Hankachi-Otoshi

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  1. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Invito ad entrare~


    Come temeva, tutti i suoi tentativi non sortirono alcun effetto, se non quello di fargli perdere del tempo prezioso, del tempo che stava mettendo a rischio addirittura Shizuka e non solo lui.
    Tentò quindi la sorte provando ad osservare all'interno della struttura e la sua attenzione venne attirata dalle decorazioni copiose all'interno della stessa, quasi come se fosse stata addobbata a festa. Si trascinò quindi all'interno, portando Shizuka una volta verificata la solidità della struttura. Convinto infine che quella fosse la possibile via, poggiò Shizuka dolcemente a terra, prima di osservare con attenzione ciò che lo circondava.
    Davanti a se vide un'inquietante miscuglio tra abbandono e vecchiume, che trasudava da ogni singola parete, da ogni porta in carta di riso, da ogni chiodo utilizzato per quella struttura e che finiva con il mescolarsi con quella specie di decorazioni, poste ovunque e che nella sua mente fecero balzare solo un'ipotesi abbastanza certa: Quegli addobbi erano stati fatti da dei bambini. Non c'era soluzione possibile che un'adulto si fosse messo tanto d'impegno a decorare con disegnini di cuoricini, stelline, animaletti e ”cose” che a questo punto Atasuke ipotizzò essere draghi. In fondo era dall'inizio della giornata che la questione ruotava su di lui come “drago” e su Shizuka come “serpente” quindi c'era da immaginarsi che si aspettassero il suo arrivo ma non quello di Shizuka, o quantomeno hanno avuto il buonsenso di non mettere dei serpenti malamente scarabocchiati in aggiunta a tutto quel trambusto.
    Tutte quelel decorazioni strapparono un flebile sorriso all'Uchiha che non poetè non sentirsi divertito nel vedere con quanto impegno quei bambini si erano messi all'opera, facendogli quasi dimenticare tutta la serie di guai che avevano provocato fino a poco prima.
    Il peluche scucito, in particolare attirò la sua attenzione. Egli si avvicinò, si chinò e lo prese in mano, rigirandoselo tra le dita osservandolo con attenzione. Gli piacque, anche se sentì un'amaro dentro nel vedere come si era rovinato, chiedendosi se magari potesse farlo riparare una volta chiusa tutta quella storia. Lo poggiò con la stessa delicatezza con cui lo aveva preso da terra, concentrandosi quindi sulle scritte che erano rimaste in mezzo a tutto quel casino di brillantini.

    °”ATTENZIONE! ATTENZIONE!, P E R I C O L O S I S S I M O!, ACCESSO VIETATO! PER SEMPRE!" Mi chiedo che tipo di pericolo possa esserci oltre questa porta per meritare un tale avvertimento°


    Spostò quindi la sua attenzione sul cartello successivo, posto proprio al di sotto del primo.

    °“PUO' ENTRARE SOLO SE IL NOME INIZIA PER “A” E FINISCE PER “E”, E IN MEZZO C'E' “TASUK”, E POI E' ANCHE UN DRAGO, ALLORA PUO' ENTRARE, ECCO” Mi domando proprio a chi si possa riferire...°


    Pensò con chiaro senso dell'ironia, mentre con preoccupazione calante cercava attorno a se altri indizi, indicazioni o una qualche traccia più affidabile da seguire. In fondo tutta quella storia era decisamente oltre i limiti dell'assurdo. Notò quindi una piccola scritta su quello che restava di quel legno vecchio e rinsecchito del pavimento.

    °“Uno dentro. Uno fuori. Più di uno, causa la fine. Nessuno, porta alla morte.” Ma a che cosa si riferisce!?°

    «Sembra che qui ci sia qualche altra sorpresa»


