Resa di conti o chiacchierata amichevole?

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  1. leopolis
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    «Dialoghi»

    La sorte decise per il meglio, lasciando che a Seinji capitasse un pedone nero dal pugno del suo nuovo amico-nemico, lasciando piuttosto il pedone bianco ancora nascosto dalle dita del giovane shinobi della foglia. Cosa significava questo per Seinji? In primis che all'inizio avrebbe dovuto difendersi, magari puntando a un rapido contrattacco, cercando di sorprendere il proprio avversario nel mentre questi, come molti, avrebbe messo l'alfiere sul bianco, poco dinnanzi al pedone davanti al Re. Tendenzialmente, la maggior parte delle persone contro cui Seinji aveva mai giocato, puntavano a muovere scacco e matto sin da subito, forse per percepire meglio l'onore della vittoria, forse per fare i fighi, quelli bravi, insomma, per trionfare sull'avversario e umiliarlo sin dalle prima mosse; tuttavia, in quella partita non sarebbe stato così, e Seinji lo sapeva benissimo: quella era una partita atta allo studio dell'altro, piuttosto che uno scontro tra dilettanti. Era un insieme di movenze tattiche non tanto finalizzate alla vittoria (in quel caso davvero poco importante), quanto alla conoscenza dell'altro. Un gioco subdolo insomma, e forse compreso da entrambi, in cui diverse delle domande si facevano strada nel gioco: chi avrebbe voluto vincere? E se qualcuno dei due avrebbe voluto vincere più dell'altro, questo cosa avrebbe comportato? Se qualcuno avrebbe voluto vincere sin troppo, sarebbe stato infantile nel desiderare una vittoria così inutile, o soltanto un bravo scacchista/tattico? Forse tutte quelle domande erano inutili, ma era altrettanto vero che ogni singola mossa, di attacco, di difesa, di posizionamento tattico, sarebbe stata una mossa da analizzare, da capire, da comprendere gli aspetti psicologici nel background della movenza. Insomma: una partita a scacchi come uno studio psicologico. E dato che Seinji non aveva voglia di far capire al proprio avversario tutti gli aspetti della propria innata psicologia, egli capì sin da subito che avrebbe dovuto improvvisare: muovere pezzi che altrimenti non avrebbe mosso, fare finte, spostare torri, magari anche farsi mangiar ele figure più importanti, per far credere ad Atasuke, di essere molto distratto e poco concentrato.
    «E invece è svantaggiosa.» - Rispose Seinji, muovendo il cavallo in avanti, vicino al pedone che Atasuke aveva mosso. - «I migliori kiriani muoiono perché l'accademia li manda a morire in terre lontane, i cui problemi mai potrebbero sfiorare Kiri. E dunque, perché un kiriano dovrebbe dare la propria vita per un problema, diciamo, sunese?» - Alla fine, probabilmente anche Atasuke si sarebbe reso conto, di quanto fosse folle tenere in vita un'organizzazione, al più criminale, come l'Accademia. Alla fine, non era forse vero che anche loro, i fogliosi, andavano a perderci, per via di missioni accademiche con cui nulla avevano a che fare? Il tono di Seinji era tranquillo e pacato, forse anche atono, come se fosse disinteressato al dialogo, e si fosse concentrato unicamente sui pezzi sulla scacchiera. Ma quanto era vero questo? Mosso il cavallo in avanti, avrebbe atteso che Atasuke avesse spostato il proprio alfiere, tanto per colpire il cavallo, tanto perché Seinji avrebbe mosso la propria regina al turno successivo.
    «Kiri ha sempre sfornato ottimi shinobi, al contrario di quanto si possa dire per esempio di Suna. Perché, dunque, i shnobi kiriani, meglio preparati e più pronti dei sunesi, dovrebbero andare a morire che una causa che non li riguarda?» - Chiese, senza distogliere lo sguardo dalla scacchiera e ponderando bene la prossima mossa.
     
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19 replies since 11/2/2015, 21:19   196 views
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