Un messaggio dalla Nebbia

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    B E I N G A W O M A N:
    Being a woman is a terribly difficult task, since it consists principally in dealing with men.

    Shizuka Kobayashi's problem




    divisore





    «Cosa hai osato fare...?»

    Una ragazza, seduta in ginocchio su una serie di sassi appuntiti, deglutì rumorosamente.

    «...Hai preso a ceffoni il figlio del Daimyo del Paese del Fuoco?»

    Una goccia di sudore scivolò, brillante e cristallina, lungo un collo teso e longilineo dalla carnagione chiara.

    «Shizuka, figlia mia...»

    Silenzio.

    «...hai idea da quanto tempo stessi lavorando a quel partito per te?»
    «O-o-okaasama...»
    «Shizuka, ti rendi conto che sei vecchia e ancora zitella? Pensi di rimanere sola tutta la vita...?»
    «...M-ma ho solo vent'anni...»
    «Alla tua età ero già promessa in sposa da uno.»


    Per un attimo la ragazza, aggrottando la fronte, si chiese quanto potesse essere consono un paragone come quello, visto e considerato che dopo sua madre aveva abbandonato il suo promesso ed era “scappata” con suo padre.

    «Shizuka...devi sposarti e dare almeno due eredi maschi al Clan, capisci...?»
    «N-non credo di essere proprio adatta al matrimonio...»
    Pigolò la giovane, deglutendo ancora e muovendosi nervosamente sul posto cercando di non squarciarsi le ginocchia.
    «Oh figlia mia, tu non sei adatta a fare assolutamente niente se non mangiare dolci dalla mattina alla sera e mettere tutto il grasso che accumuli nelle tette.» Sorrise in risposta una donna, seduta a capotavola di un lungo banchetto di legno massello, sorseggiando educatamente una tazza di té.
    «...Questo discorso sta cominciando ad assumere una strana piega...» Gemette l'altra, ma non era una novità: qualsiasi discussione con Heiko Uchiha non aveva mai nessun finale positivo. E se si parlava di matrimonio, l'ultima grande fissazione della matrona nell'ultimo anno e mezzo, la situazione era destinata a degenerare orrendamente.

    Ferma al suo posto, Shizuka Kobayashi alzò una mano tremante ad allargarsi il colletto stretto dello splendido kimono da lei indossato: il tessuto di broccato argenteo, ricamato secondo una fantasia di ruscelli invernali, avvolgeva il corpo della ragazza valorizzandone le forme sensuali, mentre l'obi blu arricchito di perle si annodava dietro alla sua schiena dritta come un fuso in uno splendido fiocco.
    Suo malgrado, la giovane deglutì nuovamente, per quanto la sua gola progressivamente sempre più secca glielo permise, prima di scostarsi i capelli dal viso imperlato di sudore: questi, insolitamente sciolti e ormai abbastanza lunghi da toccare quasi terra, erano fermati da bellissimi nastri di pura seta e campanelli d'argento dalle diverse forme.
    Quel giorno, l'erede del Clan Kobayashi, era stata indirizzata verso un suo “altro” impegno formale. Niente di cui stupirsi, dunque, che fosse così riccamente e meravigliosamente vestita.

