Kakurenbo

Role free: Arashi - Sasori - Asgharel

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Arashi Hime
        Like  
     
    .
    Avatar

    Group
    Y Danone
    Posts
    8,529
    Reputation
    +561

    Status
    Anonymous

    K O B A Y A S H I:
    Family is not an important thing. It's everything.

    Welcome to Kobayashi's Clan




    divisore




    Ciò che evitò a Shizuka Kobayashi di colpire in pieno viso Atasuke Uchiha, schiantandolo con violenza alla parete della casa che vi era dietro di lui, fu la rabbia ancora maggiore nei confronti di Sasori Uchiha, che anche in quel caso si era trattenuta dal prendere a ceffoni un numero indefinito di volte sostanzialmente perché quel pulcino implume che continuava a rispondere al nome orribile di Sougo stava per essere spezzato in due da Ritsuko. Un problema ahimé piuttosto grave, giacché non le risultava che la legge di Konoha accettasse l'omicidio tra concittadini.

    shizukastronza1_zpsp7n7uzy2

    «Ascolta, non sono una bambina di dieci anni, sono una kunoichi, ho più esperienza con gli uomini di quanti tu possa averne mai avuta con una singola fantasia sul sesso opposto.» Ringhiò furibonda Shizuka, rivolgendosi ad Atasuke. Dire quelle parole non fu un reale problema, ma ammettere che nonostante quella verità lui fosse comunque riuscito a farle quello che le aveva fatto, fu un affronto abbastanza serio al suo orgoglio. Arrossì. «Il tuo essere sdolcinato mi dà fastidio, mi imbarazza, mi mette a disagio, e dacci un taglio anche con le lacrime, le ostentazioni d'affetto, le frasi melense e qualsiasi altra cosa ti esuli dall'essere un mio semplice conoscente.» Abbaiò con rabbia. «Se il mio corpo ti interessa mettiti in fila, ci sono Shinobi che mi denudano ad ogni fottuta missione, e ti posso garantire che al pari tuo ne sono particolarmente compiaciuti!» Aggiunse in un sibilo. Non doveva pensare troppo in grande perché il volto di Raizen le comparisse in mente. La capacità del Jinchuuriki di farla rimanere nuda era infatti assolutamente “magica”. «E tu...» Ringhiò ancora, con ira se possibile maggiore, guardando Sasori. «...sei un passivo aggressivo o semplicemente non hai i coglioni di capire da solo cosa cazzo ti sta succedendo attorno? Abbozzala di essere imbambolato, stupito, offeso, annoiato o gli Dei solo sanno cos'altro. Reagisci agli stimoli che il mondo ti offre oppure spaccati la testa in due da solo e muori.» Fece roteare gli occhi al cielo. «Mi pare che quel deficiente di Raizen non abbia ben afferrato qual è il tuo reale problema: non è il tuo cervello, è il tuo carattere.»
    «Shicchan ti verranno le rughe presto se–...»
    Il braccio di Norio non fece in tempo a cingere il fianco della kunoichi che il dito indice e il medio di lei, uniti, stavano già serpeggiando verso il suo volto. In pochi tra i presenti sarebbero riusciti a notarlo, ma quello della ragazza non era un gesto causale, puntava piuttosto in un punto preciso. Un punto che il Jonin degli Uchiha evitò che raggiungesse bloccando la mano dell'allieva a pochi millimetri dal suo collo, sorridendo ironico. «Ahi, ahi, Shicchan... stai calma, respira profondamente, non vorrai perdere il controllo, immagino.» Insinuò, baciando le dita della ragazza con dolcezza e lentezza agghiaccianti. Quelle parole si dispersero come cerchi in un lago in cui era appena stato gettato un sasso, e il suono che provocarono fu tale che, alle sue spalle, Ritsuko Aoki si irrigidì.
    Fermando il suo incedere la Kumori sembrò trattenere per un istante il respiro, poi, lentamente, si voltò: i suoi occhi azzurri adesso erano lo specchio di qualcosa di orribile. Qualcosa che, per un istante, smarrì persino la stessa Principessa.
    «Tu, maledetto...» Sibilò, gelida. «...non vorrai che i tuoi preziosi occhi cadano al suolo e tu, per errore, li calpesti.»
    «No di certo, mia cara di cui non ricordo il nome.»
    Rise Norio Uchiha.
    Ciò che rendeva disgustoso un uomo come lui era la totale imprevedibilità del suo comportamento, le stilettate di puro veleno che riusciva a lanciare tra un sorriso e una battuta. La sua genuina capacità di distruggere in un solo attimo un intero castello di realtà e menzogne. Eppure Shizuka non sembrava prestarci troppa attenzione, come se avesse imparato a scendere a patti con quel tipo di carattere. E non perché egli fosse il suo maestro, quanto piuttosto perché quell'uomo deteneva il sapere che lei agognava, e la capacità, non rilevante o trascurabile, di fare qualcosa in cui nessuno a Konoha sembrava esperto: uccidere senza lottare.