    Sibilò a denti stretti, visibilmente innervosito e ritornato sull'allerta. Era ormai chiaro che volessero il suo ingresso in quella porta e solo il suo, ma tutta quella serie di messaggi lo inquietava e non poco. Difficilmente avrebbero cercato di ucciderlo, se avessero voluto farlo probabilmente lo avrebbero attaccato, stendendolo con un colpo solo come avevano fatto con Shizuka, quindi era palese che l'obbiettivo fosse ben altro, anche se ancora restava un mistero.
    Cercò, più per completezza che altro, degli altri indizi all'interno dell'edificio, delle altre porte, altre stanze, una qualsiasi cosa che potesse tornare utile, ma non vi era nulla. Quell'invito era più che palese ed in quel luogo non vi erano palesemente altre vie da dover seguire.
    La cosa puzzava all'uchiha, tuttavia, non sembrava avere scelta. Non provò neppure a muovere Shizuka, in fondo la dove era era quantomeno al sicuro. Se era lui che volevano non era il caso di metterla ulteriormente a rischio.
    Si riportò quindi davanti alla porta, fermo, immobile, quasi fosse divenuto una statua, pronto a procedere verso quella che sembrava dover essere la sua prova.
    La porta iniziò a tremolare e d'un tratto scattò, aprendosi di botto e mostrando ciò che celava: La più totale oscurità. Nelle stanza iniziarono a risuonare delle risate infantili, mentre un forte vento iniziò a soffiare dalla stanza. Atasuke, determinato a quel punto a non perdere ulteriore tempo inutilmente, si voltò giusto un secondo, lanciando un'ultimo saluto all'amica, prima di procedere oltre, seguendo l'istinto.
    Con passo deciso varcò la soglia di quello che sembrava quasi essere un'inferno, vi fece appena alcuni passi, prima che la porta, come si era aperta, si sigillò alle sue spalle, alsciandolo nella più totale oscurità.

    «Dannazione!»


    Esclamò sentendosi quasi paralizzato, come se quella specie di viscosa oscurità lo stesse inghiottendo come una melma viscosa ed oscura.

    “Molto tempo fa, esse vivevano assieme all'uomo.”

    «Cosa? Chi ha parlato!?»

    “Esse erano creature votate alla bontà. Agivano per il bene e il bene era tutto ciò di cui avevano bisogno.”

    «Chi sei? Perchè mi stai facendo questo!?»


    Ringhiò rabbioso, cosciente di essere finito in una trappola, ma soprattutto rabbioso per la stupidità con cui ci era entrato.
    La melma iniziò a risalirgli per le gambe, afferrandolo poi per le braccia e continuando a salire, su per la sua colonna vertebrale, come se stesse affondando in tutta quell'oscurità. Per quanto potesse impegnarsi, nononstante lo sharingan che per autodifesa si era attivato, si rese conto che non poteva fare nulla. Non riuscì ad impedire ciò che stava accadendo ed alla fine, si lasciò cadere nell'oscurità che con tanto vigore lo stava avvolgendo.

    °E dunque è così che doveva finire? È questa la mia fine?°


    Si ritrovò a pensare mentre poco alla volta si sentiva cadere, affondare in quella melma che a poco a poco lo stava soffocando. Ma non era la fine.
    Quando tutto apparve perduto, una nuova luce lo colse, facendogli strabuzzare gli occhi a causa del forte contrasto in cui si era ritrovato e con enrome sorpresa, si ritrovò in una verde prateria, un lugo che definire paradisiaco era decisamente limitativo, oltre che offensivo.
    Inutile dire che si trovò spiazzato da quel netto cambio di ambiente. Si guardò attorno, chiedendosi se fosse stato in qualche modo trasportato in qualche altro luogo con un qualche sigillo di dislocazione o con qualche altra misteriosa arte o se quello che continuava a circondarlo era un'illusione.
    Quale che fosse la realtà, la meraviglia davanti ai suoi occhi, gli impedì di pensarci troppo. Per quanto avesse già visto luoghi splendidi, specialmente attorno a Konoha, non ricordò di aver mai visto una distesa verde di quelle dimensioni. Mai aveva visto tutto quello spazio.
    Ad un tratto, abituatosi ormai alla luce ed al mondo che lo circondava, notò un piccolo punto, un piccolo villaggio in lontananza, particolarmente rigoglioso, per quel che gli era dato vedere ed in quel villaggio vi era la vita. Poteva infatti chiaramente vedere gente che si muoveva, alcuni correvano, ma non era difficile udire le risate, segno del gioco che si stava portando avanti.
    Atasuke si avvicinò a quel luogo, come attirato da quello strano e curioso luogo in cui si trovava catapultato negli ultimi istanti.

    “Al tempo, esse camminavano al fianco dell'uomo amandolo come avrebbero amato se stesse se fossero state creature egoiste e stolte. Devote al prossimo più di chiunque altro, felici di poter offrire il loro sapere a chi avevano deciso di servire, esse avevano abbandonato il Regno dei Cieli e si erano rese creture semplici, mutando in parte il loro aspetto perché potessero essere maggiormente accettate e decidendo dunque di vivere un'esistenza umile e di rendersi paghe della felicità che l'uomo a cui avevano dato tutto riusciva ad offrire loro.”

