Resa di conti o chiacchierata amichevole?

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  1. leopolis
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    «Dialoghi»

    Trovava ironico il punto di vista di Seinji... Quest'ultimo sospirò e sorrise, anch'egli ironico, fintanto che non si aspettava altra risposta da quel tipo di interlocutore, e fintanto che, in un modo o nell'altro, tutti pensavano, che il suo punto di vista fosse ironico. Lo pensava quel folle di Itai Nara, morto, stando alle parole di Etsuko; lo pensava quel folle di Shltar Kaguya, morto anch'egli; lo pensava Etsuko Akuma, prima di aver compreso quanto folli e sbadati fossero gli altri due, e prima di essersi messo a difesa dei nobili ideali kiriani. A delle volte, anche Seinji stesso pensava di essere un folle, ma su quali basi avrebbero potuto provarlo? Amava Kiri, e questo bastava. Amava Kiri tanto da volerla portare via dal cancro accademico; la amava tanto spezzare ogni legame con quegli idioti sunesi, che tanto gli stavano sull'anima. La amava abbastanza per ritornare al sangue kiriano, al sangue puro, quello rimasto lontano dalle mescolanze promosse dagli altri villaggi, fino a riscoprire quella forza perduta che solo i kiriani potevano vantare: una forza compresa nei geni e nel codice genetico dei ninja che abitavano sull'isola. E quegli altri? Non era forse folle Shiltar Kaguya, morto, probabilmente come un cane, probabilmente come meritava di morire per via di leggi e leggi karmiche? Non era forse lui il folle? Non era forse lui a distribuire Demoni di Kiri, priorità e proprietà di Kiri, a chiunque? Il solo ricordo di quel nome faceva nascere in Seinji un forte ribrezzo simile al vomito: quel ninja era il disastro e la rovina di Kiri. E Itai Nara? Un ninja di foglia, quindi traditore, che era venuto a Kiri, accolto da quell'incapace di Shiltar, presosi il Demone, e morto, anch'egli, come un cane.
    Due finti paladini alla difesa di giustizia. Due paladini che, stando alle parole di Etsuko, ora erano morti.
    Piacere. Immenso piacere.
    Perché se fossero ancora vivi, Seinji li avrebbe strangolati uno ad uno con le proprie stesse mani. Loro... che avevano ridotto Kiri in un villaggio in orbita di altri villaggi; loro, che in coppia l'aveva ucciso, denigrato, e stuprato. Loro...
    Seinji sbuffò, ascoltando le parole dell'Uchiha, e percependo l'Odio salirgli fino alla gola.
    Sì, erano morti come dovevano morire. Morti, come due cani randagi; come due cani di strada, e quando Seinji sarebbe tornato a Kiri, per prima cosa avrebbe scovato le rispettive famiglie, e li avrebbe portati via da li. Che si sa mai, si mettessero a fare danni anche quelli; che si sa mai, una volta che la Città del Sole fosse splendente di nuovo, non la distruggessero con stupide alleanze e con il loro finto buonismo buono soltanto a uccidere i ninja di Kiri e consegnare Demoni kiriani ai ninja di Konoha.
    Seinji sospirò di nuovo, cercando di calmarsi.
    Ogni azione avrebbe avuto il proprio tempo.
    «Avevamo dei grandi progetti per quel ragazzo.» - Sospirò Seinji. - «Se non fosse per i sunesi, avrebbe avuto una vita decisamente migliore.» - Continuò l'Akuma. - «I ninja vivono di ideali, amico mio. Il mio ideale è la Caduta dell'Accademia e il ritorno a Kiri. Cambiare le sorti di quel Villaggio, per così dire, dopo che due persone in particolare lo hanno distrutto. E per questo, dato che i ninja senza un'ideale sono solo carne marcia, chiunque mi impedisca di raggiungere il mio scopo, sarà considerato da me al pari di un nemico: attaccato su un campo di battaglia, ucciso in una guerra, sorpreso nella tundra, colpito nell'acqua dei mari e dell'oceano, strisciante nella tundra, nel bosco, nella steppa; fatto a pezzi sulla neve, sui ghiacchiai. Divorato. Mangiato. Affondato.»