    divisore




    Magione Kobayashi era la costruzione più grande che sicuramente Atasuke e Sasori avessero mai visto.
    Costruita secondo tradizione giapponese, abbracciava realmente tutta la zona verde di Konoha, giacché come scoprirono i due Shinobi Uchiha il muro di cinta bianco panna che era fino a quel momento scivolato alla loro sinistra era solo quello di un lato della proprietà del grande Casato di cui Shizuka pareva essere l'unica erede.
    Anche solo l'entrata principale, a cui si accedeva passando sotto un grande arco in legno lavorato a mano in cui troneggiava il nome di quella dinastia, risultava incredibile nell'affacciarsi su un giardino minimale che, da quello che si poteva sbirciare allungando lo sguardo, doveva essere solo l'anticamera del vero parco; e il cui pavimento, mattonellato di grandi quadrati di marmo bianco, conduceva all'accesso principale dell'edificio dai tetti spioventi e la pedana rialzata, cui si saliva tramite tre gradini in pietra. Lì sopra, compostamente seduta in ginocchio, una donna dai mossi capelli corvini e il naso picchiettato di lentiggini, sembrava attendere pazientemente qualcosa o qualcuno mentre osservava il cielo terso con le guance arrossate per il freddo dell'inverno.
    «Mayuko.» Chiamò senza esitazione Ritsuko Aoki, avanzando oltre il gruppo. La donna si voltò immediatamente, e il suo viso si illuminò in un sorriso. «Ritsuko-san!» Disse con affetto, ma poi parve irrigidirsi. Improvvisamente, e prima che il restante gruppo raggiungesse la baldanzosa rossa, la domestica si era già inchinata talmente profondamente che la sua fronte toccò il pavimento in legno su cui sedeva. «Okaerinasai Shizuka Hime-sama, è mio piacere ed estremo onore essere io ad accogliere il vostro ritorno a casa. Chiedo umilmente perdono per la scarsa preparazione, non degna di voi, lasciate che possa rimediare alla mia negligenza provvedendo immediatamente.»
    «Non farti tutti questi problemi, Mayuko.» Si limitò a tagliare corto Shizuka, ignorando lo sguardo di ostentato stupore che Norio continuava a puntarle addosso. La sua bocca spalancata in quel modo teatrale le dava la voglia di spaccargli tutti i denti. «Invece di preoccuparti per me sii così gentile da organizzare un benvenuto decoroso per questi ospiti che mi accompagnano.» Continuò la ragazza, portandosi una mano alla testa ed accennando ad un sorriso che, se non fosse stato troppo folle da pensare, poteva addirittura sembrare imbarazzato. «Mi dispiace non averti avvertito.»
    Di fronte a lei la domestica, pur senza alzare la testa dal suolo, sembrò sorridere con dolcezza.
    «La mia signora non deve scusarsi di niente.» E riportandosi finalmente in eretta postura non esitò a battere le mani tre volte. «La qui presente Mayuko ubbidirà con piacere ai vostri desideri finché gli Dei glielo permetteranno.»
    Prima che Sasori, Atasuke o lo stesso Norio potessero a quel punto fare o dire qualsiasi cosa, sei domestiche, vestite allo stesso modo di colei che rispondeva al nome di Mayuko, accorsero presso l'entrata principale con agitata velocità, inchinandosi poi profondamente. Solo a quel punto Ritsuko Aoki, spostandosi verso sinistra, parve riacquistare il contegno del suo ruolo e lasciò dunque che fosse Shizuka a salire sulla pedana per prima.
    «Buon pomeriggio.» Disse lei con semplicità, sorridendo alle ragazze, e queste, chi trasalendo e chi sorridendo con emozione, si inchinarono maggiormente.