    °Di chi stiamo parlando? Ma soprattutto, da dove proviene questa voce? Possibile che non ci sia nessuno qui?°


    Si chiese, continuando ad avvicinarsi alle strutture del villaggio con lentezza. Il suo sguardo si soffermò sul legno delle strutture che lo componevano. Nel complesso il tutto era decisamente semplice, senza particolari lavorazioni raffinate, eppure, in quella semplicità tanto naturale, non potè evitare di notare la naturalezza di quei tetti e di quel legno, armonioso nelle sue linee, quasi come se la natura stessa gli avesse concesso quella forma e non la mano pesante di un'artigiano. Possibile che il maestro che aveva prodotto quelle componenti avesse un dono tanto delicato?
    Non si soffermò poi sulla bellezza del paesaggio, troppe cose vi erano da osservare attorno a lui ed i suoi occhi, per quanto rapidi, non erano sufficentemente allenati da cogliere quel “tutto”.
    Una cosa però balzò subito strana in quella visione paradisiaca, sotto i ponti che vedeva nel cielo, scorrevano nuvole, anziché acqua e non potè evitare di chiedersi come fosse possibile. In nessun luogo sul continente aveva anche solo sentito lontanamente parlare di qualcosa di simile, dunque dove si trovava? Che esistesse davvero quel luogo? O era solo un sogno?
    Quale che fosse la risposta, in quell'istante non sembrò importare molto. L'Uchiha sentiva un qualcosa in quel luogo, quasi come se in un certo senso gli appartenesse, come se fosse a casa.
    Forse era solo un delirio della sua mente morente, tuttavia, lo Sharingan scomparve dai suoi occhi, lasciando spazio alle sue naturali iridi nere come la notte.
    Si guardò attorno e vide che gli uomini e le donne che lo circondavano, avevano code vaporose ed orecchie appuntite, che non fece difficoltà ad associare a quelle delle volpi.

    «K-Kitsune?»


    Chiese a se stesso con tono sorpreso, convincendosi sempre più di trovarsi in un sogno, dato che oltre ad un luogo tanto meraviglioso stava immaginando delle creature partorite da delle leggende e che da anni non si erano più nemmeno lontanamente riviste sulla terra, sempre che vi fossero mai effettivamente state.

    “Esse amavano la vita con gli uomini. Loro non erano Dei. Non erano immortali. Non erano niente di tutto ciò che esse avevano seguito in centinaia di secoli di storia. Eppure, erano amati come mai nessun altro prima di loro avrebbe potuto esserlo e come mai nessuno lo sarebbe potuto essere dopo. Esse davano all'uomo tutto, benedicendo ogni secondo passato con lui, consce che avrebbe potuto essere l'ultimo per la brevità della sua piccola vita...e l'uomo stesso, puro e candido come qualsiasi creatura all'alba della sua evoluzione, le amava con la sincerità di un bambino che ha appena imparato a camminare con i propri piedi. Gli uomini e le Kitsune si amavano. ...Ma questo sarebbe cambiato presto.”

    «Come? Cosa può essere accaduto per distruggere tutto questo?»


    Chiese, domandandosi a sua volta, nel profondo, chi dei due potesse aver distrutto un tale connubio di amore reciproco che aveva portato a tutto ciò che poteva osservare attorno a se.
    In un lampo, tutto ciò che lo circondava cambiò. La verde prateria divenne una sterile distesa di terra e cenere. Le case, prima tanto belle e luminose, ora erano dei roghi, degli spuntoni neri che a stento cercavano di mantenere almeno il ricordo della struttura che un tempo erano. Attorno a lui, il puzzo delle fiamme, della carne, del sangue. I corpi attorno a lui non si contavano e di questi la quasi totalità apparteneva alle Kitsune, alcune ancora in forma animale, altre in forma umana, altre ancora uccise probabilmente a metà della loro trasformazione.
    Aveva molte volte visto la morte, ma mai una scena come quella gli entrò nell'animo. Ricordò quanto avvenne nel paese del riso, e poi sull'isola degli abomini, eppure, nemmeno recuperando quei ricordi trovò una forma tanto spregievole, tanto bestiale, tanto abominevole.
    Si chiese chi mai potesse essere stato tanto folle da fare una cosa del genere, non potendo nemmeno immaginare la risposta che poco dopo seguì. Alle sue spalle udì una salva di frecce che sibilavano nell'aria. Con terrore si voltò, temendo di trovarsi proprio al centro di quel campo di battaglia, no, di quel campo di massacro. Ma quel che vide, fu ben peggio di quello che temeva. Alle sue spalle vi era un'esercito, ma non un'esercito di demoni, un'esercito di umani.
    Non seppe mai quale scena visse in quell'istante, tuttavia, il dolore che sentì stringergli il petto nel vedere ciò che stava vedendo, non ebbe eguali. Pur mantenendo salda la sua posizione, non potè impedire a delle lacrime di calare dai suoi occhi, rigando il suo volto. Ebbe pietà per quelle creature, ma ancor più si vergognò di essere un semplice umano. Un discendente di quella stirpe che aveva dato il via a quello stupido massacro.

