Messa a punto

Perfezionamento di un ninja [Villa Kobayashi]

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    Ritorno di fiamma

    Il pericolo dell'accensione a strappo







    In qualcosa l’allieva era sicuramente cresciuta, pareva l’abilità e l’iniziativa non gli mancasse, quando il Colosso la vide sfiorare la statua e caricare il pugno si accese di un ira così profonda da annebbiare i suoi stessi sensi e la sua capacità di giudizio.
    Si sarebbe scaraventato anche lui giù dal sopracciglio, camminando al contrario in modo di poter usufruire, oltre che della gravità anche della sua spinta per accelerare la caduta, un azione quasi folle che lo lanciò capovolto nel dirupo.
    Giunto all’altezza dell’allieva in poco più di un istante strinse le braccia al corpo indurendole quanto più poteva aumentandone la resistenza attraverso il chakra.
    Incassò alla perfezione, venendo scaraventato verso il volto insieme all’allieva che si preoccupò di trarre a se finendo a ridosso della cicatrice del terzo, stette li qualche secondo, con le braccia doloranti, riuscendo a passare le vesti con lo sguardo si sarebbero visti due ematomi in espansione.
    Quando riuscì ad emergere dalla fessura Shizuka gli parlava.

    Ti ho chiesto se volevi morire perché morte chiama morte, e basta.
    E tu non fai altro che urlare “morte” come i corvi che piacciono tanto al tuo clan del cazzo.


    Rimase qualche secondo in silenzio, disarmato, riflettendo su ciò che avrebbe detto, e sul fatto che pur potendo la sua allieva lo aveva colpito, esattamente come aveva fatto lui dopotutto.
    Non fu quello a meravigliarlo, forse era l’acquisita capacità da parte di Shizuka di poterlo colpire come se nulla fosse.

    Vuoi DAVVERO farla vivere questa stronzetta?
    Ti sei sigillato un demone dentro per questo villaggio ed esiti a ridurle la faccia ad una disgustosa poltiglia?


    Sollevò gli occhi verso la donna mentre batteva i denti lentamente, concentrato su chissà quali pensieri.

    Ho sbagliato tutto, sei cresciuta e bla bla bla.

    Sorrise malinconicamente.

    Qualsiasi cosa che riguardi due persone si fa in due, se la situazione si evolve sempre alla stessa maniera forse è perché necessiti sempre degli stessi modi.
    Guardati, cinque minuti fa neanche ti ricordavi come si parla, ora invece colpisci addirittura il tuo maestro.
    Io onestamente son soddisfatto del progresso.
    Ma sei troppo testarda per ammettere qualsiasi cosa che possa negare anche una virgola di quello che hai detto.


    Ammise con triste orgoglio.
    Non era semplice rendere Raizen triste, e ancor meno semplice era vederlo triste. Non era quel genere di persona che ama la compagnia, il rumore della voce altrui, le strade la gente.
    Molto probabilmente gli piaceva semplicemente vivere, respirare, conservarsi seguendo il più basico degli istinti, senza badare ad altro, tutto il resto accadeva perché gli piaceva essere il migliore in ciò che faceva, se qualcuno cacciava prede grosse lui ne avrebbe cacciato di più grosse, sarebbe stato sempre al vertice della sua piramide alimentare e mai nessuno l’avrebbe scomodato da li.
    Ma agli effetti lui era anche un uomo, e come tale non sempre aveva la forza per stare da solo, ogni tanto desiderava che il suo vertice fosse condiviso. Ma dopotutto lui era strano: difficile, per descriverlo con una parola. Trovare un solido e perfetto incastro che gli permettesse di accoppiarsi con qualcuno era un impresa paragonabile ad un uomo che sfida un Demone sperando di poterlo vincere.
    Possibile, ma molto, molto difficile.

    Sai Shizuka, tu non sei una persona semplice.

    E amava riflettere parti di se stesso sugli altri. Conscio della sua complessità credeva che proiettare una parte del gigantesco e complesso ingranaggio che lo rappresentava sugli altri poteva aiutarlo a trovare una similitudine con loro, un pezzetto di un puzzle che completandosi con la conoscenza l’avrebbe aiutato a tradurre il complesso linguaggio che gli altri parlavano e che a lui risultava macchinoso e incomprensibile.

