Tensioni di Confine

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    Il cammino fino ai confini tra Oto e Kumo sarebbe durato ancora tempo a sufficienza da permettere a Saotome di stordire il gruppo con la sua inadeguatezza.
    Solamente a metà del tragitto che separava il confine di Oto dal villaggio vennero raggiunti in corsa da un nuovo elemento, un uomo smunto, di spirito oltre che di fisico pareva.

    Salve.
    Mi manda Oto.


    Disse mentre facendo scattare le dita picchiettava due volte sul suo coprifronte pur senza esternare particolare orgoglio in quel gesto, com’anche non esternò alcun astio, solo la consueta noia data dalla routine.

    Purtroppo nessun ninja era disponibile per risolvere questa situazione, ma pare che il problema di Oto sia la carenza dei ninja inclini a parlamentare.
    Tranne me, Satoshi Shinoko


    Noia. L’uomo parlava con una atonia tale da ingrigire quasi ciò che gli stava attorno e il suo aspetto non aiutava, si poteva definire povero. Una casacca di cotone grezzo che gli copriva mezza coscia, dei pantaloni neri dello stesso materiale tenuti su da una corda parecchio spessa che stava sopra alla maglia, era l’unica cosa colorata, un viola stinto, come se il carattere dell’uomo avesse iniziato ad influenzare pure quella.
    Sulla testa un turbante non troppo ingombrante alle cui spire era stato legato il coprifronte del paese accademico. Il copricapo incorniciava un viso del tutto anonimo ma avanti con gli anni, lo si capiva dalle guance che iniziavano a calarsi sulla bocca e dalle labbra che iniziavano a perdere il turgore proprio della gioventù, ad avere abbastanza pazienza da infrangere il muro di monotonia che impediva di guardare il volto dell’uomo senza cadere in un torpore molto vicino al sonno si poteva notare che aveva una dentatura perfettamente allineata, probabilmente frutto dell’attenta chirurgia otese che pareva fosse arrivata persino alle protesi dentarie.

    Ho qui con me una lettera da consegnare ad funzionario di Kumo con la massima celerità.

    A quel punto Saotome parve non reggere più, già da qualche momento in realtà dava segni di irrequietezza ma a quelle parole scoppiò.

    Un otese?!? Qui?!? E cosa ci faresti mai?

    Io sono di Oto, come ho detto poc’anzi, non mi pare così fuori dalla norma che ci sia un otese nei territori di Oto in missione per il suo paese.

    Ma il vecchio parve non ascoltare minimamente quelle parole proseguendo con la sua scrosciante cascata di domande, un contrasto evidente quello tra i due elementi, uno distratto e portato per natura al disordine e alle distrazioni e l’altro permeato di un così forte ordine burocratico da vederne contaminato il suo essere.

    E poi arriva qui sventolando le sue letterine! Io ne ho già una e si da il caso che mi sia stata consegnata prima!

    A quel punto l’otese si voltò verso Saotome analizzandolo in una maniera a dir poco indiscreta, non che si fosse soffermato su dei particolari lungamente, tuttavia lo squadrò da testa a piedi in un modo che pareva fosse in grado di scavargli fin dentro la carne fino a raggiungere le ossa, uno sguardo che per qualche istante avrebbe frenato il Konohaniano.

    Immagino allora, che proprio per via del fatto che la sua lettera sia stata emessa anzitempo la mia, la suddetta sia da ritenersi sostitutiva alla sua rendendo quest’ultima del tutto annullata.

    Il dito di Saotome avrebbe preso a guizzare da una parte all’altra additando questo e quell’altro irrispettoso termine asserendo che non poteva esistere cosa più importante di ciò che l’amministrazione in persona aveva consegnato alle fidate mani di…

    …GENMA SAOTOME! Il più fidato cittadino della foglia!
    E non farà un passo indietro neanche di fronte ad un imbrattacarte…


    Che pareva, a suo dire, provenire da un posto molto amato dai ratti e solitamente schivato dagli umani per lo sgradevole odore.
    Mentre i due discutevano tra loro mantenendo i rispettivi toni il gruppo mal assestato arrivò al confine.
    Niente.
    Era indubbiamente la parola che meglio si adattava alla desolata landa scura che si stendeva a cavallo dei due paesi, probabilmente il risultato dell’impatto di ben più di una tecnica al suolo, oltre qualche piccolo cratere e degli arbusti che parevano essere stati spenti di recente tuttavia non c’era nulla di strano, o per meglio dire, nulla che potesse essere più strano di qualche albero abbattuto e carbonizzato sul posto, un tipico scenario di addestramento.
    Parecchi piedi avevano calcato quella zona, tuttavia non erano individuabili delle tracce, pareva che la terra fosse stata accuratamente riappianata alla fine dell’esercitazione, ed oltre le tracce più evidenti non era rimasto alcunchè.
    Era davvero necessario mandare dei ninja in quel luogo?

     
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