    “Ma l'uomo imparò presto a camminare. E poi a correre. A correre nella direzione sbagliata. Egli imparò a bramare tutto ciò che non gli apparteneva: la vita, i territori, la felicità e la ricchezza altrui. E soprattutto il potere. Di quello era ingordo come non mai. Sarebbe soffocato, pur di averne ancora. Gli uomini sbagliarono, al tempo. E continuarono a sbagliare...”

    °No! Non può essere!°


    Pensò, sentendosi poi schiantare da un potente fuuton, che non ebbe modo di evitare, finendo scagliato a terra. La potenza di quella tecnica era devastante, ma per sua fortuna non sufficente ad ucciderlo, ma forse solo perchè quello altro non era che un semplice sogno.
    Quasi con timore riaprì gli occhi, chiedendosi chi potesse aver lanciato quella tecnica o che cosa stesse per vedere. Per sua sfortuna, la vista non cambiò nemmeno di una virgola. Gli esseri umani continuavano a combattere, tuttavia, c'era qualcosa di diverso. Le strategie erano differenti, le formazioni decisamente più raffinate, il combattimento molto più elaborato ed alle sue spalle il villaggio delle kitsune era ormai solo più un ricordo.
    Inorridito, ecco come si sentiva nel continuare a vedere tutti quei massacri. Schifato dalla sua stessa specie, deluso, da quelli che erano i suoi padri. Al posto delle kitsune massacrate, alcune continuavano ad agire, molto ridotte nel numero e nella forza, non più alleate dell'uomo, ma sue schiave. Atasuke non riuscì a rimanere fermo nel vedere come alcune di esse, mutilate, ferite e sanguinanti seguivano gli ordini di alcuni shinobi che le sfruttavano come dei cani, anzi, peggio dei cani, molto peggio che delle pezze da piedi.
    Carne da macello, questo erano diventate.
    A fatica si rimise in piedi, dolorante per la botta subita e cercò di correre incontro agli uomini che con tanto vigore stavano cercando di mandarle al massacro, convinto forse del fatto che avrebbe potuto in qualche modo aiutarle, anche se una parte di lui era cosciente del fatto che non avrebbe cambiato ciò che i suoi occhi vedevano. Quello in fondo era il passato, ed ormai, per quanto potesse impegnarsi, era già stato...

    «Fermatevi! Maledizione, fermatevi! Smettete di correre così, finirete per farvi ammazzare!»


    Urlò barcollante mentre correva verso le kitsune gravemente ferite che continuavano ad eseguire i loro ordini.

    «E VOI, CANI ROGNOSI, ABBIATE RISPETTO ALMENO DELLE VOSTRE ANIME, BASTARDI!»


    Ringhiò verso i carnefici di quel massacro, che imperterriti continuavano a dare i loro ordini suicidi, sfruttando quelle creature solo come distrazione per evitare di essere colpiti a loro volta.

    “...E a sbagliare...”


