Un messaggio dalla Nebbia

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  1. Arashi Hime
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    M A N N E R S:
    Good manners will open doors that the best education cannot.

    Shizuka Kobayashi's law




    divisore




    «L'unico circo che qui vedo è quello della tua pessima presentazione.»



    La frase scoccò nel silenzio che si era venuto a creare dopo la lunga arringa del Tengu e qualora egli si fosse voltato si sarebbe ritrovato davanti l'unica donna del gruppo, immobile e con lo sguardo ben fisso in quello di lui. Del sorriso di poco prima non c'era più traccia.
    «Non mi risulta che nessun “portavoce” o addirittura “emissario diplomatico” si presenti volando sulle mura di un villaggio accademico gracchiando di avere un messaggio da parte di un Kage.» Rispose educatamente la donna. «Se fossi stata l'amministratrice di Konoha avrei avuto ben poco di che spartire con un rotolo come questo. Sei senza haori diplomatico, e non possiedi titolo alcuno. Uno straniero in casa mia. Per quel che mi riguarda potresti essere chiunque, e se il tuo Mizukage fosse stato uomo di politica e soprattutto di cultura avrebbe saputo come approcciarsi ad un Gakure straniero.» A quel punto, reclinando leggermente la testa di lato, sorrise ancora una volta, adesso in modo più tagliente. «Quando si parla di politica la formalità di etichetta è tutto, si chiama galateo di trattazione, e da quel che mi risulta tu lo stai sbagliando su ogni fronte... quindi perdonatemi, mio Signore, vogliamo ricominciare da capo?» E così dicendo intrecciò le mani in grembo. Aveva improvvisamente cambiato registro, mutandolo dal rimprovero poco paziente alla più elegante della formalità ostentata. «Il mio nome è Shizuka Kobayashi, una delle persone che cercavate. Ne ignoro il motivo ma sarò lieta di scoprirlo, con il vostro permesso, con idonea conversazione.»

    […] Shizuka Kobayashi era una Principessa. Nessuno più di lei sapeva di etichetta, ma soprattutto nessuno più di lei era informato circa la politica e la legge del Villaggio, che trattava ogni giorno come l'erede del suo Clan. Parlare lei di etichetta, o più in generale di educazione, era come sfidarla ad eseguire un'impeccabile cerimonia del tè: presuntuoso, vano e imbarazzante.
    Come fu subito chiaro a tutti, infatti, la ragazza era sicura di ciò che diceva in un modo che lasciava poco spazio alle obiezioni e il modo in cui alzò elegantemente un braccio verso il suo maestro, nel tentativo di evitare lui una risposta non incline alla circostanza, lo dimostrava ampiamente. Nel modo tipico del suo Clan, Shizuka era riuscita a mutare un comportamento scherzoso nella più alta manifestazione di trattativa mai vista.
    Nonostante ciò, con sua buona fortuna –cosicché la sua lingua non scattasse nuovamente come una frusta–, Atasuke ebbe il buon senso di richiedere la visione del rotolo e come diede ad intendere Raizen, l'ultimo degli arrivati, la creatura aveva effettivamente legami con il Mizukage e non era perciò niente più di ciò che affermava di essere.
    Diffidente tanto da poter essere definita paranoica e accurata sufficientemente da essere irritante, Shizuka non era propriamente la persona più facile da convincere, circuire o corrompere. In media, per la verità, era complicato il solo approcciarla. Eppure, per quanto ancora fosse così visibilmente disgustata dalla mancanza d'educazione della creatura e dalla presunzione ch'egli aveva persino denotato, arrogandosi il diritto di alzare la voce, la Principessa si limitò ad accettare la proposta di Atasuke per quanto la sua perplessità fosse evidente nel suo volto: sala degli interrogatori? Perché non direttamente presso le stanze diplomatiche nell'edificio centrale dell'amministrazione? Aveva fatica a camminare fin laggiù?
    Gli Dei lo perdonassero... a quanto pareva un guardiano avrebbe ragionato per sempre come un guardiano...
    ...già, loro e i loro maledetti centoventimilionidimiliardiditriliardi di gradini ovunque.
    «R-Raizen...» Chiamò la kunoichi alla seconda rampa di scale, e la sua voce rotta dall'affanno scivolò sinuosa lungo i corridoi sotto il livello del suolo. Nonostante la premura dell'Uchiha, più che apprezzata, di muoversi così lentamente, era evidente dopotutto che spostarsi con indosso un kimono formale a sei strati era troppo anche per una Shinobi ben allenata. Quel dannato abbigliamento era pesante, pesante oltre ogni dire, e l'obi la stringeva talmente tanto che dentro quella serie di geometrie sotterranee si sentiva mancare l'aria.
    Se la situazione fosse stata diversa con ogni probabilità si sarebbe spogliata, incurante del pudore come era solita fare, ma ormai la sua testardaggine aveva già ingaggiato un aperto diverbio con l'aderenza alle regole e l'etichetta della creatura straniera, o più in generale del padrone di lui, il Mizukage, ragion per cui la ragazza non avrebbe accettato di cambiar d'abito neanche se fosse stata costretta con la forza. Sperando che Raizen la capisse come sempre al primo sguardo, ella si limitò perciò a cercare l'appoggio di lui con una manina tremante. Il cammino che la separava dalla destinazione, però, fu fortunatamente più breve del previsto.


