Dove portano i passi che facciamo

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  1. -Hidan
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    Dove portano i passi che facciamo

    Un brusco risveglio


    Brutto modo per iniziare la giornata.
    Non che gli altri risvegli fossero piacevoli, d'altronde non dormivo neanche molto, però essere preso nel bel mezzo del sonno da Ryo che cercava di soffocarmi e tenermi incollato a letto con un braccio, mentre con l'altro mi colpiva il costato, poteva essere facilmente considerato un brusco risveglio. « Ora ti ho preso, dannato che non sei altro! La pagherai per quel che hai detto ieri sera davanti a un impiegato dell'Amministrazione! Mi fai fare sempre figure barbine! » Non riuscendo a rispondere, incominciai a dimenarmi cercando di liberarmi dalla presa, scalciando e tirando gomitate. Dopo quasi un minuto di colluttazione si decise a lasciarmi respirare. « Anf... Anf... Tu sei proprio pazzo... Anf... » Mi mancava ancora il respiro e la lucidità per dire qualcosa di più articolato, ed offensivo.
    Adesso Ryo si era rialzato e stava uscendo dalla mia stanza. « Volevo solo ricordarti che hai un appuntamento stamattina, vedi di non fare tardi. » Era ormai arrivato sull'uscio quando si bloccò. « Ah, fammi sapere se stai via più di qualche giorno. Io te l'ho detto, ma tanto so già che non lo farai... E per una volta passa ad onorare la memoria dei tuoi genitori... Buona fortuna. » Disse, mentre già lo sentivo scendere dalle scale ed uscire da casa. Rimasi sdraiato sul letto, ancora un po’ stordito dall'alzataccia.
    Passa la maggior parte del tempo a picchiarmi, o a tentare di farlo, eppure, dopo quasi 10 anni, si preoccupa ancora per me... Non l'avrebbe mai ammesso, questo è certo, però sapevo che era così. Da dopo la Grande Guerra era stata la persona più vicina ad un padre che avessi avuto; non che mi ricordassi bene mio padre, né mia madre, però ricordo bene come ci si sentiva ad essere amati, protetti. Alzai la schiena dal letto, incominciando a strofinarmi gli occhi.
    Magari quando rientro da questa missione faccio un salto dai miei. Nessuna tomba, niente a cui rendere onore o presenziare. Solo una piccola stanzetta in un edificio ai margini del quartiere Hozuki, dove erano custodite le fotografie di tutti i ninja scomparsi nella Guerra. Un luogo pieno di brutti ricordi e un forte odore di incenso, forse era proprio questo il motivo per cui non andavo mai. I corpi dei miei genitori non erano mai stati riportati a Kiri, o meglio, nessuno sapeva proprio dove fossero morti, cosa fosse successo, se qualcuno fosse sopravvissuto. Quei pensieri non mi avevano quasi mai sfiorato e non sapevo perché proprio quella mattina mi fossero venuti; io preferivo vivere, nella speranza di poterli onorare così.
    Ora basta con questi pensieri però. Se arrivo in ritardo stamattina, Ryo mi strozza sul serio. Pensai, mentre saltavo giù dal letto.

    [...]


    z6ooNnk
    Arrivai, più o meno, puntuale dinanzi all’Amministrazione. L’edifico, sebbene fosse molto presto, brulicava già di moltissima gente, tutti intenti a fare qualcosa di diverso dall’altro. O almeno facevano di tutto per dare questa impressione all’esterno. Superai il portone e incominciai a guardarmi attorno, quasi spaesato nel constatare di quante lavorassero in quel posto. Il mio ingresso non era però passato a tutti inosservato.
    « Akira Hozuki? » Mi voltai verso l’origine della voce, che si rivelò essere una ragazza di massimo 16 anni, capelli e occhi corvini e un’espressione insicura sul volto. « In tutto il suo splendore. » Risposi sorridendo e allungando la mano per stringergliela. « E tu devi essere Jukyu, giusto? Piacere di conoscerti. Mi stavi aspettando da tanto? Per una volta pensavo di essere stato puntuale… » A questo seguì un attimo di silenzio, dopo del quale ripresi. « Direi di interrompere qui, per adesso, le presentazioni, tanto penso proprio che dovremmo passare diverso tempo assieme. Vediamo un attimo di trovare il tizio che ha chiesto di noi. Aspetta qui un attimo. » Presi dalla tasca la missiva che mi era stata portata la sera prima e fermai il primo impiegato che mi passò vicino, chiedendogli dove fosse l’ufficio di un certo “Daiki”, mostrandogli la firma. Sezione Affari Interni, ufficio 8. Una volta ringraziato mi riavvicinai a Jukyu.
    « Perfetto, andiamo a vedere bene di che si tratta. » Esclamai mentre incominciai a dirigermi verso un corridoio in fondo alla sala.