    «Okaerinasai Shizuka Hime-sama, ci auguriamo che la vostra giornata sia stata produttiva.» Rispose una di loro, la prima della fila, mentre Mayuko si sbrigava a slacciare gli stivali della kunoichi, che prese con sé con attenzione quasi ridicola.
    «Produttiva non saprei, ma spero di arrivare viva a vederne la fine.» Sorrise educatamente la Principessa, prendendo ad avanzare nel corridoio di inchini. «Questi signori sono miei ospiti, preparate la Sala dei Salici nell'Ala Est della magione e fateli accomodare. Trattateli come i pregevoli Shinobi che sono...» Non aveva ancora finito di impartire ordini che tre domestiche si discostarono dalla fila e si portarono di fronte ai tre uomini, cui si inchinarono nuovamente, inginocchiandosi poi subito a terra: non ci voleva un grande sforzo per capire che intendevano togliere loro le scarpe, proprio come era appena stato fatto alla stessa Shizuka. «...Mio padre è tornato?» Domandò poi ella stessa, rivolgendosi alla prima delle cameriere che si trovò di fronte. Questa, una ragazzina che non sembrava dimostrare più di quindici anni, trasalì alla domanda inaspettata, e stringendosi le mani al petto, scosse la testa.
    «No, Principessa. Il Padrone non ha ancora fatto ritorno.» Quella frase bastò perché Shizuka si girasse a fissare Ritsuko, cui sorrise con compiaciuto sarcasmo mentre lei avanzava sulla pedana, superando con smaccata strafottenza gli ospiti della sua stessa signora. Avvicinandosi alla ragazzina, cui mollò in mano i sacchetti della spesa, la Kumori si mise a braccia conserte, sorridendo.
    «...Ma Heiko-sama è in casa, non è vero?» Chiese a quel punto con melensa dolcezza, e la ragazzina –le cui braccia avevano ceduto verso il pavimento sotto il peso di quei sacchetti– annuì velocemente.
    «Si, Ritsuko-san, la Signora si trova presso la Sala dei Ricevimenti dell'Ala Nord in compagnia di Isamu Uchiha-sama che è giunto questa mattina per incontrare il capoclan, non sapendo della sua dipartita di ieri notte.» Annaspò come un pesciolino, avvampando di fatica nel tentativo di alzare i sacchetti da terra. Era talmente rossa che per un attimo i suoi bei capelli color del grano parvero sbiadire e le sue braccia tremarono talmente tanto che quando, improvvisamente, sentì i sacchetti venirle tolti di mano, non ebbe neanche la forza di opporsi, sospirando piuttosto con evidente sollievo. Un sollievo che durò assai poco quando però si rese conto che ad essersi assunta quel fardello era proprio la sua padrona, la donna che era stata assunta per servire.
    «SHIZUKA HIME-SAMA!» Strillò disperata la domestica, cambiando velocemente colore in volto da bianco a rosso e da rosso a bianco in così poco tempo che, per un attimo, la kunoichi la paragonò ad un adorabile lampeggiante.
    «Sei nuova, qui, vero?» Domandò comunque lei senza rabbia, sorridendo e tirandosi le borse su una spalla senza nessuna fatica. «Mh... Chiasa, giusto?» Di fronte a lei la ragazzina parve sconvolta del fatto che la sua padrona ricordasse il suo nome. «Non affaticarti troppo, se non ce la fai a fare qualcosa dillo e chiedi aiuto. Nessuno ti giudicherà per questo. Hai tutto il tempo del mondo per imparare, accetta perciò con gratitudine la gentilezza altrui, compresa la mia.» Disse, posando la sua mano libera sulla testa della piccola, cui sorrise divertita. «Ah, e un'altra cosa.» Aggiunse, ironica. «Non mi chiamo Principessa, ma Shizuka. Amo particolarmente il mio nome perciò sii così cortese da rivolgerti a me con quello.»