    Finì Seinji, pensando di aver risposto completamente ai dubbi dell'Uchiha. Motivo? C'erano mille motivi. C'era un'Ideale, uno Scopo, e un Villaggio, in fin dei conti, che doveva essere salvato dalle grinfie del Nulla, del marciume che il Nara e il Kaguya si erano lasciati dietro, una volta morti. Non era forse questa la causa a cui Seinji aveva giurato di dedicare la vita? Non era forse quello il villaggio, che voleva cambiare? Certo. Sarebbe morto, prima o poi, oppure sarebbe morto nel tentativo di cambiare le cose. Sarebbe morto con l'anima pulita, sapendo che si muore per cambiare le cose; per far si, che nessun altro ninja della Nebbia dia la vita in cambio a una finta protezione dell'Accademia... dia la vita in cambio di Niente, delle manie di grandezza di un Kaguya a caso. E di nuovo: non valeva forse la pena di dare la propria vita in cambio di un Ideale maggiore? Di un Bene comune? Di un villaggio prospero e prolifico, nelle mani di un Mizukage saggio e sapiente, con i Demoni al loro posto nei corpi di kiriani?
    Sospirò, ancora ascoltando cosa aveva da dire quel tipo.
    «Sì.» - Disse. - «Il mondo non è un ufficio esaudimento desideri. Ma è per questo che siamo ninja: per cambiarlo. E non cambiarlo impostando false alleanze per combattere un nemico esterno che a Kiri mai verrà, facendo quindi morire i nostri shinobi per nulla. Ma cambiarlo tornando alle origini: ove le guerre c'erano, ma erano meno distruttive; ove le leggi e le tradizioni di Kiri, permettevano a Kiri di far nascere e sviluppare tra i migliori ninja che il Mondo intero ha mai avuto... Ove si salvaguardavano gli usi e i costumi, e la gioventù era abbastanza tosta per difendere il villaggio da chiunque si azzardasse a solcarne le coste. Ove la parola "Idale" aveva ancora un senso. Dove i Kage sapevano prendere delle decisioni eque e giuste, senza dar vita a dei obbrobri simili a quelli di ninja di Konoha che, con il benestare del Mizukage, si appropria di uno dei nostri Bijuu...» - Finì sicuro, con il tono tranquillo, anche se un po' mosso dalle emozioni, perdendo il proprio sguardo nel vuoto delle cascate dinnanzi a lui. Poi però dovette distogliere lo sguardo dalla Poesia, e dare di nuovo credito ad Atasuke.
    Era diventato un chunnin? Aveva una katana?
    «Non devi scusarti, né spiegarmi i motivi delle tue azioni.» - Disse Seinji, in risposta a quella lunga parlata del foglioso. - «Siamo shinobi ed eseguiamo gli ordini. Solo che tu esegui gli ordini dei tuoi capi, mentre io... L'unico ordine che eseguo è quello che mi dice il mio istinto.»
    Curioso, rimase allora ad ascoltare la risposta di Atasuke in merito alla domanda sui suoi compagni di battaglia. Due periti, ragazzino morto e uno, forse, fuggito.
    «Niente.» - Rispose. - «Quando Etsuko si riprenderà completamente, andrò a cercare i corpi dei due caduti. Voglio che abbiano una degna sepoltura.» - Disse Seinji, con la voce malinconica, e con lo sguardo ancora perduto nei riflessi delle cascate. "Certo". - Pensò. - "Loro non erano mica Shiltar Kaguya e Itai Nara, di cui i corpi lascerei più che volentieri a marcire sulle mura di Kiri, magari mangiati, entrambi, dai corvi.
    «Uhm? Scacchi?» - Chiese Seinji.



    «D'accordo.» - Disse Seinji, girandosi completamente verso il proprio interlocutore. - «Giocchiamo. Lascio che sia la sorte a decidere.» - Rispose. Poi si preparò.
    Più che una battaglia a scacchi, sarebbe probabilmente stata una battaglia psicologica.
     
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