Kakurenbo

Role free: Arashi - Sasori - Asgharel

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    R E V O L U T I O N:
    There is no such thing as accident; it is fate misnamed.

    Shizuka Kobayashi's accidents.




    divisore





    Come spesso accadeva quando qualcosa la feriva mortalmente, Shizuka Kobayashi si trovava in quello stato confusionale molto simile alla mortificazione di un bambino, che preferisce negare la situazione piuttosto che accettarla. Vittima di una serie di perdite molto superiore a quella che qualsiasi fato avrebbe mai dovuto infliggere ad una sola persona, la ragazza era arrivata ad un punto mentale per cui il tradimento o il rifiuto di qualsiasi altra persona per lei importante potesse divenire un motivo valido per sparire realmente, una volta, per tutte, da Konoha, dedicandosi ad una vita di silenzio che, forse, avrebbe potuto con gli anni lenire il suo cuore stanco.
    Il rifiuto di Atasuke Uchiha era stato un passo sin troppo votato in quella direzione.
    Quando si allontanò dal Quartiere Uchiha si sentì una ragazzina sciocca. La sua fuga, intrapresa correndo come una femminuccia in lacrime, la imbarazzava. Provava vergogna per se stessa e per la sua incapacità di sistemare le cose prima di andarsene, come avrebbe fatto qualcuno più maturo di lei, ma per quanto non volesse accettarlo, si sentiva ferita dalle parole del ragazzo cui teneva così tanto, ferita e mortificata abbastanza da non riuscire a continuare la disquisizione cui aveva posto allora fine.
    Accanto a lei l'ombra silenziosa, che si rifletteva sul suolo ad intermittenza incalzante senza che nessun rumore o fruscio la accompagnasse, non accennava a smettere di seguirla, e se di tanto in tanto si fermava divertita nelle proiezioni a terra degli alberi o degli edifici attraverso i quali la Principessa stava disperatamente correndo in direzione del suo Clan, quasi a voler dare lei un vantaggio che aumentasse il divertimento della caccia, non accennò mai a porre fine alla sua intenzione. Un dettaglio di cui Shizuka si accorse con disperazione.
    Era sempre stato lì. Sempre. E lei non se n'era accorta.
    Una simile recita contesa tra il melodrammatico, il pietoso e il teatrale, proprio di fronte a lui...
    Impallidendo, la kunoichi deglutì e a quel punto la vergogna per se stessa fu tale che gli occhi della poveretta si riempirono di lacrime come una sorgente appena nata.
    Erano lacrime di vergogna e di rabbia, le sue: rabbia per se stessa, per il suo testardo e ostinato sentimento di attaccamento verso delle persone che sperava non la tradissero mai ma che, ne era conscia, potevano abbandonarla. Raizen. Atasuke. I membri del suo Clan.
    Era arrabbiata con se stessa per la situazione imbarazzante in cui si era messa e per il comportamento dalle tinte tutte rosa che aveva adottato. Vittima della sua stessa educazione da Principessa, che la voleva aggraziata, elegante e femminile, era riuscita a tirare fuori quella sua inclinazione, invero innata, proprio in un momento come quello.
    Davanti ad Atasuke. Davanti ad un dannato Uchiha pressocché sconosciuto come Sasori. Davanti a lui.
    Era pallida come un cadavere. Pallida e sconcertata quando una mano la bloccò e lei, sentendo la presa delle dita solide e nerborute sulla sua spalla, invero più piccola e delicata di quello che si sarebbe potuto pensare, trasalì talmente tanto che stava per cadere carponi a terra...
    ...Adesso non sentiva più nemmeno le presenze altrui e cadeva correndo! Quanto poteva essere caduta in basso in meno di qualche ora?!
    Inutile dire, però, che quando si voltò e si trovò di fronte Atasuke, la ragazza era talmente sconcertata che, suo malgrado, non riuscì a trattenersi dal gemere come un cucciolo. Perché l'aveva seguita? Cosa diavolo voleva, ora? Rincarare la dose?
    Era ancora stordita e incredula quando sentì la mano di lui che scivolava silenziosa dietro la sua schiena per trarla più vicina, un gesto cui la kunoichi, aggrottando la fronte in un'espressione spiazzata –non avvezza a quel tipo di comportamenti, che avrebbe persino potuto definire intraprendenti, da parte di un tipo come quello– non si oppose. Stava per aprire bocca e chiedere cosa volesse, cosa volesse ancora, quando improvvisamente lui si avvicinò e prima che lei potesse anche solo porre un braccio a separarli le labbra di Atasuke si posarono sul suo orecchio. Poteva sentire il calore di queste sul suo lobo, il profumo di pelle fresca e vento dello Shinobi sul suo volto, e quando la bocca di lui cominciò a muoversi, disegnando forme e geometrie sul suo orecchio, Shizuka Kobayashi –la Principessa più famosa di tutte le terre del fuoco e attualmente anche la più ricercata– cadde vittima di un sentimento di totale, spiazzante e terribile... imbarazzo.