    «Andrai immediatamente a spedire una lettera di scuse al Daimyo.» Ordinò dopo un lunghissimo attimo di silenzio Heiko Uchiha, abbastanza lungo da indurre nella figlia la strana convinzione di star per morire d'infarto o ictus cerebrale. «Ti scuserai per il comportamento increscioso tenuto, indegno di una donna e più in specifico dell'erede del più potente e ricco Clan non Shinobi del Paese, e chiederai di poter vedere quel giovane principe un'altra volta.»
    «N-non credo che accetterà...»
    Mugugnò la ragazza, impallidendo. Aveva pena di quel giovane rampollo, per la verità lo trovava addirittura incredibilmente attraente e certo era un buon partito... ma quel suo maledetto vizio di prenderle le mani in continuazione e di tentare di imboccarla le provocava una psicosi che sentiva di poter alleviare solo tirandogli qualcosa tra gli occhi. Esattamente ciò che aveva fatto: il suo pugno sul suo setto nasale.
    «Oh, ma certo che accetterà... quell'idiota è talmente rapito da te che se lo costringessi a qualche pratica indubbia temo accetterebbe.» Ammise la matrona di Villa Kobayashi, inarcando un sopracciglio. Al suo fianco una domestica ritirò silenziosamente, in modo piuttosto imbarazzato, la tazzina di tè ormai vuota, che sostituì con un piattino di frutta fresca già sbucciata e tagliata, e una busta dalla carta smaltata. «Che sia un masochista...?»
    «Forse?»
    Ipotizzò Shizuka, alzando gli occhi al soffitto: non male, vista l'arma che aveva commissionato a Raizen ormai poteva dirsi perfetta per ricoprire “l'altro ruolo”.
    «Beh, chisseneimporta?» Chiese però educatamente Heiko, reclinando leggermente la testa di lato e sorridendo con affetto. «Ti ho già preparato la lettera, devi solo portarla alle mura e chiedere che venga spedita di gran carriera.»
    «Okaasama... il servizio spedizioni delle mura è solo per le lettere diplomatiche.»
    Sussurrò con voce rotta la ragazza, pallida come un cadavere.
    «Questa è una lettera diplomatica: se il Daimyo di questo Paese togliesse l'appoggio a Konoha per colpa tua sarebbe orribile, non pensi?»
    Avrebbe voluto credere che era realmente quello il motivo alla spedizione della lettera e non la psicosi di sua madre, ma per quanto cercò di ingannarsi nei minuti successivi –che videro il suo alzarsi sulle gambe doloranti, prendere la busta cerata e laccata e voltarsi con le spalle spioventi verso l'uscita della magione– il risultato finale fu sempre il solito: avrebbe passato un sacco di guai, in un modo o nell'altro.
    Essere donne era una vera dannazione, siano maledetti gli Dei.

    «Tu cosa...?»

    Appunto.

    «...Non si possono spedire lettere personali dal servizio di commissione del Villaggio, Shizuka. Ma non ti arrendi mai a fare le cose come pare a te?» Ruggì un uomo di circa trentaquattro anni dai capelli corti e metà volto bendato, cosicché di lui si vedessero solo gli occhi, sorridenti e ironici. «Sei la copia sputata di quel coglione del tuo maestro.»
    «Attento a come parli Maruo, ti stacco quella lingua avvelenata e ti ci schiaffeggio.»
    Ringhiò la kunoichi, furente per quell'affronto.
    «...E pensi di farlo con i tuoi nastrini per capelli, con l'obi in perle oppure con i campanelli?» Ghignò il guardiano, scoppiando a ridere. Di fronte a lui Shizuka socchiuse gli occhi, tremando nell'avvampare come un cerino per la vergogna: ed ecco perché odiava andare in giro vestita in kimono ufficiali da quando era diventata Shinobi.
    «Chiudi la bocca, villano!» Sbottò dopo un po', rossa in volto, arrabbiata e offesa.
    «“VILLANO”!!» Strillò di rimando Maruo, portandosi le mani al viso e facendo il gesto di pulirsi le lacrime dagli occhi.
    Per un attimo la ragazza ebbe il forte desiderio di togliersi l'obi e strozzare il suo interlocutore, oppure frustarlo con i nastrini che dispregiava tanto (gli uomini non hanno idea di cosa può fare una donna con due nastri e una forcina per capelli, maledizione), ma dopo essersi trattenuta abbastanza da limitarsi solo a frantumare il tavolo a cui l'uomo sedeva con un pugno, che lasciò lo stesso allibito, costringendolo a strisciare indietro sulla sua sedia, Shizuka prese un'altra decisione.
    «C'è Atasuke?» Domandò, sorridendo gelida.
    «Ripagherai questo tavolo.» Rispose il guardiano, pallido.
    «Meglio il tavolo che le tue cure mediche.» Sibilò la donna, con occhi dardeggianti. «C'è Atasuke Uchiha?» Insistette. Accanto a Maruo un altro guardiano iniziò ad annuire rapidamente, indicando il perimetro di ronda.
    «Molte grazie.» Rispose la kunoichi, inchinandosi con eleganza. «Vi auguro una giornata di duro lavoro e fatica sprecata.» Concluse, e così dicendo, mentre avanzava verso le scale, la ragazza alzò un braccio per aggiustarsi i capelli, senonché la lunga manica del suo kimono, tipica delle donne nubili, urtò per supposto errore una pila di venti centimetri di documenti disposta secondo ordine alfabetico e già firmati, che scivolarono a terra in una pioggia bianca.
    «SHIZUKA KOBAYASHI!» Ruggì Maruo, balzando in piedi iracondo.
    «Ed ecco cosa fanno le donne con i kimono...» Rispose tra sé la ragazza, che a quel punto avrebbe voluto correre via... peccato che non le fu possibile, giacché il vestito la stringeva così tanto che come minimo sarebbe morta asfissiata nel tentativo.
    In effetti anche salire scalinate di diecimilanovecentomilioni di gradini con un kimono stretto come quello di Shizuka era un'impresa al limite di una missione di livello S, come ebbe modo di dimostrare la ragazza, che in cima alla scala si dovette appoggiare al muro di ronda, raschiando l'aria come un fischietto. Era pallida e violacea allo stesso tempo, e per riprendersi le ci vollero tre minuti buoni.
    «S-sai dov'è Atasuke...?» Sussurrò con voce rotta la Principessa dei Kobayashi ad un novellino genin con grandi occhioni azzurri e una zazzera di irti capelli biondi.
    «N-non si può salire sulle mura, signorina...»
    «Sono una Shinobi maledizione, non si vede?!»
    Ruggì la ragazza, furiosa per tutti quei contrattempi. Dannazione doveva solo spedire una maledetta lettera.
    «N-no...» Piagnucolò l'altro, ma visto lo sguardo dell'estranea, al limite di un demone sputa fuoco, il ragazzo parve giungere alla conclusione che era meglio sputare subito il rospo. «Atasuke Uchiha-dono è laggiù, o-ojou-sama... credo però che sia occupato.»
    «Non è mai occupato per me.»
    Abbaiò la donna, ma non ne era proprio convinta perciò si avvicinò abbastanza piano (per quanto quei dannati geta laccati glielo permettessero), fino a quando non si trovò davanti la scena che avrebbe popolato i suoi incubi per tutta la vita. Un genjutsu di proporzioni sconcertanti: Atasuke parlava con un pappagallo gigante dal nasone che aveva una borraccia in mano e gli occhietti lucidi.
    L'ossigeno mancava al suo cervello, ora era evidente. Oppure Atasuke era davvero pazzo, il che non era un'ipotesi da escludere, dopotutto.