    [...] Non era necessario farlo presente, poiché era tutto molto evidente: il corpo domestici amava la sua Signora.
    Completamente diversa dalla donna che si presentava essere nelle vie del villaggio o nelle occasioni in cui la sua veste Shinobi era l'unica che poteva permettersi di sfruttare, Shizuka Kobayashi era una padrona gentile e affettuosa, attenta alle esigenze di chi la serviva, come si poteva notare dalle espressioni delle domestiche, che pur intente a togliere i calzari agli ospiti o a svolgere altre mansioni -togliendo alla Principessa i sacchetti che si era accollata, per esempio- non smettevano di sorridere.
    «Questo non...» Cercò di esordire la ragazzina, arrossendo imbarazzata, ma non ebbe il tempo di finire la frase che qualcuno si affacciò nel corridoio. Un'altra donna.
    A differenza delle presenti indossava un kimono più elaborato, più simile cioè a quello di Ritsuko, ed era più adulta rispetto alla media di domestiche presenti, circa sui quarant'anni: i capelli color paglia raccolti in una crocchia impeccabile le davano l'aspetto intransigente di una governante troppo severa.
    «Shizuka no Kimi.» “no Kimi” era un termine storico sin troppo altisonante per un contesto come quello, usato per rivolgersi alle grandi principesse o principi di dinastie importanti. E come ci si sarebbe potuti immaginare, quel genere di appellativo non sembrava essere particolarmente apprezzato dalla chiamata in causa, che non si preoccupò di dimostrarlo facendo roteare gli occhi al cielo, irritata. «Vostra madre, la nobile Heiko-sama, desidera la vostra immediata presenza presso la Sala dei Ricevimenti.»
    «Come diavolo ha fatto a capire che ero già arrivata?!»
    Gemette allibita la kunoichi, iniziando ad impallidire: l'idea di condurre quei tre coglioni nella sua ala di palazzo per non far incontrare loro nessuno sembrava già cominciare ad allontanarsi (e lei era tornata da appena dieci minuti, il che presagiva possibilità infinite per il futuro, e nessuna di queste piacevoli). Deglutendo rumorosamente, cercò di ovviare comunque al problema. «Beh dille che ho ospiti e non posso andare ora.» Ordinò, cercando di ostentare severità.
    Di fronte a lei, uno sguardo completamente impassibile.
    «La Signora vostra madre aveva immaginato avreste risposto così.» Si limitò a rispondere la donna. «Mi ha detto perciò di ripetere testuali parole.» E il fatto che si stesse inchinando in segno di scuse, schiarendosi poi la voce, non prometteva niente di buono. «“Non azzardarti a rispondermi in questo modo, stolta ragazzina, ti romperò entrambe le gambe prima che tu abbia il tempo di arrivare alla fine del muro di cinta. Vieni immediatamente qui e porgi le scuse a tuo zio per la tua mancanza di acume che ti rende la mocciosa che sei, prima che te le strappi personalmente di bocca.”» Schiarendosi ancora una volta la voce, la donna si inchinò nuovamente.
    ...Beh, non che nessuno se ne accorse poi troppo, visto quanto aveva cominciato a sudare Shizuka, divenuta improvvisamente l'oggetto dell'attenzione di tutti. In effetti era diventata talmente pallida e la sua espressione tradiva un così inquietante orrore che non si curò nemmeno di zittire Norio, il quale fischiò entusiasta, battendo le mani per quell'ordine “splendido e magistrale”.
    Immobile nel punto che aveva fatto suo, Shizuka Kobayashi rivide molti momenti della sua vita, alcuni più belli o brutti di altri, e dopo un'attenta valutazione (che durò meno di un mezzo secondo) in cui tentò di immaginare se le sarebbe o meno piaciuto poter continuare a vivere, si girò verso i presenti con un sorriso tremante sul volto. Era davvero sudata, ora. Cioè, davvero tanto.
    «Sono sicura che mia madre sarà lieta di avere degli ospiti!» La voce le uscì di bocca più strozzata di quello che era mai capitato in presenza di tutti e tre i ninja. «S-se volete seguirmi!» Aggiunse meccanicamente, mentre Ritsuko Aoki si illuminava di gioia passando di fronte ad Atasuke e Sasori, che guardò con evidente gioia sadica.
    Un altro presagio, assieme ai due merluzzi e lo sgombro, che non suggerivano niente di positivo.