    2... 4…6… Eccolo qui! « Ci siamo! » Bussai alla porta.
    « Avanti! » Dalla voce sembrava essere una persona abbastanza burbera. Aprii la porta e mostrando solo il viso mi rivolsi al signore dietro la scrivania. « Mi scusi, è lei il signor Daiki? » L’uomo brizzolato posò sulla scrivania un foglio che stava leggendo e mi guardò. « Non ditemi che siete i due studenti… » Abbassò la testa e andò con le dita della mano destra a spremersi le meningi, chiudendo gli occhi. « Entrate pure, sedetevi e mettetevi comodi… » Feci cenno a Jukyu di entrare con la testa, quindi mi andai a sedere in una delle due sedie dinanzi alla scrivania nel piccolo ufficio. Il tavolo era letteralmente stracolmo di fogli e fascicoli accatastati gli uni sugli altri. « Salve, sono Aki… » Fui fermato da un suo gesto della mano. « Attendete solo un attimo… » Due piccoli colpi di tosse.
    « KENTAAAAAAAA! » Un fulmine a ciel sereno sembrava avesse colpito l’intero palazzo. Dall'ufficio accanto sembrava quasi che un uomo fosse caduto dalla sedia, poi un rumore di passi che correvano e si fermavano dinanzi alla porta. Un uomo paffuto sporse il viso dall'uscio. « Mi hai chiamato, Daiki? » Sembrava stesse parlando con il suo boia. « TI AVEVO DETTO ESPRESSAMENTE DI NON FARLI VENIRE DA ME! TI SEI PER CASO SCORDATO DI UNA COSA TANTO SEMPLICE!? » Kenta sembrava terrorizzato. « Ehm… Forse… Ma com… » Daiki prese un portacenere dalla scrivania e con un gesto fulmineo glielo tirò contro. Solo una inaspettata dose di riflessi salvò Kenta da dei punti di sutura in fronte, questo riuscì infatti a richiudere appena in tempo la porta dell’ufficio. « SPARISCI IMMEDIATAMENTE! » Non ci fu risposta, ma il rumore dei passi che si allontanavano in fretta e furia erano molti più eloquenti di qualsiasi altra parola. L’impiegato, ormai paonazzo in volto, cercò di calmarsi facendo profondi respiri.

    Ancora non so come feci quella volta, ma riuscii a trattenermi dallo scoppiare al ridere. Forse per istinto di sopravvivenza. Con il volto cercai lo sguardo di Jukyu, per vedere la sua reazione alla scena a cui avevamo assistito. Aspettai quindi qualche minuto nel silenzio più totale, finché decisi di riprendere parola. « Ehm… Mi scusi, noi saremmo venuti qui per un motivo ben preciso… » L’uomo rialzò la testa. « So bene perché siete qui, vi ho mandato a chiamare io, dopotutto. Voglio essere subito molto diretto con voi: non ho tempo da perdere. Non so cosa vi abbia riferito quel cretino del mio collega, ma voi non dovreste essere nemmeno qui. Tutto ciò che dovevate sapere, è scritto nella lettera che vi ho fatto recapitare. Ma, visto che probabilmente sono l’unico sano di mente in questo corridoio, ve lo ripeto. La signora Akiko ha denunciato il furto di un cofanetto, appartenente al suo defunto marito, un ex ninja del Villaggio. Voi dovete semplicemente recuperare quel cofanetto e, possibilmente, acciuffare i ladri e consegnarli a noi. Non mi sembra qualcosa di troppo difficile o complicato. Adesso vi chiederei, gentilmente, di andarvene. Come vedete ho un mucchio di lavoro da fare, e poco tempo per parlare. L’indirizzo della signora Akiko è sulla lettera. Signori. » Si alzò in piedi. « E’ stato un piacere »
    Guarda te questo pezzo di… Mi alzai subito dopo di lui, prendendo Jukyu sotto un braccio. « E’ stato un vero piacere, la ingrazio per la cordialità e l’ospitalità! » Dissi in tono sarcastico, mentre trascinavo la ragazza fuori dall'ufficio. I prepotenti mi facevano innervosire, ma se mi fossi messo a discutere con quello sarebbe andata solo peggio. Una volta fuori dall'ufficio mi rivolsi a Jukyu. « Un bel pezzo di stronzo, non trovi? Se non ce ne andavamo al più presto, temevo di poterlo incominciare a picchiare da un momento all'altro, comunque… » Presi la missiva, cercando l’indirizzo della signora Akiko. « Non è molto distante da qui, incominciamo ad avviarci? »

    […]


    Una volta fuori dall'ufficio, respirai a pieni polmoni, volgendo il volto al sole. « Non mi è mai piaciuto stare troppo tempo al chiuso, preferisco a dir lunga passare il tempo all'aria aperta. Insomma… Che mi dici di te? » Nel frattempo, avrei incominciato a camminare.

    […]


    Dopo circa 30 minuti di cammino arrivammo dinanzi alla casa della signora Akiko. Questa era una piccola abitazione a due piani che faceva angolo con due strade poco affollate. Erano per lo più tutte vecchie abitazioni costruite nelle vicinanze del porto per i pescatori, quindi durante il giorno non ci passava quasi mai nessuno.
    Mi fermai davanti alla porta. « Eccoci qui... Per prima cosa vediamo di fare qualche domanda alla signora. Magari ci sa dare qualche informazione per poter incominciare. Forse ha visto qualcuno di sospetto o sentito qualche voce quando gli sono entrati questi ladri in casa. Ti avverto però, se è una vecchia bisbetica, ci parli te! » Quindi, bussai.



    Alla vecchia ci pensi te :guru:


    Edited by H¡dan - 4/12/2014, 17:20
     
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