    «...Atasuke...?»



    Chiamò la kunoichi, allibita, ma mentre pronunciava quel nome avanzava verso la bestia, cui si avvicinò con aria circospetta. I suoi grandi occhioni verdi, truccati leggermente, si socchiusero mentre la bocca dipinta di rosa si increspava in una maschera di sconvolgimento.
    […] Era proprio un pappagallo. Ed era gigante, santi Numi... e... e parlava!
    C'era solo una cosa da fare arrivati a quel punto.

    Alzando una mano, la ragazza cercò di strizzargli il naso.
    I suoi occhi erano lo specchio dell'ammirazione.

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    «E' tipo il nuovo spaventapasseri delle mura di Konoha?» Avrebbe domandato a quel punto rivolta verso Atasuke, girandosi a guardare la creatura a destra e a sinistra. Per qualche ragione si sentiva interessata a quella bestia in un modo abbastanza peculiare. «Pensate di vestirlo con qualche completino strano così che i nukenin appena lo vedano vomitino orrendamente e voi possiate prenderli?» Ipotizzò ancora, guardando con ammirazione il pennuto. Se non altro si poteva dire che fosse una donna piena di fantasia. «Sei bellissimo.» Ammise, rivolta ora alla creatura. Era talmente entusiasta da non riuscire a trattenersi dal muoversi sul posto, facendo ondeggiare le splendide sete del suo kimono come una bambina. Nella sua mano ancora la lettera, quasi del tutto accartocciata. «Lo voglio.» Ordinò poi, raggiante, e così dicendo si voltò ad Atasuke. «E' la cosa più bella che io abbia mai visto!!»

    ...Ma come Shizuka Kobayashi potesse considerare un Tengu una creatura splendida, e soprattutto come avesse potuto crederlo un pappagallo-spaventapasseri, era il vero dubbio di tutti i presenti.
    Forse l'ossigeno cominciava davvero a mancarle nel cervello.


    divisore




     
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