    quest_zps44000fd9
    […] Sasori, Atasuke e Norio vennero dunque condotti in direzione della Sala dei Ricevimenti.
    Come forse si erano già immaginati, Magione Kobayashi era davvero enorme: i giardini, che circondavano l'incredibile edificio e di fronte ai quali loro passarono nell'attraversare lunghi corridoi di legno lucido e immacolato, erano grandi come parchi di templi shintoisti. Laghi circondati di pietre dalle forme circolari ospitavano carpe e splendide statue di Aironi in procinto di spiccare il volo. Una figura, quella, che ricomparve in diversi punti: nelle porte scorrevoli di riso di una serie infinite di stanze, per esempio, o nelle grandi lanterne appese nei punti di unione tra più corridoi, che come venne spiegato loro da Mayuko –chiaramente una domestica più esperta e gerarchicamente più in alto delle altre– collegava la rosa dei venti del palazzo. L'Ala Est era quella di esclusiva proprietà della Principessa.
    Era talmente incredibile quel luogo che non sembrava neanche di trovarsi a Konoha. Come fosse una fiaba tradizionale, sembrava infatti di essere stati gettati senza preavviso nella trama di una storia d'altri tempi, in cui domestiche –intente a correre da una parte all'altra con vassoi di legno, si inchinavano al passaggio degli ospiti; o dove garzoni scivolavano da una parte all'altra della magione affaccendandosi nei loro impegni–.
    Era incredibile, certo, eppure Shizuka sembrava completamente a suo agio lì dentro, come se non avesse mai visto niente di più normale di tutto quello. A ben pensarci, in effetti, non sembrava essere abituata a nessun altro luogo più che a quello.
    «Un momento, prego.» Disse la donna che aveva annunciato alla kunoichi il volere della madre, e inchinandosi dietro una grande porta scorrevole di riso a doppia anta, si inchinò. «Heiko-sama, Shizuka no Kimi è arrivata. Vi sono tre ospiti, con lei.»
    Per un istante, il silenzio.

    «Falli entrare, Ayako.»