    Una delle kitsune scatenò tutta la sua potenza, una fiammata carica di collera, di rabbia, dolore. La vampata arese un'intera valle, una cosa decisamente maestosa quanto terribile, tuttavia Atasuke, per quanto fosse specializzato nelle Katon ed amasse il fuoco, in quell'attacco non vide la bellezza della tecnica, non ne percepì la maestosità, ma solo il disgusto e la furia.
    Quasi non fece a caso alle fiamme che con violenza bruciavano il suo corpo. Non aveva alcuna possibilità di fuga, ma il suo cuore non gli avrebbe mai comunque permesso di andarsene. Quella era la punizione, la punizione che meritava per mondare tutti i peccati compiuti verso quella specie. Sarebbe arso vivo, ma in tutta quella potenza, quel processo fu talmente veloce che il dolore maggiore continuò ad essere quello del suo cuore, infranto, nel vedere quanto accadde allora e nel vedere come l'uomo fosse caduto in basso.

    °Se questo è il mio destino, dopo quanto ho visto... così sia°


    E con quell'unico pensiero, mentre le sue lacrime scendevano su quel che restava del suo viso, asciugandosi quasi istantaneamente, egli svanì nel nulla come tutto ciò che lo circondava.

    “L'uomo continuò a sbagliare ancora. Ma esse non sbagliarono più con lui. Figlie devote della bontà, serve della purezza, esse avevano sempre cercato di abbeverarsi dal ruscello della gentilezza, e solo chi era realmente candido e splendido nel suo essere cristallino, avrebbe potuto abbeverarsi con loro. Fu così che esse si allontanarono dall'uomo. Per sempre.”

    «Dunque è così... Questa è l'essenza del tradimento, dell'oppressione»


    Rispose con un dolore nella voce sempre più crescente, nulla era il dolore che sentiva sulla sua pelle arsa, in confronto a quello che aveva nell'anima, in confronto al dolore che sentiva dentro di se nel sapere quanto era accaduto. Certo, poteva trattarsi di un trucco, eppure... Eppure era fin troppo reale per essere falso, e troppo sbagliato per non essere vero. Fino a quel momento Atasuke aveva incontrato persone di ogni genere e ben poche sarebbero state capaci di tanto, ben poche avrebbero mai realmente agito come gli era stato mostrato, eppure, ben poche, forse, si sarebbero opposte, forse nessuna.
    Da un lato comprendeva il sentimento delle kitsune, egli stesso faticava a comprendere il perchè non avessero sterminato l'uomo dopo tanta brutalità. Si senti quasi un folle, sciocco addirittura nel desiderare la fine di un'essere umano tanto imperfetto, tanto malvagio. Comprese poi alla fine quella che forse era l'essenza di tutto quello che era accaduto.

    “Esse, incapaci di tornare nel Regno dei Cieli che avevano abbandonato, poiché ormai divenute di carne e sangue, decisero di vivere su ciò che l'uomo chiamava “terra”, e protette da saperi antichi come il mondo, si protessero in un isolamento destinato all'eternità. Tradite. Umiliate. Ferite. Esse piangevano i tempi ormai passati. Odiavano ciò che era accaduto. Ma non potevano davvero disprezzare l'uomo. Esse, allora, attesero.”

    «Quale triste destino... Subire il tradimento, l'umiliazione, il massacro, eppure: Non potersi ribellare, non poter tornare a casa, non poter avere vendetta, non per capacità, ma per bontà... Un comportamento nobile, degno di una divinità, sprecato per uno scarto come l'uomo... come me...»


    Si corresse alla fine, commentando quello che la voce stava continuando a narrare da quando era stato intrappolato in quell'oscurità. Pochi istanti e si ritrovò a caedere nel nero più assoluto, nel nulla. In realtà non sapeva se stava cadendo o se in effetti stesse più semplicemente fluttuando nel nulla, senza una vera meta, senza uno scopo preciso.
    D'un tratto una luce fece capolino in tutta quell'oscurità, una luce quasi eterea, senza effettivamente alcuna fonte ed una nuova immagine comparve e solo allora ebbe la conferma di quanto ipotizzava: Tutto ciò che aveva visto, tutto ciò che aveva sentito da quella voce, in realtà altro non erano che immagini, come se stesse rivivendo un antico ricordo, un ricordo non suo, forse il ricordo di una o più di quelle kitsune.

    “Esse attesero che i tempi fossero maturi.
    Esse attesero che le domande avessero risposta.”


    «Quali domande?»


    Chiese, anche se la risposta sarebbe probabilmente giunta comunque anche da sola pochi istanti dopo.
    Sentì dentro di se un bruciore, come se qualcosa stesse effettivamente imprimendo quelle domande, come se qualcosa lo stesse marchiando, segnando quelle domande direttamente nel suo animo, ma sentì anche un'altro aspetto, sentì una sorta di ansia, di trepidazione, come se la mano che le stava tracciando attendesse quel momento da tempo immemore, nella speranza che lui fosse il portatore di quelle risposte.