    Shizuka... Hai ragione, non... Non mi hai mai chiesto di proteggerti, tuttavia, non posso fare a meno di farlo... Non posso fare a meno di volerti proteggere, non posso fare a meno di pensare a te... Perfino contro Sinji Akuma nel deserto dell'Anauroch non ho potuto non pensare a te e non posso fare a meno di te, di tutte le tue buone intenzioni, della tua irriverenza dei tuoi pregi e dei tuoi difetti




    Contro ogni sua più lungimirante previsione, Atasuke Uchiha sembrava tutt'altro che arrabbiato nei suoi confronti, ma anzi contrito e dispiaciuto. Ferito almeno quanto lei.
    Parlava a bassa voce, sussurrandole quelle parole all'orecchio come se tutto dovesse rimanere parte di un segreto che solo loro due avrebbero dovuto condividere e lei, per un istante, rimase talmente colpita da quel comportamento che non poté fare a meno di cercare lo sguardo dell'interlocutore, sperando di trovare lì, con quella sua capacità peculiare di interpretare le persone come uno specchio d'acqua, ciò che egli stava pensando.
    ...Perché dirle quelle cose dopo quanto detto poco prima? Cosa voleva, precisamente?
    Aveva creduto di essere stata rincorsa per terminare laddove lei aveva imposto una fine, probabilmente perché era quello che lei stessa avrebbe fatto in quel momento, e trovarsi a fronteggiare un discorso come quello, che cercò di interpretare senza risultato, la smarrì.
    Non ebbe però il tempo di dare una risposta ai suoi interrogativi, di sistemare l'ordine della sua mente secondo un significato apprezzabile, che Atasuke portò una mano al suo mento, alzandolo e facendo in modo che si avvicinasse al suo abbastanza perché lei sentisse il respiro rotto di lui accarezzarle i lineamenti.
    C'era qualcosa di... strano, in quella situazione.
    Era sicura che si stava perdendo un qualche dettaglio dello svolgersi degli eventi.


    Shizuka... Se solo me lo permettessi, insieme, noi potremmo... ecco noi...




    Si interruppe e lei, a quel punto, a dispetto di ogni più ragionevole e comprensibile reazione, arrossì talmente violentemente che le sue orecchie divennero rosse come fuoco vivo. Era talmente rossa che se qualcuno le avesse messo una mano sul volto, probabilmente si sarebbe ustionato. Ma Atasuke Uchiha fece addirittura di meglio, perché non si limitò a pensare di toccare il viso della Principessa dei Kobayashi; di punto in bianco, come fosse la cosa più naturale del mondo da fare in quel momento, si abbassò verso di lei. Erano già abbastanza vicini da togliere ogni dubbio sulle intenzioni del ragazzo e la kunoichi, da rossa che era, in una frazione di secondo divenne tanto pallida da dare l'impressione di star per morire. Inconsciamente reclinò leggermente la testa all'indietro.