    Io non faccio mai niente a caso in realtà, e mai le scelte che ho effettuato anche con te lo sono state, c’era sempre una fine programmazione dietro che tu, come tutti gli altri, non siete stati in grado di vedere. E forse il nasconderla troppo bene è stato l’errore principale.
    Tu e Kuroko non eravate due studenti qualsiasi, tu e Kuroko eravate due potenziali Uchiha, e la mia principale debolezza in battaglia sono i genjutsu, o meglio, lo era al tempo.
    Vi scelsi perché piccole larve com’eravate potevo seguire il vostro cammino, la vostra crescita, due potenziali Uchiha nel palmo della mia mano mi avrebbero insegnato a colmare le mia debolezza che sarebbe diminuita tanto quanto loro sarebbero cresciuti.
    Inizialmente non eravate che due pezzi di carne destinati ad un pasto che mi avrebbe reso più forte, ne più ne meno.


    Sospirò.

    Ciò che non si può prevedere è il carattere di una persona e come si reagisce ad esso, e io a voi ho reagito in maniera del tutto inaspettata, anche per me, il che è assai raro. Da due pezzi di carne siete diventati persone tangibili con cui potevo interagire, e lentamente ho cercato di tirarvi su come meglio potevo, seguendovi passo passo.
    Te in particolar modo perché ho potuto tenerti vicino.
    Ho provato a renderti forte, forte come lo sono io, non perché io sia Dio ma perché mi rendo conto di avere un animo del tutto intaccabile agli agenti esterni, o quasi.


    Cambiò posizione, riuscendo a sedersi nell’incavo che la cicatrice lasciava.

    Qualcosa prima o poi entra sempre, qualcosa ci ferisce in un modo o nell’altro perché niente è perfetto. Quando accade a te cosa succede?
    Ma prima di darti la risposta ti faccio notare come questo rapporto di dualità già ora sia evidente, ossia parlando di te si deve necessariamente parlare di me, non ti fa già sorgere qualche dubbio?
    Dicevo, sei attorniata da persone, servi, parenti, chiunque ti porta un dono per farti sorridere, ma nel tuo egoismo badi solamente a te stessa a quanto tu soffri a quanto gli altri non soffriranno mai.
    Non sei sopra il mondo, ci cammini, come tutti solo che al contrario di tutti non sei in grado di comprendere che il male che provi non è soltanto il tuo.
    Hai detto che sei stanca del mondo, ma visto che soffri così tanto e per il mondo fai così tanto, dimmi, cosa hai mai fatto per… me?


    Non aveva mai posto una simile domanda a Shizuka perché mai era stato necessario, mai fu necessario far notare al prossimo quanto lui faticasse per acquisire una fiducia e un rispetto che di fatto non pretendeva ma chiedeva a gran voce, per avere un posto anche nell’animo altrui, che fosse suo e soltanto suo, per essere il primo anche dentro a qualcuno.
    Che chiedere fosse quindi la risposta?

    Sei mai venuta a chiedermi come va?
    Cosa hai fatto? Cosa è successo?
    Hai mai bussato alla mia porta?
    Mai.
    E mai l’ho preteso, perché io infondo sto bene anche da solo. Mentre invece il mondo che ora tanto disprezzi quante volte ha bussato alla tua porta?
    Quante volte ti ho raccolto dalla fredda terra in cui sei caduta per rimetterti in un tiepido nido in cui non ho mai desiderato entrare per non disturbare?
    Quante volte ti ho teso la mano senza chiedere, senza pretendere nulla, tranne una cosa.
    Che tu riconoscessi te stessa, i tuoi limiti e ne facessi la tua forza, sia come donna che come kunoichi.