    “Cos'è l'uomo? Cos'è la bontà? Cos'è la cattiveria?”

    °Concetti decisamente complessi da esprimere così, su due piedi...°

    “Cos'è giusto? Cos'è sbagliato?”

    °Un'altra domanda dalla risposta decisamente complessa°


    Pensò, accorgendosi solo in quel momento che il silenzio più totale era calato. Non ricordò nella sua vita di aver mai udito un silenzio tanto perfetto da essere quasi assordante nella sua totale assenza di segnali.
    Meditò, meditò a lungo, anche se il tempo in quel luogo sembrava decisamente un'entità a se stante. Non seppe in effetti per quanto realmente rimase a rimuginare. Forse erano passate ore, forse minuti o forse anche solo secondi. Una sola cosa era certa: Aveva meditato quanto gli serviva per poter dare la sua risposta a quelle domande.

    «L'unica risposta completamente onesta che dovrei dare è: Non lo so.»


    Esordì con tono pacato, velatamente contrito per la sua ignoranza davanti a quei temi tanto fondamentali quanto banali. Un qualsiasi ragazzino avrebbe dato una risposta immediata a quelle domande, credendo forse che quella fosse effettivamente la giusta risposta, ma era chiaro che forse non era solo una “versione” quella che quell'entità voleva, bensi LA risposta.

    «In un'altro luogo, un'altro momento, forse anche in un'altra vita, avrei risposto a questi quesiti con la leggerezza che contraddistingue l'uomo, ritenendomi abbastanza esperto da “sapere” la risposta a qualsiasi domanda, senza rendermi conto del fatto che quella che darei sarebbe solo una mia interpretazione basata sulla mia esperienza o su quello che mi è stato insegnato da un'altro umano. Tuttavia, credo che qui non vogliate solo una mia semplice opinione ma LA risposta a quei quesiti.
    Ebbene... perdonatemi, io non so che cosa sia l'uomo, specialmente dopo quanto ho visto... Non so che cosa sia la bontà... Non so che cosa sia la cattiveria. Non so nemmeno che cosa sia giusto, men che meno cosa sia sbagliato... Tuttavia...»


    Si concesse un'ulteriore pausa di brevissima durata, prima di procedere con la sua effettiva risposta a quei quesiti, cosa che forse era ciò che le kitsune volevano sentire da lui.

    «Io credo che l'uomo, sia solo una creatura, come tutte quelle del mondo. Una creatura splendida, capace di cose grandi e bellissime, ma una creatura imperfetta, macchiata di molti crimini nella sua storia, tuttavia, forse sbagliando, credo che l'umanità possa avere una possibilità di redenzione. Molti sono ormai troppo distanti, molti hanno corso fin troppo nella direzione sbagliata, ma non tutti. E credo che con una giusta guida, anche i più lontani, si possono accompagnare per tornare verso la giusta direzione»


    Sorrise alla sua stessa affermazione, chiedendosi se realmente credeva alle parole che aveva appena pronunciato. Appena pochi istanti prima avrebbe voluto bruciare l'intera umanità per quello che aveva visto accadere, eppure, si rese conto che distruggere l'umanità non sarebbe servito a nulla, se non spargere inutilmente altro sangue, ma peggio ancora, sangue di innocenti, di persone che avevano il solo peccato di essere nate da coloro che avevano messo in atto quelle atrocità.

    «La bontà e la cattiveria... Sono concetti complessi, e non ho l'ardire di dare una definizione... tTuttavia, per il mio modesto modo di vedere le cose... Sono due componenti fondamentali dell'essere umano e forse anche di tutte le creature. Nulla, nessuno può definisri completamente buono o completamente malvagio in questo mondo. Tutti hanno un piccolo frammento, per quanto impercettibile a controbilanciare... Ma questo non risponde alla domanda... Che cosa sono bontà e cattiveria? Io credo che siano le intenzioni a dividere questi due concetti. La bontà è la volontà di fare del bene, di aiutare gli altri anche a scapito di noi stessi, la cattiveria, di contro, è il mettere noi stessi al centro di tutto, agire solo per un personale tornaconto, ignorando tutto il dolore che si provoca agli altri pur di perseguire i propri scopi, o peggio, trarre piacere nel vedere le altrui sofferenze»