    Ehi... ehi, ehi, ehi.

    Fermi tutti.
    Cosa stava succendo?
    Cosa maledizione stava facendo?



    Improvvisamente la sua mente si fece bianca e Shizuka Kobayashi, contrariamente a quello che molte altre sue coetanee avrebbero fatto in una circostanza simile, cadde vittima di una sorta di goffo e stordito tunnel di immagini e pensieri sconclusionati a loro volta preda di una sorta di follia momentanea che indusse tutti i suoi ragionamenti a concretizzarsi in nient'altro che nell'immagini a rapida successione di un martello, un albero, un paio di calzini rosa e una torta.
    Tutte cose molto utili in un momento simile, non c'era da che dire.

    COSA STAVA FACENDO?!

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    […] Shizuka era una kunoichi, e prima di questo era un'intrattenitrice.
    Entrata nel mondo Shinobi era stata educata a fare ciò che un uomo non avrebbe mai potuto fare: sedurre e usare il suo corpo al pari di un'arma.
    Durante i suoi addestramenti al quartiere dei piaceri, era stata costretta a baciare svariati uomini per raggiungere un livello tale di bravura da indurre chi le stava di fronte ad eccitarsi senza che lei neanche lo toccasse, e si poteva dunque dire che era una baciatrice o, più generalmente, un'amante eccezionale.
    Ma quello era tutto un altro paio di maniche.
    Non c'entrava un tubo essere bravi in quel genere di cose, quello che stava provando a baciarla era Atasuke!!

    Atasuke.

    Aveva cercato di assassinarlo la prima volta che l'aveva conosciuto.

    Una volta gli aveva rovesciato per sbaglio una teiera di tè verde bollente addosso quando lui aveva ventilato la possibilità che rimanesse a dormire a casa sua vista l'ora tarda e la nevicata terribile in corso.

    Aveva sbattuto la testa allo stipite di una porta mentre si girava a guardarlo cambiarsi la parte superiore della divisa ninja (niente di eccezionale, ovviamente lo avrebbe fatto per qualsiasi uomo Uchiha giacché non era una novità il suo debole per la bellezza dei membri di quel Clan) e lui per tutta risposta era caduto dalle scale spaventandosi di trovarsela lì, in casa sua, come al solito entrata dalla finestra e di nascosto.

    Era persino riuscita a minacciarlo di morte con un mochi addentato, in assenza di un qualsiasi oggetto contundente, quando lo aveva incontrato per caso presso i terreni di allenamento comuni del villaggio e lui, credendo che quel cosino bianco fosse chissà quale pericolosa arma, era caduto nel buco alle sue spalle che lei aveva scavato per il suo allenamento, quasi aprendosi la testa in due.

    Senza contare quella volta che gli aveva rotto il cancellino di casa con un pugno invischiato di chakra quando, nell'andare a fargli visita, lo aveva ritrovato avvinghiato ad una ragazzina brutta e antipatica che lui aveva assicurato essere solo la sua vicina di casa.
    Vicina di casa un cavolo. Sarebbero dovuti morire entrambi quel giorno.

    Atasuke.

    Era drogato. Non era un antidoto quello che gli aveva dato, ma droga. Droga allo stato puro.
    Impallidi, se possibile più di quanto già non fosse, e pensò ai modi in cui Norio l'avrebbe condannata a sofferenze perpetue per quell'errore. Aveva avvelenato un cittadino comune.
    Tradimento! Reietta! Sarebbe diventata una Nukenin!

    TRADIMENTO!

