Resa di conti o chiacchierata amichevole?

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  1. leopolis
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    Il panorama di Taki era spesso semplice, ma in contempo maestoso: i raggi del sole venivano riflessi dall'acqua delle cascate, così formando dei bei giochi di luce. Ove questi si raggi si incrociavano, risplendevano nell'acqua e tornavano magari a riflettersi nell'acqua di un'altra cascata come in un specchio, Seinji ci vedeva quadri e poesia di una bellezza impressionante. Non era un caso che tra tutti i posti in quel mondo, l'Akuma preferisse proprio quel luogo: gli faceva sentir calmo e rilassato, gli permetteva di essere sé stesso, in contempo facendosi sentire vicino alla sua vera e propria casa: Kiri. Il lento scorrere dell'acqua delle cascate formava una melodia del tutto rilassante, adatta alla meditazione del Ki, per esempio, ma anche al solo Osservare, attendendo.
    Seinji non sapeva ancora se il ragazzo della Foglia fosse venuto. A dire la verità, non gli importava nemmeno se fosse venuto. Cosa avevano da dirsi? Erano entrambi fermi sulle proprie convinzioni, e difficilmente uno di loro avrebbe mosso un solo passo nella direzione dell'altro. Seinji non sarebbe mai tornato all'Accademia, così come l'Uchiha non sarebbe mai diventato un nukenin. E dunque quali temi trattare? Certo, sarebbe potuti entrambi restare li, seduti sulla grossa pietra in cima all'Alta Cascata – la più grossa da quelle parti -, e semplicemente osservare il tutto; semplicemente guardare, parlare dell'Arte, della Cucina, delle Cascata, del Sole, e del... del Mondo Nuovo. E poi?
    Si sarebbero irrimediabilmente scontrati. Si sarebbero battuti per Etsuko, per le ferite che un accademico aveva inflitto ad un altro accademico, solo perché questo ultimo era il fratello di Seinji. Oppure avrebbero lasciato perdere i scorrimenti di sangue inutili, e si sarebbe allontanati gli uni dagli altri, come se non fosse successo niente. Come se non si fossero mai visti, come se Seinji non avesse mai ferito Atasuke, facendolo cadere nel proprio tranello, come se non avesse mai osservato i suoi occhi, le sue tecniche...
    Sospirò.
    Tutto ciò era vano e sciocco. Tutto ciò era piccolo e insignificante. Le idee di Seinji erano chiare: tornare a Kiri, riprendere in mano il villaggio dai vari impostori che lo governavano, staccare Kiri da quel gigantesco meccanismo cancrenogeno chiamato "Accademia", e muovere le proprie alleanze, le proprie guerre, le proprie difese in merito alle convinzioni proprie, e non in relazione a degli organi che stavano sopra i villaggi, e a delle finte regole morali. Era il suo sogno, la sua utopia.
    Doveva vendicare Etsuko per arrivare al punto?
    No. Decisamente no. Riflettendo così, un possibile scontro con quel foglioso gli sembrava invece del tutto superfluo e inutile. Uccidendolo, non avrebbe fatto altro che delegittimare ancor di più i nukenin agli occhi dei semplici accademici. Certo, portando il suo corpo avrebbe potuto avere dei Ryo e blablabla, ma che se ne sarebbe fatto dei soldi? Che se ne sarebbe fatto di quelle cose umane, fin troppo umane? Avrebbe potuto avere la fama, al prezzo di togliere la vita da un corpo del tutto innocente (che poi aveva ucciso anch'egli, probabilmente, ma tant'è...).
    Certo, da quell'incontro sarebbe potuto uscire cambiato (morto), oppure non più nukenin. Ma chi, allora? Sarebbe potuto tornare a Kiri, godendo dell'assenza del Nara e del Kaguya, ma non si sentiva ancora abbastanza forte per sottomettere e cambiare tutto il villaggio. Sarebbe potuto diventare un ninja di Konoha... Del villaggio che, Suna a parte, odiava più degli altri. No. Mai nella vita.
    Sarebbe potuto diventare un Ronin, ma nemmeno quell'opzione lo soddisfaceva completamente.
    Scosse la testa, e attese.
    All'arrivo del foglioso, gli avrebbe chiesto delle spiegazioni.
    Missione fallita per entrambi i gruppi, e per colpa degli accademici, che si erano portati dietro un qualcuno di imprevedibile e pericoloso.
    Anche per quello, Seinji voleva sapere se gli accademici erano tutti degli idioti che si fidavano di chiunque, o erano solo terribilmente stolti.
     
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