    La guardò dritta negli occhi, con uno sguardo che probabilmente lei non avrebbe mai riconosciuto se non avesse avuto la briga di scavare in quegli occhi rossi un tempo grigi, dietro quelle sopracciglia marcate e forti, dietro quelle rughe d’espressione marcate dalle intemperie.
    Dietro a quell’espressione, che pur triste conservava la durezza di un volto che non sapeva esserlo più di un fugace sguardo passeggero che rappresentasse tale condizione.

    Non hai saputo dare ne a te ne a me nemmeno la tua felicità.

    Dichiarò con tono sottile.

    Non sei mai cresciuta e mai crescerai, guardati!
    Sei così impegnata a piangerti addosso che non ti rendi conto che il treno che sta deragliando è quello che guidi tu… la tua innata è maledetta?
    Ma per favore! Io convivo con un demone!
    Hai solo gli occhi rossi, se fossi nata con i capelli biondi saresti destinata a fare la modella?
    Il tuo corpo segue la tua mente, se tu ti fai divorare dall’odio non dare la colpa ai tuoi occhi, non si pensa con quelli, si pensa col cervello.
    E il tuo cervello, TU, credete che la cosa migliore da fare sia odiare il mondo.
    E TENTATE di distruggerlo esattamente come hai fatto con me.


    Riprese fiato, inalando per qualche secondo.

    Non tutti sanno calarsi le braghe davanti al prossimo e ammettere che forse necessitano di qualcuno, alcuni preferiscono farsi da parte e non dare disturbo mentre ricompongono ciò che altri hanno infranto.
    Alcuni, non sono in grado di ringhiare contro chi gli tende una mano quando sono feriti.
    Alcuni, semplicemente, stanno in disparte perché le persone non cadono mai in avanti, in avanti guardano e basta, stanno di fianco o dietro aspettando di poter fare la loro parte nel momento del bisogno.
    Altri invece addirittura fingono di necessitare degli altri, solo per avere la gioia di potergli urlare nel viso quanto siano inutili nonostante i risultati raggiunti.
    Tu non sei cambiata neanche di un soffio, hai solo deciso che odi il mondo, ma il resto è identico, una donnetta viziata che urla al mondo i suoi desideri e le sue aspettative aspettandosi che questo con un inchino le esaudisca, per poi disperarsi quando non avviene.


    Quanto poteva essere grande un sentimento?
    Poteva raggiungere dimensioni abbastanza vaste da diventare un filtro che avviluppava la realtà mutandone l’apparenza e la percezione?
    Era possibile descrivere qualcosa di simile per qualcuno che possedeva a malapena gli strumenti comunicativi indispensabili per acquistare del cibo? Come era possibile per un individuo simile valicare un simile ostacolo, quasi una sorta di autismo verso il mondo?
    Una vita passata a raccogliere ogni esperienza, persino la più insignificante diventa una vita scomoda, pesante, di sicuro vi si troverà sempre lo strumento adatto per sostituirne uno ancora sconosciuto, ma sarà sempre più ingombrante del dovuto ed insieme agli altri occuperà uno spazio ed un peso che renderanno quella vita spossante, difficile da trascinare.
    Forse la soluzione poteva essere rappresentare tutto con dei gesti, magari inconsueti, ma quanto doveva essere incisivo un gesto per essere all’altezza di tutte quelle esperienze, di tutto quel mondo che con tanta dovizia si portava appresso?
    Raizen era giunto alla conclusione che doveva essere sempre più estremo, che doveva spingere sempre il suo interlocutore al limite per fargli provare le sue stesse sensazioni, per riuscire a farlo entrare dentro di se.
    Non era una cosa che poteva fare con tutti, fondamentalmente con nessuno, per questo era molto più semplice aspettare che qualcuno sporgesse la testa nel suo zaino e rovistasse per conto suo, lui avrebbe atteso e al momento opportuno avrebbe descritto con la più fine minuzia ed attenzione ogni particolare dell’oggetto che incuriosiva la persona di turno.
    Non era mai accaduto. Pareva che fosse troppo bravo a recitare e che la sua irruenza apparisse il suo vero volto dietro al quale non c’era bisogno di cercare ulteriori verità, e poteva essere vero in alcuni frangenti, ma la sua vita, il suo essere erano nascosti tutti alle spalle di quel fine velo di cartapesta!
    Al contrario di chi, con una semplice maschera di apatia riusciva a coinvolgere gli spiriti più impreparati a curiosare in una vita piatta o fatta delle più grosse frottole.
    Il mondo non era cattivo, ma indubbiamente girava al contrario.