    «A-a-a-a-atasuke»
    Gemette con una voce molto simile ad un fischietto infilato in un sacchetto di carta, e il solo pronunciare quel nome, contro ogni sua previsione, la fece arrossire di nuovo, da capo, e con più violenza. «Cerchiamo di mantenere la cadmdspèasakajsòò...» Non sapeva neanche cosa stesse dicendo ma non se ne preoccupò perché la sua lingua si inceppò come un elastico rotto e le si arrotolò in bocca.
    Beh, non che avesse molta importanza, perché sembrava che qualsiasi cosa avrebbe detto lui non si sarebbe fermato. Quel caleidoscopio vorticoso di pensieri sconclusionati, durato appena qualche secondo, era stato fatale perché aveva permesso allo Shinobi di avvicinarsi abbastanza da permettere alle sue labbra di sfiorare le sue.
    Le sfiorò. Le labbra di Atasuke Uchiha sfiorarono quelle di Shizuka Kobayashi e lei, ormai completamente incapace anche solamente di capire se fosse giorno o notte o in quale nazione si trovasse, si scoprì a pensare che queste fossero più morbide di quello che aveva immaginato (non che lo avesse immaginato spesso, ovviamente) e che sapessero di limone, come se avesse mangiato qualcosa di simile poco prima di incontrarla. Un sapore dolce e aspro allo stesso tempo dunque che, in un certo senso, poteva persino dire...

    Tonk.

    Qualcosa cadde improvvisamente in terra. Qualcosa di pesante, probabilmente, e contenente altri oggetti, come suggerì il rumore, simile a delle scatole che rotolavano in più direzioni, che seguì subito dopo.
    Era talmente stordita, rossa e goffa, che per un istante non capì assolutamente cosa stesse succedendo. Almeno fino a quando quella voce, QUELLA voce, serpeggiò come un serpente dalle spire aperte fino al suo orecchio.

    «......Ojou-sama?»

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    Se c'era un modo per impallidire abbastanza da diventare trasparente e poi farsi nuovamente di carne Shizuka Kobayashi lo inventò in quel preciso istante, diventando dunque, a buon ragione, la più portentosa kunoichi esistente.
    Fu talmente rapida a scostare da sé Atasuke con una spinta, che chi avesse assistito alla scena avrebbe probabilmente pensato fosse stato lui a indietreggiare. Con gli occhi sgranati e la bocca ancora tremante, la Principessa dei Kobayashi iniziò insensatamente a spolverare le spalle dello Shinobi prima di voltarsi verso colei che l'aveva chiamata e di cui si assicurò accuratamente di non incontrare lo sguardo. Non che fosse necessario. Gli occhi blu, elettrici e glaciali, di Ritsuko Aoki, la stavano già trapassando da parte a parte in modo abbastanza esaustivo.
    «R-r-ritsuko!» Esclamò con finto stupore la kunoichi, sorridendo. Il sorriso venne grottescamente ricambiato in un secondo.
    «O-o-ojou-sama!» Rispose la Kumori, scimmiottando con sarcasmo la balbuzie della sua signora. «C-c-cosa diavolo state facendo, in mezzo di strada e in pieno giorno?!» Domandò e prima di ricevere una risposta i suoi occhi si spostarono in quelli di Atasuke, che fulminò con una dose di ira tale che se gli sguardi avessero potuto uccidere, il ragazzo sarebbe morto di lì a pochi istanti.
    Visto che le disgrazie non vengono mai da sole, e visto che gli Uchiha non godevano mai di una buona tempistica in niente che non fosse il campo di combattimento, Sasori arrivò proprio in quel momento. Pinto e lindo, con i denti lavati, i vestiti cambiati, e un buon profumo sulla pelle, lo Shinobi degli Uchiha arrivò di corsa, sventolando una mano come un amicone dopo un breve assentarsi.


    Eccomi sono di ritorno ! Scusate il ritardo ma avevo fame !In ogni caso non sono pazzo ! Voglio soltanto togliermi alcune soddisfazioni la prigionia mi ha consentito di aprire gli occhi su tanti errori che feci in passato. Non sono affatto pericoloso. Vi sembro pericoloso per caso ?




