Problemi nell'Ovest

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  1. Gama
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    Problemi nell'Ovest

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    Con crudele sincerità lo specchio rifletteva un volto che non sapevo più distinguere.
    Le dita mi tremavano leggermente sfiorandomi il viso, una serie di bruciature e cicatrici che avevo riportato durante la prigionia presso gli Eretici Illuminati di Oto, mi accompagnavano e marchiavano in maniera indelebile il mio passato, influenzando il futuro e rendendo struggente il presente.
    Mi avvicinai ancora di più allo specchio, sporgendomi oltre il lavandino, la pelle era un'unica cicatrice che mi ricopriva il volto scarnificato, il naso era assente e solo il moncherino della cartilagine era rimasto come segno della sua passata presenza. La mano si allungò poi fra i capelli corvini che ancora ricoprivano il cranio, alzando la frangia vidi come la mia fronte era diventata una tela per il torturatore che con bisturi, fiamme e scosse elettriche aveva cercato di creare la sua opera, così la definiva.
    Iniziai a cercare nel mio sguardo, nei miei lineamenti, qualsiasi cosa che mi provocasse un'immagine della mia passata identità ma, indugiando sui segni di ciò che era accaduto, vennero a galla brevi attimi della mia agonia. Le urla, il freddo, il buio. Le loro risate mi rimbombavano nel cervello, come se cercassero una via per uscire, iniziò un forte senso di nausea e, quello che prima era un leggero tremolio, ora erano diventati degli spasmi ma niente, non mi azzardavo a distogliere gli occhi dai miei, mi scrutavo alla ricerca di me stesso. Forse avrei potuto fare un'operazione chirurgica per riportare i miei lineamenti uguali a prima ma ho il timore che, fatta l'operazione e ripreso il mio volto guardandomi nuovamente allo specchio, comunque non mi sarei riconosciuto.
    Quindi posai la mano e sentii il freddo ferro della maschera, la presi e la guardai era nera e raffigurava un viso senza espressione, un volto anonimo che non mostrava gli occhi quando la indossai, ma comunque indugiai a mantenere lo sguardo cercando nelle fessure nere all'interno della maschera un brillio che non arrivò.

    Ero stato recuperato nei territori di suna e portato al villaggio della sabbia dove ero stato tenuto in ospedale per qualche settimana affinché potessi recuperare il lungo periodo di prigionia. Fu proprio quando venni dimesso che arrivò una nuova richiesta d'aiuto da parte di Suna, allarme che fu diffuso anche dall'Accademia, da quanto mi venne riportato c'erano problemi a Ovest del paese e dopo la distruzione e l'uccisione di piccole comunità nomadi anche tre ninja del villaggio vennero uccisi, da lì l'immediato intervento dell'apparato militare.
    Non dovetti pensarci poi molto, era ancora troppo presto per tornare ad Oto e desideravo rimanere a Suna perché quel territorio, così arido e sterile, era quello che meglio riproduceva il mio stato d'animo in quel momento. Inoltre, avevo intenzione di riscattarmi rispetto alla precedente richiesta d'aiuto del villaggio della sabbia e, sebbene tutti i medici mi sconsigliassero di parteciparvi, io non li ascoltai e decisi che mi sarei fatto trovare nel luogo designato al raduno dei ninja.

    Il mantello nero tratteneva la polvere che veniva alzata nei pressi del mercato. Solo le scarpe, anch'esse scure, uscivano dal mantello che celava il resto del corpo, la maschera non mostrava la pelle ne del collo e tanto meno del volto; data la mia mole e il mio vestiario, che a qualche sprovveduto avrebbe potuto provocare timore, facevo breccia nella folla dove vecchietti, bimbi, donne e uomini molli si spostavano dalla mia traiettoria.
    Al di sotto del mantello le mie mani saggiavano il cuoio dei guanti da combattimento, li sentivo cigolare chiudendo e aprendo le mani. Attendendo gli altri ninja trovai un pezzo d'ombra dove decisi di sostare e guardai la gente passare provando invidia nella loro unicità cosa che loro davano per scontato ma che per me era una mera illusione, anzi era una realtà di fatto che fossi frutto di un esperimento e che non fossi altro che un Duplicante. Una copia di un ninja già esisto.
    Io ero qualcun'altro.


     
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