    La voce che sarebbe giunta alle orecchie dei presenti era quieta, pacata, educata alla dizione perfetta. Un dettaglio che i presenti avrebbero notato, ma che con ogni probabilità avrebbero dimenticato istantaneamente quando la porta venne aperta e il loro sguardo si sarebbe affacciato all'interno di un'enorme sala di un tenue verde. Lì, seduta capotavola di un lunghissimo tavolo di legno massello, circondata da un eleganza semplice e sobria, sedeva una donna.
    I lunghissimi capelli corvini, lisci e brillanti, erano intrecciati di nastri di pura seta e pendagli di vero oro i quali tintinnavano dolcemente ad ogni impercettibile movimento di quella creatura la cui umanità avrebbe benissimo potuto esser messa in dubbio: non vi era niente di comprensibile in una bellezza come quella, niente che una mente normale potesse accettare. Il volto perfettamente ovale dalla carnagione color della luna della donna, era illuminato da splendidi occhi neri dal taglio affilato e una bocca carnosa e rubiconda simile ad un cuore che, assieme alle mani affusolate e al fisico snello come quello di un giunco, avvolto in un kimono azzurro di puro broccato ricamato a mano, davano di lei l'impressione di una Mononoke, una di quelle creature celesti che l'uomo aveva fantasticato per secoli di poter incontrare, proiettando le proprie fantasie in racconti destinati a trascendere il tempo...
    Era bellissima. Bella oltre ogni immaginazione.
    «Shizuka!» La voce che parlò era maschile e i presenti, volgendosi, l'avrebbero ricondotta all'uomo che sedeva accanto alla Dea. Era una presenza longilinea e snella, ma sotto al semplice kimono maschile viola dall'obi argenteo che indossava, si poteva indovinare un fisico atletico e asciutto. Non vi era niente, nel suo aspetto più vissuto e anziano, che riuscisse a non farlo sfigurare in presenza della sua interlocutrice... se non lo stesso taglio degli occhi, pressoché identico.
    «Isamu Ojii-sama!» Gemette la chiamata in causa, impallidendo più di quanto già non fosse. E non era un'impresa facile.
    «...Norio?!» Chiamò lui, stupito, guardando il Jonin alle spalle della nipote che salutava con sfacciata confidenza i due occupanti della sala.
    «Isamu-dono?!» Rispose l'altro, adesso fingendosi shockato nel portarsi una mano di fronte alla bocca.
    «Atasuke!» Proruppe nuovamente il capo della Polizia di Konoha, rivolgendosi ora all'altro Shinobi del suo Clan, cui rivolse uno sguardo davvero allibito.
    «Tatsuya!» Esclamò di punto in bianco Shizuka, e così dicendo allungò un braccio nel tentativo di abbracciare Sasori, conducendolo quanto più di vicino a lei sarebbe stata in grado di fare. Il motivo fu presto evidente quando un kunai nuovo di pacca si piantò nello stipite della porta al lato sinistro del volto del Chunin. A giudicare dalle condizioni del legno, bucato e graffiato in più punti, non sembrava essere un benvenuto nuovo, quello.
    «Onee-san!» Rispose subito una vocina allegra, prima che da dietro una cassettiera posta al lato sinistro della stanza sbucasse un ragazzino dalla zazzera corvina tutta scompigliata e gli occhioni neri. Non poteva avere più di sei o sette anni.
    «Sasori Uchiha?!» Strillò Isamu, balzando in piedi a quel punto completamente ed evidentemente sconvolto. Era talmente palese che non sapeva cosa stesse accadendo che per un attimo si sarebbe pensato la testa potesse esplodergli.
    «...Uchiha?» Ripeté la Mononoke dai capelli corvini, e finalmente si degnò di voltarsi a prestare attenzione agli ospiti di quella che, a quanto pareva, era sua figlia.
    Vi era qualcosa in lei... il modo di socchiudere gli occhi, o di arricciare la carnosa bocca in un sorriso che sembrava più un ghigno di puro e semplice sarcasmo, che ricordava vagamente qualcuno...
    «Tatsuya!» Abbaiò subito dopo sempre Isamu, fulminando con occhi dardeggianti il bambino di poco prima, che si era appena gettato addosso a Shizuka, infilando la faccia nel suo seno e stringendo il busto della giovane kunoichi, di cui palpò indebitamente anche il sedere.
    «T-tatsuya!» Richiamò la diretta interessata, trasalendo.
    «Shizuka!» Esclamò Norio Uchiha, ora con evidente interesse, ammiccando al bambino che sembrava più che felice di poter “riabbracciare” la sua “onee-san”.
    «Norio!» Ruggì lei, cercando di far smettere il Jonin di applaudire con gaudio.
    E arrivati a quel punto Isamu aveva già fatto due passi avanti, chiaramente pronto a tirare un ceffone tra capo e collo a quel mocciosetto privo di pudore, quando improvvisamente un rumore secco, simile ad un pugno che impattava su una superficie rigida, fece bloccare tutti i presenti.
    Alle spalle di tutti, la Mononoke era adesso in piedi. Il suo volto, ora, aveva un'espressione completamente diversa... conosciuta per la verità.
    Già. In effetti c'era proprio qualcosa, nel modo in cui fece schioccare la lingua e indicò i presenti con palese disgusto e sufficiente irritazione, che ricordava qualcuno. Qualcuno.
    «Ora basta, avete intenzione di continuare ancora per molto?!» Sibilò.
    «Già, questa gag non è più divertente.» Acconsentì Norio, mentre la Padrona si volgeva a guardarlo con schifato stupore, quasi non fosse abituata a sentirsi rispondere in quel modo.
    «Norio... chiudi immediatamente la bocca, o ti strappo la lingua.» Serpeggiò immediatamente Shizuka, socchiudendo gli occhi in un'espressione agghiacciante.

    […] Ah, ecco chi ricordava.
    Quella donna aveva un carattere molto, molto simile... a quello di Shizuka.