    […] Aveva fame. Lui aveva fame.
    Mentre lei, che si poteva dire avesse rischiato la sua vita per lui (e dunque il debito che il ragazzo aveva nei suoi confronti era piuttosto ingente), veniva scossa come un frullatore in mezzo di strada da qualcosa che non sapeva nemmeno cosa fosse ma anche ancora le faceva girare la testa, mentre la quarta guerra mondiale stava per scoppiare sottoforma di barattoli di miso e cetriolini sott'olio che rotolavano in terra, e mentre tutto andava completamente e disastrosamente a rotoli...
    … lui mangiava. Mangiava perché aveva fame.
    Mangiava.
    Lo avrebbe ingozzato di cartabombe se ne avesse avuto modo! Maledetto stupido coso! Testa con i capelli ad anatra! Traditore del suo stesso sangue!
    «Voglio morire.» Gemette la kunoichi, guardando Sasori con orrore, ma non fece in tempo ad aggiungere altro che una seconda cosa pesante cadde a terra.
    Ritsuko, ferma a qualche metro dal trio, vestita del suo kimono gessato verde acqua munito di un grazioso grembiulino bianco ricamato e con pizzo, aveva appena lasciato cadere a terra il secondo sacchetto della spesa che teneva in mano –e da cui fuoriuscirono due merluzzi morti e uno sgombro (pessimo auspicio)– mentre i suoi occhi si portavano su Sasori, che squadrò dalla testa ai piedi con disgusto.
    «...Addirittura due?!» Esclamò shockata la giovane donna, e le sue mani si arcuarono come artigli di falco pronti a colpire. Un po' quello che Shizuka temette potesse davvero succedere, giacché la sua amica d'infanzia avanzò a passo spedito verso i due Shinobi, e prima che lei potesse porsi in mezzo, aveva già puntato il suo minaccioso dito indice accusatore al volto di entrambi. «Villani e screanzati figli di una maleducazione ormai divenuta cancro!» Ruggì la kumori, furibonda. «Ma cosa diavolo state facendo, siete forse usciti di senno?!» Strillò, e rivolgendosi a Sasori: «E tu chi diavolo saresti?! Ragazzino, ti conviene portare rispetto e porre i giusti titoli onorifici se non vuoi che gli occhi da te appena aperti ti vengano cavati! Credi di non essere pericoloso?!» Rise, portandosi le mani sui fianchi e alzando lo sguardo al cielo con teatralità. «Lupo bugiardo e ipocrita! Sei pericoloso come ogni altro sudicio uomo!»
    «Emh, credo che tu abbia un attimo mal intepretato la situazione, Ricchan...»
    Cercò debolmente di intervenire Shizuka, alzando un ditino tremante come a voler prendere la parola. Le risposero due dardeggianti occhi blu che, per un istante, la fecero indietreggiare pericolosamente fino al lunghissimo muro di cinta bianco panna che si trovava alle sue spalle, e che sembrava tutelare una proprietà anche troppo grande.
    «E' “Ritsuko-san” per voi, Ojou-sama.» Sibilò la donna.
    «Ritsuko-san.» Ripeté devota Shizuka, pallida come un cadavere. Era incredibile come la ragazza avesse cambiato completamente la sua indole, perdendo di punto in bianco la sua sfrenata e strafottente vena di sufficienza. Ma soprattutto era stupefacente come quella donna avesse messo a tacere tutti i presenti.
    Per la verità Ritsuko Aoki, più che donna, era coetanea di Shizuka, come ci si sarebbe aspettati da due ragazze cresciute insieme sin da neonate, una ventenne dunque la cui semplice bellezza, caratterizzata da splendidi capelli rosso fuoco tagliati a caschetto, profondi occhi blu come l'oceano e una carnagione leggermente abbronzata dal sole, veniva in parte ridotta dall'austerità del suo comportamento intransigente, che la rendevano l'unica in grado di mettere a tacere una personalità come quella della Principessa di Konoha, ma anche uomini come Raizen Ikigami o, persino, grandi Daimyo.
