Dove portano i passi che facciamo

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  1. -Mai
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    Dove portano i passi che facciamo

    Sangue



    Imposi a me stessa più calma di quella che potessi raccimolare, cercando quasi inutilmente di distendere i muscoli tesi come corde di violino. I due confratelli di quella setta così grama erano andati via e fortunatamente Akira venne fuori con qualcosa simile ad un piano d'azione. Presto, infatti, sarebbero tornati e cercare di attaccarli direttamente poteva essere stupido: non avevo idea di quanto fossero forti effettivamente e probabilmente uno scontro diretto non ci avrebbe visti così facilmente vincitori. Giocare d'astuzia era l'ultima cosa che ci rimaneva da fare, nonché unica a ben pensarci. Per la mia unica reazione fu un cenno d'assenso. Scattai rapida dall'altra parte della stanza e lui mi passo il Kunai. Lo tesi con forza ed ad un certo punto mi resi conto di stare anche esagerando nelle mie intenzioni: avrei fatto volare il kunai dalle mani di Akira di quel passo! Cercai di darmi una calmata mentre i passi cadenzati ed interrotti dalle balde risate tornavano a colpirmi le orecchie. Con la mano sinistra strinsi l'elsa del dadao con così tanta forza da rendere le nocche totalmente bianche.

    Ed arrivarono.

    Non si aspettavano niente di tutto ciò che avevamo preparato loro. La loro guardia era del tutto abbassata e quando incespicarono nel filo di nylon caddero rumorosamente per terra, l'uno sull'altro, più sorpresi che indolenziti. Io, saltai come un'ombra furiosa. Non mi accorsi di avere gli occhi pieni di lacrime fino a ben altri eventi: in quel momento feci solo ciò che dovevo fare. Mi avventai sull'uomo che per forza e statura era ben più alto di me, cercando di avvolgere il mio braccio attorno alla sua gola per soffocarlo. Gli piantai le ginocchia dietro la schiena e spinsi con forza mentre il braccio destro si avvolse attorno alla carne della sua gola, in una stretta ferrea.
    Ma non abbastanza.

    Il piano era ingenuo: loro dovevano morire. Se invece di soffocarlo l'avessi sgozzato sarebbe andato tutto bene. Difatti il confratello mi spinse di alto con un poderoso colpo di schiena e tossendo si rialzò, incombendo su di me come una montagna. Io fu sbalzata contro il muro e sbattei la schiena, ma non feci in tempo a registrare l'entità del colpo subito alla schiena che un calcio all'addome mi mozzò il fato, mandandomi a rotolare nel corridoio. Oh! Puttanella e tu che cazzo ci fai qui! Ehi! alzai lo sguardo verso di lui.
    Ancora non sentivo le lacrime cadere. Lacrime di rabbia.

    Ma pensai a molte cose: pensai a quel kunai sbucato una sera che recava quell'avvertimento che aveva cambiato la mia vita. Pensai a quante preoccupazioni dovevo subire per colpa di quei bastardi. Pensai a mio padre, al mio maledetto padre che aveva deciso di scomparire e che aveva permesso a quella feccia di rigenerarsi! Feccia schifosa dissi con un filo di voce estraendo il dadao.
    E lo sentii. Sentii il sangue ribollire, furioso. Sentii la forza ed il coraggio che erano mie rompere gli argini del loro mantenimento e fluire nelle mie viene come nuova vita. Mi alzai, tenendo il dadao con entrambe le mani. Ehi ma tu sei... mi alzai, fiera del fatto che mi avessero riconosciuta Io sono Jukyu Nara, e sono la figlia del vostro peggior incubo dissi con il gelo del ghiaccio di mia madre nella voce Non vi libererete tanto facilmente del fantasma di Itai Nara e quelle parole abbatterono la fiducia di un uomo che aveva imparato a temere il nome dell'uomo che aveva da solo polverizzato quella confraternita anni prima. E ne approfittai, vidi chiaramente l'apertura e con uno slancio bestiale saltai con le mani sul dadao teso dinanzi a me che si conficcò senza pietà nel cuore del mio avversario ancora frastornato.

    Il sangue mi schizzò addosso, segno dell'ultimo disperato battito dell'uomo, mi sporcò la maglia e le mani. Il suo cadavere cadde ridicolamente all'indietro, e la pozza rossa che era la sua vita s'allargò sotto di lui sfuggendo dal suo corpo. Io, frastornata, feci cadere il dado e caddi in ginocchio, senza capire cosa era successo fino in fondo. Avevo ucciso un uomo, per la prima volta in vita mia.

    La lacrime bagnavano il pavimento. Dolorosamente, con la rabbia svanita, cancellata da un fendente.
    Nelle mani dell'uomo, le chiavi della prigione.

     
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