    L'amarezza nelle sue parole era evidente. Non potè evitare di fermarsi, dopo l'ultima affermazione. La sua mente gli fece ricordare gli svariati scenari in cui si era imbattuto, tutti gli uomini, ricchi e poveri che aveva incontrato, le richieste che aveva esaudito, le missioni che aveva riiutato, rifiutando di piegarsi al soldo di ricchi oppressori che volevano vedere il loro popolo soggiogato dalla loro potenza o i rari casi in cui sia lui che i suoi allievi avevano finito per ribellarsi a loro volta catturando e consegnato alla giustizia il mandante, anziché il reale obbiettivo della missione.

    «Ed infine... Il Giusto e lo Sbagliato... l'argomento, anzi no. La dualità su cui luomo dibatte da sempre, con infiniti credi, filosofie, religioni, eppure nessuno ha mai ottenuto LA risposta, un'unica perfetta e grande verità su questo punto... Alcuni perseguono la verità della spada, altri quella del fuoco, altri ancora la propria. Ognuno segue la sua definizione di giusto e sbagliato, chi ha una linea netta che divide le due cose categoricamente, chi invece le vede offuscate ed agisce a metà, nel nebuloso mezzo in cui il giusto e lo sbagliato si uniscono, giustificando a volte lo sbagliato come giusto e considerando il giusto una via sbagliata...»


    Decine di volti comparvero nella mente dell'Uchiha nell'udire quelle parole. Haruki, il monaco del fuoco, dalla dottrina ferrea e violenta, l'Hokage che lo accusava di vedere il mondo in bianco e nero, ignorando i mille gradi di grigi in cui uno shinobi dovrebbe agire, Shizuka, che per quanto si sforzava sempre di fare la cosa giusta, più volte si era definita nera, corrotta, sbagliata, in un certo senso. Ed ancora, Drake, Itai, Seinji, Jeral, ogni suo allievo, i suoi compagni, tutti.
    Ogniuno di loro perseguiva sempre il “giusto” e rinnegava lo “sbagliato” eppure nessuno di loro ragionava nemmeno lontanamente come gli altri. Forse c'era qualche elemento di comunione tra le loro concezioni di giusto e sbagliato, ma nulla più.

    «Io non sono degno di dare una risposta nemmeno a quest'ultimo quesito, ma se volete la mia opinione, ebbene, io titengo sia giusto perseguire sempre la propria strada, le proprie convinzioni, senza però dimenticare le conseguenze delle proprie azioni. Ritengo sia giusto operare secondo il proprio credo, secondo i propri dogmi, senza però dimenticare che chi ci circonda ha credi e dogmi differenti. Credo sia giusto agire nel nome della giustizia, senza dimenticare che a volte, è necessario piegare le leggi dell'uomo di fronte ad una famiglia affamata. Credo dia giusto agire nel rispetto di noi stessi e degli altri, credo sia giusto difendere le vittime di ingiustizia, specie quando queste non sono in grado di difendersi per loro conto, arrivando anche a combattere, se necessario...»


    Un'ultima pausa per finire di rispondere alle domande che gli erano state poste, un'ultima pausa per cercare di raccogliere le proprie convinzioni, le proprie idee e renderle una risposta congrua alla domanda ed all'entità che lo stava interrogando.

    «Ritengo invece sbagliato opprimere gli altri, imporre con la forza le proprie idee e convinzioni, additando quelle altrui come “sbagliate” solo perchè diverse, ritengo sbagliato agire contro se stessi e le proprie convinzioni pur di apparire piacevoli a qualcuno, anche se non nego che in alcuni casi risulta essere l'unica via possibile negare noi stessi per poter perseguire la giusta via. Ritengo sbagliato uccidere senza uno scopo, godere della sofferenza e della morte, bearsi della distruzione, agire solo per scopi personali, ignorando la sofferenza altrui, o peggio...»


    In altre situazioni a quel punto, si sarebbe inchinato con rispetto, voltando quindi le spalle all'interlocutore ed andandosene, vergognandosi di quanto era accaduto e delle indegne risposte che aveva dato, ma non lo fece. Non solo perchè in effetti non avesse modo alcuno di potersene andare liberamente, ma soprattutto perchè egli non aveva effettivamente intenzione di andarsene. Era incuriosito dalle Kitsune, fin da piccolo quando ne sentiva le leggende, credendole, appunto, solo una leggenda. Inutile dire che era molto interessato a quelle creature e voleva saperne di più, anche se questo avesse provocato altra sofferenza nel suo animo.