    «Tu taci.» Intervenne la mononoke, inarcando un sopracciglio nel rivolgersi alla figlia.
    «Come, prego?» Rispose senza pensarci questa, ma quando incontrò lo sguardo della madre parve pentirsi amaramente della svista nel coro di voci. Ritornò in una frazione di secondo pallida come un cadavere.
    «Onee-chan, ti ho aspettato a lungo, quando pensavi di arrivare?» Intervenne fortunatamente il bambino, che fermò quel breve secondo di stasi in cui sembrava che la donna fosse sul punto di lanciare il tavolo in faccia alla figlia.
    «Ah, scusami Tatsuya... ho portato dei compagni. Non sapevo fossi a casa, altrimenti sarei rincasata prima.» Rispose la Principessa, cercando di lasciarsi alle spalle i brividi freddi lungo la schiena per lasciar posto ad un adorabile sorriso. Di fronte a lei il bambino si calò leggermente di lato, squadrando in un attimo dalla testa ai piedi i tre Shinobi.
    Anche in lui c'era qualcosa... qualcosa di simile a qualcuno... il modo in cui soppesava con svenevole sufficienza soprattutto i due giovani ninja, Atasuke e Sasori, aveva un che di conosciuto...
    «Ah.» Disse, stringendosi con più convinzione al seno della kunoichi. «Sarebbero “compagni” Sorrise, e se non fosse stato agghiacciante attribuire a quell'espressione dell'ironia era esattamente ciò che sarebbe successo nel rendersi conto che aveva calcato la voce sull'ultima parola. Appoggiando la testa sul petto della ragazza e sospirando, il bambino fece spallucce dopo aver lanciato un'ultima occhiata ai due. Pareva aver deciso che non meritassero più attenzione. «Oggi sei libera? Puoi allenarmi in quel Katon che sei così brava a fare?» Esclamò, riacquistando in un secondo una gioia e innocenza sconcertanti.
    «Tatsuya, ti ho già ripetuto che partiremo da qualcosa di più semplice. Hai finito la tabella che ho stilato per te, quella che ho lasciato a Ojii-sama la scorsa settimana?»

    […] Ah, ma certo. Shizuka era la sua maestra. Ed erano cugini, a quanto pareva.
    Già. Si spiegavano molte cose, ora.

    «Norio perché sei qui?!» Stava intanto chiedendo il poliziotto, avvicinandosi al Jonin medico, cui strinse la mano con vigore. «Shizuka ha combinato qualche pasticcio?»
    «Nulla più che saltare pratica in ospedale per amoreggiare con questi due bell'imbusti per le vie del villaggio.»


    Silenzio.
    Di punto in bianco, Heiko alzò di scatto la testa, ritrovando un subitaneo interesse per quella conversazione che aveva accantonato nel ritornare a sorseggiare il suo tè.

    «...Come, scusa?» Mormorò Isamu con un timbro di voce molto più basso rispetto a quello usuale. I suoi occhi serpeggiarono come due vipere prima su Atasuke e poi su Sasori.
    «E' UNA MENZOGNA!» Strillò subito Shizuka, mentre il bambino guardava shockato e incredulo i due (senza lasciare però il seno della cugina, cui rimase avvinghiato come una scimmia). «POTESSI DIVENTARE SUORA DEL TEMPIO DI IZUMO DOMANI!»
    «Preparo le valigie della Principessa.»
    Intervenne Ritsuko Aoki, che nel mentre si era mantenuta in disparte tutto quel tempo e che non sembrava aver fatto altro che attendere il momento in cui intervenire con precisione per colpire il suo bersaglio. Quel commento, che non passò certo ignorato visto il tono di voce altissimo con cui venne emanato, bastò perché Heiko la Mononoke sorrise con improvvisa e raggiante gioia.
    «Ma come, Shicchan?» Ghignò Norio, affiancandosi ad un progressivamente più irritato Isamu. «Mi pareva di averti sentito dire che finalmente hai trovato l'amore, e che adesso non vedi l'ora di organizzare il matrimonio...»

    «....Quale matrimonio...?»



    Sarebbe stato bello. Si. Che tutto andasse bene, che tutti si ritrovassero o incontrassero per la prima volta con gioia.
    Sarebbe stato splendido se lei non fosse stata esiliata come sacerdotessa eremita in cima al cucuzzolo di un monte. O che Atasuke e Sasori non fossero stati impiccati in piazza. O che Norio fosse morto di lì a due secondi.
    ...Ma quando un alto uomo dagli ispidi capelli castani e i grandi occhi verdi, vestito di un ricco e splendido kimono blu notte dall'obi intessuto di fili in puro oro, le cui massicce spalle erano coperte con un largo haori su cui campeggiava l'immagine di uno splendido Airone, lasciò cadere a terra un orsacchiotto di tessuto rosa e due rose bianche, Shizuka Kobayashi sbiancò e lo comprese.
    Comprese che la montagna, dopotutto, non era così male.
    A lei, del resto, era sempre piaciuta.


    shizukashockkissimo

    «O-okaerinasai, Otou-sama...»

    Era Toshiro Kobayashi.




    divisore




     
    .
31 replies since 30/1/2015, 22:43   576 views
  Share  
.