    Dimmi Shizuka, in tutto il tempo che ci conosciamo quante volte hai chiesto di ME come io ho chiesto di TE?
    Rifletti prima di rispondere, e quando sarai certa della risposta dimmi quanto di corretto ci sia nell’odio e nell’abbandono che senti di subire, dimmi se è giusto che sia TU a strisciare per terra.
    Ti chiudi in te stessa sbarrando qualsiasi entrata di fronte a chiunque cerchi da entrare e da dentro ti lamenti ululando alla cattiveria e ingenuità di chi all’esterno non riesce a trovare una chiave che comunque sarebbe inutile.
    Magari adesso ti sembrerò lo stesso di sempre, invariato e immutato, ma credimi, è solo un altro pezzo di una maschera che ti sto gettando nel viso, minuto per minuto. Ho compreso come piegare il mondo al mio volere ma cosa importa?
    Mi chiedi di mostrarti quanto sia cresciuto, ma se già la distanza tra noi è così ampia perché mai dovrei farla aumentare ulteriormente? Come faresti a raggiungermi?
    Ho aspettato, solo in mezzo ad un mare di persone che qualcuno arrivasse per ME, credendo che prima o poi sarebbe arrivato e io potessi aprirmi senza remore, potendogli svelare ogni più piccolo segreto, ogni più piccola paura, ogni più piccolo trauma.
    Ho aspettato seduto sui marciapiedi, dentro giganteschi palazzi, in altri villaggi, ho aspettato ovunque che qualcuno fosse interessato a scalfire la superficie che tanti avevano a malapena leccato nel tentativo di scioglierla come fosse un banale ghiacciolo.


    Le risposte stavano negli occhi.

    Aspetto un’intera vita di essere primo e insostituibile per qualcuno, di essere un qualcosa di troppo grande perché ci sia spazio per altro. Di poter essere la prima e l’ultima goccia del vaso.
    Ma non sono ferrato in questo, io non sono affatto bravo in questo. Ho sbagliato.
    Ho aspettato invano.


    Si alzò, senza abbandonarne lo sguardo, le braccia abbandonate sui fianchi a causa del dolore, simili alla paralisi a cui erano sottoposte quelle di Shizuka.

    Proprio perché sono riuscito a farmi sigillare un demone all’interno una carezza come quella non può essere niente più che una carezza.
    Sei così basso da uccidere qualcuno solo per una carezza, Kyuubi?
    …ah si, vero, la risposta è decisamente si.
    Anche io probabilmente, ma a questo punto sconto più, sconto meno ha poca importanza.


    E ora, sono stanco.

    Concluse, tornando a parlare con Shizuka.

    Sbaglierai tante altre volte, crescerai storta, ma sarà la tua direzione, quella che ti piace tanto e che invece a me fa ribrezzo.
    Dici che non ho saputo plasmarti? Hai ragione, ma purtroppo sono stato così stupido da mutare solo la superficie, l’animo, quello importante, è rimasto invariato.
    Mentre la superficie è così identica a me da respingermi e tenermi lontano, come le due famose calamite.
    Non avrai ostacoli, non avrai il mio ostacolo, perché non vorrò MAI essere il tuo errore o parte di esso.
    Sbaglierai da sola e sola ti rialzerai, sempre che questo possa interessare all’adultissima te.


    Calcò la mano sul loro ultimo errore con la forza di un torchio, e senza aggiungere altro si voltò, incamminandosi verso il villaggio, seguendo il volere di Shizuka: allontanandosi fino a sparire.
    Decise infine di non rivelargli che era a conoscenza della posizione di Kuroko, ma non potè fare a meno di sorridere all’ennesimo errore che avevano commesso e che solo le sue parole avrebbero potuto rivelare, chissà quanto ne sapeva di questo l’informatissima Ritsuko.

     
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