    «Come ho detto, le mie non sono risposte assolute e forse non sono nemmeno le risposte che con tanta speranza aspettate, tuttavia, vorrei chiedervi una cosa prima di essere cacciato... Perchè mi avete convocato fin qui? Perchè io? Che cosa ho di tanto particolare da meritare tutto questo?»


    E lasciò calare il silenzio, in attesa di una risposta o di essere rigettato nel vecchio edificio in cui sapeva di trovarsi fino a pochi istanti prima.

    OT- Su, su che queste kitsune mi piaccion sempre più :riot: -/OT
    Chakra Rimanente: 53,25/60
    Vitalità Rimanente: 16/16
    Energia Vitale: 30/30




    Movimento: 18m
    Salti: 6 m
    Status Fisico:
    png
    pngpngpng
    pngpng
    Percezione: 6+6
    Furtività: 0+3

    Forza: 500
    Velocità: 500
    Resistenza: 500
    Riflessi: 575
    Agilità: 500
    Concentrazione: 500
    Precisione: 500
    Intuito: 500
    EquipaggiamentoProtezioni indossate:
    - Maschera "da Demone" [20; 3]
    - Mantello Nero [15; 3]
    - Cotta di Maglia Completa [40; 4]
    - Gambali in Ferro [30; 4]

    Mischia:
    - 1 Katana [40; 4]
    - 1 Wakizashi [20; 3]

    Varie:
    - 1 Respiratore [1; 1]
    - 1 Accendino [1; 1]
    - 3 Filo di Nylon [10m] [1; 2]
    - 3 Filo di Nylon Rinforzato [10m] [1; 3]

    Tonici:
    - 1 Tonico Recupero Medio [4b] [1; 1]

    Rotolo Armi a distanza:
    - 7 Kunai [8; 3]
    - 2 Cartabomba II Distruttiva [1,5m] [50; 1]
    - 2 Cartabomba II Deflagrante [4,5m] [25; 1]

    Rotolo Medico:
    - 1 Kit Primo Soccorso [10 usi] [1; 2]
    - 6 Antidoto Intermedio [2] [2] [2] [1; 1]
    - 2 Tonico di Ripristino Medio [4L] [1; 1]
    - 1 Tonico Recupero Medio [4b] [1; 1]


    Slot AzioneSlot Azione 1:
    - Ipotesi 1 [V; F; Pot]

    Slot Azione 2:
    - Ipotesi 1 [V; F; Pot]

    Slot Azione 3:
    - Ipotesi 1 [V; F; Pot]


    Slot DifesaSlot Difesa 1:
    - Movimento all'indietro, Schivata [575 vs ???; 8/18m max vs 5m]

    Slot Difesa 2:
    - Ipotesi 1 [V; F; Pot]

    Slot Difesa 3:
    - Ipotesi 1 [V; F; Pot]


    Slot TecnicaSlot Tecnica Base:
    - Ipotesi 1 [V; F; Pot]

    Slot Tecnica Avanzata:
    - Ipotesi 1 [V; F; Pot]


    Slot FreeAzioni Gratuite:
    - Azione [Tipo; Slot]

    ConoscenzeConoscenze Utilizzate:

    Occhio di Falco (+3 Riflessi) [1]
    Abile: L'utilizzatore è in grado di scovare facilmente le trappole: la sua Percezione è incrementata dal bonus ai Riflessi o ad una statistica secondaria scelta all'acquisizione. Inoltre, l'utilizzatore è in grado di notare dettagli minori, ottenendo un vantaggio a riconoscere porte occultate, camuffamenti, oggetti e persone nascoste. Non incrementa la Percezione per trovare obiettivi furtivi.


    Carte Ninja [1]
    Arte: L'utilizzatore può incidere nelle carte ninja le informazioni conosciute, dialoghi, indicazioni senza la necessità di scrivere. Richiede slot gratuito Istantaneo.
    La carta può essere occultata, risultando bianca, e resa visibile a volontà del creatore. A discrezione del creatore è possibile permettere la lettura di tali carte agli estranei se soddisfano delle condizioni.

    (Consumo per carta: ¼ Basso


    NoteVarie ed eventuali

     
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17 replies since 22/3/2015, 21:07   1213 views
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