    Era severa, anche troppo per essere una semplice subordinata, e il suo polso fermo sembrava essere proteso tutto verso un unico scopo: la salvezza e la felicità della sua sola e amata Signora.
    «E tu...» La lentezza con cui Ritsuko portò il suo sguardo su Atasuke fu talmente agghiacciante che fu Shizuka a deglutire per lui. «...sudicio e volgare uomo privo di intelletto e pudore.» Erano spariti del tutto i titoli onorifici o il rispetto che in passato erano stati offerti, anche se con ostentata ironia. «Sei nato cento vite in anticipo perché tu possa permetterti anche solo di rivolgere la parola alla nobile e famosa Principessa del ricco Clan Kobayashi senza strisciare al suolo mangiando terra!» Schioccò come una frusta. «Non hai lignaggio né nobiltà per poterti permettere nemmeno di guardarla da lontano... e tu hai osato, hai osat-... osat-...» Non sembrava in grado di finire la frase. Il suo volto si contrasse in un'espressione di tale disgusto che la Kumori fu costretta a portarsi una mano tremante di fronte agli occhi per ritrovare la calma. «Hai toccato il fondo dell'inferno, ragazzino.» Sibilò dopo un breve istante di silenzio, come se avesse deciso che dire a voce alta il reato di quel verme fosse troppo per chiunque, tantomeno per lei. I suoi occhi blu bruciarono e la rabbia che li bagnò fu talmente grande e così violenta che per un istante ella parve sul punto di colpire il suo interlocutore.
    A quel punto, però, accadde qualcosa di strano. Il vento parve alzarsi, debolmente, silenziosamente, talmente poco da scuotere appena i capelli dei presenti, e quando svanì, correndo più avanti, una moneta da cento ryo era stampata sulla fronte di Atasuke Uchiha. Appiccicata alla pelle del giovane, che togliendosela si sarebbe reso conto del rossore e forte bruciore che avvertiva in quella parte del volto, la moneta sembrava come piovuta dal cielo.
    Nessuno avrebbe fatto in tempo a vedere, per un secondo, il braccio della sottoposta ritrarsi silenziosamente verso il fianco corrispettivo.
    «“La Principessa e i lupi” è una storia che non mi piace... meritereste la pena di morte entrambi per aver tentato di approcciare Shizuka Hime-sama in questo modo...» Avrebbe ringhiato Ritsuko, tremante di rabbia. «...e non è detto che non accada, perché adesso andremo tutti a Magione Kobayashi e sarà Toshiro-dono a decidere della vostra vita e della vostra morte.»
    Mettere in mano di suo padre la vita di due uomini in età da marito, che per disgrazia erano stati trovati in mezzo di strada con lei mentre uno dei due l'aveva praticamente baciata, significava ordinare a tre carpentieri di iniziare a costruire un baldacchino nella piazza principale di Konoha. Beh, non che potesse davvero ucciderli, ma controllando tutta l'economia di konoha e gran parte di quella delle Terre del Fuoco, avrebbe potuto costringere i due poveracci ad andare a suna per comprarsi un qualsiasi bene di prima necessità.
    Impallidì gravemente.
    «R-ritsuko non mi sembra il caso di coinvolgere Otou-sama... e poi non era in viaggio al paese del riso?» Cinguettò Shizuka, mentre sudava copiosamente.
    «Sta tornando.» Ghignò l'altra, reclinando la testa all'indietro con soddisfazione.
    «P-perché non risolviamo la faccenda tra noi?»