    Siamo arrivati. Mi scuso per l'ambiente poco piacevole, di solito non le usiamo per parlamentare. Quali notizie porate da Itai? Spero che lui e la sua famiglia stiano bene




    Proprio come annunciato il luogo era pessimo, la degna stanza di un interrogatorio: pareti grigie e un tavolo rettangolare dalle liste sconnesse. Due sedie scricchiolanti, una lampada dalla luce intermittente e nessuna finestra.
    Suo malgrado la Principessa, facendo scivolare lo sguardo intorno a sé, rabbrividì, mentre il disgusto per un simile ambiente, così poco consono ad un'accoglienza diplomatica, si dipingeva sul suo volto con un'espressione poco serena.
    «Questo posto è orribile.» Disse alla fine, incapace di imbrigliare la lingua, poi, più per istinto che per una reale intenzione, si voltò verso il tengu. «Mi dispiace per l'accoglienza.» Gemette, facendosi però subito dopo rigida. Cercò di dissimulare l'aver dimostrato empatia per quel rozzo pappagallo scostandosi una ciocca di capelli ribelli dal volto e dirigendosi poi silenziosamente verso una delle sedie libere, su cui sedette senza dire una parola. Niente di cui stupirsi, l'etichetta parlava chiaro in merito: sedevano le donne e gli ospiti.
    Lanciando uno sguardo ai due compagni sperò che questi capissero di doversi mantenere in piedi, poi, con quiete maliziosa, attese di vedere come si sarebbe comportato il tengu.
    A prescindere dall'esito della sua prova (per lo più personale e mentale, come del resto tutte le prove con cui testava chi la circondava), Shizuka avrebbe infine preso la parola.
    «Okyakusan.» Disse, rivolgendosi al tengu. “Nobile ospite” era forse un appellativo un po' troppo altisonante per un coso come quello, ma non se ne curò. «Mettiamo da parte il nostro pessimo esordio e concentriamoci su ciò che è giusto: il vostro messaggio.» Si voltò impercettibilmente verso Raizen, che invitò con lo sguardo ad avvicinarsi. Avrebbe voluto sperare che fosse lui a esordire o mettere comodo l'ospite, ma conosceva abbastanza bene il suo Jinchuuriki da sapere che con ogni probabilità sarebbe finito a fare qualche altra pessima battuta e, visto il carattere dell'altro, rigido e altezzoso, sembrava importante quantomeno fingersi composti, onde evitare che si rifiutasse di spiegare i dettagli e le volontà del suo padrone. Il che sarebbe stata una bella rottura. «Raizen Ikigami è il più alto in grado tra noi presenti.» Disse, guardando Atasuke cui rivolse un breve cenno della testa. «Sono sicura che sarà lieto di redimere il suo precedente comportamento e venirvi incontro come si confà a questo genere di circostanze.» Evitò però di chiedere conferma al diretto interessato. «Quindi... dicevamo?»


    divisore




     
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