è mordergli il seno.
    Chi cazzo ti credi di essere?
    CHI CAZZO TI CREDI DI ESSERE?


    L’aumento del tono della voce fu del tutto incontrollato, ma parve che dopo un primo sfogo il Colosso fosse riuscito a ritrovare la calma.

    Vuoi la gente morta?
    Pezzente col cervello annacquato, non sei logica nei tuoi momenti di sanità mentale figurati ora.
    Ma a tutto c’è un limite, spiegami, perché vorresti la gente morta?
    Perché ormai ne hai vista già così tanta da essere gelida?
    TU stai per spezzarti.


    L’ultima frase arrivò come una stilettata, riguadagnando una fredda impostazione vocale che rese quelle poche parole ben più tangibili e violente della furia liquida che Raizen eruttava fino a pochi istanti prima.
    Il freddo è solido.

    Sei come un pezzo di vetro rovente , senti il calore, senti il potere del fuoco, ma basta una goccia di acqua fredda per mettere a nudo la tua cristallina imperfezione e farti esplodere in una nuvola di schegge che non arrecherebbero danno neanche ad un bambino affetto da senilità precoce.
    Trovi solo il modo di ammonticchiare più scuse per il tuo pietoso fallimento, in un pietoso circolo di autoprotezione e odio verso i tuoi sensi di colpa che ancora ti dilaniano. Sei debole.
    Sei così debole nel profondo da farti contaminare da qualsiasi evento negativo, senza comprendere che la vera forza sta nel mantenere intatta la propria strada, quale che essa sia.
    Sei così debole da farmi ribrezzo.



    La sua espressione mutò trovando una placida serenità, non glaciale e calcolatrice, non innaturale, solo la più sincera espressione di serenità interiore, probabilmente dentro di se aveva trovato la soluzione.

    Mi sono stufato di farti da balia, forza, usa quelle tue belle cosce e mettiti in piedi.

    Ordinò mentre si alzava, qualcosa dalla sua voce era totalmente svanito.
    Conscio che il suo ordine potesse non trovare alcuna risposta era pronto a prendere la Kunoichi di peso per l’avambraccio e strattonarla con ben poca gentilezza fino a metterla verticale.

    Cammina.

    Un nuovo ordine che poteva essere eseguito in autonomia o con un leggero aiuto fisico da parte di Raizen.
    Con Shizuka avanti i due uscirono dai capelli del terzo hokage, spingendosi fino al sopracciglio da cui potevano godere della migliore e illimitata vista sul villaggio. Durante il piccolo tragitto, nascoso dalla posizione poco favorevole di Shizuka, Raizen creò un singolo clone che subito si immerse nel volto della statua.
    Da quanto il tenero pulcino che ora pigolava come la chioccia che non era non la vedeva?
    Probabilmente da tempo a sufficienza da ritrovarla esattamente come la ricordava nei suoi migliori ricordi, nessuno era a lavoro su alcuni cantieri, ma soltanto alcuni erano attivi sugli ultimi danni causati dall’attacco della banda di Hayate, il resto scorreva tranquillamente, alla Foglia non c’era spazio per le cicatrici.

    Guarda avanti, guarda Konoha.
    Solo tu ti sei fatta sfreddare dai buchi che ti sei fatta addosso, il fuoco della foglia arde e riscalda come sempre.
    Soltanto belle parole per dire che a nessuno importa di chi siano le spalle su cui gravano quelle vittime, nessuno le cerca per metterle sotto terra insieme alla sua incapacità.
    Non c’è solo una foglia, ce ne sono migliaia, e ogni volta che la foglia da te conosciuta cadrà ce ne sarà una nuova pronta a sbocciare.


    Tacque qualche istante, mantenendo la sua allieva dinnanzi a se.

    Se tu non fossi così debole avresti già capito che tutto ciò che è successo a te stessa dopo quell’esperienza doveva aiutarti a canalizzare le tue forze per annichilire la persona che ti ha fatto tutto quel male.
    Invece l’odio sta divorando te stessa, senza la cortesia di cucinarti o usare posate ti spolpa a morsi mentre rantolando lo guardi impotente sperando che possa darti una scintilla utile a brillare gli istanti necessari ad incendiare le persone sbagliate.
    Persone come te o muoiono da eroi, o vivono abbastanza a lungo da diventare mostri.


    Ciò che successe dopo aver pronunciato quella frase fu ovattato da una strana sensazione, quella sensazione data dall’essere coscienti di compiere un’azione di cui si sarebbe pentito per una vita intera.

    E questo villaggio ne ha già troppi.

    La velocità con cui la mano di Raizen si posò sui seni di Shizuka probabilmente era troppo elevata perché un Uchiha implume come lei potesse difendersene e altrettanto lo era la spinta che ne derivò consegnando il piccolo corpo all’inconsistente abbraccio del vento.
    Sarebbe precipitata per chissà quanto prima di sfracellarsi al suolo, forse un epilogo troppo triste per una bambina che ancora non aveva capito il linguaggio con cui il mondo e la vita comunicavano con lei.
    Certo non avrebbe avuto scampo da quell’altezza se, poco più sotto, nello zigomo del terzo non fosse spuntato il clone, all’ultimo momento, afferrandola in uno stretto abbraccio di ferro.
    C'erano forse altri modi di riprendere in mano le redini di quella situazione, ma Raizen aveva sempre utilizzato questi, perchè infondo, erano i più efficaci dato che la spavalderia di Shizuka poteva essere mondata solo in quel modo.

    Vuoi morire?

    Chiese con candida semplicità.

    Ouhhhhhh mossa azzardata.

    Era interessante come la Volpe potesse appassionarsi alla storia di Raizen.

     
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