    «...E perché non andare alla magione, invece?
    Si dice che Villa Kobayashi sia talmente grande che il vostro territorio risulti più esteso dell'intero Clan Hyuga. Avete nei vostri giardini laghi e archi da far invidia al tempio di Izumo, e le vostre proprietà occupano tutta la zona verde dell'estremo ovest di Konoha... non ci sono mai entrato, ne sarei curioso!»




    Era alle loro spalle.
    Quando fosse arrivato, come e da dove era un incognita.
    Sasori e Atasuke se lo sarebbero semplicemente ritrovato alle spalle e voltandosi non avrebbero dovuto ricorrere ad un grosso sforzo di memoria per riconoscere nei lineamenti di quel trentenne Norio Uchiha, uno dei migliori medici chirurghi ed esperto in veleni della loro dinastia, responsabile della sezione di rianimazione dell'ospedale di Konoha.
    Probabilmente sarebbero tutti rimasti sconvolti di quell'arrivo inaspettato. Tutti, tranne Ritsuko, che fu la sola a non trasalire o denotare stupore di nessun genere.
    «Ora voglio morire davvero.» Sentenziò Shizuka Kobayashi, facendosi terribilmente più pallida.
    «Ci sarà tempo anche per questo.» Rispose Ritsuko.
    «Hai finito di fare teatro in mezzo al Villaggio, Shicchan?» Tubò l'uomo, socchiudendo gli occhi mentre si sarebbe avvicinato per mettere le braccia attorno a collo dei due Shinobi del suo stesso Clan. «Se non la smetti di cercare di sedurre tutti gli uomini Uchiha, le donne del Clan avranno di che cercare di ucciderti.» Disse, ammiccando.
    «Non mi pare di averti mai fatto nessuna avance.» Sibilò prontamente la kunoichi, che sapeva sempre e puntualmente cosa volesse davvero intendere quel tipo disgustoso.
    «No, beh certo, sono un tradizionalista. E' sempre l'uomo che deve fare il primo passo.» E così dicendo avrebbe cercato di stringere Atasuke a sé, facendogli l'occhiolino. «Bravo.» Avrebbe detto, sorridendo. Poi, assolutamente senza senso, avrebbe fatto lo stesso con Sasori. «Bel lavoro.» Avrebbe aggiunto guardando quest'ultimo. Nessuno dovette voltarsi verso Ritsuko per indovinare il suo sguardo d'astio che si focalizzava anche sul povero Sasori, che trapassò da parte a parte con il suo odio raggelante.
    «Norio dacci un taglio, ti avevo detto che potevi smettere di seguirmi!» Ruggì la kunoichi, balzando in piedi in un bagno di sudore. L'aura di Ritsuko cominciava a diventare simile a quella di un Jinchuuriki. O di un mostro. O di un ibrido di entrambi. E se non avesse voluto che la sua amica prendesse a sputare fuoco, piangere acido e spalancare voragini nel terreno, era meglio che trovasse subito un modo per mettere a tacere quell'idiota del suo maestro.
    «Avevi un turno in ospedale, oggi.» Si limitò a rispondere l'altro. «Lo hai scambiato con Karumi perché tu potessi fare questo spettacolino oggi e lei potesse uscire con il suo fidanzato domani, credi che possa accettare una mancanza di professionalità tale?» E così dicendo fece roteare gli occhi al cielo. «Karumi vuole fare l'infermiera, e tu sei un medico chirurgo specializzato in campo di battaglia, una situazione un po' diversa a quanto ritengo, credi perciò che ti possa permettere di fare come ti pare? Ovviamente no, e visto che non mi chiamo Atasuke...» Ammiccò al ragazzo con sarcasmo, fingendo uno sguardo da romanticone. «...devo fare rapporto a Isamu-dono spiegandogli che hai saltato la tua pratica per amoreggiare con ben due uomini!»
    Ritsuko stava ormai crepando il suolo.
    «A Ojii-sama...?» Sussurrò con voce rotta Shizuka, che adesso era talmente sudata da sembrare di essere appena uscita da sotto la doccia.
    «Sarà divertente, dai... andiamo tutti a prendere il tè a magione Kobayashi! Avrete l'onore e il piacere di conoscere il più potente Clan non Shinobi delle Terre del Fuoco!!»

    E così dicendo, baldanzoso al pari di Ritsuko, seppur per motivi diversi, Norio Uchiha si diresse verso il luogo annunciato... che con grande sconvolgimento Sasori e Atasuke vrebbero capito essere quello racchiuso all'interno dell'infinita cinta muraria che avevano alla loro destra.



    divisore




     
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